ARTICOLO 1
(Disposizioni comuni)
1. In attuazione dell’art. 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), la presente legge individua le funzioni trasferite o delegate agli enti locali ed alle autonomie funzionali e quelle mantenute in capo alla Regione, attinenti alle materie di cui al d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) e, in particolare, ai seguenti ambiti:
a) sviluppo economico ed attività produttive;
b) territorio, ambiente ed infrastrutture;
c) servizi alla persona e alla comunità;
d) polizia amministrativa.
2. Il conferimento delle funzioni di cui al comma 1 avviene in applicazione dei seguenti principi:
a) sussidiarietà, per cui tutte le funzioni regionali che non attengono ad esigenze unitarie per la collettività ed il territorio regionale sono conferite ai comuni, alle province ed alle comunità montane secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative ed organizzative;
b) completezza, omogeneità ed unicità della responsabilità amministrativa, in modo da assicurare ai singoli enti l’unitaria responsabilità di servizi o attività amministrative omogenee ed un’effettiva autonomia di organizzazione e di svolgimento;
c) efficienza ed economicità, in modo da assicurare un adeguato esercizio delle funzioni anche attraverso la differenziazione dei conferimenti, in considerazione delle diverse caratteristiche e dimensioni degli enti riceventi ed in relazione all’idoneità organizzativa dell’ammministrazione ricevente a garantire, anche in forma associata con altri enti, l’esercizio delle funzioni;
d) autonomia organizzativa e regolamentare e di responsabilità degli enti locali nell’esercizio delle funzioni loro conferite;
e) cooperazione attraverso strumenti e procedure di raccordo e concertazione tra la Regione e gli enti locali.
3. Salvo diversa ed espressa disposizione della presente legge e nel rispetto dell’autonomia organizzativa degli enti locali, il trasferimento ovvero la delega di funzioni comprendono anche l’organizzazione, le dotazioni finanziarie e di personale, nonché le attività strumentali necessarie all’esercizio delle funzioni stesse, secondo i principi fissati dalla normativa regionale.
4. Nelle materie oggetto della presente legge la Regione mantiene le funzioni di programmazione e coordinamento e, in quelle conferite agli enti locali, anche le funzioni di vigilanza e controllo.
5. Annualmente, il documento di programmazione economico – finanziaria regionale individua le priorità delle politiche d’intervento della Regione per la predisposizione e l’aggiornamento dei piani e dei programmi concernenti anche le materie oggetto di trasferimento o delega.
6. La Regione può avvalersi, per l’attuazione delle politiche di rilevanza strategica che richiedono l’intervento congiunto dello Stato, degli enti locali, delle autonomie funzionali, nonché di soggetti privati, degli strumenti di programmazione negoziata di cui alla legislazione vigente ed, in particolare, di quelli di cui all’art. 2, comma 23 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica).
7. Al fine di dare piena attuazione al conferimento di funzioni e compiti alle regioni e agli enti locali operato dal d.lgs. 112/1998, con particolare riferimento al titolo II, nonché per creare e favorire condizioni funzionali alla crescita economica ed occupazionale, la Regione definisce le modalità di raccordo della programmazione regionale con gli strumenti di programmazione negoziata previsti dalla legislazione vigente e relative disposizioni attuative, in conformità ai modelli di programmazione comunitaria.
8. La Giunta regionale disciplina le modalità tecnico-operative per l’attivazione degli strumenti di programmazione negoziata, per la individuazione del contenuto degli accordi oggetto di sottoscrizione, nonché per la valutazione dei progetti di intervento e per la formalizzazione degli obblighi da essa derivanti. Tali modalità devono comunque garantire:
a) uno stretto raccordo con la programmazione regionale espressa dal programma regionale di sviluppo e suoi aggiornamenti annuali a livello di obiettivi sia settoriali che territoriali;
b) l’unicità di responsabilità per progetti che si caratterizzano per l’approccio integrato e la concertazione tra soggetti molteplici;
c) l’azione coordinata tra enti locali, Regione e amministrazione centrale, volta all’armonizzazione, alla chiarezza e alla semplificazione delle procedure;
d) la disponibilità di strumenti di assistenza, consulenza e accompagnamento, in particolare nella fase di progettazione degli interventi;
e) il raccordo dei singoli interventi con gli obiettivi di programmazione regionale in materia di conservazione della natura e di tutela e risanamento del suolo, delle acque, dell’aria.
9. Per lo svolgimento delle funzioni e delle attività mantenute in capo alla Regione ovvero conferite con la presente legge agli enti locali ed alle autonomie funzionali, la Regione riconosce e valorizza, per le materie di propria competenza, il ruolo dell’autonomia dei privati esercitata anche attraverso le formazioni sociali e le loro forme associative.
1. In attuazione del principio di sussidiarietà, la Regione, le province, i comuni, le comunità montane e le autonomie funzionali svolgono e coordinano l’attuazione delle attività e dei servizi di propria competenza promuovendo e valorizzando l’apporto delle formazioni sociali e dei soggetti privati, con particolare riferimento alle strutture rappresentative della società civile e agli organismi senza finalità di lucro.
11. La Regione, gli enti locali e le autonomie funzionali cui sono trasferiti o delegati nuovi compiti possono individuare soggetti cui affidare, a seguito di valutazioni che ne rilevino l’opportunità in termini economici e tecnici, e previa individuazione dei livelli minimi di qualità, la gestione delle funzioni e dei compiti di propria competenza ai sensi di quanto previsto ai commi 9 e 1. Non possono essere affidati a soggetti terzi funzioni e compiti che richiedono, per loro natura, l’esercizio esclusivo da parte della Regione e degli enti locali.
12. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Consiglio regionale, acquisito il parere della conferenza di cui al comma 16, individua:
a) i servizi e le attività che possono essere oggetto di affidamento a terzi;
b) i soggetti cui possono essere affidati i servizi e le attività;
c) le modalità di affidamento, salva restando l’osservanza della normativa statale di settore;
d) i termini massimi per l’espletamento di servizi ed attività affidati;
e) le modalità di controllo e vigilanza sui servizi ed attività affidati;
f) le forme di tutela delle amministrazioni pubbliche.
13. Per agevolare lo svolgimento delle funzioni di rispettiva competenza, la Regione promuove la cooperazione tra gli enti locali e tra questi e la Regione stessa, nel rispetto delle autonomie costituzionalmente garantite.
14. Un’apposita sezione del rapporto annuale di gestione di cui all’art. 77 bis della l.r. 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della regione) è dedicata al monitoraggio e allo stato di attuazione dei piani e dei programmi delle materie oggetto della presente legge. La redazione della suddetta sezione è effettuata anche sulla base dei dati forniti dall’osservatorio di cui al comma 44.
15. Con riferimento alle funzioni conferite agli enti locali, in caso di accertata, persistente inattività, il Presidente della Giunta regionale, su proposta dell’assessore competente per materia, assegna all’ente inadempiente un congruo termine, comunque non superiore a sei mesi, per provvedere. Trascorso inutilmente tale termine, la Giunta regionale, sentito l’ente inadempiente, dispone specifici interventi sostitutivi ovvero nomina un commissario ad acta.
16. E’ istituita la conferenza regionale delle autonomie quale sede permanente di partecipazione degli enti locali della comunità lombarda alla definizione delle politiche regionali in attuazione dell’art. 3 della legge 8 giugno 199, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali), concernenti i trasferimenti e le deleghe disposti dalla Regione in attuazione della legge 59/1997. La conferenza concorre alla definizione dei rapporti tra Regione ed autonomie locali e funzionali e promuove lo sviluppo delle forme collaborative tra i medesimi soggetti.
17. Della conferenza fanno parte:
a) i sindaci dei comuni capoluogo di provincia;
b) i presidenti delle province della Lombardia;
c) otto sindaci di comuni con popolazione superiore a quindicimila abitanti;
d) dodici sindaci di comuni con popolazione inferiore a quindicimila abitanti;
e) quattro presidenti di comunità montane;
f) i presidenti dell’Associazione regionale comuni lombardi (ANCI Lombardia), dell’Unione province lombarde (UPL), della delegazione regionale dell’Unione nazionale comuni comunità ed enti montani (UNCEM);
g) il presidente dell’unione regionale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
h) i presidenti delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA);
i) tre rettori delle università lombarde designati dalla conferenza dei rettori;
j) tre rappresentanti delle autonomie scolastiche tra cui il sovraintendente regionale alla pubblica istruzione.
18. Ai fini dell’applicazione della presente legge, si considera la popolazione risultante dall’ultimo censimento.
19. La conferenza, nelle sue componenti di cui al comma 17, lettere a), b), c), d), e) ed f), esprime parere obbligatorio ai competenti organi della Regione in merito a:
a) modifiche dello Statuto regionale;
b) bilancio di previsione e legge finanziaria regionale;
c) progetti di legge in materia di ordinamento e di funzioni in materia territoriale;
d) progetti di legge in materia di ripartizione delle risorse e dei trasferimenti regionali;
e) proposte riguardanti intese istituzionali di programma e accordi di programma quadro tra Regione e Governo.
2. La conferenza, nell’ambito delle finalità e delle funzioni di cui al comma 1, esprime inoltre parere sulle politiche regionali di programmazione e sviluppo economico e sui provvedimenti regionali di trasferimento e delega disposti con legge 59/1997, ed in particolare:
a) formula proposte ed esprime pareri relativamente ai progetti di legge integrativi ovvero modificativi della presente legge;
b) esprime pareri sulle proposte di deliberazione della Giunta regionale di cui al presente articolo;
c) esprime parere sul documento di programmazione economico-finanziaria regionale (DPEFR) adottato dalla Giunta;
d) formula proposte per gli accordi di programma tra la Regione e le autonomie locali e funzionali, in attuazione del principio di collaborazione, al fine di perseguire gli obiettivi strategici individuati dai piani e dai programmi regionali di settore e di coordinare l’esercizio delle attività di comune interesse dei soggetti istituzionali;
e) è la sede in cui la Regione promuove l’accordo sugli ambiti territoriali e sui livelli ottimali di esercizio delle funzioni trasferite o delegate ai comuni di minore dimensione demografica.
21. In sede di prima applicazione dei commi da 16 a 3, i componenti di cui al comma 17, lettere c), d) ed e) sono eletti dalle corrispondenti assemblee, convocate dall’ANCI e dall’UNCEM, di cui fanno parte, rispettivamente, tutti i sindaci ed i presidenti di comunità montana in carica. Ogni avente diritto al voto può esprimere una sola preferenza. La graduatoria dei candidati non eletti è utilizzata nei casi in cui, ai sensi del comma 22, è necessario provvedere alla sostituzione dei componenti. I rappresentanti di cui al comma 17, lettera i), sono eletti dalla conferenza regionale dei rettori con votazione a preferenza unica.
22. Le funzioni di componente della conferenza regionale delle autonomie locali e funzionali non sono delegabili, fatta eccezione per i componenti previsti dal comma 17, lettere f) e g). I componenti della conferenza decadono dalla carica al termine del rispettivo mandato elettorale ovvero in caso di cessazione anticipata del medesimo per una delle cause previste dalla vigente normativa. Per i componenti di cui al comma 17, lettere c), d) ed e), ANCI ed UNCEM comunicano i nominativi dei sostituti dei componenti decaduti, individuati ai sensi del comma 21, entro trenta giorni dall’avvenuta vacanza. Entro i successivi quindici giorni, il Presidente della Giunta regionale o l’assessore competente in materia di enti locali, se delegato, provvede all’integrazione della conferenza con proprio decreto.
23. Il presidente della conferenza, prescelto tra i soggetti di cui al comma 17, lettere a), b), c), d) ed e), è eletto, a maggioranza assoluta, dai componenti di cui al comma 17 nella seduta d’insediamento; qualora non sia raggiunta la maggioranza assoluta nella prima votazione, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti; risulta eletto colui che ha conseguito il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è ammesso al ballottaggio o, rispettivamente, risulta eletto il più anziano d’età.
24. Alle sedute della conferenza partecipano senza diritto di voto il Presidente della Giunta regionale, il vicepresidente e l’assessore regionale competente in materia di enti locali, nonché tutti gli assessori regionali competenti nelle materie all’ordine del giorno della seduta della conferenza. Alle sedute per la trattazione degli argomenti di cui al comma 19 partecipano, senza diritto di voto, anche i consiglieri regionali relatori nelle commissioni consiliari dei provvedimenti all’ordine del giorno della seduta della conferenza.
25. La conferenza è costituita all’inizio di ciascuna legislatura regionale con decreto del Presidente della Giunta regionale o dell’assessore competente in materia di enti locali, se delegato, entro sessanta giorni dall’insediamento del Consiglio regionale. A tal fine ANCI ed UNCEM provvedono a segnalare i nominativi dei componenti di cui al comma 17, lettere c), d) ed e), entro quarantacinque giorni dalla data d’insediamento del Consiglio regionale. La seduta d’insediamento della conferenza è convocata entro dieci giorni dalla data della sua costituzione ed è presieduta dal Presidente della Giunta regionale o dall’assessore competente in materia di enti locali, se delegato. In fase di prima applicazione, i termini di cui al presente comma decorrono dalla data di entrata in vigore della presente legge.
26. I pareri di cui ai commi 19, esclusa la lett. b), e 2 sono espressi dalla conferenza, entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta, fatto salvo quanto previsto al comma 3 per il DPEFR. Qualora la conferenza rappresenti, motivandole, esigenze istruttorie, il termine è interrotto per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro trenta giorni dall’acquisizione degli elementi istruttori. Il parere sugli atti di cui al comma 19, lett. b), è reso direttamente dalla conferenza alla commissione consiliare competente in materia di programmazione e bilancio entro venti giorni dal ricevimento della richiesta e comunque non oltre il termine di cui al comma 28. In caso di decorrenza dei predetti termini senza che la conferenza abbia espresso parere, l’organo regionale competente procede indipendentemente dall’acquisizione dello stesso. Degli adempimenti di cui al presente comma è data notizia nelle premesse degli atti deliberativi della Giunta regionale.
27. La conferenza ha sede presso la Giunta regionale ed è convocata, salvo quanto previsto dal comma 25, dal proprio presidente; è in ogni caso convocata qualora ne faccia richiesta almeno un terzo dei componenti con diritto di voto. Le sedute della conferenza sono valide con la presenza della maggioranza dei componenti; le deliberazioni sono assunte a maggioranza dei componenti presenti. Le modalità di designazione dei componenti di cui al comma 17, lettere c), d) ed e), le modalità di convocazione e svolgimento delle sedute, le procedure di funzionamento e l’organizzazione dei lavori della conferenza sono disciplinate con regolamento interno approvato dalla conferenza stessa.
28. I lavori per la trattazione degli argomenti di cui al comma 19 sono organizzati, d’intesa con l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, in almeno due sessioni nel corso dell’anno. Una di tali sessioni, da tenersi entro il 3 novembre, è dedicata all’esame del bilancio di previsione e della legge finanziaria regionale.
29. La struttura regionale competente in materia di enti locali e l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale assicurano alla conferenza il supporto di segreteria, anche avvalendosi, previa intesa con gli enti locali interessati, di personale distaccato dagli enti locali medesimi. Il personale della segreteria opera alle dipendenze funzionali del presidente della conferenza.
3. Dalla data di insediamento della conferenza sono abrogate la l.r. 29 aprile 1988, n. 2 (Istituzione del comitato di intesa Regione-enti locali) e la l.r. 21 dicembre 1995, n. 5 (Modificazioni alla l.r. 29 aprile 1988, n. 2 "Istituzione del comitato di intesa Regione-enti locali"). A far tempo dalla medesima data, il comma 2
dell’art. 9-bis della l.r. 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione), come da ultimo sostituito dall’art.2, comma 1, lettera b) della l.r. 16 ottobre 1998, n. 2 (Modifiche di leggi regionali), è così ulteriormente sostituito: "2. Il documento di cui al comma 1 è inviato entro il 15 luglio alla conferenza regionale delle autonomie locali e funzionali, istituita con legge regionale, che esprime il proprio parere entro e non oltre il 31 luglio."
31. Il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali della Lombardia, compresi quelli derivanti dalla delega di funzioni, ai sensi dell’art. 13 della Costituzione e dell’art. 41 della legge 142/199, è esercitato dall’organo regionale di controllo in conformità alla disciplina di cui alla legge 127/1997 "Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo".
32. La Regione Lombardia, in applicazione dell’art. 17, comma 35, della legge 127/1997, espleta, nell’ambito dell’attività di ogni sezione dell’organo regionale di controllo, funzioni di consulenza, delle quali gli enti controllati possono avvalersi, al fine di ottenere preventivi elementi valutativi in ordine all’adozione di atti o provvedimenti di particolare complessità o che attengano ad aspetti nuovi dell’attività deliberativa.
33. La Giunta regionale, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, definisce le modalità di assolvimento delle funzioni di consulenza di cui al comma 32.
34. E’ affidata all’Istituto regionale lombardo di formazione per l’amministrazione pubblica (IReF) la funzione di scuola per la formazione e la specializzazione dei dirigenti e del personale della pubblica amministrazione regionale e locale, ai sensi e nell’ambito di quanto previsto dalla l.r. 17 ottobre 1997, n. 39 (Nuovo ordinamento dell’Istituto Regionale Lombardo per la Formazione del Personale della pubblica amministrazione – IReF). Tale attività di formazione e di specializzazione può essere estesa agli amministratori pubblici, anche d’intesa con l’ANCI Lombardia, l’UPL e la delegazione lombarda dell’UNCEM.
35. Relativamente alla funzione di cui al comma 34, l’IReF svolge compiti di:
a) progettazione e realizzazione di interventi formativi, ai sensi di quanto previsto dall’art. 141 del d.lgs. 112/1998;
b) rilascio di attestati abilitativi o di qualifica professionale, di diplomi di qualifica superiore o di crediti formativi;
c) realizzazione di procedure concorsuali unificate, su richiesta e a totale carico delle amministrazioni pubbliche interessate; alle relative graduatorie possono far riferimento, nei diciotto mesi successivi all’approvazione delle medesime, tutte le amministrazioni regionali e locali che abbiano previamente comunicato i loro fabbisogni;
d) valutazione, verifica e certificazione della rispondenza degli interventi formativi agli standard individuati, secondo le modalità e ai sensi dell’art. 142, comma 1, lettera c), del d.lgs. 112/1998 e delle normative regionali;
e) promozione ed elaborazione di studi e ricerche utili per una migliore identificazione dei fabbisogni formativi e di specializzazione professionale degli amministratori pubblici, dei dirigenti e del personale della pubblica amministrazione;
f) sviluppo di relazioni sistematiche di interscambio di informazioni e di esperienze con le università e le istituzioni di formazione, pubbliche e private, italiane e straniere, per favorire l’armonizzazione degli indirizzi degli interventi formativi ed elevarne il livello qualitativo.
36. Può altresì essere affidato all’IReF lo svolgimento dei compiti di cui al comma 34 a favore del personale:
a) delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), delle IPAB e delle cooperative sociali;
b) delle comunità religiose che abbiano stipulato un’intesa con la Repubblica italiana.
37. Le attività di cui al comma 36 devono riguardare esclusivamente gli interventi di formazione tecnica e aggiornamento degli addetti ai servizi socialmente utili e l’addestramento giuridico-amministrativo per gli addetti al rapporto con le amministrazioni pubbliche.
38. L’ IReF provvede nei limiti delle proprie risorse allo svolgimento delle attività e degli interventi di cui ai commi 36 e 37.
39. In relazione alla necessità di assicurare la conoscenza delle risorse a disposizione per l’effettuazione delle spese di investimento, di quelle correnti operative e di quelle di funzionamento, le province, i comuni, le comunità montane, i loro rispettivi consorzi, gli altri enti locali, contemplati dalla presente legge sia in quanto destinatari di funzioni trasferite o delegate, sia in quanto coinvolti nella sua attuazione, fanno riferimento nella predisposizione dei rispettivi bilanci alle previsioni di spesa contenute nel bilancio pluriennale regionale.
4. Al finanziamento delle funzioni mantenute in capo alla Regione, nonché alla determinazione dei fondi da trasferire ai soggetti di cui al comma 39, si provvede annualmente con la legge di approvazione del bilancio dei singoli esercizi finanziari sulla base delle previsioni contenute nei piani regionali di settore e delle priorità individuate con il documento di programmazione economico-finanziario regionale, tenuto conto dei trasferimenti finanziari di cui all’art. 7, comma 1, della legge 59/1997 e agli articoli 7 e 61 del d.lgs. 112/1998, distinguendo in appositi capitoli le risorse a seconda che si tratti di funzioni trasferite o delegate. Tali risorse sono costituite dai trasferimenti finanziari suddetti, nonché da risorse relative alle funzioni amministrative già svolte dalla Regione e sono trasferite gradualmente dalla Giunta regionale.
41. Alle spese derivanti da attività di comitati, conferenze, commissioni, consulte e strutture comunque denominate, costituite o da costituirsi ai sensi della presente legge, si provvede con le risorse previste nei bilanci dei singoli esercizi finanziari.
42. I beni immobili e i diritti reali parziari, necessari per l’esercizio delle funzioni trasferite o delegate, sono ceduti all’ente destinatario delle funzioni conferite, secondo i termini dell’accordo col medesimo concluso. Nelle more dell’adozione dell’atto di cessione, i soggetti destinatari detengono l’immobile a titolo di comodato.
43. I beni mobili e strumentali, necessari per l’esercizio delle funzioni trasferite o delegate, sono ceduti all’ente destinatario delle funzioni conferite, secondo i termini dell’accordo col medesimo concluso. All’atto della consegna viene redatto apposito verbale anche a fini inventariali.
44. La Giunta regionale istituisce l’osservatorio regionale sulla riforma amministrativa e sul federalismo, avente il compito di monitorare i cambiamenti introdotti dalla legislazione statale e regionale, le fasi di attuazione della riforma e la sua concreta realizzazione nel sistema delle autonomie.
45. L’attività dell’osservatorio è assicurata da una struttura scientifica ed operativa, la cui costituzione e il cui funzionamento sono definiti nell’ambito delle convenzioni stipulate dalla Giunta regionale ai sensi dell’art. 2, comma 14, della l.r. 23 gennaio 1999, n. 2 (Misure per la programmazione regionale, la razionalizzazione della spesa e a favore dello sviluppo regionale e interventi istituzionali e programmatici con rilievo finanziario).
46. La Regione riconosce nell’Istituto regionale di ricerca della Lombardia (IReR) lo strumento di supporto conoscitivo per la programmazione regionale e degli enti locali, anche in riferimento alle politiche comunitarie. Tale supporto consiste:
a) per la fase della programmazione, in studi, ricerche, scenari, analisi preliminari, costruzione di indicatori;
b) per la fase del monitoraggio, nella costruzione degli indicatori di efficacia ed efficienza, nonché nella interpretazione dei dati di monitoraggio anche nella loro visione sistemica;
c) per la fase di valutazione, nella realizzazione di indagini sugli effetti delle politiche.
47. La Regione, gli enti locali e le autonomie funzionali garantiscono all’IReR l’accesso ai dati di monitoraggio nel rispetto della normativa vigente relativa al trattamento dei dati. E’ compito dell’IReR valorizzare e coordinare l’apporto delle università e degli enti di ricerca presenti sul territorio lombardo, per quanto concerne le finalità e le attività di cui al comma 46 ed al presente comma.
