Il principio di sussidiarietà orizzontale è utilizzato come principio dirimente quando l’iniziativa privata si confronta con interessi pubblici supposti contrari, mentre non è utilizzato quando il contrasto si determina con interessi privati

Due recenti sentenze del Consiglio di Stato, pronunciate dalla settima sezione (sent. 5408/2024 e 711/2025), valutano la legittimità di trasformazioni del territorio compiute da comunità di artisti che prendono avvio da percorsi alternativi rispetto alla concessione di beni pubblici. Le vicende e gli esiti sono diversi, ma l’occasione è utile per qualche spunto di riflessione.

Il primo dei due casi giudiziari

Il primo caso riguarda il Borgo degli artisti, riferito alla frazione di Bussana Vecchia nel comune di Sanremo. Il borgo, dopo essere stato sgomberato a seguito di un terremoto del 1887, ha cominciato a essere ripopolato a partire dagli anni Sessanta dello scorso secolo da una comunità di artisti che, a poco a poco, lo ha trasformato e reso famoso come “Villaggio internazionale degli Artisti di Bussana”. Dopo numerose controversie succedutesi di fronte al giudice ordinario in merito alla proprietà dei beni occupati dagli artisti, la Direzione regionale dell’Agenzia del Demanio in accordo con il comune di Sanremo sviluppa un programma di valorizzazione in ragione del fatto che già dal 2000 il Ministero dei beni culturali aveva considerato il Borgo di particolare interesse culturale. Nel programma di valorizzazione era richiesto agli occupanti sia il pagamento di un’indennità per l’occupazione abusiva, sia la soddisfazione dell’obbligazione per poter partecipare al bando comunale per la concessione di valorizzazione.
Una parte consistente della controversia verte sulla natura pubblica o privata dei beni interessati. La contestazione mossa dai ricorrenti, possessori dei beni del Borgo, aveva lo scopo di rendere destituita di ogni fondamento la pretesa delle autorità pubbliche, sancendo la natura privata dei beni. In merito il Consiglio di Stato non accoglie gli argomenti degli appellanti, ritenendo pacifica l’applicazione dell’art. 827 codice civile, secondo il quale i beni di proprietà «che non sono in proprietà di alcuno spettano al patrimonio dello Stato». A detta del giudice, dopo l’abbandono verificatosi a seguito del terremoto menzionato, i beni erano passati allo Stato. Anche se di grande interesse, ai fini degli interessi di questa rivista, non ci si dilunga di più su questo punto.
Il giudice, al contrario, accoglie l’altro motivo del ricorso, quello che poneva un condizionamento al comune nell’adozione del provvedimento di valorizzazione, stabilendo che gli occupanti avrebbero potuto partecipare alla valorizzazione solo dopo aver ottemperato al pagamento dell’indennità. A detta del giudice tale condizionamento è illegittimo. Infatti, dopo aver rilevato che lo stesso programma di valorizzazione e recupero sottolineava l’importanza di condividere obiettivi e progetti con gli abitanti e la comunità presente nel borgo, il giudice ha messo in evidenza che le attività compiute dagli abitanti sul territorio andavano considerate come un’azione rispondente al principio di sussidiarietà orizzontale, in cui l’iniziativa privata aveva soddisfatto interessi pubblici. Tale circostanza avrebbe dovuto meritare apprezzamento perché l’attività degli artisti ha creato il presupposto per la valorizzazione del borgo nel frattempo abbandonato. In altre parole, il Consiglio di Stato nota che i soggetti pubblici hanno tratto vantaggio dall’intervento svolto in sussidiarietà orizzontale dagli artisti, cosicché costituisce una contraddizione escluderli al momento della valorizzazione per chiara violazione del principio di leale collaborazione. Il valore culturale che è stato riconosciuto dal Ministero dei beni culturali è dovuto in larga parte agli artisti, la cui posizione dunque non può essere compressa senza che le amministrazioni contraddicano se stesse.

