Legittimazione a ricorrere e tutela ambientale

Il principio di sussidiarietà  orizzontale impone ai pubblici poteri di promuovere e non limitare la spontanea iniziativa dei privati.

La sentenza

I ricorrenti, costituiti dalla società  I.M. srl, dal Comitato dei cittadini di Castelletto Borgo e da alcune persone fisiche, hanno impugnato il provvedimento del 23.4.2012 n. 21/99, con cui la Provincia di Mantova ha rilasciato l’autorizzazione alla costruzione ed esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica, alimentato da fonti rinnovabili nella frazione Castelletti di Mantova, nonché ogni altro atto presupposto collegato e derivato, per eccesso di potere sub specie di carenza di istruttoria e per violazione di legge, in particolare degli artt. 12 D.Lgs. 387/2003; 14, 14 ter L. 241/90;   216 R.D. 1264/1934 e dell’Allegato I, parte V, D.Lgs. 152/2006. La controinteressata ha a sua volta proposto ricorso incidentale e resistito al ricorso principale, assumendo insieme alla Provincia, anche la carenza di legittimazione dei ricorrenti.
Il Collegio, nell’esaminare le eccezioni preliminari, ha dichiarato improcedibile il ricorso principale, quanto alla posizione della società  I.M. srl, per sopravvenuta carenza di interesse ed ha respinto l’eccezione di difetto di legittimazione con argomenti distinti quanto al Comitato ed alle persone fisiche.
In particolare, la sentenza ha affermato che il principio di sussidiarietà  orizzontale impone ai pubblici poteri di promuovere la spontanea iniziativa dei privati e non di limitarla; ne discende che sono legittimati ad impugnare atti che compromettono in qualche modo la qualità  della vita in un certo territorio anche quegli enti a carattere associativo che, sebbene non iscritti nell’elenco ministeriale delle associazioni ambientaliste, siano, comunque, caratterizzati dalla presenza sullo specifico territorio, da attività  non episodiche ed abbiano  come fine statutario la tutela ambientale. Il Collegio ha, quindi, riconosciuto la legittimazione a ricorrere al Comitato in parola atteso che lo stesso è stato costituito nel 2000. Pertanto, lo stesso non può considerarsi strumentale al solo ricorso presentato e per statuto si propone di agire per un migliore ambiente ed una migliore qualità  della vita nella frazione dove dovrebbe essere realizzata l’opera contestata. Il Comitato ha perseguito in concreto tale fine con continuità  e con varie iniziative, puntualmente indicate dai giudici di prime cure.
Quanto alla posizione delle persone fisiche, la sentenza in esame ha ritenuto sussistente la loro legittimazione ad agire in virtù della c.d. vicinitas, ossia dell’insediamento delle stesse in un’area prossima a quella interessata dall’opera che si contesta. Tale insediamento, però, deve essere qualificato da uno specifico pregiudizio, da valutare tenendo conto della natura e delle dimensioni dell’opera da realizzare, della sua destinazione e delle conseguenze dalla stessa prodotte sulla qualità  della vita. Il Collegio ha ritenuto sufficiente per le opere di maggiore impatto ambientale, quale quella in esame, l’esistenza di un pregiudizio anche solo potenziale.
Nel merito la sentenza, in virtù della lettura in combinato disposto degli artt. 12, comma 3 e 4, D.Lgs. 387/2003, ha ritenuto che la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili siano soggetti ad un’autorizzazione unica, rilasciata all’esito di una conferenza di servizi, a cui partecipano tutte le amministrazioni interessate, svolta – per espressa volontà  del legislatore – nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità  stabilite dalla L. 241/90. Conseguentemente, le determinazioni delle amministrazioni coinvolte debbono essere espresse, a pena di illegittimità , in seno alla conferenza, e non, come sostiene la Provincia, con atti ad essa esterni e successivi. Cosìopinando infatti, i lavori della conferenza verrebbero svuotati di significato, perché verrebbe meno la possibilità  di un confronto costruttivo tra le Amministrazioni partecipanti.
La sentenza ha precisato che il predetto riferimento alla L. 241/1990 non è assoluto, in quanto il regolamento D.M. 10.9.2010, recante Linee Guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, detta una disciplina speciale per la conferenza di servizi nella materia in esame. Conseguentemente, in virtù delle predette disposizioni regolamentari tale conferenza adotta una propria decisione finale che, l’Amministrazione recepisce in un   distinto atto. Ciò in quanto la disciplina speciale prevale rispetto a quella generale di cui all’art. 14, ter,   L. 241/90, che, dopo l’abrogazione del suo comma 9, non pare richiedere più un distinto provvedimento finale dell’Amministrazione, rimanendo quest’ultimo assorbito dalla determinazione conclusiva della conferenza.
La sentenza ha, quindi, accolto il primo ed il secondo motivo di ricorso principale   e li ha ritenuti assorbenti rispetto agli altri, dovendo l’amministrazione rinnovare il procedimento con riunione in conferenza di tutti i soggetti interessati e l’esame contestuale degli interessi coinvolti.