48. La Regione promuove lo sviluppo e la realizzazione del sistema informativo della pubblica amministrazione locale e della rete unitaria della pubblica amministrazione regionale (RUPAR), garantisce
la connessione con la rete unitaria della pubblica amministrazione (RUPA) e favorisce altresì l’interscambio dei dati e delle informazioni tra le amministrazioni statali, la Regione e gli enti locali, valorizzando le reti informative locali esistenti e assicurando la compatibilità con gli standard definiti dall’Autorità per l’informatica della pubblica amministrazione (AIPA).
49. Per realizzare quanto previsto dal comma 48, la Regione può avvalersi delle province, dei comuni e degli altri enti territoriali, in particolare valorizzando le iniziative delle province finalizzate allo scambio delle informazioni sul territorio di propria competenza, in coerenza con quanto previsto dai commi da 44 a 48 e nel rispetto della legge 31 dicembre 1996, n. 675 (Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali).
5. Con il sistema informativo regionale (SIR) e attraverso le attività dell’osservatorio di cui al comma 44, la Regione assicura la diffusione delle conoscenze e delle informazioni concernenti le funzioni della pubblica amministrazione in Lombardia ed in particolare quelle trasferite o delegate ai sensi della presente legge, anche al fine di consentire la valutazione delle attività di competenza dei soggetti titolari delle funzioni stesse.
51. Nella realizzazione del SIR, la Giunta regionale definisce l’architettura, le applicazioni, le modalità di sviluppo e di gestione dei sottosistemi informativi nell’ambito dell’area economica e delle attività produttive, della scuola e del sistema formativo integrato, del territorio, dell’ambiente e delle infrastrutture e dei servizi alla persona e alla comunità.
52. La Regione garantisce a tutti gli enti locali l’accesso alle sue banche dati e la divulgazione delle informazioni disponibili, promuovendone anche la costituzione e l’implementazione nel rispetto della normativa in materia di sicurezza dei dati e di tutela della loro riservatezza. Le norme tecniche e i criteri di sicurezza per l’accesso ai dati e alle informazioni sono stabiliti dalla Regione d’intesa con l’AIPA.

ARTICOLO 2
(Sviluppo economico ed attività produttive)
1. La materia dello sviluppo economico e attività produttive comprende tutte le funzioni ed i compiti in tema di "artigianato", "cooperazione", "acque minerali e termali", "industria", "turismo", "fiere e sostegno alla internazionalizzazione", "commercio", "sportello unico", "agevolazioni alle imprese", "carburanti", "energia", "risorse geotermiche", "vigilanza sulle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura", oltre a quelli in tema di "agricoltura e foreste" già disciplinati dalla l.r. 4 luglio 1998, n. 11 (Riordino delle competenze regionali e conferimento di funzioni in materia di agricoltura), in attuazione del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 (Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell’amministrazione centrale).
2. La Regione, oltre alle funzioni amministrative relative alla materia "artigianato", come definita dall’art. 63 del d.p.r. del 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) e dalla legge 59/1997, esercita le funzioni amministrative ad essa conferite dal d.lgs. 112/1998, riguardanti l’erogazione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici di qualsiasi genere, comunque denominati, alle imprese artigiane.
3. La Regione subentra nelle convenzioni di cui all’art. 15, comma 1, del d.lgs. 112/1998 e provvede all’eventuale revisione delle stesse entro il termine di dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge.
4. La Regione esercita le funzioni amministrative riguardanti:
a) la ricerca applicata e il trasferimento di conoscenze tecnologiche;
b) gli investimenti per iniziative destinate alla produzione e alla commercializzazione dei prodotti;
c) l’istituzione e lo sviluppo dei centri a servizio dell’impresa artigiana;
d) la promozione nonché la qualificazione del prodotto artigianale lombardo;
e) la promozione della costituzione di nuove imprese artigiane;
f) il consolidamento finanziario e lo sviluppo delle imprese artigiane, le agevolazioni per il loro accesso al credito e la loro capitalizzazione;
g) la formazione manageriale per gli imprenditori artigiani e la bottega scuola;
h) gli interventi di esclusivo interesse regionale di cofinanziamento con l’Unione europea ed altri soggetti;
i) la concessione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici di qualsiasi genere alle imprese artigiane;
j) il sostegno alla realizzazione di interventi nelle aree comprese in programmi comunitari, nonché l’adozione di criteri specifici per l’attuazione delle misure di cui al d.l. 22 ottobre 1992, n. 415 (Rifinanziamento della legge 1 marzo 1986, n. 64, recante disciplina organica dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 22 ottobre 1992, n. 415, recante modifiche alla legge 1 marzo 1986, n. 64 in tema di disciplina organica dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno e norme per l’agevolazione delle attività produttive);
k) la determinazione di modalità attuative della programmazione negoziata;
l) le iniziative per l’organizzazione di mostre ed esposizioni, anche al di fuori dei confini nazionali, per favorire l’incremento delle esportazioni del prodotto artigiano;
m) il sostegno, ai fini del loro consolidamento, dei consorzi di garanzia collettiva fidi (CONFIDI) e cooperative di garanzia.
5. Sono altresì riservate alla Regione le funzioni di programmazione, coordinamento, vigilanza e monitoraggio concernenti:
a) l’attuazione di programmi di intervento dell’Unione europea;
b) l’osservatorio dell’artigianato;
c) l’innovazione tecnologica di processo e di prodotto, nonché l’adeguamento agli standard qualitativi;
d) il risanamento e la tutela ambientale;
e) gli insediamenti artigiani;
f) gli interventi di formazione professionale per il comparto artigiano, da attuarsi in conformità a quanto previsto dall’art. 4, commi da 113 a 114 e commi da 125 a 129.
6. La Regione valorizza la sussidiarietà orizzontale attraverso modalità partecipative di consultazione e gestione dei soggetti associativi, nonché di riconoscimento del ruolo degli enti bilaterali nelle materie della formazione, della tutela ambientale e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
7. La Regione svolge le funzioni ad essa spettanti secondo la normativa vigente anche attivando progetti sperimentali, approvati dalla Giunta regionale.
8. Per l’attuazione degli interventi di propria competenza, la Regione può attivare rapporti di collaborazione con società a partecipazione regionale, ovvero può avvalersi di agenzie regionali aventi compiti di istituto coerenti con quanto ad esse attribuito e può altresì stipulare convenzioni con le CCIAA, singole o associate.
9. Al fine di dotare le imprese artigiane di capitali di rischio adeguati ai programmi di consolidamento e sviluppo delle stesse, la Giunta regionale, in attuazione degli indirizzi consiliari in materia, attiva gli strumenti finanziari idonei, estendendo le convenzioni in corso stipulate con le aziende erogatrici di credito sulla base della legislazione vigente.
1. La Giunta regionale definisce i livelli ottimali di esercizio delle funzioni conferite, al fine di assicurare l’efficiente e razionale gestione degli interventi.
11. Per l’attivazione delle funzioni conferite agli enti locali e alle autonomie funzionali, si provvede anche mediante l’utilizzo del fondo unico regionale di cui al comma 42.
12. Sono delegate alle province le funzioni amministrative concernenti la materia dell’artigianato relative alla programmazione di aree destinate ad insediamenti artigiani e di aree ecologicamente attrezzate.
13. Sono delegate ai comuni la gestione e l’amministrazione degli interventi concernenti:
a) la localizzazione e la rilocalizzazione, la realizzazione e la riqualificazione di insediamenti artigiani, nonché il recupero di fabbricati adibiti ad attività produttive;
b) l’istruttoria dei progetti in attuazione dei programmi di intervento dell’Unione europea.
14. E’ delegata alle comunità montane, o alle province per il territorio non compreso nelle comunità montane, la gestione degli interventi relativi al sostegno dell’artigianato tradizionale.
15. Gli interventi di cui al comma 13, lettera a), sono effettuati in coerenza con la programmazione provinciale relativa alle aree industriali prevista al comma 32, lettera a).
16. Sono delegate alle CCIAA la gestione e l’amministrazione degli interventi per:
a) l’adeguamento degli standard qualitativi di processo e di prodotto;
b) l’attività istruttoria di segreteria connessa alla tenuta degli albi artigiani istituiti presso le commissioni provinciali per l’artigianato;
c) il sostegno al risanamento ambientale nell’esercizio dell’attività di impresa;
d) il monitoraggio dei dati riguardanti le imprese artigiane e la realizzazione delle conseguenti elaborazioni statistiche.
17. Per la realizzazione degli interventi di cui al comma 16, lettere a), c) e d), le CCIAA possono attivare rapporti di collaborazione con le associazioni artigiane provinciali e regionali, anche attraverso convenzioni.
18. Le funzioni amministrative attribuite alle province, ai comuni, alle comunità montane e alle CCIAA sono finalizzate alla realizzazione degli interventi di loro competenza e all’eventuale erogazione di contributi, secondo le modalità individuate in specifici criteri di attuazione e riparto approvati e aggiornati dalla Giunta regionale.
19. Le province, i comuni, le comunità montane e le CCIAA esercitano le funzioni amministrative loro conferite in armonia con gli indirizzi di politica artigiana determinati dalla Regione con la partecipazione degli stessi enti destinatari dei conferimenti e degli organismi di rappresentanza del settore artigiano.
2. La Regione esercita le funzioni amministrative riguardanti:
a) la promozione della cooperazione nelle sue forme e nei suoi settori di intervento;
b) i contributi e le agevolazioni per l’incentivazione della cooperazione;
c) le agevolazioni per gli investimenti a favore di iniziative destinate a programmi di innovazione;
d) le agevolazioni per programmi ed investimenti destinati a sostenere l’occupazione nel comparto della cooperazione;
e) le agevolazioni alle cooperative per l’accesso al credito attraverso la costituzione di fondi regionali;
f) gli interventi per favorire la capitalizzazione delle cooperative entro i limiti di legge;
g) l’istituzione e il regolamento dell’albo regionale delle cooperative, finalizzato alla possibilità di accesso alle agevolazioni previste dalla normativa regionale;
h) gli interventi di esclusivo interesse regionale di cofinanziamento con l’Unione europea.
21. Sono riservate alla Regione le funzioni di programmazione, coordinamento e vigilanza concernenti:
a) l’attuazione di programmi di intervento dell’Unione europea;
b) il monitoraggio dei dati riguardanti le cooperative e la realizzazione delle conseguenti elaborazioni statistiche;
c) gli interventi per l’adeguamento degli standard qualitativi di prodotto e di processo;
d) gli interventi di garanzia per l’ottenimento di crediti realizzati con il concorso di risorse regionali;
e) gli incentivi per il risanamento e la tutela ambientale, nonché per la sicurezza dei luoghi di lavoro nell’esercizio di attività di impresa cooperativa;
f) gli interventi finalizzati alla crescita dell’attività d’impresa in forma cooperativa.
22. Sono delegate alle comunità montane, o alle province per il territorio non compreso in comunità montane, la gestione e l’amministrazione delle attività concernenti:
a) l’istruttoria dei progetti in attuazione dei programmi di intervento dell’Unione europea;
b) gli interventi di iniziativa locale per l’attivazione di forme di garanzia, con il concorso di risorse regionali e dei CONFIDI, finalizzati all’ottenimento di credito;
c) gli interventi connessi alla crescita dell’attività d’impresa in forma cooperativa.
23. Al fine di agevolare l’accesso al credito per le cooperative, finalizzato a programmi di consolidamento e sviluppo delle stesse e a sostenere l’occupazione del comparto, la Giunta regionale, in attuazione degli indirizzi del Consiglio regionale in materia, attiva gli strumenti di agevolazione finanziaria idonei, estendendo le convenzioni in corso stipulate con le aziende di credito e con le società a partecipazione regionale sulla base della legislazione regionale vigente in materia di cooperazione.
24. Sono delegati alle CCIAA gli interventi per:
a) l’adeguamento degli standard qualitativi di prodotto e di processo;
b) il sostegno al risanamento e alla tutela ambientale, nonché alla sicurezza dei luoghi di lavoro nell’esercizio dell’attività d’impresa cooperativa.
25. La Regione può stipulare convenzioni con le CCIAA, singole o associate, per lo svolgimento delle attività di propria competenza.
26. La Regione, in materia di acque minerali e termali, esercita le funzioni amministrative riguardanti:
a) la definizione dei canoni di concessione per le acque minerali e termali, i cui proventi sono destinati alle province interessate, secondo modalità definite dalla Giunta regionale;
b) l’organica politica di valorizzazione del patrimonio idrominerale e gli interventi finalizzati a favorire lo sviluppo termale funzionale alla crescita economica locale e allo sviluppo dell’attività turistica.
27. Sono delegate alle province le funzioni amministrative in materia di ricerca, coltivazione e concessione di cui alla l.r. 29 aprile 198, n. 44 (Disciplina della ricerca, coltivazione e utilizzo delle acque minerali e termali).
28. Le funzioni amministrative in materia di industria comprendono qualsiasi attività imprenditoriale diretta alla lavorazione e alla trasformazione di materie prime, alla produzione e allo scambio di semilavorati, di merci e di beni, anche immateriali, connessi alla produzione industriale.
29. Sono comprese nella materia anche le attività di erogazione di servizi connessi alle attività di cui al comma 28, con esclusione comunque delle attività creditizie e di intermediazione finanziaria, nonchè delle attività concernenti le società fiduciarie, di revisione e di assicurazione.
3. Sono di competenza della Regione le funzioni concernenti:
a) la concessione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici di qualsiasi genere all’industria, compresi quelli per le piccole e medie imprese;
b) l’attuazione di interventi dell’Unione europea;
c) l’istituzione ed il coordinamento dei distretti industriali;
d) i programmi di innovazione e trasferimento tecnologico;
e) i programmi di sostegno alla ristrutturazione, riconversione e sviluppo di singoli settori industriali;
f) il sostegno agli investimenti per impianti ed acquisto di macchine;
g) gli interventi a sostegno dello sviluppo della commercializzazione;
h) i programmi di sviluppo aziendale finalizzati all’incremento occupazionale;
i) il sostegno alla realizzazione, al potenziamento e alla diffusione dei servizi reali alle imprese;
j) gli interventi di agevolazione dell’accesso al credito nei limiti massimi stabiliti in base a legge dello Stato, nonché la disciplina dei rapporti con gli istituti di credito, la determinazione dei criteri di ammissibilità al credito agevolato ed i controlli sulla sua effettiva destinazione;
k) la determinazione dei criteri per l’attuazione di interventi regionali di agevolazione creditizia, di prestazione delle garanzie, di assegnazione di fondi, anticipazioni e quote di concorso destinati all’agevolazione dell’accesso al credito, anche se relativi a provvedimenti di incentivazione definiti in sede statale o comunitaria;
l) gli adempimenti tecnici, amministrativi e di controllo per la concessione e l’erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree individuate dallo Stato come economicamente depresse;
m) l’adozione di criteri specifici per l’attuazione delle misure di cui al d.l. 415/1992 convertito, con modificazioni, dalla legge 488/1992;
n) la determinazione delle modalità di attuazione degli strumenti della programmazione negoziata, per quanto attiene alle relazioni tra Regione ed enti locali anche in ordine alle competenze da affidare ai soggetti responsabili;
o) la determinazione dei criteri per l’individuazione, la realizzazione e la gestione delle aree industriali e delle aree ecologicamente attrezzate, e il coordinamento degli interventi per la realizzazione, l’ampliamento ed il completamento delle aree industriali e delle aree ecologicamente attrezzate di interesse regionale;
p) il monitoraggio delle attività produttive.
31. La Regione, per l’esercizio delle attività indicate nel comma 3, può attivare forme di consultazione e collaborazioni funzionali con soggetti pubblici, nonché con operatori privati purchè siano espressione associativa di realtà imprenditoriali e non abbiano finalità di lucro. Le modalità e le condizioni delle collaborazioni sono indicate, in relazione ad ogni attività considerata, nell’ambito di convenzioni che determinano altresì gli obiettivi, i risultati attesi, i soggetti coinvolti, gli oneri a carico di ogni soggetto e la durata.
32. Sono delegate alle province le funzioni amministrative concernenti la materia dell’industria relative a:
a) la programmazione, nell’ambito ed in coerenza con il piano territoriale di coordinamento provinciale, sentiti gli enti locali interessati, di aree industriali e di aree ecologicamente attrezzate di carattere sovracomunale, ferma restando in capo ai comuni l’individuazione delle aree produttive di livello comunale;
b) l’attività di promozione riguardante la realizzazione di progetti di ammodernamento e sviluppo dei sistemi produttivi locali, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese;
c) la programmazione dei servizi di interesse provinciale a sostegno delle imprese.
33. Le province partecipano, inoltre, alle attività di programmazione dei distretti industriali secondo le modalità previste dall’art. 3 della l.r. 22 febbraio 1993, n. 7 (Attuazione regionale della legge 5 ottobre 1991, n. 317 ‘Interventi per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese’ e conseguenti modifiche e integrazioni alle normative regionali vigenti per lo sviluppo delle piccole imprese e dell’artigianato), come sostituito dal comma 37.
34. Sono di competenza dei comuni le funzioni amministrative concernenti la materia dell’industria relative a:
a) il rilascio delle concessioni o delle autorizzazioni per la realizzazione, l’ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi, ai sensi delle norme contenute nel titolo II, capo IV, del d.lgs. 112/1998;
b) l’istituzione e la gestione degli sportelli unici per le attività produttive di cui al comma 61, nell’ambito delle norme di coordinamento regionale;
c) la realizzazione, l’ampliamento e la riqualificazione delle aree industriali e delle aree ecologicamente attrezzate, nonché la gestione dei servizi delle aree stesse.
35. La Regione può stipulare convenzioni con le CCIAA, singole o associate, per l’esercizio delle attività e delle funzioni di propria competenza indicate al comma 3, in particolare per:
a) la gestione delle informazioni e il monitoraggio concernenti l’evoluzione del settore industriale;
b) l’attuazione di interventi finalizzati allo sviluppo di nuova imprenditoria e alla costituzione di nuove imprese;
c) la realizzazione di iniziative per favorire l’accesso al credito delle piccole e medie imprese;
d) la realizzazione di interventi a favore dello sviluppo della commercializzazione delle piccole e medie imprese.
36. La Giunta regionale, nella determinazione degli strumenti programmatori che ritiene necessario adottare per le attività di cui ai commi da 3 a 35, individua le forme di consultazione più opportune con le CCIAA e, per le collaborazioni funzionali, si attiene a quanto disposto dal comma 31.
37. L’art. 3 della l.r. 7/1993 è sostituito dal seguente:
"Art. 3 (Distretti industriali di piccole imprese)
1. La Giunta regionale, nell’ambito delle funzioni conferite alla Regione dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) sentite le province e le CCIAA, nonché le associazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali, determina i parametri di riferimento e le modalità per l’individuazione dei distretti industriali, intesi come aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente, nonché alla specializzazione produttiva dell’insieme delle imprese, ed approva le modalità attuative e i criteri per la presentazione, approvazione e realizzazione di specifici programmi di sviluppo per ogni singolo distretto, con particolare riferimento a progetti innovativi concernenti più imprese e alla costituzione e sviluppo di consorzi e centri di servizio alle imprese. La segreteria di ogni singolo distretto può essere affidata alle CCIAA competenti per territorio o a loro associazioni nel caso di distretti interprovinciali.
2. Entro il 31 gennaio di ogni anno, la Giunta regionale, sulla base del bilancio di previsione annuale e pluriennale, determina le risorse finanziarie da destinare alle diverse tipologie d’intervento previste dal provvedimento di cui al comma 1.
3. La direzione generale competente in materia, in relazione agli stanziamenti previsti nel bilancio regionale, approva i programmi di sviluppo ed i progetti innovativi di cui al comma 1 e concede contestualmente i contributi regionali a favore dei soggetti pubblici e privati incaricati della relativa attuazione. L’ammontare di ogni singolo contributo non può essere superiore a lire 5 milioni per anno e a lire 1. milioni per triennio, e comunque non può essere superiore al quaranta per cento del costo complessivo di attuazione dei programmi e dei progetti innovativi.".
38. La Giunta regionale provvede agli adempimenti previsti dal comma 1 dell’art. 3 della l.r. 7/1993, come sostituito dal comma 37, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.
39. Entro novanta giorni dalla determinazione da parte dello Stato dei criteri di assegnazione delle risorse, la Giunta regionale approva i criteri e le modalità operative per l’attuazione degli interventi di cui ai commi da 28 a 42 con riferimento alle funzioni delle province, dei comuni e delle CCIAA previste dai commi da 3 a 36.
4. Nel provvedimento della Giunta regionale di cui al comma 39 sono indicate anche le modalità di coordinamento e raccordo con gli interventi già previsti dalle leggi regionali vigenti.
41. Sono altresì assicurati i necessari coordinamenti per la programmazione e la realizzazione degli interventi nelle aree depresse individuate dallo Stato, nonché nelle aree ammissibili agli interventi strutturali dell’Unione europea.
42. Entro il 31 gennaio di ogni anno la Giunta regionale, sulla base del bilancio di previsione, definisce il riparto, tra le diverse tipologie di intervento definite dal presente articolo, delle risorse finanziarie del fondo regionale nel quale confluiscono i fondi statali relativi alle materie delegate alla Regione ai sensi dell’art. 19, comma 6, del d.lgs 112/1998.
43. Sono di competenza della Regione:
a) la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, ivi compresa l’organizzazione del sistema di informazione e di assistenza al turista, sentiti gli enti locali interessati;
b) la programmazione ed il coordinamento delle attività e delle iniziative per la promozione e la commercializzazione turistica;
c) la tenuta di albi, elenchi e registri regionali di enti senza scopo di lucro con prevalente finalità turistica e delle professioni turistiche;
d) la concessione di contributi per la promozione ed il sostegno alla realizzazione di strutture ed infrastrutture per lo sviluppo del sistema turistico regionale;
e) la vigilanza relativa alle attività di propria competenza;
f) il monitoraggio delle imprese e dei flussi turistici.
44. Sono ulteriormente delegate alle province, ferma restando la legislazione regionale vigente, le competenze relative agli esami di accertamento di idoneità per le guide turistiche, gli accompagnatori turistici ed i direttori tecnici di agenzia di viaggi e turismo.
45. La Regione può stipulare convenzioni con le CCIAA, singole o associate, per l’esercizio delle attività e delle funzioni di cui al comma 43, in particolare per il monitoraggio dei dati e delle informazioni riguardanti le imprese ed i flussi turistici.
46. Ad integrazione di quanto previsto dalla l.r. 1 dicembre 1986 n. 65 (Disciplina dell’attività di guida turistica, interprete turistico, accompagnatore turistico), così come modificata dall’art. 3 della l.r. 12 agosto 1999, n. 15 (Modifiche e abrogazioni legislative per la realizzazione dei progetti del programma regionale di sviluppo), possono accedere alla professione di guida turistica e di accompagnatore turistico coloro che hanno prestato la loro opera alle dipendenze di agenzie di viaggi, presentando la certificazione dell’ufficio provinciale del lavoro nella cui circoscrizione gli interessati hanno effettuato l’ultima prestazione di lavoro, comprovando sei anni di lavoro dal terzo livello del contratto nazionale di lavoro delle agenzie di viaggi. L’attività lavorativa non deve essere cessata da più di dieci anni.
