La previsione di obblighi informativi a carico di associazioni di volontariato è coerente con il principio di sussidiarietà  orizzontale ex art. 118 Cost.

La sentenza

Alcune associazioni di volontariato hanno impugnato un regolamento, adottato con delibera dal Consiglio comunale di Taranto, avente ad oggetto la disciplina dell’albo comunale della “Consulta delle fragilità “; è stata censurata l’illegittimità  sotto un duplice ordine di profili: l’assenza di partecipazione procedimentale e la previsione di forme controllo da parte dell’ente pubblico; a quest’ultimo proposito, è stata lamentata la violazione dell’art. 3 della Costituzione, dell’art. 8 del T.u.e.l. nonché dello Statuto del Comune di Taranto.
Il Tar ha rigettato il ricorso, motivando sul primo punto che, ai sensi dell’art. 13 della l. 241/1990, l’applicazione delle disposizioni sulla partecipazione procedimentale risulta espressamente esclusa in caso di attività  amministrativa preordinata alla “emanazione di atti normativi… per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione“: tale esclusione ha la propria  ratio  sia nei principi di semplificazione procedimentale e di divieto di aggravamento del procedimento, sia nella considerazione che un atto regolamentare, in quanto normativo, non può essere giudicato lesivo di una situazione giuridica soggettiva.
In relazione al secondo motivo di impugnazione, il Tar ha ritenuto pienamente legittima la previsione di obblighi informativi, a carico di organismi privati operanti nel settore sociale, in quanto pienamente coerenti sia con il principio di sussidiarietà  orizzontale, come sancito in Costituzione ex art. 118, sia con la disciplina giuridica relativa al Terzo Settore.
Secondo il Tar, infatti, la previsione di specifici obblighi informativi “non implica affatto una ingerenza indebita nella vita dell’ente associativo, esprimendo semmai l’esigenza di un controllo circa la effettiva matrice solidaristica dell’ente“, giustificato peraltro, nel settore del volontariato, dalla necessità  di verificare l’effettiva assenza di lucro per l’associazione e di retribuzione per i propri partecipanti.

Il commento

Nella pronuncia, sono espressi tre importanti principi di diritto: l’assenza di garanzie partecipative nei procedimenti finalizzati all’adozione di atti normativi o amministrativi generali; la sussidiarietà  orizzontale nell’ordinamento quale forma di collaborazione tra pubblico e privato; l’opportunità  di controlli nei confronti di soggetti privati operanti nel “terzo settore”.
In primo luogo, si sottolinea che il Tar ha aderito alla tradizionale impostazione, fondata sul chiaro disposto dell’art. 13 l. 241/1990, volta ad escludere gli istituti della partecipazione nei procedimenti preordinati all’emanazione di atti normativi (recentemente,  ex multis, Cons. Stato Sez. IV, 19.09.2012, n. 4977).
Tale soluzione, tuttavia, pur autorevolmente sostenuta, oggi non appare più convincente: ciò, in quanto, come la migliore dottrina ha già  evidenziato, il diritto alla partecipazione, corollario del giusto procedimento, costituisce un vero e proprio “diritto umano” e, pertanto, ogni limitazione andrebbe circoscritta ad ipotesi eccezionali; la lettura corretta dell’art. 13 cit. dovrebbe condurre, per gli atti normativi e amministrativi generali, non all’esclusione  tout court  di garanzie partecipative, ma soltanto alla sottrazione di detti atti alle particolari modalità  contenute nella l. 241, potendo, viceversa, essere previste nell’ordinamento, forme di partecipazione diverse ed alternative (T.A.R. Lombardia Milano Sez. III Sent., 09.01.2008, n. 30.).
La sentenza risulta, viceversa, pienamente condivisibile negli altri due principi in essa contenuti.
Sia pure in modo sintetico, emerge una visione di sussidiarietà  orizzontale non di carattere negativo,  ad excludendum, ma, al contrario, di natura positiva, modulata sulla collaborazione tra soggetti pubblici e privati, ed ispirata ad un modello di amministrazione condivisa: come riconosciuto dal Tar in commento, l’art. 118 Cost. non prefigura infatti “un generale laissez – faire per i cittadini che decidano di assumere…l’onere di erogare servizi alla persona in ambito locale“.
Tale interpretazione è presente in altre pronunce (Cons. Giust. Amm.va sic. 12.8.2010 n. 1090; Cons. Stato 25.11.2002 n. 3013) ed è adottata dalla migliore ed ormai prevalente dottrina: il principio di sussidiarietà  orizzontale ex art. 118, malgrado persistano letture riduttive, non costituisce infatti esclusivamente uno strumento di delimitazione tra la sfera pubblica e la sfera privata, né esprime soltanto un generico favor per quest’ultima, ma configura un vero e proprio criterio relazionale tra enti territoriali e cittadini per il corretto ed efficiente perseguimento del bene comune.
A quest’ultimo proposito, risulta coerente e costituzionalmente legittima la previsione di forme di controllo nei confronti dei soggetti privati, nonché, più in generale, la definizione di una disciplina giuridica comprensiva anche di obblighi informativi a carico delle associazioni: tale forma di vigilanza (avente non contenuto repressivo ma, al contrario, collaborativo e caratterizzata dallo scambio di informazioni su base paritaria) è funzionale sia allo sviluppo di una dinamica partecipativa tra pubblico e privato, sia alla migliore realizzazione dell’interesse pubblico.
Tali obblighi, come emerge dalla sentenza stessa, sono inoltre giustificati proprio in ragione della presenza di molteplici istituti giuridici di favore vigenti nei confronti di soggetti del cd “terzo settore” quali la possibilità  di accreditamento presso enti territoriali, la fruizione di beni pubblici, molteplici esenzioni fiscali etc.
In definitiva, la sentenza in commento, pur aderendo sul piano della partecipazione procedimentale ad un’impostazione ancora tradizionale e, forse, eccessivamente conservatrice, presenta almeno due aspetti positivi: in primo luogo, esprime un chiaro ed evidente favor per una lettura della sussidiarietà  orizzontale nel senso della collaborazione tra pubblico e privato; in secondo luogo, introduce, in sede giurisprudenziale, la problematica della legittimità  dei controlli pubblici sugli organismi di diritto privato operanti nel settore sociale e dell’assistenza: a quest’ultimo proposito, il controllo non solo non si pone in antitesi con la sussidiarietà  cosìconcepita, ma ne costituisce un indefettibile corollario.