La sezione “Ricerche” pubblica la tesi di Benedetta Montigiani che avvia una riflessione intorno alla ridefinizione del concetto di cittadinanza, partendo dal dibattito sulla partecipazione politica degli immigrati. “Rideclinare la cittadinanza sui paradigmi della democrazia sociale: inclusione, partecipazione, uguaglianza sostanziale” è il titolo di questa ricerca che affronta un tema di grande attualità, a cui l’Amministrazione condivisa offre risposte e suggerisce sviluppi innovativi. Lasciamo ora all’autrice presentare il proprio lavoro.
Pensare, agire e cooperare da “cittadini attivi”
È possibile rideclinare il concetto di cittadinanza attraverso l’utilizzo di pratiche proprie della democrazia partecipativa e dell’Amministrazione condivisa? Il livello di governo più vicino ai cittadini può rappresentare a tutti gli effetti il luogo adatto per sviluppare modalità di partecipazione “nuove” e volte a una sempre maggiore inclusione degli stranieri? Partendo dall’assunto che il momento elettorale non rappresenta l’unica modalità di partecipazione alla vita politica del Paese, la mia tesi ha l’obiettivo di mettere in luce come non solo i cittadini formali, ma anche gli stranieri residenti possano essere inclusi in tutti quei processi che, considerandoli “cittadini attivi“, possono contribuire a renderli partecipi alla vita della comunità.
Da cittadino ad abitante: oltre la logica del dentro-fuori
Nella parte iniziale della tesi viene tracciato un excursus storico sull’istituto della cittadinanza, sottolineando come questo paradigma, che nel corso del tempo ha assunto una natura sempre più includente, ad oggi risulti ormai obsoleto ed escludente in relazione all’alto numero di immigrati presenti nel nostro Paese. Le nostre società, infatti, in seguito alle trasformazioni che hanno subito a causa dei fenomeni migratori, sono oggi a tutti gli effetti società multietniche. Alla costante presenza di stranieri residenti che abitano, lavorano e prendono parte alla vita sociale dei nostri territori, non corrisponde però un’adeguata partecipazione politica ed un’effettiva inclusione degli stessi. Per queste ragioni, negli ultimi anni, i concetti di “abitante” e “residente” sembrano aver sostituito quello di “cittadino” e alla parola “cittadinanza” seguono oggi un’infinita serie di aggettivi che la distinguono da quella “formale”.
È il caso ad esempio della cittadinanza amministrativa, intesa come l’appartenenza di un individuo ad una comunità diversa da quella dello stato sovrano, legata al territorio e al concetto di residenza. La definizione di cittadinanza amministrava si contrappone a quella di cittadinanza formale, intesa come la condizione di appartenenza di un individuo a uno stato e l’insieme dei diritti e dei doveri che tale relazione comporta. Se quest’ultima non ammette categorie intermedie tra cittadino e non cittadino e si basa dunque sulla logica del dentro-fuori, delineando una forte linea di demarcazione tra il concetto di cittadino e quello di straniero, nella dimensione della cittadinanza amministrativa le categorie di “cittadino” e di “straniero” sembrano potersi avvicinare.
Democrazia partecipativa e Amministrazione condivisa: due facce della stessa medaglia?
Per garantire un’effettiva partecipazione ed inclusione degli stranieri residenti è opportuno che gli stessi prendano parte a tutte le fasi del processo decisionale, in un’ottica che veda unirsi pratiche proprie della democrazia partecipativa a strumenti dell’Amministrazione condivisa. Negli ultimi anni gli strumenti dell’Amministrazione condivisa si sono sviluppati in maniera più chiara e puntuale rispetto alle forme della democrazia partecipativa e possono dunque costituire a tutti gli effetti un incentivo per lo sviluppo della democrazia partecipativa stessa. Al contempo, la democrazia partecipativa, oltre che rappresentare un qualcosa di complementare alla democrazia rappresentativa e a quella diretta, è considerata un modello integrativo alla sussidiarietà orizzontale e all’Amministrazione condivisa.