47. Sono riservate alla competenza della Regione le funzioni ed i compiti concernenti:
a) l’autorizzazione allo svolgimento delle manifestazioni fieristiche internazionali, nazionali e regionali, sentiti i comuni interessati;
b) l’attribuzione della qualifica delle manifestazioni fieristiche nazionali e regionali;
c) le funzioni amministrative concernenti l’Ente Autonomo Fiera Internazionale di Milano, d’intesa con il comune di Milano, secondo quanto previsto dalla l.r. 29 gennaio 1999, n. 6 (Disciplina delle funzioni amministrative relative all’Ente Autonomo Fiera Internazionale di Milano, in attuazione dell’art. 41, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112);
d) la redazione del calendario fieristico annuale;
e) il coordinamento, sentiti i comuni interessati, dei tempi di svolgimento delle manifestazioni fieristiche a carattere nazionale e regionale, al fine di evitare la loro concomitanza con manifestazioni di analoga specializzazione merceologica svolte in altre regioni, mediante intesa con esse;
f) l’attività di vigilanza relativa agli atti di propria competenza;
g) il sostegno allo sviluppo dell’internazionalizzazione delle imprese;
h) l’adozione di strumenti finalizzati a favorire l’incremento delle esportazioni dei prodotti locali e dei flussi turistici dall’estero;
i) la promozione ed il sostegno alla costituzione di consorzi fra piccole e medie imprese industriali e commerciali, costituite ai sensi della legge 21 febbraio 1989, n. 83 (Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed artigiane);
j) la promozione ed il sostegno alla costituzione di consorzi agro-alimentari, come individuati dall’art. 1, comma 1, del d.l. 28 maggio 1981, n. 251 (Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane) convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 1981, n. 394 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 28 maggio 1981, n. 251 concernente misure a sostegno delle esportazioni italiane);
k) la promozione ed il sostegno alla costituzione di consorzi turistico-alberghieri, di cui all’art. 1, comma 2, del d.l. 251/1981, convertito, con modificazioni, dalla legge 394/1981, limitatamente ad attività volte ad incrementare la domanda estera del settore;
l) lo sviluppo della commercializzazione dei prodotti agro-alimentari locali nei mercati di altri paesi;
m) la promozione ed il sostegno alle iniziative di investimento e di cooperazione commerciale ed industriale da parte di imprese lombarde.
48. La Regione predispone ed attua ogni iniziativa idonea allo svolgimento dei compiti di propria competenza ed in particolare esercita le funzioni relative:
a) alla concessione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici di qualsiasi genere alle imprese industriali e turistiche, singole o associate;
b) all’organizzazione e alla partecipazione a fiere, mostre ed esposizioni organizzate al di fuori dei confini nazionali;
c) alla stampa ed alla distribuzione di pubblicazioni per la propaganda e la promozione della produzione regionale;
d) alla realizzazione di iniziative, eventi e manifestazioni promozionali a favore delle imprese industriali e turistiche lombarde;
e) all’erogazione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici di qualsiasi genere a valere sui fondi a ciò destinati dalle leggi dello Stato, ai sensi dell’art. 19, comma 5, del d.lgs. 112/1998.
49. Ai sensi dell’art 1, comma 6, della legge 59/1997, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 18, comma 2, del d.lgs 112/1998, la Regione può inoltre svolgere funzioni e compiti concernenti:
a) l’assicurazione, la riassicurazione ed il finanziamento dei crediti all’esportazione;
b) la partecipazione ad imprese e società miste, promosse o partecipate da imprese lombarde;
c) la promozione ed il sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di iniziative di penetrazione commerciale, di investimento e di cooperazione commerciale ed industriale da parte di imprese lombarde;
d) il sostegno alla partecipazione di imprese e società lombarde a gare internazionali.
5. Sono trasferite ai comuni che le esercitano anche in forma associata e nelle zone montane anche attraverso le comunità montane le funzioni amministrative concernenti:
a) le autorizzazioni allo svolgimento e l’attribuzione della qualifica delle manifestazioni fieristiche locali;
b) le funzioni di vigilanza relativamente agli atti di propria competenza.
51. I soggetti di cui al comma 5 esercitano anche le funzioni relative alle autorizzazioni allo svolgimento e all’attribuzione della qualifica delle manifestazioni fieristiche provinciali con le modalità previste dalla l.r. 29 aprile 198, n. 45 (Disciplina e promozione delle manifestazioni fieristiche).
52. Sono delegate ai comuni le funzioni relative alle deroghe all’art. 6 della l.r. 45/198 per quanto concerne le manifestazioni fieristiche di propria competenza.
53. La Regione può stipulare convenzioni con le CCIAA, singole o associate, per l’esercizio delle attività e delle funzioni di propria competenza indicate ai commi 47 e 48, e in particolare per:
a) la realizzazione di iniziative volte a promuovere lo sviluppo dell’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese;
b) la realizzazione di azioni integrate a favore dell’incremento delle esportazioni dei prodotti delle imprese e più in generale della valorizzazione all’estero dei vari settori dell’economia lombarda, compreso il settore agroalimentare;
c) la valorizzazione del territorio lombardo attraverso azioni di attrazione dei flussi turistici e di investimeni esteri;
d) l’organizzazione di partecipazioni collettive a manifestazioni fieristiche all’estero.
54. Le manifestazioni fieristiche sono organizzate dagli enti fieristici già riconosciuti dalla Regione ai sensi delle normative vigenti e dai soggetti pubblici e privati di cui ai commi da 55 a 6.
55. Sono soggetti pubblici gli enti fieristici riconosciuti dallo Stato, gli enti pubblici, le aziende speciali appositamente costituite, le associazioni ed i consorzi di diritto pubblico costituiti da detti enti, che prevedono nello statuto lo svolgimento di attività fieristiche.
56. Sono soggetti privati le persone giuridiche e le organizzazioni dotate di soggettività giuridica che esercitano professionalmente attività fieristico promozionale.
57. Gli enti pubblici territoriali, anche in associazione tra loro, possono organizzare manifestazioni fieristiche con qualifica non superiore alla propria dimensione territoriale. Possono continuare ad organizzare manifestazioni fieristiche con qualifica superiore a quella determinata nel precedente capoverso gli enti pubblici territoriali che ne siano titolari prima dell’entrata in vigore della presente legge.
58. Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, gli enti fieristici riconosciuti dalla Regione ai sensi della l.r. 45/198 possono trasformarsi in società di capitali o in fondazioni. Le quote di partecipazione all’ente sono attribuite ai soggetti costituenti l’ente stesso conformemente al numero dei rispettivi membri presenti nell’organizzazione assembleare nei termini previsti dallo statuto approvato ai sensi della l.r. 45/198. Gli statuti degli enti fieristici riconosciuti dalla Regione sono comunque adeguati alle norme della presente legge entro il termine di centottanta giorni dall’entrata in vigore della legge stessa. La deliberazione di trasformazione e le relative modifiche statutarie sono approvate con la maggioranza dei due terzi, in deroga a quanto previsto dall’art. 15, comma 4, della l.r. 45/198.
59. E’ istituito, presso la Regione, l’albo dei titolari di quartieri fieristici e degli organizzatori di manifestazioni fieristiche. Sono iscritti all’albo i soggetti organizzatori di manifestazioni fieristiche. Per ottenere l’iscrizione all’albo, i soggetti organizzatori di manifestazioni fieristiche devono assumere l’obbligazione di reinvestire una quota del fatturato d’esercizio, non inferiore al due per cento, nelle attività fieristiche o promozionali dei settori merceologici interessati; la Giunta regionale approva le procedure per l’iscrizione all’albo, nonché le modalità di costituzione, aggiornamento e tenuta dello stesso.
6. Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Regione stabilisce le modalità attuative relative all’organizzazione di manifestazioni fieristiche.
61. Per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di impianti produttivi, attribuite ai comuni ai sensi dell’art. 23, comma 1, del d.lgs. 112/1998, i comuni istituiscono una apposita struttura responsabile dei procedimenti relativi alla realizzazione, ampliamento, cessazione, riattivazione, localizzazione e rilocalizzazione di impianti produttivi destinati ad attività industriali, commerciali o artigianali dirette alla produzione di beni e alla prestazione di servizi. Tale struttura ha il compito di:
a) espletare il procedimento amministrativo concernente l’autorizzazione degli insediamenti produttivi e avente per oggetto gli aspetti urbanistici, sanitari, della tutela paesistica ambientale e della sicurezza degli impianti, in coerenza con i principi indicati nell’art. 25 del d.lgs. 112/1998, nonché nel rispetto delle disposizioni contenute nel d.p.r. 2 ottobre 1998, n. 447 (Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l’ampiamento, la ristrutturazione, la riconversione di impianti produttivi, per l’esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi);
b) coordinare l’attività, anche tramite l’installazione e la gestione di un’adeguata strumentazione informatica e telematica, degli uffici pubblici incaricati di svolgere gli atti istruttori relativi ai procedimenti di autorizzazione all’insediamento sul territorio di competenza;
c) offrire ai soggetti interessati tutte le informazioni necessarie per le decisioni localizzative delle imprese, nonché per lo svolgimento dei collegati procedimenti amministrativi concernenti l’autorizzazione all’insediamento;
d) fornire informazioni e assistenza alle imprese già insediate o che intendono insediarsi, con particolare riferimento agli strumenti di agevolazione finanziaria a favore delle diverse attività produttive.
62. Per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 61, lettere c) e d), la struttura responsabile dei procedimenti autorizzativi si avvale di uno sportello informativo in grado di garantire a tutti gli interessati l’accesso ai dati e alle informazioni riguardanti gli adempimenti e le procedure di autorizzazione all’insediamento. Per l’esercizio di tale compito i comuni possono avvalersi della collaborazione delle associazioni imprenditoriali rappresentative della realtà economica locale.
63. Al fine di conseguire adeguati livelli di efficienza e di efficacia, i comuni possono gestire le funzioni e i compiti di cui al comma 61 anche tramite le forme associative previste dal capo VIII della legge 142/199, nonché stipulare convenzioni con le province per gli interventi di promozione e coordinamento e con le CCIAA per l’integrazione con i procedimenti amministrativi di diretta competenza delle stesse e per le attività di supporto. In particolare, alle CCIAA possono essere affidate la realizzazione dei servizi di cui al comma 61, lettere c) e d), nonché la predisposizione di programmi informatici e della strumentazione telematica dedicati alla gestione degli sportelli. Tali attività e compiti vengono definiti nel programma di cui al comma 64. Nelle aree montane i comuni possono, inoltre, affidare, sulla base di specifici accordi, lo svolgimento di tali compiti e funzioni alle comunità montane.
64. La Giunta regionale, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sentita la conferenza regionale delle autonomie locali e funzionali di cui all’art. 1, comma 16, nonché le organizzazioni imprenditoriali e sindacali, propone all’approvazione del Consiglio regionale un programma pluriennale per la promozione ed il coordinamento delle strutture e degli sportelli di cui ai commi 61 e 62, con particolare riferimento alle attività di assistenza alle imprese ed all’accesso alle informazioni riguardanti le condizioni e le procedure per l’insediamento, nonché la disponibilità di strumenti di agevolazione finanziaria, contributiva e fiscale. Il programma definisce anche le linee generali di indirizzo ed i requisiti tecnico-funzionali per la realizzazione della rete telematica di cui al comma 61, lettera b), nonché i criteri di uniformità per l’acquisizione, le elaborazioni ed il trasferimento delle informazioni.
65. Nelle more dell’approvazione del programma di cui al comma 64, il coordinamento ed il supporto degli sportelli unici comunali, nonché le iniziative in attuazione dell’art. 23 del d.lgs 112/1998 e del d.p.r. 447/1998, sono garantiti dalla Giunta regionale, in coerenza con quanto disposto dall’art. 2, comma 16, della l.r. 2/1999 ed atti conseguenti.
66. Nel programma di cui al comma 64 sono individuati i criteri e le modalità operative per l’affidamento, da parte delle strutture di cui al comma 61, di specifiche fasi e attività istruttorie ad altre amministrazioni ed enti pubblici.
67. Al fine di dare piena attuazione al conferimento di funzioni e compiti operato dal titolo II del d.lgs. 112/1998 e ai sensi dell’art. 1, commi 7 e 8, la Regione individua specifici strumenti di programmazione negoziata per creare e favorire nelle diverse aree territoriali le condizioni funzionali alla crescita economica ed occupazionale.
68. Costituiscono strumenti di attuazione della programmazione negoziata regionale, nell’ambito economico, il contratto di sviluppo e il contratto di recupero produttivo.
69. Il contratto di sviluppo è l’accordo tra Regione, enti locali, associazioni imprenditoriali e sindacali, altri soggetti pubblici e privati interessati alla realizzazione di programmi finalizzati allo sviluppo delle attività produttive e alla creazione di nuova occupazione per la realizzazione di progetti di investimento che accrescano il patrimonio produttivo dell’area interessata per l’elevato contenuto tecnologico o per la qualificazione infrastrutturale e per il conseguente significativo incremento occupazionale. Il contratto di sviluppo può essere promosso da:
a) Regione;
b) enti locali e funzionali;
c) altri soggetti pubblici o società di intervento a partecipazione pubblica;
d) soggetti privati.
7. Il contratto di recupero produttivo è l’accordo tra Regione, enti locali e funzionali, imprese, singole o associate, rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro ed altri soggetti pubblici o privati, per la realizzazione di progetti di recupero produttivo di rilevante impatto sociale nell’ambito regionale, in relazione al numero di lavoratori coinvolti. Il contratto di recupero produttivo può essere promosso dalle rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, d’intesa con i rappresentanti delle amministrazioni
comunali interessate, e può essere attivato:
a) nelle aree colpite da eventi di dismissione totale o parziale di unità produttive;
b) per la realizzazione di progetti di investimento che generino una pluralità di nuove iniziative imprenditoriali con immediato effetto di riassorbimento occupazionale.
71. Il contratto di sviluppo e il contratto di recupero produttivo sono approvati con decreto del Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione della Giunta stessa. Ove l’accordo comporti variazioni degli strumenti urbanistici, l’adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza. Il decreto di approvazione, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia (BURL), ha valore di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza per le opere in esso previste, e produce gli effetti dell’intesa di cui all’art. 3, comma 2, lett. g), determinando le variazioni agli strumenti urbanistici, sostituendo le concessioni edilizie sulla base delle determinazioni assunte dai comuni territorialmente interessati, sostituendo altresì l’autorizzazione ai sensi dell’art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali) e comprendendo i pareri, gli assensi, le intese e i nulla osta di competenza degli enti interessati; la legge finanziaria regionale determina le procedure di spesa e gli oneri finanziari a carico del bilancio regionale per l’attuazione dei contratti di cui al comma 68.
72. La Giunta regionale, sulla base degli indirizzi indicati nel DPEFR determina i contenuti attuativi dei contratti stessi.
73. I procedimenti amministrativi concernenti gli interventi regionali di sostegno finanziario alle imprese per lo sviluppo delle attività produttive sono definiti in coerenza con i principi e le modalità indicati nel d.lgs. 31 marzo 1998, n. 123 (Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell’art. 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59) e nel rispetto di quanto disposto dall’art. 13 della legge 11 maggio 1999, n. 14 (Norme in materia di attività produttive).
74. I seguenti interventi regionali di sostegno alle imprese si attuano in conformità con la procedura automatica di cui all’art. 4 del d.lgs. 123/1998:
a) contributi a consorzi e cooperative di garanzia fidi costituiti da piccole e medie imprese commerciali di cui alla l.r. 6 luglio 1981, n. 36 (Promozione dell’associazionismo e della cooperazione nel commercio e nel turismo);
b) finanziamenti agevolati per la realizzazione di progetti di sviluppo per le piccole e medie imprese di cui all’art. 8 della l.r. 16 dicembre 1996, n. 35 (Interventi regionali per lo sviluppo delle imprese minori);
c) sostegno all’occupazione giovanile di cui all’art. 1, comma 5, lettera a), della l.r. 15 gennaio 1999, n. 1 (Politiche regionali del lavoro e dei servizi per l’impiego);
d) sostegno ai lavoratori in difficoltà occupazionale di cui all’art. 1, comma 6, lettera a), della l.r. 1/1999;
e) sostegno a soggetti appartenenti a categorie deboli di cui all’art. 1, comma 8, della l.r. 1/1999.
75. I seguenti interventi regionali di sostegno alle imprese si attuano in conformità con la procedura valutativa a graduatoria di cui all’art. 5, comma 2, del d.lgs. 123/1998:
a) contributi in conto capitale alle imprese cooperative per la salvaguardia e l’incremento dei livelli occupazionali di cui alla l.r. 7 agosto 1986, n. 32 (Interventi a sostegno della cooperazione per la salvaguardia e l’incremento dei livelli occupazionali);
b) contributi per l’ammodernamento, potenziamento e qualificazione delle strutture e infrastrutture turistiche di cui all’art. 3 della l.r. 27 giugno 1988, n. 36 (Incentivi per l’ammodernamento, potenziamento e qualificazione delle strutture ed infrastrutture turistiche in Lombardia);
c) contributi a consorzi di imprese artigiane per la realizzazione di progetti di ricerca e sviluppo di cui all’art. 4, commi 3, 4 e 5, e agli artt. 15 e 16 della l.r. 2 marzo 199, n. 17 (Disciplina degli interventi regionali a sostegno della promozione e dello sviluppo del comparto artigiano in Lombardia);
d) contributi per il risparmio energetico e l’utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia di cui all’art. 2 della l.r. 16 dicembre 1996, n. 36 (Norme per l’incentivazione, la promozione e la diffusione dell’uso razionale dell’energia, del risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e il contenimento dei consumi energetici);
e) promozione di progetti territoriali di inserimento al lavoro ed interventi per le pari opportunità nelle aree di crisi di cui all’art. 1, comma 6, lettera b), n. 2, della l.r. 1/1999.
76. I seguenti interventi regionali di sostegno alle imprese si attuano in conformità con la procedura valutativa a sportello di cui all’art. 5, comma 3, del d.lgs. 123/1998:
a) finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto per la realizzazione di progetti innovativi per le piccole e medie imprese di cui alla l.r. 23 aprile 1985 n. 34 (Primi interventi regionali per la promozione delle innovazioni nel sistema delle imprese minori), di cui all’art. 7, comma 1, lettere a), b), c) della l.r. 7/1993 e all’art. 7 della l.r. 35/1996;
b) contributi per l’ammodernamento, potenziamento e qualificazione delle strutture e infrastrutture turistiche di cui all’art. 14 della l.r. 36/1988;
c) contributi alle imprese artigiane per agevolare l’insediamento nei centri storici di cui all’art. 9 della l.r. 17/199;
d) contributi a consorzi e cooperative artigiane per la realizzazione di impianti e servizi consortili di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), della l.r. 17/199;
e) contributi a imprese artigiane per l’adeguamento degli impianti alle norme sulla tutela dell’ambiente di cui all’art. 14, comma 1, della l.r. 17/199;
f) contributi regionali per lo sviluppo di sistemi di qualità nelle piccole e medie imprese di cui alla l.r. 1 maggio 199, n. 41 (Interventi regionali per lo sviluppo dei sistemi di qualità nelle imprese minori), modificata e integrata dall’art. 4 della l.r. 7/1993 e dall’art. 13 della l.r. 35/1996;
g) contributi a fondo perduto per la realizzazione di progetti innovativi per le piccole imprese di cui all’art. 5 della l.r. 7/1993;
h) contributi a favore delle cooperative sociali di nuova costituzione di cui all’art. 11, comma 1, lettera a), della l.r. 1 giugno 1993, n. 16 (Attuazione dell’art. 9 della legge 8 novembre 1991, n. 381 "Disciplina delle cooperative sociali");
i) finanziamenti agevolati a favore delle cooperative sociali per la realizzazione di progetti d’investimento di cui all’art. 11, comma 1, lett. b), della l.r. 16/1993;
j) interventi a favore delle imprese artigiane per agevolare l’accesso al credito di cui agli artt. 2, 4, 5 e 6 della l.r. 16 dicembre 1996, n. 34 (Interventi regionali per agevolare l’accesso al credito alle imprese artigiane);
k) contributi per la promozione di nuove imprese innovative di cui all’art. 6, lettera a), della l.r. 35/1996;
l) contributi per lo sviluppo dell’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese e partecipazione ad appalti internazionali di cui all’art. 6, lettere b) e c), della l.r. 35/1996;
m) contributi alle piccole e medie imprese per la partecipazione a progetti di ricerca comunitari e per la realizzazione di stages per giovani neolaureati di cui all’art. 6, lettere c) e d), della l.r. 35/1996;
n) promozione di nuove attività imprenditoriali, di lavoro autonomo ed indipendente di cui all’art. 1, comma 7, della l.r. 1/1999;
o) corsi di formazione continua e di riqualificazione di cui all’art. 1, comma 9, della l.r. 1/1999.
77. I seguenti interventi regionali di sostegno alle imprese si attuano in conformità con la procedura negoziale di cui all’art. 6 del d.lgs. 123/1998:
a) contributi a consorzi di imprese artigiane per la realizzazione di aree attrezzate artigiane e per gli impianti di trattamento scarti di lavorazione di cui agli artt. 8 e 14, comma 2, della l.r. 17/199;
b) contributi a fondo perduto per recupero e riqualificazione di aree da destinare a insediamenti produttivi di cui all’art. 6 della l.r. 15 novembre 1994, n. 3 (Interventi regionali per il recupero, la qualificazione e la promozione delle aree da destinare a nuovi insediamenti produttivi).
78. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale adotta le indicazioni operative per l’adeguamento dei procedimenti amministrativi concernenti i singoli interventi di cui ai commi 74, 75, 76 e 77 alle specifiche procedure indicate nei medesimi commi, nonché alle prescrizioni in materia di ispezioni, controlli, revoca dei benefici e sanzioni contenute negli artt. 8 e 9 del d.lgs. 123/1998.
79. Per l’attività istruttoria connessa agli interventi di cui ai commi da 74 a 78, nonché per la valutazione degli aspetti specifici, dei risultati attesi e dell’efficacia degli interventi stessi, possono essere stipulate convenzioni con associazioni, società, enti ed esperti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà in relazione allo svolgimento delle predette attività. La Giunta regionale, in conformità con gli indirizzi e le prescrizioni dell’art. 3 del d.lgs. 123/1998, individua i soggetti con i quali stipulare le convenzioni e il conseguente affidamento degli incarichi.
8. La Giunta regionale, con cadenza triennale, propone al Consiglio per l’approvazione un rapporto sull’attuazione degli interventi regionali a sostegno delle imprese, evidenziando:
a) i risultati conseguiti, con riferimento all’incremento dei livelli della competitività e dell’occupazione;
b) l’efficacia degli interventi rispetto agli obiettivi perseguiti e alle risorse utilizzate;
c) gli ostacoli e i limiti di carattere organizzativo e procedurale riscontrati nell’attuazione degli interventi;
d) il quadro programmatico degli interventi a favore delle imprese per il triennio successivo, con particolare riferimento allo sviluppo tendenziale dell’apparato produttivo e del sistema tecnologico, nonché alle esigenze di riequilibrio territoriale;
e) le eventuali misure correttive da apportare alla normativa vigente, nonché alle strutture organizzative e gestionali degli interventi anche in relazione al sistema delle deleghe agli enti locali e alle CCIAA;
f) gli obiettivi da perseguire anche tramite l’approvazione di nuovi interventi e il fabbisogno finanziario per l’attività del triennio successivo, articolato per le diverse tipologie di intervento.
