Sono compresi espressamente tra i cittadini attivi anche i soggetti richiedenti asilo politico, sia pure in accordo con la Prefettura

Esso stabilisce con nettezza che si tratta di attività istituzionale che necessita di definizione di un livello organizzativo di prossimità, impiantato sui Comitati di quartiere ma anche sulla predisposizione di uno sportello unico, e dello stretto coordinamento con il livello di indirizzo politico. A questo fine il consenso del comune è considerato requisito essenziale per la stipula dei Patti.

Ancora per chiarezza e semplicità si distinguono l’art. 6 e l’art. 17. Il primo si riferisce all’oggetto di intervento dei Patti di collaborazione, distinguendo chiaramente tra cura, gestione condivisa e rigenerazione, a loro volta suddivise in occasionali e costanti e continuative. Così come è apprezzabile l’elenco esemplificativo degli interventi che si possono approvare e la sottolineatura della garanzia della fruizione pubblica dei beni. Il secondo articolo, invece, riguarda le forme di sostegno che sono nel comma due elencate tassativamente come forme di sostegno economico, anche se non è del tutto chiaro il rapporto con il primo comma che assegna al comune anche la possibilità di assumere gli oneri di realizzazione dei patti: non si capisce se le due norme siano tra loro svincolate o se invece vadano lette in connessione, significando che l’elenco del comma 2 dettaglia i possibili modi di assumere gli oneri da parte del comune.

Il Regolamento di Brescia consente a tutti i cittadini, singoli e associati, di stipulare Patti di collaborazione. All’interno di questa cornice, però, si evidenzia, da un lato, che sede privilegiata di confronto per il comune sono i Consigli di quartiere che assumono una funzione di cerniera tra comune e cittadini; dall’altro, sono compresi espressamente tra i cittadini attivi anche i soggetti richiedenti asilo politico, sia pure in accordo con la Prefettura. L’esplicita menzione di questi ultimi poteva forse essere implicita anche nell’espressione “cittadini” nel suo significato più ampio, ma forse il valore simbolico della citazione e i problemi connessi con la sicurezza potrebbero giustificare questa citazione speciale.

Si aggiungono altri tre motivi che meritano attenzione.

Su due aspetti il Regolamento di Brescia prevede significative innovazioni. Il primo è quello stabilito dall’art. 5, c. 3, che, per le ipotesi più semplici, prevede che il perfezionamento dell’accordo può essere realizzato anche per via email. Si tratta forse della soluzione più avanzata in termini di concreta realizzazione del principio di informalità contenuto nel regolamento. La seconda innovazione proviene dall’art. 7, c. 4, che include tra i beni e gli spazi oggetto di cura, gestione condivisa e rigenerazione anche quelli che sono già compresi in piani di valorizzazione e vendita da parte del comune in adempimento di impegni e obblighi prestabiliti. Tale possibilità è ammessa anche in via temporanea e limitatamente al solo uso; tuttavia, sembra un’interessante estensione del campo di applicazione anche perché potrebbe permettere, qualora tali azioni producano effetti virtuosi, la realizzazione di condizioni per un loro mantenimento anche dopo la conclusione dei piani di valorizzazione e vendita. In ogni caso, è novità rilevante.

Il Regolamento di Brescia affronta direttamente anche tre nodi importanti: il rapporto tra Patti di collaborazione e vincoli urbanistici (art. 14, c. 5); il tema dell’assicurazione per i cittadini in cui il comune si fa direttamente parte attiva (art. 22); le condizioni, i parametri e gli elementi su cui basare monitoraggio, valutazione e controllo delle iniziative promosse (art. 21). Si tratta di tre nodi importanti per vincere le resistenze all’amministrazione condivisa di cui il comune si prende responsabilmente carico.

Infine, si sottolineano due aspetti su cui, invece, si sollevano alcune perplessità. Il primo riguarda l‘attribuzione in via esclusiva alla Giunta del diritto di rilasciare il consenso per i Patti, lasciando alla parte amministrativa il solo ruolo della responsabilità istruttoria. Benché sia ragionevole per accordi di questa natura investire anche il livello di indirizzo politico, la deroga palese al principio della distinzione delle funzioni tra indirizzo politico e amministrazione attiva lascia dubbi e potrebbe anche generare rapporti viziosi e strumentali. L’altro dubbio si esprime sulla previsione che il Regolamento fa al “baratto amministrativo” nell’art. 4, c. 5, che sembra del tutto estraneo al senso e alla sostanza del regolamento dei beni comuni urbani. Tra l’altro il riferimento è pienamente rivolto nei confronti di coloro che versano in una condizione di obbligato in esecuzione di una pena detentiva che è esattamente il contrario delle ipotesi che il Regolamento privilegia che riguardano invece le forme di attivismo spontaneo e libero.



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