Il Commento

La sentenza in esame affronta e risolve diverse questioni, discusse in dottrina e giurisprudenza. In particolare volendo soffermarsi sulla problematica concernente la legittimazione ad impugnare i provvedimenti lesivi di interessi ambientali, si rileva che la suddetta pronuncia conferma l’orientamento già  espresso al riguardo dalla Sezione emanante, da ultimo con sentenza n. 668/2013 (vedi la sentenza già  commentata su questa rivista).
Come è noto la legittimazione delle associazioni ambientalistiche di dimensione nazionale ed ultraregionale ad impugnare atti amministrativi incidenti sull’ambiente è stata riconosciuta direttamente dal legislatore, che l’attribuisce alle associazioni iscritte in un apposito elenco tenuto dal Ministero dell’ambiente (cfr. artt. 13 e 18, comma 5, L. 8 luglio 1986/349 ss.mm.).
Parte della giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto pari legittimazione anche a quelle associazioni locali, che, sebbene non siano iscritte nel predetto elenco, perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale ed abbiano un adeguato grado di rappresentatività  e stabilità  nell’area ricollegabile al luogo, in cui si trova il bene ambientale a fruizione collettiva, che si assume leso. Si tratta di criteri cumulativi che debbono, quindi, ricorrere insieme.
Cosìstatuendo, la giurisprudenza amministrativa ha elaborato un criterio ulteriore ed aggiuntivo, rispetto a quello indicato dal legislatore, di attribuzione della legittimazione a ricorrere in materia ambientale, finendo per riconoscerla anche ai meri comitati spontanei che si costituiscono al precipuo scopo di proteggere l’ambiente, la salute e/o la qualità  della vita delle popolazioni residenti su un territorio circoscritto ed inciso da un atto dell’Amministrazione. Determinante nell’iter logico seguito dalle sentenze in questione è il riferimento al principio di sussidiarietà  orizzontale, che impone ai poteri pubblici di promuovere e, non di limitare, la spontanea iniziativa dei privati e, quindi, di considerare come non esclusiva la legittimazione dei soggetti inclusi nell’elenco ministeriale sopra menzionato. Il Consiglio di Stato ha al riguardo osservato che ” l’ultimo comma dell’articolo art. 118 della Costituzione – in particolare il principio di sussidiarietà  orizzontale – sancisce e conclude un percorso di autonomia non più collegato al fenomeno della entificazione, ma correlato più semplicemente alla società  civile e al suo sviluppo democratico a livello quasi sempre volontario ” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 settembre 2010, n.6910).
In simile contesto la sentenza in esame, cosìcome la precedente (668/2013), si caratterizza per la valorizzazione del dato normativo, facente riferimento al  diritto comunitario. La stessa, infatti, in ordine al principio di sussidiarietà  orizzontale non si limita a richiamare l’art. 118 della Costituzione, ma cita espressamente l’art. 5 del Tratto dell’Unione, mostrando in tal modo di ritenerlo direttamente applicabile al caso di specie.
Cosìstatuendo, il Collegio pare andare oltre quella che nelle pronunce precedenti era la motivazione principale del riconoscimento della legittimazione a ricorrere anche alle associazioni non iscritte nell’elenco ministeriale. I giudici amministrativi, infatti, ritenevano che diversamente opinando,le località  e le relative popolazioni, interessate da minacce alla salute pubblica o all’ambiente in ambito locale circoscritto, non avrebbero autonoma protezione, in caso di inerzia delle associazioni ambientaliste espressamente legittimate per legge ” (cfr Cons. Stato, sez. VI 13 settembre 2010 n. 6554, Cons. Stato, sez. IV 8 novembre 2010 n.7907, e TAR Lombardia-Brescia, sez. I, 11 marzo 2011 n. 398).

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