81. Sono mantenute alla Regione le funzioni ad essa attribuite a seguito del conferimento delle funzioni relative alla materia dei carburanti dal d.lgs. 11 febbraio 1998, n. 32 (Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti a norma dell’art. 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59) e dall’art. 15 del d.lgs. 112/1998, salvo quanto previsto dal comma 83.
82. A decorrere dalla data di approvazione del primo strumento di programmazione della rete distributiva dei carburanti, è abrogata la l.r. 8 giugno 1984, n. 28 (Disciplina della distribuzione dei carburanti per uso di autotrazione – Disposizioni per la redazione del piano regionale di ristrutturazione della rete di distribuzione).
83. A decorrere dal 1* gennaio 2, ovvero a decorrere dalla successiva data eventualmente prevista dalle disposizioni statali di cui all’art. 3, comma 7, del d.lgs. 32/1998 per la conclusione della fase transitoria di cui all’art. 3, comma 1, del medesimo decreto, sono delegate ai comuni le attività amministrative concernenti il rilascio delle concessioni per l’installazione e l’esercizio di impianti di rifornimento di carburanti lungo le autostrade e i raccordi autostradali di cui all’art. 15, comma 2, lettera f), del d.lgs. 112/1998. I comuni esercitano la delega nel rispetto delle norme attuative e degli atti programmatori della Regione.
84. La Regione, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze e in armonia con la politica energetica dell’Unione europea, promuove e sviluppa, in forma coordinata con lo Stato, gli enti locali e le autonomie funzionali, le iniziative volte a conseguire l’uso razionale dell’energia, il risparmio energetico e la valorizzazione delle fonti rinnovabili di energia.
85. Ferme restando le specifiche attribuzioni alla Regione, previste dall’art. 3, commi 1, 2 e 5 del d.lgs. 112/1998, sono di competenza regionale le seguenti funzioni:
a) orientare e promuovere la riduzione dei consumi energetici e l’innalzamento dei livelli di razionalizzazione ed efficienza energetica;
b) favorire e promuovere l’uso delle fonti rinnovabili di energia;
c) favorire e promuovere l’integrazione delle fonti rinnovabili o assimilate con le attività produttive, economiche ed urbane, per organizzare i relativi processi in funzione del risparmio energetico con possibili recuperi di energia, anche tramite il coordinamento con gli strumenti di pianificazione ambientale e territoriale;
d) promuovere, mediante convenzioni e accordi di programma, l’uso del finanziamento da parte di altri soggetti, anche mediante locazione finanziaria, per interventi di riduzione dei consumi come modalità privilegiata per finanziare l’attuazione di quanto previsto alla lettera a);
e) promuovere la qualificazione degli operatori pubblici e privati per gli obiettivi e le attività oggetto della pianificazione energetica regionale, anche mediante programmi di formazione direttamente realizzati dalla Regione;
f) promuovere la creazione di agenzie locali per l’energia quali strumenti per l’attuazione delle politiche energetiche nazionali, regionali e provinciali.
86. Nell’ambito delle proprie funzioni, la Regione può affidare specifici incarichi all’IReR, ad istituti universitari e ad altri enti specializzati, nonché ad esperti esterni, secondo i criteri e i limiti previsti dall’art. 7 della l.r. 23 luglio 1996, n. 16 (Ordinamento della struttura organizzativa e della dirigenza della Giunta regionale), per l’effettuazione di ricerche e per lo studio di progetti e di servizi utili alle azioni regionali di politica energetica.
87. Il piano energetico regionale (PER) costituisce lo strumento di attuazione della politica energetica regionale e contiene lo studio e l’analisi dei dati relativi alla produzione ed ai consumi energetici, le tendenze della domanda e dell’offerta energetica, il bilancio energetico regionale, l’individuazione degli strumenti di incentivazione finanziaria.
88. La Giunta regionale, sentite le province, definisce le iniziative di cui al comma 84 che comportino forme di finanziamento, determinandone l’importo anche nel quadro della normativa europea e, altresì, la procedura per la concessione e i criteri di valutazione delle domande.
89. In relazione a quanto previsto dai commi 87 e 88, per il conseguimento degli obiettivi generali fissati dalla programmazione regionale:
a) sono trasferite alle province le seguenti funzioni:
1) la redazione e l’adozione di programmi di intervento per la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico, in attuazione del PER;
2) l’autorizzazione alla installazione ed all’esercizio degli impianti di produzione di energia;
3) il controllo sull’uso razionale dell’energia per il raggiungimento degli obiettivi di qualità individuati dai provvedimenti regionali.
b) sono delegate alle province la determinazione dei criteri di preferenza in ordine all’ammissione dei progetti al finanziamento regionale e la conseguente istruttoria sulle istanze presentate.
9. Sono delegate alle province:
a) le funzioni amministrative relative alla ricerca, alla prospezione e alla concessione per lo sfruttamento di risorse geotermiche di interesse locale, già delegate alle regioni con legge 9 dicembre 1986, n. 896 (Disciplina della ricerca e della coltivazione delle risorse geotermiche);
b) le funzioni di vigilanza sull’applicazione delle norme di polizia mineraria e del d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 9/269/CEE, 9/27/CEE, 9/394/CEE e 9/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori nel luogo di lavoro).
91. Le province trasmettono alla direzione regionale competente copia delle autorizzazioni e delle concessioni e, annualmente, la rendicontazione sull’attività svolta e sulle risorse impiegate.
92. Lo sfruttamento di risorse geotermiche esercitato senza il prescritto provvedimento autorizzativo o concessorio è soggetto alla sanzione amministrativa, da un minimo di lire 1 milioni ad un massimo
di lire 2 milioni, ferme restando le sanzioni previste da leggi statali.
93. I canoni annuali previsti per lo sfruttamento di risorse geotermiche sono corrisposti alla Regione.
94. La Giunta regionale esercita il controllo sugli organi delle CCIAA e approva la relazione annuale di cui dall’art. 37 del d.lgs. 112/1998.
95. I consigli camerali sono sciolti con decreto del Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione della Giunta stessa, nei casi previsti dall’art. 5 della legge 29 dicembre 1993, n. 58 (Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura).
96. Il rappresentante regionale nel collegio dei revisori è nominato dal Presidente della Giunta regionale, ai sensi della l.r. 4 aprile 1995, n. 14 (Norme per le nomine e designazioni di competenza della Regione).
97. Nell’ambito delle funzioni conferite alla Regione, individuate dai commi 3 e 31, la Giunta regionale è autorizzata, ai sensi dell’art. 19, comma 12, del d.lgs. 112/1998, a subentrare alle amministrazioni statali nei diritti e negli obblighi derivanti dalle convenzioni dalle stesse stipulate in forza di leggi ed in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, e a stipulare, ove necessario, atti modificativi ed integrativi delle convenzioni stesse per il loro adeguamento.
98. Fino alla emanazione delle leggi regionali che disciplinano le funzioni in materia di sviluppo economico ed attività produttive conferite con il d.lgs. 112/1998, restano ferme le procedure e le modalità attuative previste dalle leggi statali per la concessione, liquidazione ed erogazione delle agevolazioni alle imprese, singole o associate.
99. Sono abrogati gli artt. 6, 18, 27, e da 29 a 33 della l.r. 2 marzo 199, n. 17 (Disciplina degli interventi regionali a sostegno della promozione e dello sviluppo del comparto artigiano in Lombardia).
1. Sono abrogati gli artt. 37, 38, 39, come sostituiti dall’art. 3, comma 3, lettera b), della l.r. 12 agosto 1999, n. 15 (Modifiche e abrogazioni legislative per la realizzazione dei progetti del programma regionale di sviluppo), e gli artt. 4, 41, 48 e 5 della l.r. 17/199.
11. Il comma 6 dell’art. 9 della l.r. 16 dicembre 1989, n. 73 (Disciplina istituzionale dell’artigianato lombardo) è sostituito dal seguente: "6. La decisione della commissione provinciale per l’artigianato è notificata all’interessato entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda. La mancata notificazione entro tale termine vale come accoglimento della domanda stessa".
12. Sino alla data di entrata in vigore delle norme regionali di revisione della composizione e del funzionamento delle commissione provinciali per l’artigianato, in attuazione dell’art. 2, comma 8, della legge 59/1997, restano confermati gli organi attualmente in carica così come costituiti.
13. I commi 1, 3, 4 e 5 dell’art. 9 e l’art. 11 della l. r. 32/1986 e successive modifiche, sono abrogati.
14. Il comma 1 dell’art. 7 della l.r. 32/1986 è sostituito dal seguente: "1. Nell’ambito delle disponibilità finanziarie dei singoli bilanci di esercizio, la Regione stanzia risorse per l’attivazione ed il mantenimento di un fondo di garanzia e di un fondo di rotazione per agevolare l’accesso al credito e concede contributi alle cooperative destinatarie degli interventi compresi nel piano regionale".
15. Il quarto comma dell’art. 56 della l.r. 44/198 è sostituito dal seguente: "Le infrazioni alla presente legge e alle norme statali che disciplinano la materia sono accertate dalle province e le conseguenti sanzioni sono irrogate e riscosse dalle medesime".
16. Il secondo comma dell’art. 15 della l.r. 44/198 è sostituito dal seguente: "Delle istanze di concessione è data comunicazione al distretto minerario competente per territorio e alla direzione regionale competente per la materia idrogeologica".
17. Alla l.r. 16 settembre 1996, n. 27 (Disciplina dell’attività e dei servizi concernenti viaggi e soggiorni. Ordinamento amministrativo delle agenzie di viaggio e turismo e delega alle province) sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 4 dell’art. 4 è sostituito dal seguente: "4. L’apertura di filiali di agenzie aventi la sede principale in altro Stato dell’Unione europea è soggetta ad autorizzazione come previsto dal presente articolo. L’apertura di filiali aventi la sede principale in Italia non è soggetta ad autorizzazione. I titolari devono comunicare alla provincia competente l’inizio di attività di filiali o sedi secondarie nonché la cessata attività sopravvenuta a qualsiasi titolo.";
b) la lettera b) del comma 1 dell’art. 6 è abrogata;
c) i commi 2 e 6 dell’art. 7 sono abrogati;
d) il comma 4 dell’art. 7 è sostituito dal seguente: "4. Deve essere rilasciata una nuova autorizzazione: per la variazione di denominazione dell’agenzia di viaggi e turismo, per il trasferimento di sede in altra provincia, per il cambio di titolarità, ogni qual volta si modifica la persona giuridica, la ragione sociale o la denominazione societaria, nonchè per la cessione d’azienda o di ramo d’azienda, per il conferimento o la fusione.";
e) al comma 5 dell’art. 7, dopo le parole: "sostituzione del direttore tecnico,", si aggiungono le parole: "l’estensione di attività,";
f) al comma 3 dell’art. 11 è abrogato il secondo periodo;
g) il comma 2 dell’art. 14 è sostituito dal seguente: "2. Sono iscritti, su domanda, nel registro coloro che hanno conseguito l’attestato di idoneità all’attività di direttore tecnico di agenzia di viaggio e turismo, previo superamento dell’esame previsto dall’art. 15.";
h) l’art. 15, come modificato dall’art. 4, comma 4, lettera a), della l.r. 27 gennaio 1998, n. 1 (Legge di programmazione economico-finanziaria ai sensi dell’art. 9 ter della l.r. 31 marzo 1978, n. 34 "Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione" e successive modificazioni e integrazioni) è sostituito dal seguente:
"Art. 15 (Esame di idoneità e commissione d’esame)
1. La provincia indice, con proprio provvedimento, almeno una volta all’anno, le prove di esame finalizzate a verificare il possesso di adeguate caratteristiche professionali, quali:
a) la conoscenza dell’amministrazione e dell’organizzazione delle agenzie di viaggio e turismo, in relazione alle attività previste dall’art. 3;
b) la conoscenza di tecnica, legislazione e geografia turistica;
c) la conoscenza della lingua inglese e di un’altra lingua straniera scelta tra quelle dei paesi aderenti all’Unione europea o tra le lingue cinese, giapponese o russo.
2. Con lo stesso provvedimento viene stabilito il contenuto delle prove d’esame ed ogni altra modalità di attuazione delle stesse.
3. Ai fini dell’ammissione all’esame di idoneità per l’esercizio dell’attività di direttore tecnico di agenzia, l’interessato deve presentare domanda dichiarando, sotto la propria responsabilità, di essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) maggiore età;
b) cittadinanza italiana o di altro Stato membro della Unione europea;
sono equiparati i cittadini extracomunitari che hanno regolarizzato la loro posizione ai sensi della normativa vigente;
c) diploma di istruzione secondaria di secondo grado rilasciato da un istituto statale o legalmente riconosciuto o parificato, o di equivalente diploma conseguito all’estero e riconosciuto in Italia;
l’equivalenza del diploma conseguito all’estero al corrispondente diploma di scuola media superiore deve risultare da certificazione rilasciata a norma di legge;
d) documentazione della struttura provinciale per il lavoro attestante l’attività lavorativa svolta con le mansioni previste dal IV livello o superiore, in base alla classificazione del personale del comparto delle imprese di viaggio e turismo, presso un’agenzia di viaggio e turismo per almeno due anni.
4. La domanda deve contenere l’indicazione delle due lingue sulle quali l’interessato intende essere esaminato.
5. Per l’ammissione all’esame è dovuta una somma a titolo di concorso alle spese, nella misura e nei modi stabiliti dalla provincia.
6. La commissione giudicatrice è nominata dalla provincia ed è composta da:
a) un dirigente della provincia, che la presiede;
b) un docente di economia del turismo o di economia;
c) un docente di tecnica aziendale turistica;
d) due direttori tecnici designati dalle associazioni maggiormente rappresentative delle agenzie di viaggio e turismo a livello regionale;
e) un docente di lingua inglese e un docente della seconda lingua straniera oggetto di esame.
7. Le funzioni di segretario della commissione sono svolte da un impiegato della provincia.
8. Per ogni membro effettivo e per il segretario viene nominato un supplente che opera unicamente in caso di assenza del membro effettivo. I membri effettivi e i membri supplenti non possono essere nominati più di una volta in un biennio.
9. In caso di mancata designazione, entro il termine stabilito dalla provincia, dei componenti di cui alla lettera d) del comma 6, la commissione può comunque essere insediata e svolgere la propria attività. Per la correzione delle prove scritte la commissione può articolarsi in sottocommissioni.
1. Ai membri della commissione sono corrisposte le indennità previste dalla legislazione vigente.".
i) la lettera b) del comma 2 dell’art. 16 è abrogata;
j) il comma 3 dell’art. 16 è sostituito dal seguente: "Art. 3. In attuazione del d.lgs. 23 novembre 1991, n. 392 (Attuazione della direttiva n. 82/47/CEE nella parte concernente gli agenti di viaggio e turismo, a norma dell’art. 16 della legge 29 dicembre 199, n. 428 "legge comunitaria 199") sono iscritti, previa istanza, nel registro regionale dei direttori tecnici, i titolari di autorizzazione di agenzia di viaggio e turismo e i dipendenti di agenzia di viaggio e turismo autorizzati che attestino il possesso dei seguenti requisiti:
a) per il titolare, aver svolto le mansioni previste dal citato decreto legislativo, presso un’agenzia di viaggio e turismo per almeno sei anni in via continuativa;
b) per il dipendente, aver svolto attività lavorativa nel II livello o superiore, in base alla classificazione del personale del comparto delle imprese di viaggio e turismo, presso un’agenzia di viaggio e turismo, per almeno sei anni in via continuativa";
k) l’art. 21 è sostituito dal seguente: "Art. 21 (Sospensione, revoca e decadenza dell’autorizzazione).
1. La Regione dispone la sospensione dell’autorizzazione per un periodo da uno a sei mesi nei seguenti casi:
a) omessa comunicazione della chiusura temporanea ovvero della riapertura, trascorsi i termini consentiti per la stessa;
b) mancato rispetto del contenuto dei programmi nell’esecuzione dei contratti di viaggio ovvero gravi inadempimenti verso i clienti.
2. Durante il periodo di sospensione l’agenzia e tutte le filiali e sedi secondarie devono essere chiuse e non deve essere svolta l’attività di agenzia di viaggio.
3. La Regione dispone la revoca dell’autorizzazione qualora non siano eliminate le succitate inadempienze e qualora l’agenzia non cessi l’attività. Per la verifica dell’effettiva chiusura a seguito di sospensione, revoca o decadenza, la Regione comunica alla polizia municipale competente i provvedimenti adottati.
4. La provincia, nell’ambito delle attività ad essa delegate, dispone la revoca dell’autorizzazione in caso di perdita di anche uno solo dei requisiti necessari per l’ottenimento della stessa, ovvero per mancata comunicazione, entro trenta giorni, delle variazioni intervenute sugli stessi.
5. Nel caso in cui l’attività non sia iniziata entro sessanta giorni dal rilascio dell’autorizzazione, la provincia dichiara decaduta l’autorizzazione medesima.";
l) la lettera b), comma 1, dell’art. 22 è sostituita dalla seguente:
"b) chiunque svolge attività diverse da quelle autorizzate, in locali non autonomi, comprese le filiali e le sedi secondarie".
18. Alla l.r. 1 dicembre 1986, n. 65 (Disciplina dell’attività di guida turistica, interprete turistico, accompagnatore turistico), il cui titolo è stato modificato dall’art. 3, comma 1, lettera a), della l.r. 15/1999, sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 2 dell’art. 3, articolo già sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera e), della l.r. 15/1999, è sostituito dal seguente:
"2. Ogni anno la provincia, con proprio provvedimento, indice la sessione d’esame, fissando le modalità di effettuazione delle prove ed i termini entro i quali dovranno essere presentate le domande di ammissione";
b) il comma 1 dell’art. 4, articolo già sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera f), della l.r. 15/1999, è sostituito dal seguente:
"1. La provincia, con proprio provvedimento, nomina le commissioni d’esame per l’abilitazione all’esercizio delle professioni";
c) il comma 4 dell’art. 4, articolo già sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera f), della l.r. 15/1999, è sostituito dal seguente:
"4. Le commissioni d’esame sono integrate per la prova orale da docenti di lingua straniera o madrelingua, nominati sulla base delle richieste presentate dai candidati. Gli stessi partecipano alle sole riunioni per le quali, in relazione alla lingua straniera di cui sono esperti, si è resa necessaria la loro nomina. Per ogni membro effettivo e per il segretario viene nominato un supplente, che opera in caso di assenza del membro effettivo. In caso di mancata designazione, entro il termine stabilito dalla provincia, dei rappresentanti dell’associazione di categoria, la commissione può comunque essere insediata e svolgere la propria attività";
d) il comma 5 dell’art. 4, articolo già sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera f), della l.r. 15/1999, è sostituito dal seguente:"5. Le funzioni di segretario della commissione sono svolte da un impiegato provinciale";
e) il comma 6 dell’art. 4, articolo già sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera f), della l.r. 15/1999, è sostituito dal seguente: "6. Ai membri della commissione competono le indennità stabilite dalla provincia ai sensi della normativa vigente";
f) il comma 1 dell’art. 6, sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera h), della l.r. 15/1999, è sostituito dal seguente:
"1. La domanda di ammissione all’esame di abilitazione all’esercizio della professione di guida turistica e accompagnatore turistico deve essere presentata alla provincia entro i termini stabiliti dal provvedimento, di cui all’art. 3, con il quale viene indetta la sessione d’esame";
g) il comma 3 dell’art. 6 è sostituito dal seguente:
"3. Le domande inoltre dovranno contenere l’indicazione del possesso della cittadinanza italiana o d’altro Stato membro dell’Unione europea e del titolo di studio posseduto. I cittadini extracomunitari sono tenuti ad allegare alla domanda la documentazione, in originale o copia autenticata, comprovante la cittadinanza posseduta";
h) i commi 5 e 6 dell’art. 7, già sostituiti dall’art. 3, comma 1, lettera l), della l.r. 15/1999, sono sostituiti dai seguenti: "5. La provincia, riscontrata la regolarità e la validità delle procedure, approva l’elenco degli abilitati all’esercizio della professione, rispettivamente, di guida turistica e di accompagnatore turistico.
6. La provincia rilascia all’interessato l’attestato di abilitazione valido all’esercizio della professione con l’indicazione del tipo specifico di professione, delle lingue straniere e, per le sole guide turistiche, con l’indicazione della provincia per la quale il candidato ha ottenuto l’abilitazione.";
i) l’art. 8 è sostituito dal seguente:
"Art. 8 (Esame suppletivo)
1. Le guide turistiche e gli accompagnatori turistici, già in possesso dell’abilitazione all’esercizio della professione e che vogliono conseguire l’abilitazione in ulteriori lingue straniere, sono ammessi a sostenere la sola prova orale nella lingua prescelta nella sessioni ordinarie d’esame.
2. A tal fine gli interessati dovranno presentare domanda, contenente l’indicazione del tipo di abilitazione posseduta, entro i termini di cui al comma 1 dell’art. 6 con l’indicazione della lingua straniera
per la quale si vuole ottenere l’ulteriore abilitazione.";
j) i commi 2 e 3 dell’art. 9, articolo già sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera m), della l.r. 15/1999, sono sostituiti dai seguenti:
"2. Il tesserino personale di riconoscimento per l’esercizio della professione di guida turistica e di accompagnatore turistico è rilasciato dalla provincia";
"3. Le caratteristiche del tesserino di cui al comma 2 sono determinate con decreto del direttore della direzione generale competente della Regione".
19. Le sessioni d’esame per l’abilitazione alla professione di guida turistica e accompagnatore turistico, già indette dalla Regione alla data di entrata in vigore della presente legge, sono svolte dalla competente direzione generale della Regione.
