Convenzioni di lottizzazione e sussidiarietà  orizzontale

Scalfito il dogma del monopolio pubblico della cura delle esigenze della collettività 

La sentenza
Il Comune di Capoterra ricorre in appello per la riforma della sentenza con cui il Tar Sardegna lo condanna alla presa in carico delle opere urbanizzative insistenti su un’area oggetto di una convenzione di lottizzazione conclusa nel 1970 e di successivi accordi integrativi.
Oggetto delle predette convenzioni è la realizzazione ad opera della società  cooperativa ” Poggio dei Pini ” di un vasto comprensorio edilizio nonché l’assunzione ad opera della stessa dell’obbligo di provvedere alla realizzazione e alla manutenzione delle necessarie opere di urbanizzazione, riservate in proprietà  alla cooperativa medesima. Tuttavia, domandando la previa declaratoria delle clausole convenzionali contrarie, nel 2012 un gruppo di proprietari residenti nel comprensorio di lottizzazione ricorre in primo grado per ottenere la condanna del Comune alla presa in carico delle infrastrutture attribuite in proprietà  alla cooperativa, asserendone peraltro un uso promiscuo, non limitato ai soli residenti, da parte della generalità  della collettività  comunale.
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato riforma la pronuncia di accoglimento emessa del Tar sardo in forza di una ricostruzione che, muovendo dalle prime aperture del legislatore urbanistico verso moduli consensuali, giunge infine alla consacrazione costituzionale del principio di sussidiarietà  orizzontale. Di questo principio il Giudice d’appello evidenzia in particolare la «valenza biunivoca », tale da importare la valorizzazione non solo dell’iniziativa dei privati da parte dell’autorità  pubblica ma anche dell’attività  dei privati quale, essa stessa, fonte autonoma di soddisfazione dell’interesse pubblico.
Il Consiglio di Stato convalida pertanto l’assetto negoziale originariamente definito dalle parti, sollevando l’amministrazione comunale da oneri mai assunti e scalfendo ulteriormente il dogma del monopolio pubblico della cura delle esigenze della collettività .

Il commento
«Il limite della prospettiva ermeneutica del giudice amministrativo sardo » è individuato dai Giudici di Palazzo Spada nell’inscindibilità  del legame intercorrente tra regime proprietario pubblico, assunzione di oneri a carico delle pubbliche autorità  e soddisfazione del pubblico interesse.
La prospettiva dalla quale il Giudice di primo grado si pone è limitata infatti ad un’interpretazione ” meccanicistica ” dell’art. 28 della Legge urbanistica (cosìcome modificato dall’art. 8 della L. 765/1967 introduttivo dell’istituto della convenzione di lottizzazione) che trae dalla previsione della cessione gratuita a favore dell’amministrazione comunale «delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione » l’ineludibile obbligo di questa di prendere in carico le opere medesime e la conseguente invalidità  dei diversi accordi raggiunti invece nel caso di specie.
La pronuncia censurata risente dunque con ogni evidenza del postulato ideologico dell’autoritarietà  e unilateralità  dell’azione amministrativa.
Al contrario, la sent. 4981/2014 dà  atto della dimensione collaborativa assunta nel tempo dal diritto amministrativo italiano, a partire proprio dall’introduzione in campo urbanistico, già  nel 1967, dello strumento convenzionale oggetto di controversia.
Se tutt’altro che innovativo è il ricorso a schemi negoziali in ambito urbanistico, inedita è invece la più ampia lettura del fenomeno nel prisma del principio di sussidiarietà  orizzontale. Inseriti nel più ampio contesto, gli strumenti urbanistici consensuali, da isolati antesignani di un modus operandi, si elevano oggi a prova dell’assenza nell’ordinamento giuridico di una riserva del perseguimento dell’interesse pubblico a carico della sola amministrazione, della capacità  dei privati, al contrario, di soddisfare bisogni anche di rango collettivo e della serietà  di ogni soluzione, urbanistica e non, distributiva di reciproche responsabilità  tra amministratori e amministrati.
Nella fattispecie, dunque, il Consiglio di Stato conferma il quadro convenzionale a suo tempo definito dalle parti, e ne evidenzia la vincolatività  dei contenuti, proprio confidando nella piena idoneità  della cooperativa ad operare «a beneficio dell’intera collettività  ». L’auspicio, a questo punto, è che all’ottimismo dimostrato dai giudici corrisponda in concreto la soddisfazione dei bisogni della comunità  destinataria delle attività  oggetto d’accordo.

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