Il secondo dei due casi giudiziari

Nell’altra vicenda è invece coinvolto il Parco artistico di Mutonia, presso il comune di Sant’Arcangelo di Romagna. L’area verde interessata, appartenente al demanio pubblico, è stata occupata a partire dagli anni Novanta dello scorso secolo da un gruppo di artisti di origine britannica che nel frattempo ha trasformato la zona, realizzando opere giganti attraverso il riciclaggio di materiale di ogni genere scartato. La controversia era sollevata da un cittadino residente vicino al parco interessato, che contestava l’illegittimità dell’atto di revoca di un’ordinanza di demolizione disposta dal comune, nonché il Piano Operativo Comunale (d’ora in poi, POC) con cui il comune intendeva procedere a valorizzazione dell’area, prevedendo specifici interventi a carico della comunità degli artisti.
In primo grado il ricorso era stato respinto perché, ad avviso del Tar Emilia Romagna, l’abuso era stato depotenziato alla luce delle valutazioni espresse dalle autorità competenti che avevano messo in evidenza il preminente valore culturale, artistico e paesaggistico del luogo, ridenominato “Luogo del contemporaneo”. In questo senso lo stesso POC si poneva in sintonia con tali valutazioni provvedendo a disporre condizioni per il recupero dell’area.
Al contrario il Consiglio di Stato ha dato una valutazione diversa. Ad avviso del giudice di appello l’ordinanza di demolizione costituiva un provvedimento vincolato determinato dall’accertamento dell’abuso compiuto dall’associazione di Mutonia, da cui consegue l’impossibilità di recuperare margini di discrezionalità da parte del comune in sede di autotutela. Pertanto, la revoca risulta illegittima perché utilizza margini di discrezionalità inesistenti a fronte di un abuso. Tale annotazione incide anche sulla valutazione di legittimità del POC, la cui adozione, secondo il Consiglio di Stato, si configura come un tentativo di sanatoria di un abuso più che come un atto di valorizzazione. Per il giudice di appello le diverse valutazioni sopravvenute di valore artistico delle opere del Parco di Mutonia non hanno nessun pregio rispetto a una chiara circostanza di abuso.

Conclusioni

Malgrado le due vicende riguardino fatti molto diversi, presentano questioni giuridiche comuni. In entrambe le circostanze assistiamo a interventi svolti sul territorio e su beni demaniali, i quali, pur mancando di legittimazione preventiva, assumono rilievo di interesse pubblico accertato dalle autorità amministrative competenti. In un caso, però, tale circostanza è stato oggetto di un apprezzamento positivo fino al punto che il principio di sussidiarietà orizzontale è stato invocato per attribuire valore giuridico all’iniziativa svolta dai privati, nell’altro l’apprezzamento successivo è stato ritenuto inidoneo a modificare la condizione di partenza di illegittimità. Gli interessi che si oppongono alle due comunità degli artisti sono però diversi: nel primo sono di natura pubblica e riferiti a diverse autorità pubbliche, nel secondo sono di natura privata.
Sembrerebbe, dunque, dover trarre la conclusione che il principio di sussidiarietà orizzontale è utilizzato come principio dirimente quando l’iniziativa privata, pur non legittimata dall’inizio, si confronta con interessi pubblici supposti contrari, mentre non è utilizzato quando il contrasto si determina con interessi privati. In sostanza il principio di sussidiarietà orizzontale non è messo in gioco come principio di legittimazione extra-legislativo se l’interesse opposto è privato. È una valutazione prudente che tuttavia non pare convincente. Nel caso del Parco artistico di Mutonia non si contrappongono semplicemente due interessi privati, uno dei quali illegittimo; nella misura in cui uno degli interessi privati è stato accertato realizzare interessi pubblici, la valutazione dovrebbe in qualche modo trarne la conseguenza.

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Immagine di copertina: Kai Oberhäuser su Unsplash