Un lavoro che non si ferma d ' estate, perché il mare vale soprattutto d ' inverno, quando l ' attenzione generale cala e c ' è bisogno di lanciare un messaggio profondo perché si torni a dare valore alla cultura e all ' ambiente

E’ la Marina di Curinga, in Calabria, la protagonista di questa storia che racconta di un impegno volto alla salvaguardia di luoghi e tradizioni, alla tutela ambientale e alla promozione dell’idea di cittadinanza attiva, in una regione da troppo tempo discriminata e sofferente.
Costa Nostra è una grande festa, un progetto condiviso da un gruppo di amici che ha aperto gli occhi per guardare veramente la realtà  circostante. E’ un lavoro che non si ferma d’estate, perché il mare vale soprattutto d’inverno, quando l’attenzione generale cala e c’è bisogno di lanciare un messaggio profondo di sensibilizzazione prima di tutto alla comunità , perché si torni a dare valore alla cultura e all’ambiente.
In questo viaggio siamo stati guidati da Giuseppe Iemme,  che dopo l’università  a Roma, una laurea in Lingue e Civiltà  Orientali e diverse esperienze all’estero, ha deciso di tornare a casa per essere parte di un cambiamento necessario, insieme a un gruppo di giovani ostinati e innamorati della propria terra.

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Come nasce Costa Nostra e quali esigenze muovono l’associazione?
L’associazione si è costituita ufficialmente a giugno del 2012, ma di fatto eravamo operativi già  dal 2011. Nasce, essenzialmente, in reazione a delle problematiche che crediamo siano comuni un po’ a tutti i giovani che oggi si trovano fuori dall’università , senza un lavoro, ad affrontare un sistema che non sempre va nel verso giusto. Viviamo un territorio, quello calabrese, noto quasi sempre per i suoi aspetti negativi; noi, invece, siamo convinti delle potenzialità  che ha, vediamo i tesori che conserva in sé. Questo è un luogo da valorizzare, siamo nel punto più stretto della Calabria, Curinga è un paese che si estende tra il mare e la montagna, da qui si può vedere l’altra sponda dello Ionio. Abbiamo deciso di iniziare con la tutela della zona costiera, che versa in una situazione, dal punto di vista ambientale, molto grave: vicino alla marina sorge la zona industriale di Lamezia Terme, che negli anni è cambiata: se fino al 2000 si riusciva a controllare l’intera area, adesso c’è anche un depuratore consortile da gestire. Per anni non ha funzionato, convogliava le acque di 100mila abitanti attraverso condutture lunghe fino a dieci chilometri, che spesso perdevano e, quando succedeva, si sversava tutto. L’idea di Costa Nostra è cominciata come un impegno tra amici che tornavano a casa per le feste o in estate; ci siamo sempre confrontati molto sulle esperienze vissute e alla fine le abbiamo messe insieme, facendole convogliare verso la nostra spiaggia. Quando siamo partiti non si distingueva la sabbia dalla plastica.

 Qual è la storia della Marina di Curinga?
14805501_1585805631445981_1270690625_nIl nostro litorale non è stato utilizzato per dieci anni, lo abbiamo ritrovato completamente abbandonato, mentre in passato è sempre stato vissuto. Il paese ha questa tradizione ultra centenaria delle baracche, una sorta di prefabbricati usati quando, dalla collina, ci si trasferiva al mare: intere famiglie per mesi si stanziavano nei terreni vicini, anche con gli animali.
Si creava questo villaggio in spiaggia, si faceva per rispondere alle esigenze agricole.
Col passare del tempo la società  si è modificata e anche la tradizione è cambiata, fino a interrompersi del tutto, soprattutto per questioni burocratiche. Non frequentare più la costa ha portato al degrado e alla sporcizia, lasciata anche dai cittadini.

 E poi la decisione di cambiare questo stato di cose…
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Nel 2012 abbiamo iniziato questo percorso. In occasione della prima festa estiva abbiamo messo in scena una commedia che raccontava proprio questo passato sul mare; poi, c’è stata la mostra fotografica per sensibilizzare l’intera comunità  sull’importanza dei nostri luoghi e delle nostre origini. E’ il nostro modo di salvaguardare il futuro del paese e puntare a uno sviluppo differente. Quel presidio che c’era negli anni delle baracche, faceva sìche il litorale fosse pulito e ci fosse una maggiore attenzione. Sentiamo un legame forte e vogliamo riprenderci il diritto di tornare al mare, in questo posto selvaggio che ogni giorno ci ricorda quali scempi può commettere l’uomo e quali ripercussioni hanno sull’ambiente le azioni che si compiono.

Dopo cinque anni, come procede il vostro percorso?
Quando tutto è iniziato ci sembrava il momento giusto per reagire, partendo anche da iniziative semplici come le giornate ecologiche, per avere un luogo sano in cui muoverci. L’obiettivo è ancora quello di affermare che ogni persona può fare la differenza, partendo da un piccolo gesto. In cinque anni il lavoro è stato difficile, ci scontriamo con una mentalità  consumistica che preferisce buttare, piuttosto che conservare, ma noi cerchiamo di dare un esempio in senso contrario. E’ dura, col tempo si sono avvicinati all’associazione molti adolescenti, che si sono sentiti subito parte attiva di questo movimento per cambiare Curinga in meglio. Di sicuro ci resta tantissimo lavoro da fare, perché continuano a fare notizia soltanto le cose di cui lamentarsi, mentre si ragiona molto poco delle attività  che si mettono in campo e delle persone che agiscono.

Di cosa avete bisogno adesso per continuare a portare avanti questa sfida?
Ci serve un canale di comunicazione, abbiamo bisogno di far conoscere quello che facciamo a un pubblico ampio e far passare il principio per cui è il cittadino quello che deve essere in prima linea, anche nel tempo libero con azione volontaria: prendersi cura del paese in cui si abita dovrebbe essere naturale. Purtroppo viviamo un tempo in cui i piccoli centri si svuotano e noi questo panorama di desolazione  lo vediamo ogni giorno, perciò crediamo che proprio da qui, dalle cittadine del Sud, possa partire un’economia basata sul turismo, sulla conoscenza del territorio, sull’artigianato, sulle eccellenze enogastronomiche. Purtroppo mancano i giovani, con cui aprire questo discorso su uno sviluppo differente, per riprendere la comunità  e non perdere quel patrimonio materiale e immateriale che potrebbe fare davvero la differenza. Speriamo, attraverso il progetto di Costa Nostra, di far tornare qualcuno a casa, sapendo di avere un nuovo risultato da raggiungere.

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