Il Regolamento sui beni comuni di Labsus e il caso delle amministrazioni umbre

"Le azioni e riflessioni che provengono dai territori stanno spingendo le tematiche della partecipazione e dei beni comuni a divenire il manifesto di una politica dei cittadini"

L’illusione dello sviluppo senza limiti è ormai caduta ovunque, e la fragilità  del vivere sta riprendendo la scena con tutta la prepotenza che deriva da secoli di mancato ascolto.  Non è però la crisi il risultato di questo capovolgimento; o almeno non è la crisi intesa come declino. Piuttosto, quella fragilità  sta liberando risorse nuove e diverse, sotto forma di cambiamento e trasformazione.  E’ un paradosso?
Può la fragilità  trasformarsi in risorsa?  Può il concetto di limite tramutarsi in potenzialità  e fonte di cambiamento?  Possono le crisi diventare palestre di addestramento alla resilienza?  Può la vulnerabilità  divenire essa stessa un bene comune, di cui occuparsi collettivamente?  Questi interrogativi – paradossi solo apparenti – rivelano ciò che sta realmente accadendo.

Aristotele aveva ragione: ” è probabile che l’improbabile accada ”

Proprio i concetti più fortemente avversati dalla cultura capitalista ma in certo senso anche dal modello dello stato sociale (crisi, povertà , vulnerabilità , debolezza) si stanno finalmente rivelando nei propri significati più autentici, liberando le potenzialità  finora intrappolate dentro gli schemi rigidi e asfissianti dell’accumulo. E la ricongiunzione delle fragilità  con le capacità  sta imponendo un modello diverso, di tipo circolare, in cui si supera lo schema della delega e tutti -istituzioni, cittadini, imprese- sono chiamati ad interagire sistematicamente nell’individuazione e attuazione delle risposte ai bisogni (una ” welfare society ” , secondo Zamagni, Dal welfare della delega al welfare della partecipazione, 2013).

Le risposte dei territori

A fronte di una politica nazionale che ancora ricade in tentazioni centralistiche e riforme istituzionali incentrate più sulla re-distribuzione dei poteri che sul modo di esercizio di quei poteri e sulle garanzie di decisioni inclusive e trasparenti, è dai territori che provengono prese di posizione sempre più convinte in questo senso.

Perché ” abitare significa rendersi conto ” : a parlare è quella ” mente locale ” con cui i popoli indigeni indicavano l’indispensabile connubio tra mente e luogo, in un processo continuo di apprendimento che ha a che fare con la sopravvivenza, sociale e culturale oltre che fisica (La Cecla, Mente locale, 2011).
E così, le azioni e riflessioni che provengono dai territori stanno spingendo le tematiche della partecipazione e dei beni comuni ad uscire dal limbo dell’utopia e a divenire il manifesto di una politica dei cittadini non solo auspicabile ma possibile (Settis, Prefazione a Maddalena, Territorio bene comune degli italiani, 2014).  Ne sono prova le tante esperienze locali che vanno intrecciandosi all’insegna di logiche collaborative e inclusive: regolamenti sull’amministrazione condivisa dei beni comuni, processi partecipativi, circuiti di scambio cooperativo, monete complementari, ecc.

Anche l’Umbria si muove

Le piccole dimensioni, si sa, possono generare conflittualità  e spinte centrifughe ma anche passa parola veloci e voglia di imitazione virtuosa. E l’Umbria non si sottrae a questo destino altalenante, sospesa tra le vischiosità  della tradizione concertativa e l’apertura di riflessioni ed esperienze partecipative di grande lungimiranza (Aldo Capitini, Carlo Manuali, Giancarlo De Carlo).
In realtà , già  negli ultimi anni anche i Comuni umbri hanno dato segnali di progressiva riscoperta del proprio ruolo di volano della cultura partecipativa, rinnovando o adottando regolamenti sugli strumenti di partecipazione ai processi decisionali.  Ma negli ultimi mesi del 2014 si è registrata indubbiamente un’accelerazione.  Fra novembre e dicembre ben tre amministrazioni hanno approvato il regolamento sui beni comuni (Narni, Città  della Pieve, Orvieto).  Altre amministrazioni hanno avviato il percorso di approvazione (fra cui Gubbio, Perugia e Terni), talvolta anticipando i lavori consiliari mediante un atto di indirizzo di Giunta al fine di orientarne il percorso.

Osservatorio regionale sulla partecipazione

Ancora, Anci Umbria ha per la prima volta istituito una commissione tematica sulla partecipazione, al fine di attivare e supportare in maniera omogenea percorsi politico-amministrativi che consentano di qualificare l’azione dei Comuni. La Commissione, costituita da un rappresentante per ciascun Comune e coordinata dall’assessore alla partecipazione del Comune di Terni (Francesca Malafoglia), sarà  organizzata in una assemblea plenaria e una cabina di regia tecnico-amministrativa e supportata dall’Osservatorio regionale sulla partecipazione. Nella sua prima riunione, tenutasi il 10 dicembre, è emersa con forza la necessità  di promuovere l’assegnazione delle deleghe sulla partecipazione, ma anche quella di sollecitare una sinergia con la Regione rispetto all’incentivazione di percorsi formativi sulle metodologie, le procedure e le ricadute organizzative funzionali ad un rilancio delle politiche partecipative.  E la sinergia è in effetti avviata: sono in corso di elaborazione progetti formativi per il personale delle amministrazioni locali, con finanziamenti della Regione e supporto scientifico dell’Università  di Perugia.

Insomma, la sussidiarietà  orizzontale può incrociarsi virtuosamente con quella verticale, in un quadro collaborativo in cui la seconda non viene -una volta tanto- invocata per riportare in alto competenze bensìper spostare verso il basso risorse e strumenti.  Ed ancora, si sta costituendo in Umbria un circuito di credito reciproco commerciale, all’interno del quale imprese e professionisti potranno scambiare beni e servizi utilizzando una unità  di conto equivalente all’euro, al fine di superare -almeno in parte- i problemi di liquidità  causati dalla recessione economica. Si tratta di un modo nuovo di ripensare l’economia locale, rispetto al quale anche associazioni e amministrazioni locali hanno manifestato interesse, in una prospettiva più ampia di gestione collaborativa e circolare che dai beni comuni possa estendersi ai bisogni e ai servizi. Da questo interesse è scaturita la costituzione di un gruppo di lavoro per studiare e sperimentare l’estensione del circuito, soprattutto alle amministrazioni locali.
Insomma, anche il 2015 si preannuncia interessante, e altre cose improbabili potrebbero accadere. Per la gioia di Aristotele.

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