Il TAR per la Puglia riconosce la differenza tra attività sussidiarie e quelle volte a conseguire un profitto

Con la sentenza n. 1240/2019 il TAR per la Puglia, sede di Bari, sottolinea la differenza tra attività informate al principio di sussidiarietà e quelle invece finalizzare a conseguire un profitto, in coerenza con gli approdi fatti propri successivamente dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 131/2020.

La controversia

La controversia sottoposta al TAR per la Puglia, sede di Bari, attiene alla legittimità della normativa regionale in tema di formazione per l’utilizzazione del defibrillatore semiautomatico esterno (c.d. D.A.E.).
Normativa che, proprio all’esito della fase cautelare del giudizio – nell’ambito della quale era stata rilevata l’illogicità della previsione che determinava una duplicazione degli esami di verifica di formazione – era stata revocata dalla Regione Puglia con l’approvazione della «nuova regolamentazione della formazione ed autorizzazione all’utilizzo del defibrillatore semiautomatico esterno da parte di personale non sanitario nella Regione Puglia»; con l’approvazione della delibera n. 1295 del 2018 la Regione Puglia ha infatti espunto l’obbligo precedentemente previsto di ripetizione degli esami di verifica davanti al personale degli uffici pubblici sanitari competente, sostituendolo con la sola previsione della partecipazione di esponenti degli stessi uffici alla commissione di valutazione.
Sennonché, anche la nuova normativa, a detta della ricorrente, sarebbe illegittima e, pertanto, veniva impugnata nel medesimo giudizio mediante ricorso per motivi aggiunti.
Tra le censure proposte, per quanto di nostro interesse, veniva evocato il contrasto con la disciplina in materia di concorrenza di matrice euro-unitaria, in quanto la disciplina prevista dalla Regione Puglia penalizzerebbe le strutture private accreditate interessate, asseritamente impossibilitate, per quanto riguarda la proposta dei corsi previsti, a praticare condizioni “appetibili” o comunque concorrenziali rispetto al “mercato” di riferimento.
Il TAR adìto ha rigettato il ricorso, riconoscendo la conformità della nuova delibera dalla Regione Puglia con la normativa nazionale e l’assenza di alcun contrasto con la normativa euro-unitaria in materia di concorrenza mediante un’analisi del principio di sussidiarietà orizzontale.

La decisione del TAR

Nel rigettare il ricorso, il giudice amministrativo ha escluso che la nuova normativa approvata dalla Regione Puglia sia illegittima, ritenendola immune dai vizi prospettati dalla ricorrente.
In particolare, è stato escluso alcun contrasto con la disciplina euro-unitaria in materia di concorrenza in virtù del settore e della natura attività che viene svolta in esso dalle associazioni formatrici: si tratta di un’attività di volontariato, priva di alcuna finalità di lucro e informata al principio di sussidiarietà orizzontale che, in quanto tale, non deve rispondere a quelle regole concorrenziali proprie delle attività prettamente commerciali (e che, peraltro, sono estranee alla stessa ricorrente, atteso che anche essa, da statuto, non ha fini di lucro).
Come sottolinea il giudice amministrativo, infatti,  «l’attività di formazione deve essere svolta – in una prospettiva di sussidiarietà orizzontale – in collaborazione e in affiancamento alle A.S.L. e non già in alternativa o sostituzione, o tale da comportare comunque ostacoli all’organizzazione pubblica sanitaria regionale, che rimane invece domina delle politiche di diffusione e d’integrazione dei defibrillatori extra-ospedalieri D.A.E.».

Commento

Le relativamente poche righe di motivazione sul punto della sentenza del TAR per la Puglia sono comunque particolarmente significative nel ribadire come le attività informate al principio di sussidiarietà orizzontale non vanno confuse con le attività commerciali né ricondotte alle regole del mercato.
L’assenza di lucro, costituisce (riprendendo una terminologia più prettamente civilistica) la “causa” dell’attività svolta dalle associazioni di volontariato; ciò esclude che si debbano applicare quelle regole concorrenziali nate e sviluppatesi, giustamente, per tutelare la parità di accesso e condizioni al mercato per finalità patrimoniali-utilitaristiche volte a conseguire un profitto.
Si tratta, come è noto, di un distinguo essenziale ma che è stato recentemente particolarmente dibattuto, sulla scia di un primo parere del Consiglio di Stato che, riguardo ad alcuni istituti previsti dal Codice del Terzo Settore, sembrava escludere l’importanza di tale distinzione per ricondurre l’intera disciplina nell’ambito del Codice dei Contratti Pubblici; orientamento poi almeno in parte superato dal successivo parere del medesimo Consiglio di Stato e, si spera infine, definitivamente superato dalla recente pronuncia della Corte Costituzionale.
Nel periodo intercorso tra queste tre pronunce, diverse sono state le interpretazioni accolte tanto dai giudici amministrativi che dagli enti locali, inclini a volte ad applicare cautelativamente la (ritenuta) “più sicura” normativa in tema di contratti pubblici anche ad ambiti ispirati a diversi principi e a non porre nel meritato risalto le finalità solidaristiche che caratterizzano determinate attività. Come detto, al (si spera) culmine di questo periodo di incertezza è sopraggiunta, come “un raggio nella nebbia”, la sentenza della Corte Costituzionale n. 131/2020, la quale ha cristallizzato la differenza tra le attività ispirate alla sussidiarietà orizzontale e svolte in amministrazione condivisa e quelle svolte per conseguire un profitto.
Sulla scorta di tale “pietra miliare nella storia del diritto italiano” – come efficacemente qualificata dal Prof. Fabio Giglioni su questa Rivista – bisognerà verificare l’effettiva e corretta applicazione dei principi in essa ormai definitivamente affermatesi. Ma le premesse sono più rosee rispetto a qualche tempo fa.

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