L’iniziativa

Il 6 dicembre 2024, nell’ambito del Forum per le Transizioni Giuste, si è tenuto l’incontro ‘La collaborazione prima, durante e dopo le emergenze‘, curato da Labsus in collaborazione con Fondazione IU Rusconi Ghigi, che ha costituito l’occasione per proporre e condividere alcune riflessioni sull’approccio collaborativo nella gestione degli eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo in tutte le relative fasi, dalla prevenzione ai processi di ricostruzione post-evento.
La promozione da parte di Labsus dell’evento trae origine dal nostro impegno, ormai consolidato da circa due anni, intorno a tali tematiche. Tale impegno ha preso forma dall’intento di esplorare nuovi possibili orizzonti della collaborazione, a fronte, da un lato, della constata maturità degli strumenti giuridici dell’amministrazione condivisa, dall’altro, di un quadro normativo che incoraggia l’approccio collaborativo (il Codice della protezione civile).
Nel proposito di definire una base condivisa su cui continuare a lavorare, Labsus ha così voluto promuovere l’iniziativa per discutere, a partire dal racconto di esperienze concrete, delle possibili forme di collaborazione tra istituzioni, volontariato spontaneo e organizzazioni di volontariato di protezione civile, all’interno di una cornice di amministrazione condivisa tra comunità e istituzioni. In particolare, nell’ambito di tale occasione, dopo alcune preliminari riflessioni condivise dalla vice-sindaca di San Lazzaro, da Fabio Giglioni (Labsus) e da Marina Morando (Fondazione Cima), sono stati brevemente raccontati i benefici, le criticità e le potenzialità di alcune esperienze collaborative intorno al tema, tra cui: il caso pilota di Bagnara Calabra di un patto di collaborazione attivato nell’ambito di una pianificazione partecipata di protezione civile; il progetto “PROTERINA”; il patto di collaborazione di Ussita per la ricostruzione di una comunità colpita dagli eventi sismici del Centro Italia; il progetto “Abili a proteggere; la campagna #SicuriPerDavvero; il Patto educativo di Foligno nell’ambito del progetto “Urban Education Network”.

Oltre la solitudine degli amministratori in un clima che cambia

Un tema ricorrente emerso durante l’incontro concerne lo stato di solitudine in cui versano gli amministratori di diversi Comuni italiani al verificarsi di emergenze. Come a più riprese osservato, infatti, solo alcuni Comuni sono dotati di un’apposita struttura amministrativa di protezione civile e di un personale adeguatamente formato. Una condizione di squilibrio rispetto alla quale l’esistenza di un solido rapporto di fiducia con la cittadinanza e l’apporto collaborativo della stessa fa la differenza. Questo è quanto si è registrato, ad esempio, nel Comune di San Lazzaro, interessato negli ultimi mesi da significativi eventi alluvionali. Un Comune in cui appunto il preventivo “investimento” da parte dell’amministrazione nella costruzione di un rapporto fiduciario con i gruppi di vicinato ha assicurato un costante flusso informativo tra la comunità locale e l’ente comunale al verificarsi degli eventi, che ha favorito, per un verso, una rapida diffusione delle informazioni circa le linee di condotta e di autoprotezione da tenere, per l’altro, una più fedele rappresentazione dello stato del territorio nell’evoluzione dell’evento calamitoso.
Le lacune organizzative con cui gli amministratori sono tenuti a confrontarsi non sono le uniche ragioni a fronte delle quali il contributo della cittadinanza mostra il proprio valore aggiunto. Invero, come emerso nella discussione, le realtà locali sono e saranno sempre più tenute a misurarsi con gli impatti dei cambiamenti climatici, che, rispetto a tale tipologia di eventi si ritiene avranno una significativa incidenza, mettendo in discussione, anzitutto sul piano metodologico, l’efficacia di un’attività di previsione che guardi esclusivamente alla storicità degli eventi. Ecco dunque che l’apporto della cittadinanza, e in particolare il modello dell’amministrazione condivisa, mostra nuovamente il suo contributo, configurandosi, in un’ottica strategica, come quel modello in grado di favorire un adattamento di stampo collaborativo delle realtà locali alle variazioni delle condizioni fisiche del sistema climatico.

