La Rigenerazione Urbana Partecipata come esempio di trasformazione territoriale pluralista e paritaria.

Premessa: cosa significa “cambiamento di paradigma”

Negli anni ‘60 del secolo scorso la Filosofia della Scienza rilevava, con Thomas Kuhn, come le rivoluzioni scientifiche si manifestino sotto forma di episodi evolutivi non cumulativi o accrescitivi, attraverso i quali un vecchio paradigma è sostituito in toto o in parte da uno nuovo.

I Paradigmi della Rigenerazione Urbana

I Paradigmi della Rigenerazione Urbana sono innati nella disciplina urbanistica essendone l’origine stessa, sia nei termini tecnici dei suoi strumenti, sia negli aspetti sociali che ne costituiscono i principi e la natura.
In Italia, l’urbanistica prende infatti corpo nel periodo immediatamente post-unitario quando ci si rende conto che il paradigma della Mano invisibile, cui spettava, tramite il mercato, di governare in modo virtuoso le azioni dei singoli – teorizzata dall’economia classica circa un secolo prima con Adam Smith -, non era  più in grado di scongiurare o risolvere i fenomeni degenerativi che in ambiente urbano si stavano manifestando in forma grave e profonda.
La Mano pubblica decide quindi di introdurre regole e canoni tecnici intesi a risanare il tessuto urbano ma anche prestando altrettanta cura ed attenzione al paradigma dell’inviolabilità della proprietà privata, intesa sia in termini immobiliari sia nei suoi aspetti produttivi.
Mano Invisibile e Mano pubblica, radicalmente diverse, hanno in comune quantomeno l’ovvio presupposto dell’azione e quindi anche il binomio inscindibile, l’endiadi simbiotica: proprietà (pubblica o privata) e attività, al punto che proprietà senza attività diventa un ossimoro, un’incongruenza che queste note si ripromettono di trattare riflettendo su di un’esperienza maturata nel corso dell’ultimo decennio a Treviso con la Progettazione Partecipata che va sotto il nome del sito, l’ex Caserma Piave di proprietà comunale.

I termini del Nuovo Paradigma

Si tratta di un caso emblematico che attesta le forme spontanee ed autonome di iniziativa da parte di cittadini, singoli o associati, come recita la Costituzione, in grado di supplire alle incongruenze sia dei meccanismi di mercato sia delle politiche pubbliche in materia di Rigenerazione urbana.
È il segno altresì, del passaggio tra i paradigmi di rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadini pre e post Riforma Costituzionale del 2001 – meglio noti, rispettivamente, come: bipolare (Cassese) e paritario-pluralista (Arena) i cui caratteri possiamo riassumere nei termini seguenti.

Rigenerazione Urbana Partecipata e Proprietà

L’esperienza considerata nasce da un’occupazione e quindi in contrasto con il paradigma della proprietà di un sito – ancorché pubblico – dismesso e abbandonato dal proprietario e dal mercato immobiliare che non aveva espresso alcun interesse a suo riguardo. Per i detrattori questo sarebbe il peccato originale in grado di inficiarne la validità e di legittimare lo sgombero dei locali. Al di là delle questioni tecnico-giuridiche che esulano dai propositi di queste note, ciò che appare evidente è che la dismissione, l’abbandono e l’incuria – in altre parole l’impedimento della funzione sociale della città e del territorio con i suoi servizi ecosistemici – siano esse stesse forme di violazione del principio di inviolabilità della proprietà tali da non pregiudicare, nel suo nome, attività ed iniziative tanto più se legittimate dalla Costituzione.

I soggetti paritari e pluralisti della RUP

Il fatto in certo senso sorprendente dell’esperienza citata è l’aver riscontrato l’apparizione in scena, spontanea ed autonoma, degli attori in grado di interpretare il sistema di rapporti tra soggetti tutti dotati di autonomia (cittadini, singoli e associati, pubbliche amministrazioni e istituzioni, figure professionali, ecc.) postulato dal principio di sussidiarietà orizzontale sancito dall’art. 118, comma 4 Cost.. che, appunto, abilità i cittadini stessi all’esercizio delle attività di interesse generale qualora adeguato e competente.

Il Bene comune come prodotto

Queste considerazioni ci portano all’altro elemento di relativa novità rispetto al Paradigma precedente, vale a dire la RUP come meccanismo di generazione di un Bene Comune: la vasta letteratura esistente su questo argomento risulta dedicata in misura preponderante ai Beni Comuni esistenti – materiali o immateriali che siano – trascurando invece quelli suscettibili di essere creati: nel nostro caso, il Bene Comune si è costituito grazie al contributo di ognuno conferito al sito da rigenerare nella consapevolezza di riceverne un utile maggiore di quello che avrebbe ottenuto investendo individualmente.

La durata temporale della RUP

Un ultimo aspetto da considerare riguarda il concetto di durata della RUP, troppo spesso ancora legato ai lavori edilizi, e che si tratta di ricalibrare rispetto ai processi, stabili e continuativi, propri della sussidiarietà orizzontale in materia urbanistica.

Scarica il Labsus paper per leggere interamente questo contributo di ricerca.

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Immagine di copertina: Tama66 su Pixabay