Un passo avanti nei diritti delle seconde generazioni

"Questi ragazzi hanno assimilato i valori, le memorie ed i legami di questo nostro paese, in cui sono nati e cresciuti ed in cui si sentono a casa"

Labsus già  in passato si è occupata della questione, sottolineando la necessità  di introdurre nuovi criteri per l’ottenimento della cittadinanza italiana da parte delle ” seconde generazioni ” , ossia di quei bambini e ragazzi nati in Italia da genitori con cittadinanza straniera. Per tali seconde generazioni, stranieri da un punto di vista del diritto, ma spesso italiani a tutti gli effetti nella realtà  dei fatti, poche erano le possibilità , fino ad ora, di veder riconosciuto il loro ” status ” di italiani da un punto di vista giuridico, per diritto di nascita. Per dirla con le parole di Gregorio Arena, espresse in un editoriale del 2009 proprio su Labsus, ” i ragazzi e le ragazze della ” seconda generazione ” hanno i diritti civili e quelli sociali, ma non hanno quelli politici, perché la legge dice che sono stranieri. Ma lo sono veramente? In che cosa sono diversi dai nostri figli? Frequentano le stesse scuole, parlano con le stesse inflessioni dialettali, ascoltano la stessa musica, fanno il tifo per le stesse squadre di calcio, hanno gli stessi sogni per il loro futuro e le stesse difficoltà  a farsi capire da noi adulti.
Spesso non conoscono la terra da cui sono venuti i loro genitori, in compenso hanno assimilato i valori, le memorie ed i legami di questo nostro paese, in cui sono nati e cresciuti ed in cui si sentono a casa.
Questi giovani sono diventati italiani seguendo lo stesso percorso di crescita e di integrazione dei nostri figli. Si sentono e di fatto sono italiani, ma non possono diventarlo anche sul piano formale se non al termine di una defatigante procedura per l’acquisto della cittadinanza i cui requisiti sembrano fatti apposta per tenerli il più possibile ” fuori ” . Eppure loro sono già  ” dentro ” , fanno già  parte della nostra comunità , più di certi se-dicenti cittadini italiani che si comportano veramente, loro sì, come stranieri in questo paese. ”

Nonostante le proposte presentate in parlamento dalle associazioni della società  civile, e nonostante le varie iniziative di sensibilizzazione e informazione riguardanti i diritti di questi giovani (tra le altre, ” G2 Parlamenta ” , ” 18 anni in Comune ” ), sembrava ancora alquanto bassa la volontà  politica di voler cambiare la situazione, probabilmente anche a causa dei condizionamenti derivanti dal forte impatto che i flussi migratori stanno avendo, negli ultimi anni, sul nostro paese.
Ma oggi le cose sembrano cambiare. Due sono, infatti, le importanti novità  introdotte dalla riforma appena approvata alla Camera riguardo l’acquisizione della cittadinanza da parte delle seconde generazioni: il principio dello ” ius soli ” , seppur ” temperato ” , ed il principio del cosiddetto ” ius culturae ” .

Lo “ius soli temperato”

Il riconoscimento dello ” ius soli ” concede la cittadinanza per nascita ai nati nel territorio della repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno in possesso di un permesso di soggiorno Ue ” di lungo periodo ” .
La richiesta di cittadinanza, in base a tale principio, potrà  essere effettuata mediante una dichiarazione di volontà  espressa da un genitore o da chi esercita la responsabilità  genitoriale entro il compimento della maggiore età  del minore, presso gli ufficiali dello stato civile del comune di residenza del minore stesso. Se questa dichiarazione non venisse rilasciata per tempo, l’interessato stesso potrà  comunque presentare richiesta di acquisizione della cittadinanza italiana entro due anni dal compimento della maggiore età  (e tale termine di due anni è stato esteso anche allo ius soli previsto dalle norme vigenti per gli stranieri nati e residenti legalmente ed ininterrottamente in Italia fino ai 18 anni).
Tuttavia, le associazioni che si occupano da tempo della questione, riunite dal 2012 nella campagna ” L’Italia sono anch’io ” , hanno espresso dei dubbi sulle modalità  di attuazione del principio dello ius soli. Questo, infatti, in base alle nuove previsioni, è garantito solo per coloro che abbiano almeno un genitore in possesso della carta ” di lungo soggiorno ” , un permesso concesso dall’Unione europea ai cittadini extraeuropei in base ad alcuni requisiti: il possesso da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno valido; un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale; disponibilità  di alloggio che risponda ai requisiti di idoneità  previsti dalla legge; il superamento di un test di conoscenza della lingua italiana. E sono proprio questi requisiti a suscitare la contrarietà  delle associazioni. Far sottostare il diritto di cittadinanza a requisiti economici significherebbe violare l’articolo 3 della Costituzione. In questo senso Le associazioni auspicano un miglioramento delle previsioni durante la lettura in Senato.

Diritto di cittadinanza su base culturale

Ma il disegno di legge appena approvato prevede anche un’altra modalità  di acquisizione della cittadinanza, il cosiddetto ” ius culturae ” , cioè la possibilità  di diventare cittadini italiani sulla base della formazione culturale e professionale portata avanti all’interno del nostro sistema di istruzione. Si prevede, infatti per i bambini nati o arrivati in Italia entro il compimento del dodicesimo anno di età , la possibilità  di richiedere la cittadinanza italiana se hanno frequentato regolarmente ” per almeno cinque anni gli istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale ” , e, se la frequenza riguarda il corso di istruzione primaria, la legge prevede la condizione che il corso di studi sia stato portato avanti con successo (senza bocciature, per intenderci).
Anche nel caso dello ” ius culturae ” la richiesta spetta al genitore, cui è a sua volta richiesta la residenza legale, o all’interessato stesso, entro due anni dalla maggiore età . Tuttavia queste nuove regole sono applicabili anche a coloro in possesso dei requisiti, ma che abbiano superato il limite previsto dei venti anni di età  al momento dell’approvazione della norma (ad oggi, circa 127mila).
Rimangono in sospeso alcune questioni, tra cui, ad esempio, la retroattività  del provvedimento o i diritti di cittadinanza degli adulti. Nonostante ciò, però, questa approvazione può essere ritenuta un’importante passo in avanti.

Foto: Christopher Furlong/Getty Images

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