Un rapporto di fiducia da alimentare

Una delle questioni più delicate emerse nel dibattito riguarda le difficoltà legate alla precarietà del rapporto di fiducia tra la comunità locale e l’amministrazione. A tal proposito, può essere utile richiamare, a titolo esemplificativo, quei casi in cui l’amministrazione, a fronte di un’allerta, impone preventivamente misure restrittive che incidono sulla collettività, come la chiusura delle scuole. Il timore diffuso è che, qualora l’evento previsto non si verifichi, il delicato equilibrio di fiducia costruito nel tempo possa incrinarsi. Da qui emerge con forza la necessità di coltivare e rafforzare costantemente il legame fiduciario tra la comunità locale e l’amministrazione.
Una delle forme attraverso cui strategicamente costruire e alimentare tale rapporto risiederebbe proprio nella co-definizione di percorsi partecipativi e nell’approvazione, nella revisione e nell’aggiornamento dei piani comunali di protezione civile, anche alla luce di un incentivante tessuto normativo che orienta in tale direzione.
Come risulta nel Codice della protezione civile, infatti, nel processo di elaborazione, revisione e aggiornamento del piano deve essere assicurata la partecipazione dei cittadini, singoli e associati, che non si declina in una mera comunicazione o consultazione pubblica, bensì nella strutturazione di una dialettica in cui la cittadinanza caratterizza e informa, attraverso le proprie capacità, l’azione dell’autorità responsabile della pianificazione. L’idea di fondo che risulta dal Codice è quindi quella di superare quell’approccio tradizionale alla pianificazione, in modo tale, da un lato, che si pervenga ad un maggiore accuratezza informativa, dall’altro, che la costruzione di una sintesi ad esito di tale dialettica sia l’occasione per condividere il patrimonio informativo, anche nei termini dell’accessibilità del piano rispetto alle vulnerabilità che insistono sul territorio, favorendo il rafforzamento della comunità medesima rispetto ai fattori di rischio.
Ebbene, secondo la visione di cui Labsus si fa promotrice, nella costruzione di percorsi partecipati, un prezioso contributo potrebbe derivare anche dal principale strumento dell’amministrazione condivisa, ossia dal patto di collaborazione, nella misura in cui, non solo, costituisce quello strumento idoneo a coinvolgere le capacità dei soggetti, anche singoli, che compongono la comunità territoriale e a mettere a fattor comune tali risorse conoscitive, ma rappresenta anche quello strumento dal carattere flessibile, che assicura un’inclusività e un’apertura dei processi partecipativi. In particolare, il patto potrebbe agevolare la co-programmazione dei reciproci impegni per l’amministrazione e per i cittadini nella revisione e negli aggiornamenti dei piani locali di protezione civile, nonché l’allargamento del perimetro di soggetti coinvolti nella concreta realizzazione delle attività previste all’interno del piano. 

L’amministrazione condivisa nella fase di ricostruzione

Perseguire l’interesse generale secondo il modello dell’amministrazione condivisa non costituirebbe una preziosa opportunità solo con riferimento alla fase antecedente al verificarsi dell’evento nella realizzazione di azioni preventive, ovvero alla fase immediatamente successiva, nel proposito di gestire l’emergenza, ma anche nei susseguenti percorsi di ricostruzione. Questi ultimi, invero, interessano un territorio che può aver subito danni tali da aver comportato la perdita di significativi punti di riferimento per la comunità locale. Costituendo, allora, l’occasione per il ridisegno dell’assetto territoriale e urbanistico, la ricostruzione non può quindi prescindere dal confronto diretto con le concrete necessità e, soprattutto, con le prospettive future della comunità che vive e vivrà il territorio. Attestare il carattere fondamentale dell’amministrazione condivisa anche in questa fase, dunque, significa guardare al futuro di un territorio dilaniato mettendo al centro la persona, riducendo il rischio di un disallineamento tra nuovo assetto urbanistico territoriale e le aspettative e le prospettive, anche in un’ottica intergenerazionale, della comunità locale.    

Un punto di partenza

Quanto qui riportato costituisce tutt’altro che una sintetica trascrizione dei punti salienti dell’iniziativa secondo la prospettiva di Labsus, rappresentando piuttosto un punto di partenza. Il proposito di Labsus è interpretare queste brevi riflessioni come l’indice di un percorso su cui continuare a lavorare, secondo una lettura accompagnata da tre suggestioni. La prima è appunto la convinzione circa la sostanziale strategicità dell’amministrazione condivisa nell’intero ciclo di gestione delle calamità, proprio per il carattere intersezionale dell’amministrazione condivisa. La seconda è la consapevolezza che le dinamiche collaborative che emergono in questo settore conducano necessariamente a rivolgere lo sguardo anche al di là del Terzo Settore, ritenendo fondamentale l’apporto dell’intera comunità locale. Un aspetto, quest’ultimo, che aiuta così a superare l’impostazione dell’amministrazione condivisa che guarda solo al Terzo Settore. Una terza suggestione, che appare piuttosto come una prima proposta su cui continuare a lavorare, è l’idea di immaginare i gruppi comunali di protezione civile come quello spazio di comunità in cui sia favorito l’incontro tra l’associazionismo di protezione civile e la multiforme comunità che compone il tessuto territoriale, in modo tale da condividere una visione di più ampio respiro che agevoli lo scambio e la costruzione di quella relazione di fiducia tra comunità locale e amministrazione, che, come emerso nell’incontro, mostra il suo pieno carattere strategico proprio nelle situazioni di maggiore criticità.

Immagine di copertina: Chris Gallagher su unsplash