Con la sentenza n. 201 del 2024 la Corte costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi, a seguito di ricorso in via principale promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, sulla compatibilità di alcune previsioni della legge della Regione Calabria n. 8 del 2024 – recante “Disposizioni per il riconoscimento della rilevanza sociale della fibromialgia e della elettrosensibilità e istituzione dei relativi registri regionali” – agli artt. 3, 81, comma 3, e 117, commi 2, lettera l), e 3, della Costituzione.
Il contenuto della sentenza
Seguendo l’articolazione delle censure mosse dal ricorrente, la pronuncia affronta, nella prima parte, il tema del divieto, per le Regioni in piano di rientro dal disavanzo sanitario, di introdurre prestazioni extra-LEA a carico del bilancio regionale.
Nella seconda parte – sulla quale si incentreranno le brevi riflessioni che seguono -, la Consulta esamina invece la compatibilità a Costituzione delle norme della legge della Regione Calabria n. 8 del 2024 che consentono agli ambulatori multidisciplinari dedicati a determinate patologie di essere coadiuvati da associazioni di volontariato e da altre associazioni, anziché da “enti del terzo settore” (ETS). Locuzione, quest’ultima, di portata assai più ampia e idonea a ricomprendere, stando alla definizione che ne dà l’art. 4 del Codice del Terzo Settore, anche gli enti non qualificati come organizzazioni di volontariato o non costituiti in forma di associazione.
I vizi della legge regionale contestati dal Governo
Il Governo, per quanto qui specificamente rileva, lamentava che la limitazione del novero dei soggetti legittimati a coadiuvare gli ambulatori, operata dalle norme regionali contestate, le ponesse in contrasto con l’art. 3 Cost. (a causa dell’irragionevolezza di tale delimitazione) e con l’art.117, comma 2, lett. l), Cost., per violazione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile. A quest’ultimo proposito, il ricorrente censurava in particolare l’inosservanza delle norme del Codice del Terzo Settore che prevedono che tutti gli ETS, senza limitazioni, possano svolgere prestazioni sanitarie e socio-sanitarie e avvalersi dell’apporto di volontari.
Interpretazione conforme a Costituzione passando per il Codice del Terzo Settore
La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione reputando possibile, e anzi doveroso, interpretare la disciplina regionale conformemente all’art. 3 Cost. e alle norme del Codice del Terzo Settore. Assumendo tale prospettiva, la Consulta ha ritenuto che il legislatore regionale avesse espressamente menzionato solo alcuni tipi di ETS (associazioni di volontariato e altre associazioni), senza aver assegnato a tali espressioni significati preclusivi, ma meramente esemplificativi. E come emerge dalla narrativa della sentenza, peraltro, questa era anche la linea difensiva assunta nel giudizio dalla stessa Regione Calabria.
La prevalenza dei criteri di interpretazione sistematica e conforme a Costituzione su quello letterale viene accordata sostanzialmente per due ordini di ragioni.
Il primo è il riconoscimento di una “funzione unificante” al Codice del Terzo Settore, e in particolare al suo art. 4, che reca la definizione di ETS. Secondo la Corte, entro tale categoria, per come definita dal Codice stesso, vanno ricompresi soggetti privati rappresentativi della “società solidale”, che compongono un sistema, quello degli ETS, per l’appunto, espressione al contempo dell’art. 2 Cost. (princìpi di solidarietà e pluralismo), dell’art. 3, comma 2, Cost. (principio di eguaglianza sostanziale) e dell’art. 118, comma 4, Cost. (principio di sussidiarietà orizzontale).
Proprio l’aggancio diretto e immediato con i princìpi costituzionali appena evocati rende la definizione di ETS (cristallizzata all’art. 4 del Codice del Terzo Settore) e l’individuazione delle relative attività ch’essi svolgono (di cui al successivo art. 5) decisiva anche ai fini dell’interpretazione costituzionalmente orientata della legge regionale calabrese.
Il secondo argomento che induce la Corte a non fornire un’esegesi strettamente letterale della legge regionale e ad approdare a una sentenza interpretativa di rigetto è, poi, la lettura sistematica di tutte le norme di quella legge e la sua ratio complessiva, dalla quale non si ritiene di poter desumere la tassatività del riferimento ad “associazioni di volontariato” e ad “altre associazioni” contenuto nelle norme gravate.
La portata unificante della nozione di ETS come vincolo al legislatore?
Dalla sentenza in esame sembra potersi trarre il principio che la portata unificante della categoria degli ETS, per come delineata nel Codice del Terzo Settore, deve guidare l’interpretazione di tutte le norme che in vario modo attengano allo svolgimento di attività di interesse generale a opera di soggetti privati rappresentativi della “società solidale”. In quest’ottica, tra più interpretazioni possibili, dovrebbe prediligersi ove possibile quella che tiene ferma l’unità della categoria degli ETS, anziché quella che ne comporti una frammentazione.
Nel caso oggetto della sent. n. 201 del 2024, l’applicazione di tale regola è rafforzata dalla circostanza che una legge regionale non avrebbe comunque potuto incidere sulla conformazione degli ETS e sugli aspetti essenziali dei loro rapporti con le autorità pubbliche, trattandosi di questioni ricadenti nella materia “ordinamento civile”, di competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Viceversa, il criterio interpretativo suggerito dalla Corte costituzionale sarebbe probabilmente meno saldo qualora fosse una legge statale a “spezzare” l’unitarietà della categoria degli ETS. Anche in tal caso, però, i princìpi fissati nella sent. n. 201 del 2024 risulterebbero comunque preziosi. Proprio tali princìpi imporrebbero infatti di operare uno scrutinio stretto di ragionevolezza sulle norme statali che consentano lo svolgimento di certe attività di interesse generale solo ad alcune delle realtà rientranti nella categoria degli ETS. La funzione unificante di tale categoria e il suo nesso diretto con gli artt. 2, 3, comma 2, e 118, comma 4, Cost. – su cui nella sentenza in esame la Consulta molto insiste – imporrebbero anche al legislatore competente (quello statale) di maneggiare con estrema cautela la categoria e di introdurre differenziazioni al suo interno solo in casi di comprovata peculiarità e per il perseguimento di obiettivi e interessi costituzionalmente rilevanti.
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