Ripensare la pubblica amministrazione nella prospettiva della cura delle persone, delle comunità e del nostro mondo.

Con il volume “Cura e pubblica amministrazione. Come il pensiero femminista può cambiare in meglio le nostre amministrazioni”, edito nel 2024 dalla casa editrice il Mulino, Alessandra Pioggia, docente di Diritto amministrativo presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Perugia, affronta il tema della pubblica amministrazione nella società contemporanea, rappresentando un’alternativa valida ed efficace ad una burocrazia vista come mera esecutrice di regole; un’alternativa fondata su un approccio sostanziale ed effettivo che va oltre la lettera della legge per l’attuazione del progetto costituzionale.
L’aspetto originale che caratterizza il contributo di Alessandra Pioggia sta nell’utilizzo degli schemi del pensiero femminista per ragionare su un nuovo modo di intendere la pubblica amministrazione, più coerente con la missione di realizzazione della persona che ci restituisce la Costituzione.

L’amministrazione nella visione costituzionale

Dinanzi alla crescente insoddisfazione dei cittadini verso l’operato della pubblica amministrazione in generale, da molti anni gli studiosi di diritto amministrativo si interrogano su come la stessa dovrebbe riformarsi per funzionare adeguatamente ed in maniera più efficiente. Le letture più accreditate, che hanno portato a vere e proprie riforme legislative, cercano di aderire ad un’idea di pubblica amministrazione di tipo produttivo aziendalistico, condannandola “ad essere sempre copia inadeguata di qualcosa di diverso da sé e, perciò, a deludere le aspettative riformatrici” (p. 26). All’interno della Costituzione, invece, c’è un’idea di pubblica amministrazione totalmente diversa, che vede l’amministrazione come strumento di un progetto per la costruzione di una “società giusta”, in cui è messa al centro la persona e la sua piena realizzazione. Alla luce di ciò, Alessandra Pioggia cerca di rispondere alla domanda su come migliorare la nostra amministrazione, chiedendosi in che modo le istituzioni possano effettivamente realizzare questo progetto costituzionale.

La giustizia nel pensiero femminista

Per fare questo, Alessandra Pioggia decide di richiamare le critiche del pensiero femminista all’idea di giustizia e di uguaglianza presenti nella società contemporanea, come retaggio del pensiero filosofico liberale, e di utilizzarle per ripensare la pubblica amministrazione nella prospettiva della cura.
Il primo punto è quello di considerare la giustizia nella sua dimensione effettiva. In particolare, non basta attuare la legge e fornire con efficienza prestazioni e servizi, se ci sono persone che non rispecchiano il modello normativo ideale e rimangono fuori dalla portata dell’amministrazione. Si pensi ad esempio a coloro che si trovano in una situazione di povertà estrema e che avrebbero diritto ad essere sostenute dall’amministrazione. Nel concreto, per poter godere delle prestazioni previste dalla legge occorre che “la persona sappia di avere diritto a ottenere qualcosa e si attivi con competenza e cognizione” (p. 61). Chi non risponde a questo modello razionale di cittadino-utente rimane fuori dalla tutela dell’amministrazione. Per questo motivo, occorre che le istituzioni sappiano “intercettare i bisogni nella loro complessità, ma anche nella loro specificità” (p. 65), abbandonando la pretesa che tutti possano rientrare in modelli rigidamente predefiniti dalle norme. In altre parole, è necessario che l’amministrazione vada oltre quanto prescritto dalla legge per rimuovere effettivamente quegli ostacoli “di fatto” che limitano “la piena fioritura di ogni persona” (p. 63).

L’uguaglianza nel pensiero femminista

Il secondo punto è quello di considerare l’uguaglianza nella sua dimensione sostanziale. Più in particolare, l’amministrazione non deve accontentarsi di inquadrare le persone in una singola e specifica categoria formale, erogando la medesima tipologia di prestazione, ma deve cercare di entrare in relazione con il titolare del diritto in maniera flessibile ed elastica, per verificare quali azioni intraprendere affinché quest’ultimo possa uscire da una concreta situazione di bisogno. Si pensi ad esempio alla fissazione di un numero predefinito di insegnanti di sostegno commisurato al numero di persone con disabilità presenti in un istituto scolastico. In questo caso, anche la Corte costituzionale, con sentenza n. 80 del 2010, dichiarando l’incostituzionalità di questo limite legislativo, ha posto l’accento sulla singolarità dell’esperienza individuale di ogni persona e sulla necessità che l’amministrazione sia flessibile nell’individuazione del numero degli insegnanti.

L’etica della cura nel pensiero femminista

Uno degli aspetti più interessanti messi in luce da Alessandra Pioggia riguarda la relazione circolare tra cura e giustizia.  Facendo riferimento alle conclusioni delle pensatrici femministe Berenice Fischer e Joan Claire Tronto, Alessandra Pioggia richiama le quattro fasi della cura: l’interessarsi a (caring about), ossia la capacità di percepire l’esistenza del bisogno; il prendersi cura (taking care of), ossia l’impegno di agire per occuparsi del bisogno; il prestare cura (care-giving), ossia le azioni concrete esercitate con competenza e attenzione; ed infine, il ricevere cura (care-receiving) ossia la reattività di fronte al destinatario delle azioni di cura per adattarle alle sue condizioni.

Cura e pubblica amministrazione: per un “nuovo funzionario pubblico”

Adattando l’etica della cura alla pubblica amministrazione emerge un nuovo modo di approcciarsi ai problemi dei cittadini: oltre all’esecuzione del comando legislativo, il funzionario pubblico è chiamato a valorizzare la complessità delle situazioni concrete, passando “dal «cosa devo» al «come posso»” (p. 149). In termini organizzativi, secondo Alessandra Pioggia l’amministrazione deve essere in grado seguire essa stessa le quattro fasi dell’etica della cura: analizzare con ogni dato possibile i problemi effettivi (caring about); pianificare le azioni di cura a seconda del contesto individuale (taking care of); agire in maniera flessibile anche oltre la lettera della legge (care-giving); e disporsi in maniera adattiva alle esigenze concomitanti di chi riceve la prestazione (care-receiving).
Per fare questo, può ovviamente collaborare con i cittadini attivi, per migliorare, espandere e arricchire la propria azione, in un contesto di amministrazione condivisa.
Ecco che, allora, al “nuovo cittadino” che partecipa in maniera attiva alle attività di interesse generale, messo in luce da Feliciano Benvenuti in un famoso volume del 1994, (cfr. F. Benvenuti, Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, Venezia, 1994), si affianca trent’anni dopo, con questo testo veramente rivoluzionario, l’idea di un “nuovo funzionario pubblico” – che è già presente in molti settori dell’amministrazione e che per questo deve essere valorizzato –, incline ad approcciare le proprie mansioni e i propri doveri istituzionali attraverso l’etica della cura.

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