11. Alla l.r. 29 aprile 198, n. 45 (Disciplina e promozione delle manifestazioni fieristiche) sono apportate le seguenti modifiche:
a) dopo il comma 1 dell’art. 7, è inserito il seguente:
"1bis. In caso di concorrente richiesta di più soggetti organizzatori per la realizzazione nel medesimo periodo di manifestazioni inerenti lo stesso settore merceologico, l’autorizzazione è concessa nel rispetto dei seguenti criteri di priorità, in ordine decrescente di importanza:
a) possesso dell’iscrizione all’albo degli organizzatori di manifestazioni fieristiche;
b) qualifica più elevata;
c) maggiore anzianità di svolgimento nel periodo richiesto;
d) maggior numero di espositori nell’edizione dell’anno precedente;
e) maggior numero di visitatori certificati, nell’edizione dell’anno precedente.".
b) all’art. 1, comma 1, dopo le parole: "dai soggetti organizzatori", sono soppresse le parole: "di cui al precedente art. 4, comma 1";
c) all’art. 14, comma 1, le parole : "di cui al comma 1, lettere a),
c) e d), del precedente art. 4 sono tenuti a trasmettere alla Giunta regionale" sono sostituite con le parole: "sono tenuti a trasmettere all’ente competente al rilascio dell’autorizzazione";
d) il comma 1 dell’art. 16 è sostituito dal seguente:
"1. La Giunta regionale esercita la vigilanza sulle manifestazioni fieristiche di propria competenza";
e) il comma 2 dell’art. 21 è sostituito dal seguente:
"2. Nel rispetto di quanto previsto dall’art. 4 del d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) la Giunta regionale approva il programma di partecipazione a manifestazioni fieristiche internazionali o ad eventi promozionali sui mercati esteri, mettendo a disposizione delle piccole e medie imprese lombarde spazi totalmente o parzialmente gratuiti. Per l’attuazione di tali iniziative la Giunta regionale può avvalersi delle CCIAA lombarde singole o associate o di altri organismi specializzati nella promozione all’estero che siano diretta espressione associativa della realtà imprenditoriale e che non abbiano fini di lucro, nonché concedere contributi agli stessi soggetti;"
f) dopo il comma 3 dell’art. 21, è inserito il seguente:
"3bis. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, approva annualmente i criteri di priorità, nonché le modalità per la realizzazione degli interventi di cui ai commi 2 e 3."
g) gli articoli 4, 5 e 1, commi 2 e 3, lettera e); 14, commi da 3 a 7; 15; 16, commi 2 e 3; 17, sono abrogati;
h) sono abrogati tutti i riferimenti alla "commissione regionale per le fiere", contenuti negli articoli 3, comma 5; 8, comma 3; 1, comma 4; 11, comma 3; 13, comma 3; 22, comma 1.

ARTICOLO 3
(Territorio, ambiente ed infrastrutture)
1. La materia territorio, ambiente e infrastrutture comprende tutte le funzioni ed i compiti in tema di "territorio e urbanistica", "edilizia residenziale pubblica", "protezione della natura e dell’ambiente, tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti", "risorse idriche e difesa del suolo", "lavori pubblici", "viabilità", "trasporti" e "protezione civile".
2. Sono mantenute in capo alla Regione le seguenti funzioni:
a) adozione e approvazione dei piani territoriali regionali e relativi stralci e varianti;
b) adozione e approvazione del piano territoriale paesistico regionale e relative varianti;
c) definizione delle linee generali di assetto del territorio regionale;
d) verifica della compatibilità dei piani territoriali di coordinamento provinciali e loro varianti con le linee generali di assetto del territorio regionale di cui alla lett. c), nonchè con gli strumenti di pianificazione e programmazione regionali;
e) apposizione di nuovi vincoli paesistici e revisione di quelli esistenti;
f) espressione del parere previsto nell’ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale di competenza statale;
g) procedure per la localizzazione di opere pubbliche di interesse di amministrazioni diverse dalla Regione e dagli enti locali, anche invariante agli strumenti urbanistico-territoriali; la Giunta regionale, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, definisce le modalità tecnico-operative per l’esplicazione delle procedure di localizzazione e per la redazione dello studio previsto dall’art. 55, comma 2, del d.lgs. 112/1998;
h) emanazione di direttive concernenti le zone sismiche e loro individuazione, nonché formazione e aggiornamento degli elenchi delle zone medesime;
i) assunzione dei provvedimenti di natura paesistica contemplati all’art. 2 della l.r. 9 giugno 1997, n. 18 (Riordino delle competenze e semplificazione delle procedure in materia di tutela dei beni ambientali e di piani paesistici. Subdeleghe agli enti locali);
j) supporto agli enti locali in materia paesistico-ambientale e urbanistica;
k) gestione coordinata dei sistemi informativi territoriali, quali il sistema informativo in materia di beni ambientali (SIBA), il centro di documentazione paesistica (CDP), il mosaico degli strumenti urbanistici e il sistema informativo relativo alla valutazione di impatto ambientale (SILVIA);
l) emanazione di nulla-osta per il rilascio di concessioni edilizie in deroga agli strumenti urbanistici generali comunali;
m) repressione di opere abusive e annullamento di concessioni edilizie illegittime, di cui, rispettivamente, agli artt. 26 e 27 della legge 17 agosto 1942, n. 115 (Legge urbanistica) come sostituiti dagli artt. 6 e 7 della legge 6 agosto 1967, n. 765 (Modifiche e integrazioni alla legge 17 agosto 1942, n. 115).
3. Sono trasferite alle province le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale e in particolare:
a) l’approvazione del piano territoriale di coordinamento provinciale di cui ai commi da 25 a 4, secondo le procedure ivi previste;
b) la verifica, di cui al comma 18, sulla compatibilità dei piani regolatori generali comunali e relative varianti, nonchè dei piani attuativi di interesse sovracomunale con il rispettivo piano territoriale di coordinamento provinciale;
c) l’esercizio dei poteri sostitutivi in materia urbanistico-edilizia, di cui alla vigente legislazione, ad esclusione di quanto previsto dalla lett. m) del comma 2.

4. Si considerano di interesse sovracomunale le funzioni che riguardano l’intero territorio provinciale o comunque quello di più comuni. 5. Le funzioni di cui al comma 3, lettere b) e c), sono esercitate dalle province a far tempo dall’efficacia del rispettivo piano territoriale di coordinamento provinciale, ai sensi del comma 36.
6. Nell’esercizio delle funzioni trasferite la provincia assicura il confronto con i comuni, le comunità montane e gli altri enti locali e funzionali, attraverso appositi strumenti di concertazione.
7. In ciascuna provincia è istituita una conferenza dei comuni e delle comunità montane, avente funzioni consultive e propositive nell’ambito delle materie trasferite alle province attinenti il territorio e l’urbanistica.
8. Alla conferenza partecipano i sindaci dei comuni e i presidenti delle comunità montane o loro rappresentanti; alle sedute della conferenza partecipano senza diritto di voto il presidente della provincia, il vice presidente e l’assessore competente, se delegato.
9. La conferenza elegge tra i suoi componenti un presidente ed approva un regolamento per il suo funzionamento entro novanta giorni dal suo insediamento. Il regolamento deve prevedere che la conferenza sia convocata anche su proposta della provincia.
1. Il regolamento di cui al comma 9 prevede anche la possibilità di articolare la conferenza per ambiti territoriali delimitati in relazione a specifiche tematiche.
11. La conferenza assume le proprie determinazioni sulla base di voto ponderato, in relazione all’estensione territoriale e alla consistenza demografica, da disciplinare puntualmente in sede di regolamento.
12. Al fine di procedere all’elezione del presidente e all’approvazione del regolamento per il funzionamento della conferenza, il presidente della provincia convoca e presiede la prima seduta della conferenza stessa; sino all’approvazione del regolamento le decisioni sono assunte con il voto favorevole della maggioranza degli enti locali presenti.
13. Sono trasferite ai comuni le funzioni relative all’approvazione degli strumenti urbanistici comunali generali ed attuativi e relative varianti; tali funzioni vengono esercitate secondo le procedure di cui ai commi successivi. Restano ferme le funzioni già trasferite ai comuni dalla l.r. 23 giugno 1997, n. 23 (Accelerazione del procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici comunali e disciplina del regolamento edilizio).
14. Il comune, nell’esercizio delle funzioni trasferite, deve assicurare un’adeguata informazione ai cittadini in merito alla definizione delle scelte urbanistiche e la trasparenza dell’azione amministrativa, disponendo la tempestiva pubblicazione su almeno un quotidiano o un periodico a diffusione locale di appositi avvisi riguardanti:
a) l’avvio del procedimento di formazione dello strumento urbanistico generale e delle sue varianti, stabilendo il termine entro il quale chiunque ne abbia interesse possa presentare istanze ai fini della determinazione delle scelte urbanistiche;
b) l’avvenuta adozione del piano e delle sue varianti, nonché il deposito presso la segreteria comunale, volto a consentire la loro conoscenza e la presentazione di osservazioni;
c) l’efficacia del piano e delle sue varianti ai sensi del comma 21.
15. Il comune, oltre a quanto previsto dal comma 14, può avvalersi di ulteriori mezzi di informazione anche di tipo radiotelevisivo o telematico.
16. Il comune promuove, inoltre, la partecipazione dei cittadini e il concorso delle organizzazioni sociali ed economiche alla formazione del piano regolatore generale e delle sue varianti mediante idonee forme di consultazione pubblica.
17. Al fine di assicurare la contestuale valutazione dei vari interessi pubblici tramite la raccolta di specifiche osservazioni e proposte, il comune, in sede di predisposizione del piano regolatore generale e sue varianti generali, indice la consultazione con la Regione, la provincia e le altre amministrazioni interessate.
18. Il comune, contestualmente al loro deposito, trasmette alla provincia competente per territorio il piano regolatore generale adottato, o le sue varianti, ovvero il piano attuativo di interesse sovracomunale adottato. La provincia, entro novanta giorni dal ricevimento degli atti, ne verifica, garantendo comunque il confronto con il comune interessato, la compatibilità con gli aspetti di carattere sovracomunale contenuti nel proprio piano territoriale di coordinamento; decorso tale termine il comune decide sulle osservazioni e procede all’approvazione in via definitiva.
19. Nel caso in cui la provincia ravvisi, entro i termini ed a seguito del confronto di cui al comma 18, elementi di incompatibilità con il proprio piano territoriale di coordinamento, il comune procede ai conseguenti adeguamenti in sede di decisione sulle osservazioni e di approvazione definitiva; qualora il comune non provveda ai necessari adeguamenti, interviene in via sostitutiva il presidente della Giunta regionale o l’assessore competente, se delegato, mediante la nomina di un commissario ad acta.
2. Il comune, una volta definitivamente approvato il piano regolatore generale, o sue varianti, ovvero il piano attuativo di interesse sovracomunale, provvede a depositarlo immediatamente nella segreteria comunale, dandone pubblico avviso, e a trasmetterlo, per conoscenza, alla provincia e alla Giunta regionale.
21. L’efficacia del piano regolatore generale, o sue varianti, ovvero del piano attuativo di interesse sovracomunale, decorre dalla data di pubblicazione dell’avviso di deposito sul BURL, da effettuarsi a cura del comune.
22. Dalla data di cui al comma 5 sono abrogati i commi da 2 a 5 dell’art. 27 della l.r. 15 aprile 1975, n. 51 (Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia per la tutela del patrimonio naturale e paesistico), nonché i commi 2 e 3 dell’art. 1 della l.r. 23/1997.
23. Un commissario ad acta, di cui all’albo previsto dall’art. 14 della l.r. 23/1997, interviene in via sostitutiva nei termini e con le modalità previste all’art. 8, commi 2, 3 e 4 della legge stessa, nel caso in cui, sulla base di osservazioni precedentemente presentate, sia stata eccepita la violazione delle disposizioni di cui all’art.1, comma 2, lettere a), b), c) e d) della legge 115/1942, riguardanti:
a) la compatibilità del piano regolatore generale o sue varianti con gli strumenti pianificatori e programmatori di livello sovracomunale, a tal fine valutando, eventualmente, il parere espresso dalla provincia, ai sensi del comma 18;
b) il rispetto dei vincoli e delle norme di carattere paesistico-ambientale ed idrogeologico;
c) il rispetto delle norme di tutela del patrimonio storico-artistico, acquisendo, in presenza di vincoli previsti dalla legge 1 giugno 1939, n. 189 (Tutela delle cose di interesse artistico e storico), il parere della competente Soprintendenza.
24. Alla l.r. 23/1997 sono apportate le seguenti modifiche:
a) i commi 5 e 6 dell’art. 3 sono sostituiti dai seguenti:
"5. Le varianti di cui al presente capo sono immediatamente depositate presso la segreteria comunale ed assumono efficacia dalla data di pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Lombardia (BURL) dell’avviso di deposito, da effettuasi a cura del comune.
6. Il comune, prima della pubblicazione di cui al comma 5, deve far pervenire, per conoscenza, ai competenti uffici della Giunta regionale:
a) copia autentica della deliberazione di cui al comma 4 e dei relativi elaborati tecnici;
b) dichiarazione del segretario comunale attestante:
1) l’avvenuta affissione all’albo pretorio comunale dell’avviso di deposito della variante;
2) l’avvenuta trasmissione alla provincia territorialmente competente di copia autentica della deliberazione di approvazione e degli elaborati tecnici della variante.".
b) I commi 2 e 3 dell’art. 5 sono sostituiti dai seguenti:
"2. Le rettifiche, di cui al presente capo, sono immediatamente depositate presso la segreteria comunale ed assumono efficacia dalla data di pubblicazione sul BURL dell’avviso di deposito, da effettuarsi a cura del comune.
3. Il comune, prima della pubblicazione di cui al comma 2, trasmette, per conoscenza, ai competenti uffici della Giunta regionale:
a) copia autentica della deliberazione di cui al comma 1 e dei relativi elaborati tecnici;
b) dichiarazione del segretario comunale attestante:
1) l’avvenuta affissione all’albo pretorio comunale dell’avviso di deposito della deliberazione di rettificazione;
2) l’avvenuta trasmissione alla provincia territorialmente competente di copia autentica della deliberazione di rettificazione e degli elaborati del piano regolatore generale eventualmente modificati.".
c) Al comma 2 dell’art. 6 le parole "Nei casi previsti dall’art. 2, comma 2" sono sostituite dalle seguenti: "Nei casi previsti dall’art. 2, commi 1 e 2".
d) Il comma 4 dell’art. 1 è sostituito dal seguente:
"4. Qualora il parere di cui al comma 3 sia negativo, il consiglio comunale ne prende atto; diversamente, con deliberazione di approvazione, decide sulle osservazioni ed opposizioni ed introduce le eventuali modifiche richieste. In caso di inerzia del comune nell’assunzione degli atti di sua competenza, si applicano le disposizioni di cui all’art. 8 in quanto compatibili".
e) I commi 2 e 3 dell’art. 12 sono sostituiti dai seguenti:
"2. Il regolamento edilizio è immediatamente depositato presso la segreteria comunale ed assume efficacia dalla data di pubblicazione sul BURL dell’avviso di deposito, da effettuarsi a cura del comune.
3. Il comune, prima della pubblicazione di cui al comma 2, deve far pervenire, per conoscenza, ai competenti uffici della Giunta regionale:
a) copia autentica della deliberazione di cui al comma 1 e del regolamento edilizio;
b) dichiarazione del segretario comunale attestante:
1) l’avvenuta affissione all’albo pretorio comunale dell’avviso di deposito del regolamento edilizio;
2) l’avvenuta trasmissione alla provincia territorialmente competente di copia autentica della deliberazione di approvazione e del relativo egolamento edilizio".
25. Il piano territoriale di coordinamento provinciale, in attuazione degli artt. 14 e 15 della legge 142/199, nonché ai sensi dell’art. 57 del d.lgs. 112/1998, provvede, in base alle proposte dei comuni e degli altri enti locali, nonché in coerenza con le linee generali di assetto del territorio regionale di cui al comma 2, lett. c), e con gli strumenti di pianificazione e programmazione regionali, a coordinare l’individuazione degli obiettivi generali relativi all’assetto e alla tutela territoriale, definendo, inoltre, le conseguenti politiche, misure e interventi da attuare di competenza provinciale; il piano territoriale di coordinamento ha efficacia di piano paesistico – ambientale, ai sensi dell’art. 1 bis del d.l. 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale) convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 27 giugno 1985, n. 312, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), fatto salvo quanto disposto dall’art. 5 della l.r. 27 maggio 1985, n. 57 (Esercizio delle funzioni regionali in materia di protezione delle bellezze naturali e subdelega ai comuni) relativamente ai piani di coordinamento dei parchi.
26. Il piano territoriale di coordinamento provinciale è atto di programmazione generale che definisce gli indirizzi strategici di assetto del territorio a livello sovracomunale con riferimento al quadro delle infrastrutture, agli aspetti di salvaguardia paesistico-ambientale, all’assetto idrico, idrogeologico ed idraulico-forestale, previa intesa con le autorità competenti in tali materie, nei casi di cui all’art. 57 del d.lgs. 112/1998 ed in particolare contiene:
a) l’indicazione delle vocazioni generali del territorio con riguardo agli ambiti di area vasta;
b) il programma generale delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione e la relativa localizzazione di massima sul territorio;
c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed iodraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque.
27. Il piano territoriale di coordinamento provinciale può avere, previa intesa tra la provincia e i comuni interessati, contenuti ulteriori rispetto a quelli di cui al comma 26 e, in particolare, può individuare aree da destinare al soddisfacimento di specifici fabbisogni non risolvibili su scala comunale.
28. Il piano territoriale di coordinamento provinciale, per quanto attiene ai contenuti e all’efficacia di piano paesistico-ambientale, oltre a quanto previsto dall’art. 13 della l.r. 18/1997, provvede a:
a) individuare le zone di particolare interesse paesistico-ambientale, di cui alla lett. b) dell’art.13 della l.r. 18/1997, sulla base delle proposte dei comuni ovvero, in mancanza di tali proposte, degli indirizzi regionali, di cui all’art. 14 della medesima l.r. 18/1997, i quali definiscono i criteri per l’individuazione delle zone stesse, cui devono attenersi anche i comuni nella formulazione delle relative proposte;
b) indicare gli ambiti territoriali in cui risulti opportuna l’istituzione di parchi locali di interesse sovracomunale, in conformità ai commi 57 e 58.
29. Nelle aree comprese nel territorio di parchi e di aree regionali protette, il piano territoriale di coordinamento provinciale:
a) recepisce i contenuti naturalistico-ambientali dei piani dei parchi e degli strumenti di programmazione e gestione approvati; nel caso di piani di parco adottati, il piano territoriale di coordinamento provinciale si attiene alle misure di salvaguardia dei piani stessi, di cui all’art. 18, comma 6, della l.r. 3 novembre 1983, n. 86 (Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali, nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale);
b) coordina con gli enti gestori la definizione delle indicazioni territoriali, di cui ai commi 26 e 27, qualora incidenti su aree comprese nel territorio di parchi ed aree regionali protette.
3. Nella fase di predisposizione del piano territoriale di coordinamento provinciale, la provincia assicura la partecipazione attiva dei comuni, delle comunità montane, degli altri enti locali e delle autonomie funzionali e persegue la coerenza degli obiettivi di piano con le esigenze e le proposte manifestate da tali enti acquisite in via preventiva; nella medesima fase, la provincia può chiedere alla Regione apposita consultazione diretta ad ottenere orientamenti ed informazioni sulle linee generali di assetto del territorio regionale di cui al comma 2, lett. c), nonché sugli strumenti di pianificazione e programmazione regionali necessari per la redazione del piano.
31. Il piano territoriale di coordinamento provinciale è adottato dalla provincia previo parere obbligatorio della conferenza prevista dal comma 7, dal quale la provincia può discostarsi in base a puntuale motivazione; il parere deve essere espresso entro novanta giorni dalla richiesta, decorsi i quali si intende favorevole.
32. Il piano è depositato per trenta giorni consecutivi presso la segreteria della provincia; contestualmente all’inizio del deposito, il provvedimento di adozione, con l’indicazione della sede presso la quale chiunque può prendere visione dei relativi elaborati, è pubblicato per trenta giorni consecutivi nell’albo dei comuni e degli altri enti locali interessati, nonché, a cura della provincia, sul BURL.
33. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione sul BURL, chiunque vi abbia interesse può presentare alla provincia le proprie osservazioni al piano.
34. La provincia, contestualmente al deposito del piano territoriale di coordinamento o sue varianti, lo trasmette alla Giunta regionale che, entro centottanta giorni dal ricevimento degli atti, ne verifica, garantendo comunque il confronto con la provincia interessata, la conformità alle disposizioni della presente legge, la coerenza con le linee generali di assetto del territorio regionale di cui al comma 2, lett. c), nonché con gli strumenti di pianificazione e programmazione regionali. Decorso tale termine la provincia, sentita la conferenza di cui al comma 7 che si esprime entro sessanta giorni dalla richiesta, all’infruttuosa scadenza dei quali il parere si intende favorevole, decide sulle osservazioni presentate e procede all’approvazione definitiva.
35. Nel caso in cui la Regione ravvisi, entro i termini ed a seguito del confronto previsti al comma 34, elementi di incoerenza con le linee generali di assetto del territorio regionale di cui al comma 2, lett. c), nonché con gli strumenti di pianificazione e programmazione regionali, la provincia provvede ai conseguenti adeguamenti in sede di decisione sulle osservazioni e di approvazione definitiva.
36. Il piano territoriale di coordinamento provinciale acquista efficacia dalla data della sua pubblicazione sul BURL, da effettuarsi a cura della provincia.
37. Dalla data di pubblicazione sul BURL della deliberazione di adozione del piano territoriale di coordinamento provinciale sino all’approvazione del piano stesso e, comunque, per non oltre due anni dalla medesima data di pubblicazione, è vietata la realizzazione di interventi in contrasto con specifiche previsioni del piano adottato inerenti gli aspetti di carattere sovracomunale di cui al comma 26, lettere b) e c) e al comma 27 salva espressa deroga da parte della provincia.
38. Qualora sia necessario, al fine di conseguire gli obiettivi del piano territoriale di coordinamento provinciale previsti dal comma 26, i comuni interessati adeguano il proprio strumento urbanistico generale entro due anni dalla data di approvazione del piano territoriale di coordinamento provinciale secondo le procedure semplificate di cui all’art. 3 della l.r. 23 /1997 come modificato dal omma 24, lettera a).
39. La Regione provvede entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge a elaborare e approvare con provvedimento della Giunta regionale il documento contenente la definizione delle linee generali di assetto del territorio regionale per la predisposizione dei piani territoriali di coordinamento provinciali di cui al comma 2 lett. c) del presente articolo. Qualora la Giunta regionale non provveda nei termini previsti, le province hanno facoltà di presentare i piani territoriali di coordinamento provinciali ai sensi del comma 34.
4. Le province che alla data di entrata in vigore della presente legge hanno già predisposto il proprio piano territoriale di coordinamento, avendo preventivamente acquisito le proposte dei soggetti di cui al comma 3, possono adottare, in conformità ai commi 26 e 27, pubblicare e trasmettere alla Giunta regionale il piano stesso con le procedure di cui ai commi 31, 32, 33 e 34.
