Condivisione, prossimità, fiducia: sono i concetti su cui si basa questo nuovo modo di risolvere i problemi, individuali e allo stesso tempo collettivi.

L’obiettivo è ambizioso, il funzionamento semplice: basta contattare il chiosco per spiegare di cosa si ha bisogno. Si può telefonare, inviare un’email o semplicemente passare di persona. Una volta individuato il bisogno, il portiere di turno trova il Lulu giusto, cioè l’uomo o la donna (idraulico, pollice verde, esperto informatico, studente, pensionato, ex disoccupato, magari il vicino di casa) in grado di svolgere il lavoro richiesto. Le tariffe sono modiche: tra i 5 e i 10 euro per venti minuti (in caso di piccoli interventi), o a forfait concordati in anticipo, il tutto detraibile dalle tasse al cinquanta per cento.
11.000 clienti, 3.596 servizi richiesti e 120 proposte di nuove aperture in tutta la città: in meno di un anno dall’apertura Lulu ha registrato un successo incredibile. E così, dalla Francia, un’idea semplice e geniale come quella della portineria di quartiere si è presto diffusa altrove, anche in Italia, seppur con notevoli differenze: dal caso più noto di Portineria14 a Milano all’esperienza genovese di Mani-MAN, sino alla neonata startup monzese Sèm chì.

Custodia

Negli anni ’70 in una città come Milano le palazzine con i custodi erano ancora 16.000. Oggi sono appena 6.000, e il dato è in costante diminuzione, complice soprattutto la crisi economica. Chi non ha più a disposizione una portineria si rende però conto di quante comodità vengono a mancare: ad esempio non essere costretti ad aspettare per ore a casa un corriere in arrivo, o poter lasciare una copia delle proprie chiavi sempre a disposizione. A queste si aggiunge anche la consapevolezza di avere una persona di fiducia, spesso disposta a fare piccoli lavoretti che semplificano la vita quotidiana, con una fondamentale funzione di presidio e custodia, nel senso etimologico del termine, degli spazi comuni.
Si capisce così perché l’utilità collettiva dell’idea di Lulu sia percepita come tale anche in Italia: la condivisione del servizio, esteso da un solo condominio ad un intero quartiere, può essere la chiave di volta che metta insieme risparmio economico e utilità sociale.

Resilienza

Quante volte abbiamo sentito dire la frase: un tempo si poteva lasciare la porta di casa aperta? Nessuno oggi si sognerebbe di farlo… Nemmeno nei piccoli paesi. In questo clima di totale sfiducia verso il prossimo (per non parlare delle recenti derive xenofobe, violente… fasciste che stanno mettendo a dura prova la tenuta “civile” del nostro Paese) nuovi bisogni e ritmi frenetici del contemporaneo ci pongono davanti a tante, piccole o grandi, sfide quotidiane, che molto spesso non siamo in grado di affrontare da soli.
Si tratta di bisogni emergenti, in alcuni casi semplici, come quello di ricevere un pacco postale ordinato su una piattaforma online. Nuovi bisogni che seguono in parte anche i ritmi frenetici, flessibili, del mercato del lavoro: come quelli di un lavoratore freelance, che tra le diverse occupazioni non riesce a trovare il tempo di portare a spasso il cane (se non ha già rinunciato a prenderlo), stirare le camicie o annaffiare le piante. Piccole ma continue attività che ci rendono la vita più serena, se curate da una persona di cui ci possiamo fidare.

Antidoto 

Condivisione, prossimità, fiducia: sono i concetti su cui si basa questo nuovo modo di risolvere i problemi, individuali e allo stesso tempo collettivi, perché tutti, pur con diverse intensità e sfumature, ci troviamo a fronteggiarli. E tutti potremmo trarre un indubbio vantaggio se vivessimo in un quartiere in cui gli abitanti sono più sereni, si fidano di più gli uni degli altri, hanno più voglia di stare insieme anche solo per una chiacchierata: perché si conoscono, perché condividono necessità e risorse, perché sono una comunità, non solo individui.

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