In data 6 giugno si teneva a Roma il Congresso di Federnotai, che quest’anno era titolato ” Notariato e legalità : tra narrazione e partecipazione ” .
Nella fase pomeridiana dei lavori, moderati da Giovanni Liotta, notaio a Spadafora (ME), alcuni allievi del primo corso SIBEC venivano invitati dal Presidente Carmelo Di Marco ad assistere ai lavori. La parte pomeridiana, infatti, era dedicata al tema dei beni comuni, dell’amministrazione condivisa e della democrazia partecipativa.
Come da programma, ha aperto i lavori il prof. Ugo Mattei – Professore di Diritto Internazionale Comparato, Hasting College of Law, California University – il quale ha trattato esaurientemente, nonostante i soli 20 minuti a disposizione, la genesi giuridica del concetto di beni comuni, partendo dal Manifesto del 2011, passando per la commissione Rodotà (che intese i beni comuni come esercizio dei diritti fondamentali della persona), ancora sulla sentenza della Corte di Cassazione n. 179/2012, fino a passare per il Referendum sull’acqua pubblica, che si inserisce appieno nel filone trattato. La sua è stata una riflessione scientifica, che passa attraverso il concetto di ” gestione dei beni comuni per le generazioni future ” . Motivo per cui ” …il ” civilista ” deve cominciare a pensare al lungo periodo…. ” ha sottolineato Mattei.
Tra il ‘700 e l’800 la quantità di beni comuni a disposizione era enorme, beni che erano alla base della convivenza delle comunità . Col passare del tempo tali beni (beni comuni sociali) si trasformarono in capitale. Un vero e proprio progetto giuridico: si passò dal valore d’uso di tali beni al valore di scambio (che è poi la base del diritto civile).
Oggi i beni comuni non solo sono diminuiti, ma sono stati in grandissima parte devastati. In compenso, abbiamo tantissimo capitale.
Ecco perché si rende necessaria un’inversione di marcia: trasformare nuovamente il capitale in beni comuni di lungo periodo. E se pensiamo alle ripercussioni sull’ambiente, la categoria dei beni comuni ci aiuta ad inquadrare anche il diritto civile in una dimensione più ecologica.
Una nuova rivoluzione culturale, quindi, i cui aspetti principali sono tre:
– Interiorizzare il diritto civile, perché ritorni ai bisogni dei cittadini;
– Restituire il diritto alle comunità , cosa che richiede una elaborazione dal basso dei principi che consentono alle comunità di stare insieme;
– Passare da una visione estrattiva del diritto civile (concetto di proprietà ) ad una visione generativa.
Non più proprietà =estrazione ma proprietà =generazione.
Immaginiamo, ad esempio, Fondazioni di lungo periodo, volte a recuperare la dimensione del domani, lavorando su istituzioni del diritto civile. Cosìil prof. Mattei ha terminato il suo breve ma intenso intervento.
Il notaio Liotta ha aggiunto, a fine intervento, che, in questo senso, il Notariato si sta già muovendo e ne sono testimonianza il sostegno alla microproprietà e lo human centered business.
Il secondo intervento è stato quello del prof. Gregorio Arena – Presidente dell’associazione Labsus – che con una esposizione chiara e sintetica di quelli che sono i concetti basilari dell’argomento ” beni comuni ” , ha parlato del principio di sussidiarietà , entrato nella nostra Costituzione nel 2011, e di come il diritto amministrativo vigente non consenta, attualmente, ai cittadini di prendersi cura dei beni comuni. Anzi, il più delle volte gli amministratori non glielo consentono perché temono di assumersi delle responsabilità . In netto contrasto quindi con l’art. 118 primo comma della Costituzione, che cosìrecita ” …Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà ” . Da qui la necessità di adottare un modello di amministrazione condivisa, in cui cittadini e amministratori si incontrino in quel luogo virtuale che sono i Patti di collaborazione, cuore dei Regolamenti per i beni comuni approvati in circa 100 Comuni italiani. Perché gestire un bene comune insieme significa garantire sviluppo e benessere alla comunità . Gregorio Arena ha cosìconcluso il suo apporto alla giornata: ” Non bisogna più parlare di manutenzione dei beni comuni, ma di cura e partecipazione ” .