41. Sono mantenute in capo alla Regione le seguenti funzioni:
a) la determinazione delle procedure di rilevazione del fabbisogno abitativo, tenendo conto della consistenza del patrimonio edilizio esistente e delle sue possibilità di integrazione attraverso l’azione coordinata e sinergica dei diversi soggetti sociali ed economici presenti sul territorio regionale;
b) la determinazione delle linee di intervento e degli obiettivi di settore attraverso il programma regionale per l’edilizia residenziale di cui al comma 52;
c) la predisposizione dei programmi annuali di attuazione del programma regionale per l’edilizia residenziale di cui al comma 52, lettera a);
d) la verifica dell’efficacia dei programmi attuati e dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse finanziarie;
e) la determinazione dei limiti di costo da rispettare nella realizzazione degli interventi;
f) l’approvazione dei progetti ai sensi della legislazione vigente e la verifica di congruità dei costi;
g) la determinazione dei tassi di interesse per i finanziamenti in conto interessi e delle quote di contributo in conto capitale;
h) la determinazione dei limiti di reddito per l’accesso ai finanziamenti di edilizia residenziale pubblica;
i) la determinazione dei requisiti soggettivi dei beneficiari finali;
j) la determinazione dei requisiti oggettivi degli interventi;
k) la promozione e il coordinamento della formazione e gestione dell’anagrafe dei soggetti fruenti di contributi pubblici e dell’inventario del patrimonio di edilizia residenziale pubblica;
l) la promozione di iniziative di ricerca;
m) la determinazione dei criteri generali per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica;
n) la determinazione dei criteri generali per la fissazione dei canoni per l’edilizia residenziale pubblica;
o) l’individuazione delle modalità di gestione del sostegno finanziario al reddito per favorire l’accesso al mercato della locazione dei nuclei familiari meno abbienti;
p) l’esercizio dell’attività di vigilanza e controllo sulle aziende regionali per l’edilizia residenziale (ALER);
q) il concorso con la competente amministrazione dello Stato e con gli enti locali interessati nell’elaborazione di programmi di edilizia residenziale pubblica aventi interesse nazionale;
r) la determinazione dei criteri per l’esercizio della vigilanza sulle cooperative edilizie comunque fruenti di contributi pubblici.
42. La Regione, tramite le ALER di cui alla l.r. 1 giugno 1996, n. 13 (Norme per il riordino degli enti di edilizia residenziale pubblica ed istituzione delle ALER) assicura altresì:
a) la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica conferito alle ALER per effetto della legge istitutiva;
b) l’implementazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, mediante l’attuazione dei programmi annuali di cui al comma 52, con autonome iniziative finanziarie da attivare in relazione al patrimonio conferito e con contratti da stipularsi col settore privato;
c) la manutenzione e riqualificazione del patrimonio edilizio esistente mediante progetti e programmi finanziati da specifiche componenti del canone di locazione;
d) la possibilità di gestione unificata del patrimonio di edilizia residenziale pubblica presente sul territorio, previo accordo con i comuni proprietari di alloggi.
43. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, presenta al Consiglio regionale per l’approvazione una proposta di programma regionale per l’edilizia residenziale, con i contenuti di cui al comma 52, lett. a). Nella proposta della Giunta regionale sono indicate anche le modalità di raccordo con gli interventi già programmati ai sensi della legislazione vigente. Entro lo stesso termine la Giunta regionale propone al Consiglio regionale i necessari adeguamenti della l.r. 13/1996 per l’attuazione di quanto previsto al comma 42.
44. La Giunta regionale, nella predisposizione della proposta di programma regionale per l’edilizia residenziale e dei programmi annuali di attuazione, si avvale, in qualità di organismi consultivi, della consulta regionale per la casa e delle consulte territoriali per la casa, istituite ai sensi dell’art. 3 della l.r. 13/1996.
45. Le province predispongono e gestiscono, d’intesa con la Regione, sulla base dei criteri dalla stessa definiti e dei dati forniti dai comuni, un sottosistema informativo a livello provinciale, articolato su base comunale, finalizzato all’individuazione del fabbisogno abitativo, nonché alla programmazione e al coordinamento regionale degli interventi di manutenzione, recupero e nuova costruzione di alloggi di edilizia residenziale pubblica.
46. Alla copertura dei costi di formazione e gestione del sistema informativo di cui al comma 45 la Regione concorre mediante erogazione di quota parte dei fondi accantonati a tale scopo, in percentuale dei fondi disponibili per interventi di edilizia residenziale pubblica da definirsi nell’ambito del programma regionale per l’edilizia residenziale, in analogia a quanto previsto dall’art. 2, comma 1, lett. f), della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l’edilizia residenziale).
47. I comuni concorrono alla predisposizione e gestione del sistema informativo a livello provinciale di cui al comma 45, rilevando per il proprio ambito territoriale il fabbisogno di edilizia residenziale pubblica, secondo le modalità e le procedure stabilite dalla Regione, d’intesa con le province.
48. I comuni individuano il livello di servizio ottimale per il rispettivo territorio e concorrono, insieme alle ALER territorialmente competenti, alla individuazione delle tipologie di intervento atte a soddisfare i bisogni rilevati, alla localizzazione degli interventi da proporre nei programmi attuativi dei programmi regionali di edilizia esidenziale pubblica ed alla selezione degli operatori privati per la realizzazione degli interventi.
49. Ai comuni sono delegate le funzioni relative a:
a) accertamento dei requisiti soggettivi per l’accesso ai finanziamenti di edilizia residenziale pubblica;
b) accertamento dei requisiti oggettivi degli interventi, ad esclusione di quello relativo agli interventi attuati dalle ALER che è effettuato dal comitato tecnico istituito presso ciascuna ALER ai sensi dell’art. 13 della l.r. 13/1996;
c) autorizzazione alla cessione in proprietà del patrimonio edilizio realizzato dalle cooperative a proprietà indivisa;
d) autorizzazione alla cessione o locazione, anticipata rispetto ai termini previsti dalle norme vigenti in materia, degli alloggi di edilizia agevolata.
5. I comuni esercitano le competenze di cui ai commi 47, 48 e 49 nel rispetto dei criteri e delle modalità stabiliti dalla Regione.
51. Nell’ambito della gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica sono trasferite ai comuni tutte le funzioni amministrative concernenti l’assegnazione degli alloggi, con particolare riferimento a:
a) formazione e gestione dei bandi di assegnazione;
b) formazione e approvazione delle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi;
c) promozione della mobilità degli assegnatari;
d) gestione delle riserve di alloggi, della decadenza, della revoca e della comminatoria di sanzioni amministrative in tema di occupazione e detenzione senza titolo.
52. Gli strumenti di pianificazione e programmazione dell’edilizia residenziale pubblica sono:
a) il programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica a cadenza triennale, approvato dal Consiglio regionale, che costituisce il documento di riferimento per il coordinamento degli interventi e della spesa e determina:
1) le linee di intervento nel settore dell’edilizia residenziale pubblica, secondo gli obiettivi della programmazione socio-economica regionale, tenuto conto della programmazione territoriale della provincia, con particolare riferimento al soddisfacimento dei fabbisogni abitativi rilevati per singoli ambiti territoriali e per tipologie di intervento, da assolvere mediante interventi di edilizia residenziale pubblica;
2) l’impegno finanziario per il raggiungimento degli obiettivi di soddisfacimento dei fabbisogni abitativi di cui al n. 1);
3) le modalità di incentivazione;
4) la definizione dei settori di intervento;
5) i criteri generali per la ripartizione delle risorse finanziarie tra i vari settori di intervento;
6) i criteri generali per la scelta delle categorie di operatori;
7) le determinazioni in ordine alle modalità di erogazione dei flussi finanziari;
b) il programma annuale di attuazione, approvato dalla Giunta regionale, che individua gli interventi ammessi a finanziamento, nonché i criteri per la localizzazione puntuale degli stessi e per la scelta dei soggetti attuatori e determina altresì l’entità delle risorse finanziarie disponibili.
53. Nell’ambito della programmazione regionale di cui al Programma regionale di sviluppo, la Giunta regionale elabora linee programmatiche regionali sulla base del documento pluriennale "Stato dell’Ambiente" e delle sue scansioni annuali, definendo:
a) la determinazione delle priorità dell’azione ambientale;
b) il coordinamento degli interventi ambientali;
c) la ripartizione delle risorse finanziarie assegnate tra i vari interventi.
54. Qualora l’attuazione dei programmi regionali di tutela ambientale richieda l’iniziativa integrata e coordinata con l’amministrazione dello Stato o con altri soggetti pubblici o privati, si procede con intesa, accordo di programma o convenzione.
55. L’elaborazione del documento pluriennale e delle sue scansioni annuali di cui al comma 53 spetta alla struttura regionale competente in materia di tutela ambientale.
56. Le funzioni amministrative relative alle industrie soggette agli obblighi di comunicazione ai sensi dell’art. 6 del d.p.r. 17 maggio 1988, n. 175 (Attuazione della direttiva CEE n. 82/51 relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali, ai sensi della legge 16 aprile 1987, n. 183), sono delegate alle province a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge regionale di adeguamento alle nuove disposizioni di cui alla legge 19 maggio 1997, n. 137 (Sanatoria dei decreti legge recanti modifiche al d.p.r. 17 maggio 1988, n. 175, relativo ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali).
57. Ferme restando in capo allo Stato le funzioni in materia di parchi naturali e riserve statali, marine e terrestri, come previsto dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), sono di competenza regionale tutte le altre funzioni amministrative in materia di aree naturali protette, salvo quanto previsto dal comma 58.
58. Sono delegate alle province:
a) le competenze in materia di parchi locali di interesse sovracomunale di cui all’art. 34 della l.r. 86/1983, consistenti in:
1) riconoscimento dei parchi, su iniziativa e proposta dei comuni interessati;
2) determinazione delle modalità di pianificazione e di gestione dei parchi stessi in base agli indirizzi stabiliti dalla Giunta regionale entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge;
3) erogazione dei contributi ordinari e straordinari agli enti gestori dei parchi;
b) l’organizzazione della "Giornata del verde pulito", di cui alla l.r. 2 luglio 1991, n. 14 (Istituzione della giornata del verde pulito).
59. In attesa di specifica normativa regionale di riassetto delle attribuzioni delle funzioni amministrative e di esercizio delle stesse in materia di inquinamento e tutela delle acque, in armonia con i principi ed in attuazione delle previsioni di cui al d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole) sono delegate alle province:
a) le funzioni di vigilanza e controllo;
b) le funzioni di accertamento degli illeciti amministrativi di cui all’art. 54 del d.lgs. 152/99, nonché di irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, fatte salve le funzioni di irrogazione che l’art. 56 dello stesso decreto pone in capo ai comuni.
6. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative di cui al comma 59 sono incamerate dagli enti che adottano il provvedimento sanzionatorio. Le suddette somme devono essere destinate, in armonia con la previsione dell’art. 57 del d.lgs. 152/99, ad opere di risanamento e di riduzione dell’inquinamento dei corpi idrici, ripartendo tali somme tra interventi di prevenzione e di risanamento.
61. Oltre alle funzioni stabilite dall’art. 4 della legge 26 ottobre 1995, n. 447 (Legge quadro sull’inquinamento acustico), la Regione esercita le seguenti funzioni amministrative:
a) emanazione delle norme atte a regolare l’attività urbanistica ed edilizia nelle zone di rispetto A, B, C dell’intorno aeroportuale così come definite dal decreto del Ministro dell’ambiente 31 ottobre 1997 (Metodologia di misura del rumore aeroportuale);
b) definizione delle procedure per l’acquisizione dei piani di risanamento comunali, ai fini della predisposizione, sentite le province, del piano regionale triennale d’intervento per la bonifica dall’inquinamento acustico;
c) definizione dei criteri e delle procedure per la redazione, da parte delle imprese, dei piani di risanamento acustico;
d) emanazione di linee-guida e direttive tecniche per l’applicazione della normativa regionale in materia di inquinamento acustico;
e) emanazione di direttive per le attività di monitoraggio e la formazione di banche dati sul territorio regionale;
f) promozione e finanziamento di iniziative e campagne di informazione e sensibilizzazione finalizzate alla prevenzione ed al contenimento dell’inquinamento acustico, in particolare per dare ampia informazione sui dati ambientali, per l’educazione nelle scuole, per far conoscere gli effetti dell’inquinamento acustico sulle persone e sugli ecosistemi;
g) finanziamento di attività di ricerca, di studi e di interventi a carattere sperimentale e per l’innovazione tecnologica, sui sistemi per la riduzione dell’inquinamento acustico;
h) organizzazione e finanziamento di corsi di formazione professionale, corsi di specializzazione, corsi di aggiornamento per lo sviluppo della professionalità nel campo dell’acustica ambientale e della prevenzione dell’inquinamento acustico.
62. La provincia esercita le seguenti funzioni amministrative:
a) controllo e vigilanza in ambiti territoriali ricadenti nel territorio di più comuni, con particolare riguardo alle emissioni ed immissioni sonore prodotte dalle infrastrutture ferroviarie e dalle infrastrutture stradali non comunali;
b) approvazione dei piani di risanamento comunali e verifica della loro attuazione;
c) approvazione del piano di risanamento relativo ad infrastrutture aeroportuali non utilizzate per lo svolgimento di servizi pubblici essenziali.
63. Oltre alle competenze stabilite dagli artt. 6 e 14, comma 2, della legge 447/1995, spetta al comune l’approvazione dei piani di contenimento ed abbattimento del rumore presentati ai sensi dell’art. 1, comma 5, della stessa legge.
64. La programmazione regionale, in assenso alle indicazioni comunitarie ed al loro recepimento nella normativa nazionale, attiva gli strumenti organizzativi e le attività di competenza.
65. Sono di rilevanza regionale le funzioni relative a:
a) individuazione di aree regionali o, d’intesa con le altre regioni interessate, interregionali, nelle quali le emissioni o la qualità dell’aria sono soggette a limiti o valori più restrittivi in relazione all’attuazione dei piani regionali di risanamento;
b) adozione dei piani di rilevamento, prevenzione, conservazione e risanamento atmosferico del territorio regionale, nel rispetto dei valori limite di qualità dell’aria, conformemente all’art. 4, comma 1, lett. a), del d.p.r. 24 maggio 1988, n. 23 (Attuazione direttiva CEE in materia di qualità dell’aria relativamente a specifici agenti inquinanti e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell’art. 15 della legge 16 aprile 1987 n. 183);
c) fissazione degli obiettivi di qualità dell’aria, previsti dall’art. 4, comma 1, lettere b), c), d), e), del d.p.r. 23/1988;
d) indirizzo e coordinamento dei sistemi di controllo e di rilevazione degli inquinanti atmosferici e organizzazione dell’inventario regionale delle emissioni, ai sensi dell’art. 4, comma 1, lettera f), del d.p.r. 23/1988;
e) adozione dei provvedimenti di autorizzazione degli impianti, nuovi ed esistenti, compresi nell’allegato 1 al d.p.c.m. 21 luglio 1989 (Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni ai sensi dell’art. 9 della legge 8 luglio 1986, n. 349, per l’attuazione e l’interpretazione del d.p.r. 24 maggio 1988 n. 23 recante norme in materia di qualità dell’aria relativamente a specifici agenti inquinanti e di inquinamento prodotto da impianti industriali), nonchè di quelli che, pur rientrando nelle categorie di cui alla lettera f), utilizzano tecnologie non previste nei relativi criteri tecnici;
f) formulazione dei criteri tecnici relativi a specifiche categorie di impianti, in relazione al tipo ed alle modalità di produzione o per tipologie di inquinanti ed il loro aggiornamento, anche in base alle indicazioni degli organi di controllo tecnico;
g) coordinamento delle attività degli organi di controllo tecnico in materia di inquinamento atmosferico.
66. I criteri tecnici di cui al comma 65, lettera f), sono definiti tenendo conto dei seguenti elementi:
a) modalità di adeguamento tecnologico ai limiti di emissione in riferimento a materie prime ed intermedie, tecnologie produttive e sistemi di abbattimento;
b) modalità di esecuzione dei controlli analitici sulle materie prime e sulle emissioni inquinanti;
c) frequenza delle operazioni di manutenzione totale e parziale degli eventuali sistemi di abbattimento installati;
d) eventuale regolamentazione dei periodi transitori di marcia degli impianti produttivi e di avaria dei sistemi di abbattimento;
e) carattere sostanziale delle modifiche di cui all’art. 15, comma 1, lett. a), del d.p.r. 23/1988;
f) frequenza delle verifiche di rispetto dei limiti e delle prescrizioni fissate a carico del soggetto autorizzato;
g) modalità e tempi per l’esercizio delle funzioni di vigilanza.
67. Sono trasferite alle province le funzioni relative a:
a) rilascio dell’abilitazione alla conduzione di impianti termici compresa l’istituzione dei relativi corsi di formazione;
b) tenuta ed aggiornamento degli inventari delle fonti di emissione.
68. Sono delegate alle province:
a) le funzioni amministrative concernenti, ai sensi degli artt. 6, 7 e 15 del d.p.r. 23/1988, l’istruttoria e l’adozione dei provvedimenti di autorizzazione degli impianti connessi ad attività a ridotto inquinamento atmosferico, nonché degli impianti, non previsti nell’allegato 1 al d.p.c.m. 21 luglio 1989, per i quali la Regione abbia approvato i criteri tecnici di carattere generale;
b) le funzioni amministrative di competenza regionale, previste dagli artt. 8, 1, 14, 24 e 25 del d.p.r. 23/1988, concernenti gli impianti di cui alla lettera a).
69. Sono delegate ai comuni le funzioni amministrative riguardanti le attività ad inquinamento atmosferico poco significativo di cui all’elenco dell’allegato 1 del d.p.r. 25 luglio 1991 (Modifiche dell’atto di indirizzo e coordinamento in materia di emissioni poco significative e di attività a ridotto inquinamento atmosferico, emanato con d.p.c.m. in data 21 luglio 1989), secondo i criteri dettati dalla Giunta regionale.
7. La disciplina delle attività di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali assimilati agli urbani spetta alla Regione, che vi provvede anche mediante la predisposizione, secondo le modalità stabilite dall’art. 22 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), di un piano di gestione, articolato in piani d’ambito territoriale ottimale. Ciascun piano di ambito deve assicurare una gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali assimilati agli urbani conforme ai principi di efficienza, economicità, autosufficienza e prossimità dello smaltimento ai luoghi di produzione.
71. Competono alla Regione:
a) la delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, che di norma coincidono con i territori delle province;
b) l’emanazione degli indirizzi e delle linee guida per la predisposizione dei piani di ambito;
c) l’approvazione dei piani di ambito;
d) la regolamentazione delle attività di smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati in impianti localizzati al di fuori degli ambiti di provenienza;
e) la vigilanza sull’esercizio, da parte delle province, delle funzioni amministrative delegate;
f) la definizione dei criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti;
g) l’approvazione dei progetti e l’autorizzazione alla realizzazione, nonché all’esercizio di particolari tipologie di impianti di smaltimento;
h) l’adozione delle ordinanze contingibili e urgenti di cui all’art.13 del d.lgs. 22/1997;
i) l’esercizio dei poteri sostitutivi in caso di inadempienza da parte delle province;
j) l’elaborazione statistica e la diffusione dei dati inerenti alla produzione e alla gestione dei rifiuti urbani e assimilati sulla base di rilevamenti effettuati negli ambiti;
k) il coordinamento e la promozione di interventi di sostegno e di incentivazione finalizzati a ridurre il quantitativo dei rifiuti urbani e assimilati, incrementando il mercato del riutilizzo dei materiali, anche mediante la sottoscrizione di accordi di programma con gli operatori del settore;
l) l’incentivazione dei processi di smaltimento e recupero tecnologicamente avanzati mediante lo sviluppo di tecnologie innovative;
m) l’individuazione delle potenzialità ricettive degli impianti di combustione del sistema industriale lombardo di combustibile derivato da rifiuti (CDR), ricavato secondo le metodologie e con le caratteristiche qualitative di cui al decreto del ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998 (Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli artt. 31 e 33 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22);
n) la promozione di attività educative, interventi di formazione, attività di divulgazione, sensibilizzazione e di formazione professionale rivolte agli ambienti di lavoro, alle realtà associative e di base, alle scuole, alle famiglie, anche avvalendosi della collaborazione di centri regionali per l’educazione ambientale, di enti locali, di associazioni e delle fondazioni ambientaliste, del volontariato e dei consumatori, delle istituzioni scolastiche, delle associazioni di categoria e delle associazioni imprenditoriali e sindacali del settore, tenuto conto del quadro di riferimento complessivo dell’organizzazione della gestione dei rifiuti urbani e assimilati;
o) la divulgazione dei dati sia con sistemi informativi sia con la pubblicazione di elenchi, prospetti, sintesi e relazioni, in conformità ai principi di cui al d.lgs. 24 febbraio 1997, n. 39 (Attuazione della direttiva 9/313/CEE concernente la libertà di accesso in materia di ambiente).
72. Spettano alle province:
a) la redazione e l’adozione dei piani di ambito, secondo criteri e procedure stabilite in specifico atto normativo regionale;
b) l’individuazione, sentiti i comuni, delle zone non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani ed assimilati, sulla base dei criteri stabiliti dalla Regione, e l’individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero degli stessi;
c) la definizione delle tariffe di esercizio degli impianti di smaltimento e dei corrispettivi a carico dei gestori degli impianti da versare a favore degli enti locali interessati;
d) l’esercizio delle funzioni di vigilanza e di controllo;
e) il rilevamento statistico dei dati inerenti alla produzione e alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati secondo le modalità stabilite dalla Regione.
73. Sono delegate alle province l’approvazione dei progetti e l’autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio degli impianti di smaltimento e di recupero di rifiuti urbani ed assimilati inseriti nei piani d’ambito, nonché degli impianti residuali rispetto a quelli la cui istruttoria sia in capo alla Regione.
74. In materia di rifiuti speciali e pericolosi, definiti nei commi 3 e 4 dell’art. 7 del d.lgs. 22/1997, come modificato dal d.lgs. 8 novembre 1997, n. 389 (Modifiche ed integrazioni al d.lgs 5 febbraio 1997, n. 22 in materia di rifiuti, di rifiuti pericolosi, di imballaggi e di imballaggi pericolosi), sono delegate alle province l’approvazione del progetto e l’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto e all’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero relative a:
a) deposito nel suolo di rifiuti inerti, come individuati dall’art. 2, lett. d), del regolamento regionale 9 gennaio 1982, n. 2 (Normativa per la realizzazione e la gestione di discariche controllate per lo smaltimento dei rifiuti solidi inerti e dei rifiuti solidi urbani) e successive integrazioni;
b) deposito temporaneo di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti, per il quale non sussistono le condizioni previste dall’art. 6, lett. m), del d.lgs. 22/1997, come modificato dal d.lgs. 389/1997.
75. Sono d’interesse regionale i lavori pubblici eseguiti nel territorio della Regione, fatti salvi quelli dichiarati d’interesse nazionale da norme statali.
76. Sono lavori pubblici sussidiati i lavori eseguiti da enti pubblici, nonché quelli eseguiti da soggetti privati, fatta eccezione per i lavori di edilizia residenziale pubblica, che beneficiano di finanziamento regionale, sotto qualsiasi forma o denominazione, pari o superiore al 5 per cento dell’importo progettuale.
77. I lavori sussidiati eseguiti da soggetti privati, se d’importo superiore a 1 mila ECU, devono essere realizzati sulla base di un progetto redatto e attuato secondo la normativa vigente in materia di opere pubbliche. Per tali progetti la Regione procede all’approvazione degli elaborati previo parere degli organi consultivi regionali.
78. La Regione esercita le funzioni relative a:
a) realizzazione e gestione degli interventi inseriti nei programmi operativi multiregionali dei quadri comunitari di sostegno con cofinanziamento dell’Unione europea e dello Stato italiano;
b) valutazione tecnico-amministrativa e attività consultiva sui progetti di lavori pubblici ai sensi dei commi 93, 94, 95 e 96;
c) predisposizione, d’intesa con i soggetti interessati pubblici e privati, dei piani di finanziamento al fine di promuovere la realizzazione e la manutenzione di edifici di culto;
d) interventi di ripristino, anche di edifici privati, a seguito di eventi bellici o di calamità naturali, con eventuale avvalimento degli uffici tecnici delle province;
e) progettazione, affidamento ed esecuzione di lavori pubblici di competenza regionale nonché di lavori pubblici di competenza degli enti locali, su richiesta dei medesimi.
