L’incontro dal titolo ” Le città e le storie dell’amministrazione condivisa. Gli strumenti della collaborazione ” si è concentrato sulla fase operativa successiva all’approvazione del Regolamento dei beni comuni, partendo dalle realtà locali. Due gli obiettivi principali: immaginare la costruzione di una rete delle amministrazioni condivise del nord ovest e fare il punto sui patti di collaborazione. In particolare, la giornata di venerdìha dato spazio al punto di vista delle amministrazioni, mentre la mattina del sabato è stata dedicata alla prospettiva dei cittadini.
Amministratori attivi, la prima giornata di incontro
Il pomeriggio di venerdìha visto protagonisti gli amministratori che, in termini di responsabilità tecniche e politiche, hanno raccontato le proprie esperienze a partire dall’approvazione del Regolamento. Daniela Ciaffi, componente del Consiglio direttivo di Labsus, ha aperto l’incontro mettendo in evidenza gli obiettivi delle due giornate e presentando gli interventi in programma.
Costruire una rete per l’amministrazione condivisa, la prospettiva toscana
L’intervento di Rossana Caselli, referente Labsus in Toscana, ha dato il via al racconto delle pratiche di amministrazione condivisa, proponendo una riflessione sul modello toscano. Nel giugno 2015 è nata in Toscana la rete dei comuni che hanno approvato il Regolamento e scelto di promuovere l’approccio dell’amministrazione condivisa. I comuni coinvolti sono eterogenei sia in termini di estensione che di processi che hanno condotto all’approvazione dei Regolamenti,ma condividono lo stesso contesto di crisi economica e politica.
La decisione di formare una rete è stata dettata dalla volontà di lavorare insieme per affrontare questioni comuni. La rete toscana è un laboratorio che offre utili spunti di riflessione, non un modello da replicare, ma da cui partire per costruire metodologie da calare nelle realtà territoriali.
Esperienze di amministrazione condivisa nel nord ovest
Quattro le esperienze di amministrazione condivisa nel nord ovest presentate, tre piemontesi e una valdostana. I casi, molto diversi in termini territoriali, differiscono anche sotto il profilo della processualità in atto. Torino e Condove hanno approvato il Regolamento in tempi recenti, rispettivamente gennaio 2016 e dicembre 2015, e stanno lavorando alla definizione dei primi patti di collaborazione. Il comune di Chieri è invece giunto all’approvazione del Regolamento nel novembre del 2014 e conta già numerosi patti approvati. E’ in fase di discussione il Regolamento di Sarre, con l’obiettivo di condividere il testo con i 74 comuni che formano la Valle d’Aosta.
Il diritto coprodotto
Nella chiusura della prima giornata Gregorio Arena, presidente di Labsus, ha proposto una riflessione sulla possibilità di intendere i patti di collaborazione come fonte del diritto pubblico. Arena ha ricordato come già il giurista Benvenuti abbia considerato i cittadini come centri di produzione del diritto. Quando viene sottoscritto un patto collaborazione i soggetti coinvolti individuano l’interesse generale nel caso concreto. Sulla base dell’articolo 118 della Costituzione, la Repubblica deve favorire l’iniziativa dei cittadini per lo svolgimento di attività di interesse generale. Con il patto di collaborazione si è quindi costruito il quadro giuridico che rende attuativo il principio di sussidiarietà orizzontale. In conclusione ” i patti producono un nuovo diritto pubblico, non più autoritario e gerarchico, ma paritario, diffuso, pluralista ” .
Patti di collaborazione, la seconda giornata
La mattina di sabato è stata dedicata agli strumenti dell’amministrazione condivisa,raccogliendo le testimonianze di alcuni patti di collaborazione stipulati o in via di definizione.
Gigliola Vicenzo, responsabile dell’Ufficio Partecipazione del comune di Genova, ha aperto la riflessione sui patti di collaborazione evidenziando la necessità di lavorare per fasi. In prima battuta, occorre riflettere sul sistema di pensiero alla base del modello dell’amministrazione condivisa. Una volta definito il modello, attraverso i patti è possibile sperimentare il cambio di paradigma. Nel futuro, il processo di cambiamento innescato dai patti potrà riguardare anche i contenuti delle politiche pubbliche.
Pasquale Bonasora, responsabile Labsus per la regione Puglia, ha fatto il punto sulla situazione pugliese, partendo dal racconto di alcuni patti per arrivare all’impatto dell’approccio dell’amministrazione condivisa a livello regionale. Il POR Puglia 2014 – 2020 introduce al suo interno due importanti linee di azione: la formazione all’amministrazione condivisa per i funzionari pubblici, aperta anche ai cittadini, e la promozione della costruzione di una rete regionale.
Nella seconda parte della mattina la parola è passata ai cittadini attivi, i quali hanno presentato le loro esperienze: l’associazione ” Bellavista viva ” di Ivrea, con il patto di collaborazione riguardante la valorizzazione del quartiere Bellavista; l’associazione ” In Collina ” , con il progetto di promozione dell’abbazia di Vezzolano; il progetto di recupero del Motovelodromo di Torino; le iniziative dell’associazione ” Il Tuo Parco ” ; il progetto Casa del Pilonetto; l’esperienza di Casa Bossi a Novara.
Temi centrali del dibattito
Le giornate di venerdìe sabato sono state ricche di stimoli e, a partire dalle questioni discusse dai relatori, si è avviato il dibattito. Tra i temi che hanno maggiormente coinvolto i partecipanti vi è quello relativo al rapporto tra interesse economico e interesse collettivo. Alcuni Regolamenti, tra cui quello torinese, chiudono le porte agli interessi economici, ma è davvero possibile perseguire l’interesse generale escludendo i vantaggi economici? La risposta dell’amministrazione torinese arriva dall’architetto Gianni Ferrero, del Servizio Arredo Urbano, Rigenerazione Urbana e Integrazione. Ferrero ha spiegato che, nel caso torinese, la volontà è stata quella di evitare l’uso strumentale del Regolamento da parte di singoli, favorendo invece la coprogettazione tra cittadini e amministrazione. Ferrero ha ricordato inoltre che il Regolamento è in fase di sperimentazione, trascorsi dodici mesi sarà possibile fare un bilancio per capire cosa ha funzionato e cosa deve essere ripensato.
Discusso anche l’intervento di Jacopo Suppo, vicesindaco di Condove, sul concetto di comunità che si prende cura di se stessa, scardinando il meccanismo di convenienza come unico motore di azione. Suppo ha fatto emergere inoltre la necessità di una visione strategica per orientare le progettualità locali, lavorando con il territorio per rispondere insieme alle sfide imposte dalla crisi in atto.
Specificità territoriali e valori condivisi, le conclusioni
Le due giornate hanno permesso di definire il quadro dell’amministrazione condivisa a livello nazionale, partendo dalle realtà locali. L’incontro proposto da Labsus ha messo a confronto approcci e metodologie, diversi perché legati a specificità territoriali, ma orientati dai medesimi valori. Se le risposte locali alla gestione dell’amministrazione condivisa si differenziano nelle pratiche, sono invece i principi alla base del modello dell’amministrazione condivisa a rimanere inalterati: la volontà di superare la crisi legata all’individualismo, la convinzione che le disuguaglianze non siano necessarie per lo sviluppo. La volontà di produrre cambiamento insieme, cittadini e amministrazioni, lavorando a partire dai problemi più semplici per pensare nuove soluzioni, perché, come ha ricordato Gregorio Arena ” le idee cambiano il mondo ” .