Inoltre, pur costituendo due modelli diversi, entrambe si basano sul principio di inclusività, per il quale vengono inclusi all’interno dei processi tutti i soggetti che realmente vogliono prenderne parte, a prescindere dallo status formale di cittadino. “Partecipazione al decidere” e “partecipazione al fare” quindi possono essere considerate in questo senso due facce della stessa medaglia che, se unite e sviluppate, possono rappresentare modalità per andare definitivamente oltre il concetto di cittadinanza formale e di democrazia rappresentativa.
Dalla teoria alla pratica, verso la partecipazione e l’inclusione degli immigrati
Per dimostrare come la crisi dell’istituto della cittadinanza e la crisi della democrazia rappresentativa – temi al centro del dibattito politico e scientifico contemporaneo – devono e possono essere rivisti alla luce dei mutamenti che caratterizzano le nostre società, la parte finale della tesi si incentra sull’analisi di alcuni contesti specifici. In particolare, sono state analizzate alcune Leggi regionali in tema di partecipazione, alcune pratiche proprie della democrazia partecipativa con particolare riferimento alle Consulte degli stranieri e ai Patti di collaborazione, strumenti giuridici innovativi e flessibili che, anche in tema di partecipazione e inclusione degli stranieri, rappresentano punti di forza per molti Comuni italiani.
“PartecipAzione”, un patto di collaborazione rivolto agli stranieri
Nello specifico sono stati analizzati alcuni Patti di collaborazione volti alla partecipazione, all’inclusione e all’integrazione degli stranieri residenti. Uno di questi è il Patto di collaborazione “PartecipAzione dei migranti alla cura del bene comune”, adottato dal Comune di Cortona nel 2018. Tale Patto di collaborazione mirava a favorire l’integrazione degli stranieri attraverso interventi di natura ambientale, dalla manutenzione e la cura degli spazi verdi a vere e proprie giornate di formazione all’interno delle scuole. L’obiettivo era dunque non soltanto quello di cura dei beni materiali, ma anche quello di sensibilizzare i cittadini stranieri e non circa le tematiche ambientali e di cura del territorio da una parte e circa le tematiche interculturali, di integrazione e di condivisione dall’altra.
Tra gli obiettivi specifici del Patto, infatti, vi era quello di promuovere strumenti innovativi e modelli sperimentali per rendere effettiva la partecipazione e la collaborazione tra cittadini italiani e stranieri con le istituzioni pubbliche locali. Per questo motivo e per il fatto che questa esperienza ha effettivamente portato esiti positivi sia in termini di benefici materiali per il territorio che in termini di crescita e sviluppo di partecipazione ed integrazione, tale Patto di collaborazione è stato scelto come modello di analisi. Il Comune di Cortona ha approvato il Regolamento per la cura dei beni comuni con atto del C.C. n. 82/2014, rappresenta un modello virtuoso per l’adozione di molti Patti di collaborazione, è dunque una realtà tradizionalmente avvezza a pratiche di inclusione e condivisione con gli abitanti.
Modelli virtuosi: un esempio per tutti
Attraverso l’analisi di contesti che rappresentano modelli virtuosi sia per quanto riguarda la partecipazione che per i Patti di collaborazione rivolti agli stranieri, è stato possibile constatare che proprio in quelle realtà più tradizionalmente avvezze alla partecipazione, all’inclusione e all’integrazione degli stranieri, gli strumenti propri dell’Amministrazione condivisa, uniti alle pratiche della democrazia partecipativa, possono rappresentare davvero una svolta all’interno del dibattito in corso sulla cittadinanza. Rideclinare la cittadinanza è possibile proprio grazie all’adozione di metodi volti ad includere gli abitanti in progetti della città e per la città, utili non soltanto alla cura del bene comune, ma anche alla partecipazione e all’effettiva integrazione degli immigrati che genera in loro coscienza civica e maggiore coesione sociale all’interno delle comunità.
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