79. Per i lavori di propria competenza la Regione esercita altresì le funzioni concernenti la dichiarazione d’urgenza e indifferibilità dei lavori, nonché l’espropriazione per pubblica utilità e l’occupazione temporanea delle aree, con le relative attività previste dagli articoli 7 e 8 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 (Espropriazioni per causa di utilità pubblica).
8. Ai fini della realizzazione di opere di competenza regionale, l’assessore competente in materia di lavori pubblici può convocare una conferenza di servizi cui partecipano i rappresentanti delle strutture regionali competenti, nonché quelli degli enti interessati; sulla base delle risultanze di tale conferenza l’approvazione del progetto sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, fatte salve le procedure relative alla valutazione di impatto ambientale (VIA).
81. L’approvazione di cui al comma 8 costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori; nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate sotto il profilo paesistico, ambientale o storico artistico è preventivamente acquisita l’apposita autorizzazione.
82. Sono delegate alle province le funzioni amministrative previste dalla l.r. 16 agosto 1982, n. 52 (Norme in materia di opere concernenti linee ed impianti elettrici fino a 15. volt), relative all’istruttoria ed al rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione di linee e impianti elettrici fino a 15 Kv.
83. Sono delegate ai comuni le funzioni relative a:
a) ricevimento delle denunce di opere in cemento armato normale e precompresso e di strutture metalliche di cui alla legge 5 novembre 1971, n. 186 (Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica);
b) approvazione dei progetti relativi all’edilizia di culto.
84. La nomina degli esperti di cui all’art. 1, comma 1, lettere e) ed f), della l.r. 28 gennaio 198, n. 11 (Norme sul funzionamento delle commissioni per la determinazione dei valori agricoli medi e dell’indennità di espropriazione o di occupazione) spetta alla provincia.
85. E’ istituito presso la direzione generale regionale preposta ai lavori pubblici il consiglio regionale dei lavori pubblici.
86. Il consiglio regionale dei lavori pubblici è composto dall’assessore regionale competente in materia di lavori pubblici che lo presiede, dal direttore generale competente in materia di lavori pubblici che nomina il segretario tra i funzionari della propria direzione, nonchè da:
a) un numero di esperti non superiore a nove per le seguenti materie:
idraulica, impianti tecnologici, viabilità, ingegneria sanitaria, ingegneria edile, chimica e biologica, geologia, strutture, architettura e beni culturali e architettonici;
b) due esperti in legislazione sui lavori pubblici;
c) un esperto da scegliersi tra tre nominativi indicati dall’associazione regionale di categoria degli ingegneri;
d) un esperto da scegliersi tra tre nominativi indicati dall’associazione regionale di categoria degli architetti;
e) un esperto da scegliersi tra tre nominativi indicati dall’associazione regionale di categoria dei geometri;
f) un esperto designato dall’ANCI Lombardia;
g) un esperto designato dall’UPL;
h) i dirigenti responsabili dei servizi della direzione competente in materia di lavori pubblici;
i) un dirigente responsabile di servizio competente nelle sottospecificate materie, designato dagli assessori competenti:
territorio e urbanistica, trasporti, ambiente, sanità, istruzione, lavoro, assistenza, bilancio, agricoltura.
87. Gli esperti di cui alle lettere a) e b) del comma 86 sono scelti dalla Giunta regionale mediante avviso da pubblicare sul BURL.
88. Per gli interventi da realizzare nella provincia di competenza partecipano alle sedute del consiglio regionale dei lavori pubblici, di volta in volta e con diritto di voto, i dirigenti degli uffici regionali periferici competenti in materia di lavori pubblici. Sono invitati a far parte del consiglio regionale dei lavori pubblici, quali componenti aggiunti, per le sole materie di competenza e senza diritto di voto:
a) il sopraintendente regionale scolastico o suo delegato;
b) i sopraintendenti per i beni ambientali e architettonici in Lombardia o loro delegati;
c) il sopraintendente archeologico per la Lombardia o suo delegato.
89. Il consiglio regionale dei lavori pubblici è nominato dalla Giunta regionale su proposta dell’assessore competente in materia di lavori pubblici. Le attività di supporto sono assicurate dalla direzione generale preposta ai lavori pubblici.
9. Il consiglio regionale dei lavori pubblici dura in carica quanto la legislatura regionale nel corso della quale è costituito.
91. Sono applicabili ai componenti esterni le cause di esclusione ed incompatibilità di cui alla l.r. 6 aprile 1995, n. 14 (Norme per le nomine e designazioni di competenza della Regione) e successive modificazioni.
92. Con deliberazione della Giunta regionale, da emanarsi entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sono determinate le modalità operative di organizzazione e funzionamento del consiglio regionale dei lavori pubblici.
93. Compete al consiglio regionale dei lavori pubblici esprimere pareri obbligatori in merito a:
a) strumenti programmatori predisposti dalle direzioni generali riferiti a lavori pubblici di competenza regionale;
b) progetti di lavori pubblici sussidiati di cui al comma 76, di qualsiasi natura e di importo pari o superiore a 2,5 milioni di ECU, e relative varianti comportanti una maggiore spesa superiore al 5 per cento dell’importo contrattuale;
c) progetti di competenza regionale d’importo pari o superiore a 2,5 milioni di ECU, e relative varianti comportanti una maggiore spesa superiore al 5 per cento dell’importo contrattuale;
d) vertenze relative ai lavori pubblici sussidiati sorte con le imprese in corso d’opera o in sede di collaudo per maggiori compensi o per l’esonero da penalità contrattuali, nonché sulle proposte di risoluzione o rescissione di contratti;
e) ogni altro oggetto previsto da disposizioni di legge o regolamentari.
94. Il parere di cui al comma 93, lettera c) è vincolante.
95. Il consiglio regionale dei lavori pubblici esprime inoltre pareri facoltativi, nei casi previsti da disposizioni di legge o regolamentari, ovvero su richiesta degli uffici regionali interessati;
svolge altresì funzioni di assistenza e consulenza nei confronti delle direzioni generali regionali preposte alla realizzazione di lavori pubblici, al fine di assicurare uniformità di procedure ed interventi, anche mediante fissazione di appositi standard operativi.
96. Sono assoggettati al parere delle strutture tecniche regionali periferiche competenti in materia di lavori pubblici:
a) i progetti di lavori sussidiati d’importo inferiore a 2,5 milioni di ECU, fermi restando i limiti stabiliti dal comma 77 per i lavori sussidiati eseguiti da soggetti privati, e relative varianti se comportanti una maggiore spesa superiore al 5 per cento dell’importo contrattuale;
b) i progetti di competenza regionale d’importo inferiore a 2,5 milioni di ECU;
c) le proroghe contrattuali superiori a novanta giorni.
97. Il parere di cui al comma 96, lettera b) è vincolante.
98. I pareri di cui ai commi 93 e 96 sono resi rispettivamente entro novanta e sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta e sono soggetti al silenzio assenso.
99. Al fine di consentire la continuità dell’attività consultiva regionale, la l.r. 2 aprile 1995, n. 24 (Riorganizzazione delle competenze e funzioni delle commissione tecnico-amministrativa regionale in materia di opere pubbliche) è abrogata a decorrere dalla data di insediamento del consiglio regionale dei lavori pubblici.
1. Fermo restando quanto disposto dall’art. 16, commi 2 e 3, del d.p.r. 616/1977, nonché dalla l.r. 23 gennaio 1981, n. 9 (Norme sulle occupazioni temporanee e d’urgenza e sui relativi atti preparatori dei procedimenti di espropriazione per accelerare gli interventi degli enti locali) e sempre che non si tratti di lavori di competenza della Regione, sono trasferite, per i lavori di rispettiva competenza, ai comuni, alle comunità montane, alle province ai consorzi tra comuni o tra comuni e province, le funzioni amministrative concernenti:
a) la dichiarazione di pubblica utilità nonché di urgenza ed indifferibilità dei lavori;
b) l’occupazione temporanea d’urgenza e le relative attività previste dagli articoli 7 e 8 della legge 2359/1865.

11. Sono delegate, per i lavori di rispettiva competenza, ai comuni, alle comunità montane, alle province, ai consorzi tra comuni o tra comuni e province, le funzioni amministrative regionali concernenti l’espropriazione per pubblica utilità di cui al titolo secondo della legge 22 ottobre 1971, n. 865, riguardante programmi e coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica. Sono altresì delegate alle comunità montane, per i lavori localizzati nell’ambito territoriale delle comunità stesse e, per i restanti lavori, alle province, le funzioni amministrative previste dal comma 1, lettere a) e b), preordinate alla realizzazione di lavori o interventi di pubblica utilità realizzati da altri enti pubblici o da soggetti privati.12. L’inizio dei lavori pubblici d’interesse regionale è subordinato, in ogni caso, alla disponibilità dell’area da parte del soggetto attuatore.13. Gli enti di cui al comma 11 trasmettono alla direzione generale regionale preposta ai lavori pubblici, entro trenta giorni dall’emanazione, copia dei provvedimenti di esercizio della funzione delegata.
14. La Regione, nel caso di immotivata inerzia o ritardo degli enti locali delegati ad assumere provvedimenti ai sensi dei commi da 11 a 17, assegna un congruo termine all’ente inadempiente; decorso inutilmente tale termine, la Giunta regionale nomina un commissario ad acta che provvede in via sostitutiva.
15. La direzione generale preposta ai lavori pubblici può svolgere attività di assistenza e consulenza a favore degli enti o dei soggetti delegati.
16. Per i lavori pubblici finanziati dalla Regione, il Presidente della Giunta regionale può richiedere all’ente competente notizie, chiarimenti e documentazione sull’espletamento delle procedure di affidamento e sull’esecuzione dei relativi contratti. Nel caso emergano, sulla base degli elementi acquisiti, indizi di inefficienze, ritardi, disservizi, il Presidente della Giunta regionale o l’assessore competente, se delegato, nomina uno o più ispettori individuati tra i dipendenti di categoria non inferiore alla D3 e dotati di particolare qualificazione professionale, tecnica e amministrativa con specifico riguardo ai lavori considerati, con il compito di verificare la correttezza delle procedure, di acquisire ogni utile notizia anche sulle imprese partecipanti alle procedure o aggiudicatarie o comunque partecipanti all’esecuzione degli appalti o delle concessioni, nonché di riferire al Presidente stesso, entro il termine assegnato, con apposita relazione.
17. Le disposizioni di cui al comma 16 si applicano altresì ai lavori di competenza regionale; in tal caso la richiesta è rivolta dal Presidente della Giunta regionale al direttore generale competente.
18. La Regione, in materia di risorse idriche e difesa del suolo, esercita le funzioni ad essa attribuite dalle leggi dello Stato che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale, in attuazione in particolare della legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), della l.r. 2 ottobre 1998, n. 21 (Organizzazione del servizio idrico integrato e individuazione degli ATO in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36 ‘Disposizioni in materia di risorse idriche’) e della l.r. 1 dicembre 1998, n. 34 (Disposizioni in materia di tasse sulle concessioni regionali, di tasse automobilistiche regionali, di imposta regionale sui beni del demanio e del patrimonio indisponibile delle Stato, di canoni di concessione per derivazione di acque pubbliche, nonché il riordino delle sanzioni amministrative tributarie non penali in materia di tributi regionali). Ferme restando le attribuzioni riservate all’autorità di bacino, in collaborazione con le stesse, sono di competenza regionale le seguenti funzioni:
a) pianificazione e programmazione, garantendo adeguate modalità di partecipazione degli enti locali;
b) fissazione di criteri, indirizzi e procedure per lo sfruttamento delle acque pubbliche e per la delimitazione e tutela delle aree di salvaguardia del patrimonio idrico finalizzati a garantire l’integrità ecologica e funzionale delle acque superficiali o sotterranee e a favorire gli usi sostenibili delle risorse in aderenza alle previsioni dei piani di bacino idrografico;
c) definizione dei canoni;
d) emanazione di direttive e individuazione delle zone sismiche, formazione e aggiornamento degli elenchi delle medesime;
e) progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche e di difesa del suolo, con esclusione di quelle indicate al comma 11. La Regione realizza le opere idrauliche e la manutenzione del territorio anche avvalendosi dei comuni e delle comunità montane;
f) realizzazione di intese sulle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche e rilascio, acquisito il parere delle province e dei comuni, in coerenza con le direttive regionali in materia e con il piano degli usi delle acque previsto dalla l.r. 21/98, delle ulteriori concessioni di grande derivazioni avvalendosi degli uffici tecnici delle province;
g) rilascio delle concessioni relative agli usi del demanio idrico, con esclusione delle concessioni di cui all’art. 6 della l.r. 29 ottobre 1998 n. 22 (Riforma del trasporto pubblico locale in Lombardia), salva per queste ultime la competenza regionale al rilascio dell’autorizzazione idraulica, ove necessaria;
h) emanazione dei provvedimenti relativi all’estrazione del materiale litoide dai corsi d’acqua;
i) individuazione delle acque che costituiscono il reticolo idrico principale sul quale la Regione stessa esercita le funzioni di polizia idraulica;
j) autorizzazioni alla costruzione delle dighe di competenza regionale e vigilanza sull’esercizio delle stesse;
k) realizzazione di opere di pronto intervento sui corsi d’acqua costituenti il reticolo idrico principale;
l) svolgimento del servizio di piena;
m) monitoraggio idrologico ed idraulico, compreso quello già esercitato dagli uffici periferici del dipartimento dei servizi tecnici nazionali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
n) concessioni di contributi agli enti locali per le opere da questi realizzate nelle materie di cui al presente comma e ai commi da 17 a 114;
o) nomina dei regolatori per il riparto delle disponibilità idriche qualora tra più utenti debba farsi luogo al riparto delle disponibilità idriche di un corso d’acqua sulla base dei singoli diritti e concessioni ai sensi dell’art. 43, comma 3, del testo unico approvato con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici).
19. La Regione attua il monitoraggio degli usi delle acque pubbliche promuovendo, in collaborazione con le province, l’organizzazione dei dati e la conoscenza sulla disponibilità delle risorse, sulle caratteristiche qualitative delle falde e delle acque superficiali, sugli usi in atto delle risorse.
11. Sono trasferite alle province, ai comuni e alle comunità montane le funzioni concernenti la progettazione, l’esecuzione e la gestione di opere di difesa del suolo relative alle aree, ai manufatti e alle infrastrutture di proprietà dei singoli enti, ivi comprese le opere di pronto intervento, di monitoraggio e di prevenzione.
111. Sono delegate alle province le seguenti funzioni:
a) rilascio di autorizzazioni allo scavo dei pozzi e agli attingimenti di cui al t.u. approvato con r.d. 1775/1933;
b) rilascio di concessioni relative alle piccole derivazioni di cui al t.u. approvato con r.d. 1775/1933;
c) delimitazione delle aree di rispetto delle captazioni potabili;
d) polizia delle acque relative alle funzioni di cui alle lettere a), b) e c);
e) controllo sulle costruzioni nelle zone sismiche.
112. Sono altresì delegate alle province le funzioni di cui alla deliberazione della Giunta regionale del 22 marzo 1996, n. VI/165, adottata in attuazione della l.r. 24 maggio 1985, n. 46 (Snellimento delle procedure per la vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche regionali), relative alla commissione di vigilanza sulle costruzioni in zona sismica.
113. Le funzioni di presidente della commissione di cui al comm 112 sono svolte da un dirigente tecnico della provincia che designa direttamente il segretario.
114. Ai comuni sono trasferite le funzioni relative all’adozione dei provvedimenti di polizia idraulica concernenti il reticolo idrico minore, previa individuazione dello stesso da parte della Giunta regionale.
115. La Regione Lombardia, in materia di viabilità, svolge le funzioni e i compiti non trasferiti o delegati agli enti locali ai sensi dei commi 118, 119, 12 e 121; in particolare la Regione:
a) esercita le funzioni di programmazione e coordinamento della rete viaria di interesse regionale non compresa nella rete autostradale e stradale nazionale;
b) approva, in coerenza con il piano regionale della mobilità e dei trasporti, il programma triennale di intervento sulla rete viaria da definirsi in base alle priorità regionali e provinciali, alle fattibilità e alle risorse finanziarie disponibili;
c) provvede alla classificazione funzionale della rete stradale di interesse regionale e alla promozione di accordi di programma con le province, al fine di garantire l’efficienza della rete stessa e caratteristiche adeguate alle previsioni di traffico.
116. Relativamente alle nuove tratte autostradali interamente comprese nel territorio regionale e non rientranti nella rete autostradale e stradale nazionale la Regione provvede a:
a) individuare e approvare le concessioni di costruzione e di esercizio;
b) determinare le modalità operative per la predisposizione e l’approvazione dei piani finanziari delle società concessionarie;
c) determinare e adeguare le tariffe di pedaggio;
d) progettare, eseguire, assicurare la manutenzione e gestire le autostrade regionali mediante concessione;
e) controllare le società concessionarie di tratte autostradali regionali relativamente al rispetto delle convenzioni di costruzione e di esercizio;
f) determinare annualmente le tariffe relative alle licenze, alle concessioni ed alla esposizione della pubblicità.
117. Le funzioni di cui al comma 115, lettera a), e al comma 116, lettere a) e b), sono esercitate dal Consiglio regionale; le funzioni di cui al comma 115, lettere b) e c), e al comma 116, lettere c), d), e) ed f), sono esercitate dalla Giunta regionale.
118. Le strade già appartenenti al demanio statale di cui all’art. 822 del codice civile e non comprese nella rete autostradale e stradale nazionale sono trasferite al demanio delle province territorialmente competenti.
119. Sono trasferite alle province le seguenti funzioni:
a) progettazione, costruzione, manutenzione, gestione delle strade di cui al comma 115 e relativa vigilanza;
b) classificazione e declassificazione amministrativa delle strade provinciali;
c) rilascio delle autorizzazioni alla circolazione dei trasporti e dei veicoli in condizioni di eccezionalità di cui all’art. 2 della l.r. 29 aprile 1995, n. 34 (Disciplina delle autorizzazioni alla circolazione dei trasporti e dei veicoli in condizioni di eccezionalità), con modalità operative da emanare, di concerto con la Regione, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge;
d) determinazione dei criteri per la fissazione e la riscossione delle tariffe relative alle licenze, alle concessioni e all’esposizione della pubblicità lungo le strade trasferite al demanio delle province.
12. Le risorse trasferite dallo Stato alla Regione relative alla manutenzione, gestione e vigilanza delle strade di cui al comma 115 sono trasferite direttamente alle province; quelle relative alla progettazione e alla costruzione sono trasferite alle province in coerenza con il programma triennale di intervento di cui al comma 115, lettera b).
121. Sono trasferiti ai comuni:
a) le funzioni e i compiti relativi al rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 3 della l.r. 34/1995, nel caso in cui queste ultime interessino la rete viaria inclusa nel territorio di un solo comune;
b) le funzioni e i compiti relativi alla classificazione e declassificazione amministrativa delle strade comunali e vicinali.
122. Ai fini della consultazione sulle principali iniziative di rilevanza regionale riguardo alla rete stradale, la Regione si avvale della consulta della mobilità e dei trasporti di cui all’art. 8, comma 2, della l.r. 22/1998.
123. Il comma 3 dell’art. 8 della l.r. 22/1998, è così sostituito:
"3. La consulta di cui al comma 2 è composta da:
a) assessore regionale competente in materia di trasporti e viabilità o suo delegato;
b) assessori provinciali competenti in materia di trasporti e/o viabilità;
c) presidenti dell’Unione province lombarde (UPL), dell’Associazione regionale comuni lombardi (ANCI Lombardia) e della delegazione regionale dell’Unione nazionale comuni comunità ed enti montani (UNCEM);
d) presidente dell’unione delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura della Lombardia;
e) un rappresentante di ciascuna delle associazioni datoriali di categoria maggiormente rappresentative in ambito regionale;
f) un rappresentante di ciascuna delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale;
g) un rappresentante dell’Ente nazionale per le strade (ANAS);
h) un rappresentante delle società autostradali aventi concessioni in atto sul territorio regionale;
i) i rappresentanti delle aziende ferroviarie operanti nel territorio della Regione;
j) due rappresentanti delle associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative in ambito regionale".
124. Sono delegate alle province le funzioni e i compiti amministrativi concernenti l’estimo navale, la vigilanza sulla costruzione e la messa in sicurezza delle unità di navigazione.
125. Sono trasferite ai comuni le funzioni amministrative in materia di rilascio di concessioni per l’installazione e l’esercizio di impianti lungo le autostrade e i raccordi autostradali di cui all’art. 15, comma 2, lett. f), del d.lgs. 112/1998.
126. Sono soppresse le funzioni amministrative, finora svolte dalla Regione, concernenti la nomina dei consigli di disciplina delle aziende di trasporto pubblico locale.
127. La Regione provvede alla programmazione, regolazione e gestione dei servizi per il trasporto di persone e cose sui laghi con le modalità di cui ai commi dal 128 a 134.
128. La Regione opera nel rispetto e in attuazione degli impegni dello Stato conseguenti a rapporti internazionali riguardanti la navigazione sui laghi attraversati da confini internazionali, garantendo, ove necessario, la partecipazione di rappresentanti del Ministero dei Trasporti e della Navigazione.
129. La Giunta regionale, d’intesa con la regioni Piemonte, Veneto e con la Provincia autonoma di Trento, promuove la costituzione di un comitato interregionale composto dai presidenti delle regioni stesse e della provincia, o loro delegati.
13. Il comitato di cui al comma 129 esplica le seguenti funzioni:
a) cura la procedura di trasferimento alle regioni della Gestione governativa laghi di cui all’art. 11 del d.lgs. 19 dicembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’art.4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59) ed esplica tutti gli atti per l’attribuzione delle relative risorse finanziarie da parte dello Stato con le procedure disciplinate dall’art. 7, comma 1, della legge 59/1997 e dall’art. 12 d. lgs. 422/1997.
b) fissa gli indirizzi per l’attuazione del piano di risanamento tecnico economico di cui all’art. 11 del d.lgs. 422/1997;
c) provvede, nelle more del riassetto organizzativo, alla amministrazione dei servizi di trasporto lacuale, emanando le direttive per l’amministrazione del patrimonio e per la redazione del piano di impresa;
d) nomina, nelle more del riassetto organizzativo e comunque sino all’effettivo trasferimento della Gestione governativa laghi alle regioni, una struttura tecnica costituita da dirigenti o funzionari regionali per l’esercizio delle proprie funzioni;
e) stipula il contratto di programma per il piano degli investimenti ed il parco natanti, nonché i contratti di servizio per l’espletamento dei servizi minimi di trasporto pubblico;
f) elabora gli indirizzi per l’eventuale costituzione di società per la gestione dei servizi pubblici di navigazione.
