Cultura volano di sviluppo economico, ma solo se intenso come creatività  e innovazione

La cultura si alimenta di partecipazione e di continua accumulazione di nuove competenze

Italia, una bella tomba, ma pur sempre una tomba

Il libro si apre con un lungo primo capitolo dedicato ad una originale analisi culturale dell’Italia contemporanea, andando alla ricerca di motivi storici e politici della morte della cultura in Italia. L’analisi si basa su una efficace metafora. Gli autori infatti partono dalla volontà  di superare la metafora della cultura come ” petrolio dell’Italia ” . Proprio questa metafora ha rappresentato benissimo l’atteggiamento che ha condotto l’Italia a sfruttare, esattamente come un pozzo di petrolio, l’enorme patrimonio culturale lasciato sul nostro territorio nei secoli che ci hanno preceduto, e a dire il vero in maniera nemmeno tanto efficace. Se però si vuole immaginare una nuova e più promettente relazione con il patrimonio culturale e la cultura in genere, bisogna necessariamente superare la metafora del giacimento, che non rappresenta altro che una risorsa messa a disposizione per essere estratta e commercializzata, senza preoccuparsi di una sua eventuale riproduzione, ma al massimo di un contingentamento per allungarne i tempi di sfruttamento. Se la cultura è intesa come petrolio, sostanza morta per antonomasia, cosìl’Italia si è trasformata in una bella tomba, dove la cultura del passato viene custodita gelosamente e a cui viene resa memoria, e da cui è nata una generazione di zombies, fruitori passivi del patrimonio culturale.

Dopo l’analisi, nel secondo capitolo arriva la descrizione della situazione attuale. Viene tratteggiato con molta lucidità  e una accenno di ironia, in particolare nei riguardi dell’organizzazione dei convegni sulla cultura, l’ecosistema della cultura in Italia. Interessante notare come in un Paese dove negli ultimi trent’anni è sparito lo spazio di discussione pubblica, se si vogliono escludere i talk show televisivi, i festival culturali diventano l’unico spazio dove ci si aspetta di fare e sentire riflessioni sulla società , la cultura e la politica.

Rimanendo sulla metafora della tomba, gli autori raccontano quella che potremmo definire l’Italia dei cimiteri, ossia delle città  d’arte, veri e propri mausolei celebrativi della cultura del passato. Città  immortalate nel loro momento di massima bellezza a cui gli unici mutamenti concessi sono quelli necessari per diventare più simili a come vengono descritte dall’immaginario collettivo di turisti e tour operators. La storia della città  d’arte italiane è quella di Dorian Gray, città  che hanno fatto un patto col diavolo a costo di perdere l’anima, lo spirito creativo e lo slancio al cambiamento. Città  condannate alla morte sociale e civile.

Secondo gli autori l’attuale condizione moribonda della cultura in Italia deriverebbe da una concezione della cultura e della produzione culturale votata all’autocelebrazione e alla retorica, invece che al superamento dei traumi collettivi ed alla crescita, nell’ingenua illusione che se la società  non era più in grado di produrre cultura, almeno sapesse tenere viva quella del passato. Infatti l’identità  nazionale italiana si è costruita su una serie di rimozioni, nel senso più psicologico del termine, che vede nella nostra storia dei salti non completamente compresi e rielaborati, ultimo tra questi quello degli anni ’70 e del rapimento Moro, giustamente definiti da Ferdinando Imposimato ” I 55 giorni che cambiarono l’Italia ” . Il passaggio tra gli anni di piombo e gli anni ’80 cosìcolorati ed eccessivi, secondo gli autori sarebbe avvenuto come un momento di amnesia collettiva. Come se l’Italia avesse chiuso gli occhi e li avesse riaperti senza più ricordare nulla. Dal terrorismo, alla tv a colori. L’amnesia collettiva a sua volta ha provocato il blocco sociale e creativo.

La ginnastica della creatività 

Dopo la diagnosi, viene proposta una cura. Secondo gli autori, per uscire da questa tomba servono innovazione, creatività  e produzione culturale, gli unici elementi in grado di rompere il blocco psicologico che sembra attanagliare l’Italia, anche sul versante economico, e che possono diventare i fattori propulsivi della ricostruzione identitaria del Paese. E’ necessario inoltre non pensare alla cultura unicamente come patrimonio, bensìcome esigenza creativa, come fare concreto di opere dell’ingegno. La riflessione conclusiva degli autori è quella che più di tutte rende questo libro un tassello importante per comprendere come la cultura sia un elemento fondamentale anche per lo sviluppo economico del Paese. Infatti la cultura, l’arte, la creatività  sono palestre di innovazione. E in anni come questi dove si va alla disperata ricerca di innovazione per vincere le sfide dei mercati globali, dove l’Europa finanzia con milioni di euro progetti innovativi, e le imprese pagano per avere idee innovative per lo sviluppo economico, ci si rende conto che senza allenare la creatività  tramite l’arte, la letteratura, la musica e lo spettacolo, non si potrà  nemmeno avere quello slancio innovativo nella scienza, nella tecnologia, e nel governo. Come concludono i due autori ” un Paese pronto a fronteggiare le nuove sfide dell’economia della conoscenza non è semplicemente un posto in cui si studia per lungo tempo: è soprattutto e in primo luogo un Paese in cui si produce e si diffonde partecipativamente cultura ” .

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