Terzo ed ultimo intervento quello di Rodolfo Lewanski – Professore di Democrazia Partecipativa e Analisi delle Politiche Pubbliche, Università di Bologna. Lewansky ha parlato a lungo di democrazia rappresentativa e democrazia deliberativa, e del paradosso che la prima sta vivendo, mostrando tutta la sua fragilità . Oggi di tale forma di democrazia manteniamo solo l’involucro esterno e la chiamiamo democrazia mediatica, di opinione ecc..
Eppure di fronte a questo bivio (post-democrazia o rivitalizzazione della democrazia?) la crisi può costituire un’opportunità di innovazione. Come uscirne? Tornando ai cittadini.
Dall’altra parte c’è la democrazia deliberativa, caratterizzata da centinaia di processi. Di questa possiamo dire che non è democrazia diretta e non è partecipazione generica. Gli elementi che la contraddistinguono sono:
- Inclusione (pensiamo ad un campione rappresentativo di cittadini che gettano ponti tra le diversità );
- Informazione (creare ponti tra saperi aperti e comuni);
- Dialogo;
- Deliberazione (ossia bilanciare, soppesare, cercare scelte consensuali);
- Consenso (essere d’accordo e cercare terreni condivisi);
- Empowerment (ossia potere, perché la partecipazione politica serve ad esercitare potere).
Lewansky merita di essere approfondito. Tutta la sua dottrina può essere scaricata dalla pagina https://laprossimademocrazia.com/.
A proposito di approfondimenti, il notaio Liotta consiglia la pagina http://www.agendacomune.org/
Dopo gli interventi accademici seguivano le esperienze ” sul campo ”
Paolo Casprini, Dirigente della Sezione Servizi del comune di Siena, ha raccontato l’esperienza dei due anni di Siena con il Regolamento, mostrando sempre con onestà intellettuale le difficoltà e le criticità di tale esperienza, ma anche le positività che si sono sprigionate all’interno della comunità . Insomma, da perfetto ” legislatore ” , Casprini ha evidenziato i lati negativi e quelli positivi dell’amministrazione condivisa.
A seguire l’esperienza del comune di Bologna con Donato Di Memmo – Responsabile Ufficio Cittadinanza Attiva del Comune di Bologna – fantastico oratore, che ha ripercorso l’esperienza con Labsus e con Gregorio Arena, sottolineando che, alla base di tutti questi movimenti e rivoluzioni in atto riguardo i beni comuni e il concetto di cittadinanza attiva, deve esserci innanzitutto fiducia, perché se manca questa qualsiasi operazione di partecipazione perde di valore. Ogni giorno Donato si scontra con i problemi quotidiani che scaturiscono dall’attivarsi dei vari gruppi di cittadini, ma le soddisfazioni permettono di superare anche i momenti di sconforto.
Ultima esperienza quella di Veronica Dini – Presidente dell’associazione PROgRES Professionisti per la valorizzazione dei beni comuni – la quale, nel parlare di proprietà confiscate alla mafia, ha esposto un progetto per rigenerare, valorizzare e gestire in maniera partecipata tali beni.
Carmelo Di Marco ha chiuso i lavori con una encomiabile celebrazione della figura del notaio e del suo operato, passando poi la parola ad Antonio Di Lizia, notaio a Potenza, che ha regalato agli ospiti 10 minuti di goliardia, dando una scossa al linguaggio notarile utilizzando la satira, il grottesco e quant’altro.
Allo stesso modo scrive per: http://www.federnotizie.it/author/adilizia/
Vi lascio con una sua citazione: ” L’ignoranza è una benedizione, ma perché la benedizione sia completa l’ignoranza deve essere cosìprofonda da non sospettare neppur se stessa ” .
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