131. Le decisioni del comitato interregionale sono assunte all’unanimità dei componenti e vengono approvate con deliberazioni conformi della Giunta regionale quando comportano impegni di spesa.
132. La Giunta regionale, anche su indicazione degli enti locali interessati e sulla base degli indirizzi del comitato di cui al comma 129, è autorizzata a promuovere, insieme ad altri enti pubblici interessati, la costituzione di società per azioni aventi ad oggetto il compito di provvedere alla gestione dei servizi di trasporto lacuale compresi i servizi già resi dalla Gestione governativa di cui all’art. 11 del d. lgs. 422/1997.
133. Le misure di partecipazione, l’atto costitutivo, lo statuto ed ogni altro atto connesso alla costituzione della società di cui al comma 132 sono approvati dalla Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente.
134. I servizi di navigazione lacuali possono essere gestiti dalle società di cui al comma 132 oppure da società terze, a seguito dell’espletamento di procedure concorsuali.
135. Alla l.r. 22/1998, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’art. 3, comma 2, lettera a), è soppressa la frase "nonché alle comunità montane per l’esercizio dei servizi di cui all’art. 5, comma 1, lettera c)";
b) all’art. 3, comma 2, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente lettera b bis):
"b bis) assegna ed eroga ai comuni e alle province le risorse finanziarie per l’esercizio dei servizi di cui all’art. 5, comma 1 bis);";
c) all’art. 4, comma 1, dopo le parole "provvedimenti attuativi" sono aggiunte le seguenti parole "nonché le funzioni già delegate ai sensi della l.r. 6 gennaio1979, n. 3";
d) all’art. 4, comma 2, lettera k), le parole "agli impianti a fune di ogni tipo collocati sul territorio di due o più comuni e che non insistano nel territorio di una comunità montana" sono sostituite dalle parole: "agli impianti a fune e relative infrastrutture di interscambio di cui all’art. 5, comma 1 bis, lettera b);";
e) all’art. 4, comma 3, dopo la lettera e) è aggiunta la seguente lettera e bis):
"e bis) l’autorizzazione di apertura delle scuole nautiche;";
f) all’art. 5, comma 1, sono soppresse le parole "in materia di trasporto pubblico";
g) la lettera c) del comma 1 dell’art. 5 è abrogata;
h) all’art. 5, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente comma 1 bis):
"1 bis Le funzioni amministrative relative agli impianti a fune di cui all’art. 5 della l.r. 19/1989, come sostituito dall’art. 3, ivi compresa l’erogazione dei finanziamenti per assicurare lo svolgimento dei servizi di trasporto pubblico locale, sono trasferite:
a) al comune nel caso in cui l’impianto operi nel territorio comunale o nell’area urbana;
b) alla provincia qualora l’impianto operi in ambito interurbano.".
i) all’art. 6, comma 1, dopo la parola "comuni" sono aggiunte le seguenti "anche in forma associata, mediante il ricorso alle forme organizzative previste dalla legge 8 giugno 199, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali),";
j) all’art. 6, comma 1, la lettera f), n. 4 e la lettera g) sono sostituite dalle seguenti:
"f) 4) gli impianti a fune e relative infrastrutture di cui all’art. 5, comma 1 bis, lettera a);
g) l’erogazione di finanziamenti atti ad assicurare i servizi funiviari o funicolari di trasporto pubblico locale espletati con gli impianti di cui all’art. 5, comma 1, della l.r. 19/1989, come sostituito dall’art. 3 operanti nel territorio comunale o in area urbana.";
k) la lettera h), del comma 1 dell’art. 6 è abrogata;
l) all’art. 6, comma 2, la lettera b) è così sostituita:
"b) delle concessioni per l’utilizzo del demanio lacuale per finalità turistico-ricreative di cui all’art. 59 del d.p.r. n. 616/77, successivamente alla stipula di apposita convenzione con le competenti amministrazioni statali, nonché delle concessioni per l’utilizzo delle aree demaniali lacuali di cui all’art. 89, comma 1, lettera e) del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), all’avvenuta emanazione del d.p.c.m. ex art. 7, comma 1, del d.lgs. 112/1998.";
m) all’art. 9, il comma 3 è sostituito dal seguente:
"3. La proposta di piano ovvero di singola sezione funzionale viene adottata con deliberazione della Giunta; sulla medesima proposta la Giunta regionale acquisisce il parere degli enti locali, delle organizzazioni sindacali ed economiche maggiormente rappresentative a livello regionale e delle diverse realtà sociali e culturali, al fine di procedere ad un esame congiunto dello schema di piano.";
n) all’art. 11, il comma 3 è sostituito dal seguente:
"3. I proventi delle concessioni di cui all’art. 6, comma 2, lettere a) e c) sono destinati nella misura del cinquanta per cento ai comuni a titolo di corrispettivo per l’esercizio delle attività amministrative inerenti le concessioni demaniali. Nel caso di partecipazione a gestioni associate a livello di bacino lacuale tale percentuale può essere elevata dalla Giunta regionale sino ad un massimo del sessanta per cento. La percentuale rimanente è destinata al finanziamento degli interventi di incremento e miglioramento individuati nel programma di cui al comma 1.";
o) il comma 1 dell’art. 24 è abrogato;
p) all’art. 25, dopo il comma 7, è aggiunto il seguente comma 7 bis):
"7 bis . La Giunta regionale definisce le modalità tecnico-operative per la gestione del servizio radio taxi, di cui al precedente comma 7, previo rilascio di apposita concessione, da affidarsi mediante procedure concorsuali in base alla normativa nazionale e regionale vigente.";
q) all’art. 3, comma 3, le parole "al 31 dicembre 1999" sono sostituite dalle parole "al 31 dicembre 2";
r) all’art. 3, comma 4, le parole "entro il 1999" sono sostituite dalle parole "entro il 2";
s) la lettera g) del comma 2 dell’art. 31 è abrogata.
136. La Regione coordina l’organizzazione e cura l’esecuzione delle attività di protezione civile in materia di:
a) previsione e prevenzione dei rischi, secondo quanto previsto dal programma regionale di previsione e prevenzione;
b) partecipazione al soccorso, per l’attuazione degli interventi urgenti di cui all’art. 18, comma 1, lettera a), n. 2), del d.lgs. 112/1998;
c) superamento dell’emergenza, secondo quanto previsto dalla vigente normativa regionale in materia di pubbliche calamità.
137. La Regione, nell’ambito delle attività di cui al comma 136 e in conformità a quanto disposto dagli articoli 17 e 18 del d.lgs. 112/1998, cura in particolare:
a) l’organizzazione del sistema regionale di protezione civile, inteso come coordinamento delle strutture tecniche dell’amministrazione regionale, di enti e amministrazioni, anche diverse da quella regionale, se con essa convenzionate, per l’attuazione degli interventi urgenti di cui all’art. 18, comma 1, lettera a), n. 2), del d.lgs. 112/1998;
b) la realizzazione di sistemi di monitoraggio per la rilevazione e il controllo dei fenomeni naturali o connessi con l’attività dell’uomo, il convenzionamento per la loro utilizzazione, nonché il coordinamento di quelli esistenti e programmati;
c) le attività di studio, censimento e identificazione dei rischi sul territorio regionale;
d) la realizzazione di mappe di pericolosità, vulnerabilità e rischio, su scala regionale e sub-regionale, d’intesa con le autorità di bacino, con l’indicazione delle linee-guida per la redazione, in ambito provinciale, di piani di intervento mirati;
e) l’individuazione, sentito il parere della provincia, di interventi idonei a tutelare territorio e popolazioni dai pericoli di danni da eventi calamitosi e dall’esercizio di attività industriali o di altre attività ad alto rischio;
f) la formazione di una moderna coscienza di protezione civile attraverso l’istituzione di corsi di istruzione, momenti di autoeducazione ed altre misure finalizzate alla diffusione di informazioni fra la popolazione, nonché alla creazione di capacità di autoprotezione a livello di comunità locali;
g) la realizzazione di corsi di formazione professionale per il personale adibito ad attività di protezione civile di competenza regionale e di aggiornamento professionale per i tecnici che, per compiti di istituto o per libera professione, operano nel territorio regionale in campi di rilevante interesse per la protezione civile;
h) l’informazione e la realizzazione di corsi di formazione e aggiornamento professionale per il personale delle organizzazioni di volontariato di protezione civile;
i) la definizione di indirizzi e princìpi direttivi in materia di protezione civile a cui devono attenersi gli enti locali, con particolare riferimento agli eventi di cui all’art. 2, lettera b), della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile).
138. In materia di previsione le varie strutture organizzative regionali attivano, nell’ambito delle proprie competenze, sistemi tecnici di monitoraggio, rilevamento e mappatura di dati territoriali di rischio. Gli enti pubblici o le aziende private, che a qualsiasi titolo detengono sul territorio regionale sistemi di rilevamento o monitoraggio dei rischi, sono tenuti a stabilire entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge un collegamento continuo e diretto per la lettura dei dati nella sala operativa della struttura regionale di protezione civile, assicurando la segnalazione dell’approssimarsi e del superamento delle soglie di rischio. I relativi oneri sono a carico della Regione.
139. La Regione predispone e attua il programma di previsione e prevenzione delle principali ipotesi di rischio, alla luce di quanto previsto dall’art. 18, comma 1, lettera a), n. 1), del d.lgs. 112/1998, dai piani di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), e in armonia con gli altri strumenti della pianificazione e programmazione territoriale regionale.
14. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, adotta il programma di previsione e prevenzione. Il programma ha validità triennale ed è aggiornato annualmente, sentito il comitato tecnico-scientifico di cui all’art. 21, comma 4, della l.r. 12 maggio 199, n. 54 (Organizzazione ed interventi di competenza egionale in materia di protezione civile).
141. In sede di prima applicazione il programma di previsione e prevenzione, elaborato dal gruppo di lavoro costituito nell’ambito del programma regionale di sviluppo, è adottato dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, e ha validità triennale.
142. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, adotta entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge le direttive per la pianificazione di emergenza degli enti locali.
143. La Regione può stipulare convenzioni con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché con aziende e associazioni pubbliche e private, per assicurare la pronta disponibilità di particolari attrezzature, veicoli, macchinari e personale specializzato, da utilizzare nelle fasi operative di intervento a supporto della struttura regionale di protezione civile o da destinare ai centri polifunzionali di emergenza di cui all’art. 21, comma 1, della l.r. 54/199.
144. La Regione, su richiesta e previa intesa con i competenti organi dello Stato e delle regioni interessate, può partecipare alle iniziative di protezione civile nel territorio di altre regioni o di altri Stati, coordinando il proprio intervento con quello dei predetti organi.
145. La Regione può stipulare accordi con altre regioni, in particolare con quelle confinanti, ai fini dell’espletamento di attività di comune interesse attinenti alla previsione, prevenzione ed emergenza in materia di protezione civile.
146. In caso di persistente impossibilità operativa conseguente all’evento calamitoso, o in caso di inerzia o violazione della legge o delle direttive regionali, la Giunta regionale, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 3, comma 7, della legge 142/199, invita l’ente a provvedere entro un termine prefissato; decorso tale termine, la Giunta nomina un commissario ad acta con l’incarico di svolgere gli adempimenti per i quali si è determinata l’inattività.
147. In caso di eventi calamitosi di livello regionale in atto, il Presidente della Giunta regionale, o l’assessore delegato, decreta lo stato di crisi, al fine di attivare tutte le componenti dell’amministrazione regionale utili per interventi di protezione civile, nonché ogni altra iniziativa ritenuta necessaria.
148. Al verificarsi dell’evento calamitoso, sulla base delle segnalazioni pervenute atte ad accertare la gravità dell’evento e l’estensione dei territori colpiti, il Presidente della Giunta regionale o l’assessore delegato:
a) qualora ravvisi che ricorrono le condizioni per richiedere interventi straordinari da parte dello Stato, assume le iniziative intese a promuovere la dichiarazione formale dello stato di emergenza, per il territorio interessato all’evento calamitoso, in conformità a quanto disposto dall’art. 17, comma 1, lettera b), del d.lgs. 112/1998;
b) qualora non si tratti di evento catastrofico che richieda interventi da parte dello Stato, con proprio decreto, dichiara lo stato di eccezionale calamità o avversità atmosferica, in conformità all’art. 18, comma 1, del d.lgs. 112/1998, delimitando il territorio interessato dall’evento calamitoso, anche ai fini dell’eventuale assegnazione di fondi a rifusione dei danni o per il sostegno delle attività economiche danneggiate.
149. Nei casi di cui ai commi 147 e 148, il Presidente della Giunta regionale, o l’assessore delegato, attribuisce al dirigente della struttura regionale di protezione civile, limitatamente alla durata dello stato di crisi, la direzione del personale degli altri servizi e strutture regionali, posti temporaneamente alle sue dirette dipendenze. In tal caso detto dirigente è sovraordinato al personale addetto alle strutture organizzative regionali a disposizione.
15. Il Presidente della Giunta regionale, o l’assessore delegato, decreta la fine dello stato di crisi, dandone comunicazione agli enti interessati alla rilevazione dei danni e, nel caso di eventi per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale ai sensi del comma 148, lettera a), si raccorda con gli organi dello Stato competenti all’emanazione delle ordinanze per l’attuazione di interventi urgenti di superamento dell’emergenza, secondo quanto previsto dall’art. 17, comma 1, lettera c), del d.lgs. 112/1998.
151. Le province, sulla base delle competenze ad esse attribuite in particolare dagli articoli 14 e 15 della legge 142/199 e dalla legge 225/1992, partecipano all’organizzazione ed all’attuazione del servizio nazionale della protezione civile assicurando lo svolgimento ei compiti relativi:
a) alla realizzazione, al coordinamento e alla gestione dei sistemi di monitoraggio dei rischi sul proprio territorio, in conformità al comma 138;
b) alla predisposizione del programma provinciale di previsione e prevenzione dei rischi e alla sua attuazione, in conformità alle direttive regionali annesse al programma di cui al comma 139;
c) allo svolgimento, in ambito provinciale, delle attività di previsione e prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi e piani regionali, con l’adozione dei connessi provvedimenti amministrativi;
d) alla predisposizione del piano provinciale di emergenza sulla base delle direttive regionali di cui al comma 142;
e) alla vigilanza sulla predisposizione da parte delle strutture provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica, da attivare in caso di eventi calamitosi di livello locale o provinciale.
152. I piani e i programmi di cui alle lettere b) e d) del comma 151 sono approvati dalla provincia. Il programma ha validità triennale ed è comunque aggiornato ogni qualvolta si renda necessario.
153. La provincia, per la predisposizione del piano di emergenza di cui al comma 151, lettera d), tiene conto dei piani di emergenza locali ed ha altresì il compito di coordinare i comuni nelle loro attività di previsione, di prevenzione e di redazione dei piani di emergenza.
154. La provincia, nell’esercizio dei compiti assegnati di cui al comma 151, lettera e), si attiene alle linee guida indicate nelle direttive regionali annesse al programma di cui al comma 142. Qualora nell’attività di vigilanza la provincia rilevi difformità od inadempienze ne dà comunicazione alla Regione per gli eventuali provvedimenti sostitutivi di competenza.
155. In conformità alla legge 225/1992, i comuni, anche sulla base delle competenze ad essi attribuite in particolare dagli articoli 14 e 15 della legge 142/99, partecipano all’organizzazione ed all’attuazione del servizio nazionale della protezione civile assicurando lo svolgimento dei compiti riguardanti la partecipazione alle operazioni di soccorso e di gestione della post-emergenza, la rilevazione, la raccolta e la elaborazione dei dati interessanti la protezione civile, le attività di previsione e prevenzione, la predisposizione dei piani comunali di emergenza.
156. Per le finalità di cui al comma 155, i comuni:
a) si dotano, anche attraverso accordi o convenzioni fra comuni, di una struttura di protezione civile per fronteggiare gli eventi di livello comunale e per assicurare la necessaria collaborazione alle operazioni di soccorso coordinate dal sindaco o dalla Regione, ovvero promuovono la formazione di un gruppo comunale di volontari di protezione civile con le medesime finalità;
b) curano la predisposizione dei piani comunali o intercomunali di emergenza, anche nelle forme associative e di cooperazione previste dalla legge 142/199 e, in ambito montano, tramite le comunità montane, e altresì la loro attuazione, sulla base delle direttive regionali di cui al comma 142;
c) curano l’attivazione dei primi soccorsi alla popolazione e degli interventi urgenti necessari a fronteggiare l’emergenza nonché la vigilanza sull’attuazione, da parte delle strutture locali di protezione civile, dei servizi urgenti;
d) dispongono l’utilizzo delle organizzazioni di volontariato di protezione civile a livello comunale e intercomunale, sulla base degli indirizzi nazionali e delle direttive regionali di cui al comma 142;
e) curano la raccolta dei dati e l’istruttoria delle richieste di risarcimento per i danni occorsi sul proprio territorio alle infrastrutture pubbliche, a beni privati mobili ed immobili, a insediamenti agricoli, artigianali, commerciali, industriali e di servizio;
f) provvedono, in ambito comunale, alle attività di previsione e agli interventi di prevenzione dei rischi, contemplati dai programmi e piani regionali e provinciali.
157. Al verificarsi di una situazione di emergenza nell’ambito del territorio comunale, il sindaco assume la direzione e il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite e provvede agli interventi necessari, anche avvalendosi delle organizzazioni di volontariato operanti a livello comunale o intercomunale, dandone immediata comunicazione alla Regione.
158. L’attività di volontariato di protezione civile può essere svolta:
a) da singoli cittadini attraverso la partecipazione all’attività dei gruppi comunali, istituiti presso il comune di residenza;
b) dalle associazioni di volontariato costituite ai sensi del d.p.r. 21 settembre 1994, n. 613 (Regolamento recante norme concernenti la partecipazione delle associazioni di volontariato nelle attività di protezione civile) e della l.r. 24 luglio 1993, n. 22 (Legge regionale sul volontariato);
c) dai gruppi comunali o intercomunali, istituiti con propria deliberazione dal comune, dalla comunità montana, dal parco o dal consorzio fra comuni.
159. La Regione può concorrere, con il proprio contributo, alle iniziative intraprese dalle organizzazioni di volontariato per la prevenzione dei fenomeni calamitosi e per la tutela delle popolazioni, nonché a quelle di formazione ed informazione nei confronti del volontariato ovvero ad altre attività promosse dalle organizzazioni di volontariato. Il contributo regionale può essere esteso alle assicurazioni per responsabilità civile o per infortuni che le organizzazioni di volontariato devono stipulare per la loro attività, nonché alle spese per controlli sanitari periodici e per quelli obbligatori ai sensi del d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 9/269/CEE, 9/27/CEE, 9/394/CEE e 9/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro) e successive modificazioni e integrazioni.
16. Nell’assegnazione di contributi a qualsiasi titolo alle organizzazioni di volontariato è data priorità alle iniziative gestite in collaborazione tra più associazioni o gruppi comunali o intercomunali di volontari di protezione civile e comunque alle iniziative promosse da coordinamenti provinciali di associazioni o gruppi comunali o intercomunali.
161. La Regione definisce e controlla i criteri e i contenuti delle iniziative di formazione e addestramento del volontariato onde assicurare la correttezza delle nozioni impartite e il livello di addestramento, nonché la coerenza con le leggi e le direttive nazionali e regionali.
162. L’attivazione delle risorse del volontariato è regolamentata da apposite procedure operative definite dalla struttura regionale di protezione civile, avendo particolare riguardo alle funzioni di coordinamento organizzativo svolte dalla Regione.
163. Il Presidente della Giunta regionale, dichiarato lo stato di crisi di cui ai commi da 147 a 15, può individuare le organizzazioni di volontariato che più opportunamente siano in grado di intervenire in operazioni di prevenzione o di soccorso, dandone contestualmente comunicazione alla struttura nazionale di protezione civile per l’attivazione delle procedure di autorizzazione e conseguente rimborso spese con indennizzo ai datori di lavoro dei volontari impiegati.
164. E’ istituito l’albo regionale del volontariato di protezione civile, relativamente alle associazioni e ai gruppi, suddiviso per competenze professionali e specialità, ed articolato a livello regionale, provinciale e comunale.
165. La Regione favorisce la partecipazione alle attività di protezione civile delle associazioni od organizzazioni senza scopo di lucro che, pur non essendo iscritte all’albo regionale, sono iscritte nell’elenco nazionale previsto dall’art. 1 del d.P.R. 613/1994.
166. La Regione rende pubblico annualmente l’elenco dei donatori e il valore dei beni o servizi donati o gratuitamente erogati con vincolo di destinazione alle attività di protezione civile.
167. Nel caso di eventi calamitosi di eccezionale gravità, il Presidente della Giunta regionale, o l’assessore delegato, è autorizzato a provvedere con proprio decreto all’apertura di un conto corrente bancario o postale sul quale possono confluire le offerte spontanee di enti e soggetti pubblici e privati. I fondi raccolti sono destinati a interventi urgenti per il ristabilimento di normali condizioni di vita nell’area colpita dall’evento calamitoso.
168. Le funzioni conferite alle regioni e agli enti locali ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. c) del d.lgs. 112/1998, salve in ogni caso quelle relative all’esercizio delle competenze statali, sono esercitate dalla Regione in attesa del riordino delle competenze del Corpo forestale dello Stato. La Giunta regionale adotta, a norma della l.r. 23 luglio 1996 n. 16 (Ordinamento della struttura organizzativa e della dirigenza della giunta regionale), i provvedimenti conseguenti al trasferimento alla Regione del personale del Corpo forestale dello Stato, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dall’art. 4, comma 1, del d.lgs 143/1997.
169. Il comma 6 dell’art. 8 della l.r. 26 maggio 1982, n. 25 (Norme per la tutela e l’incremento della fauna ittica e disciplina dell’attività pescatoria) è abrogato.
17. La lettera c) del comma 1 dell’art. 1 della l.r. 28 gennaio 198, n. 11 (Norme sul funzionamento delle commissioni per la determinazione dei valori agricoli medi e dell’indennità di espropriazione e di occupazione) è abrogata.
171. Sono abrogati gli articoli 4, 6, da 8 a 11, da 13 a 17, 19, 2 e 27 della l.r. 54/199 (Organizzazione ed interventi di competenza regionale in materia di protezione civile).
172. In deroga al divieto di cui all’art. 1, comma 1, della l.r. 27 maggio 1985 n. 6 (Istituzione di vincoli e destinazioni d’uso nell’area bonificata ai sensi della legge regionale 17 gennaio 1977, n, 2), nelle aree all’interno del Parco Bosco delle Querce, nel territorio del comune di Seveso, è ammissibile l’esecuzione delle attività edificatorie connesse alla realizzazione del Centro Studi e Informazione della Fondazione Lombardia per l’Ambiente.

ARTICOLO 4

(Servizi alla persona e alla comunità. Polizia amministrativa regionale e locale)

1. La materia dei servizi alla persona e alla comunità comprende tutte le funzioni ed i compiti in tema di "tutela della salute", "servizi sociali", "istruzione scolastica", "formazione professionale", "beni e attività culturali".
2. La Regione esercita tutte le funzioni e i compiti amministrativi in tema di salute umana e di sanità veterinaria, salvo quelli espressamente mantenuti allo Stato, e cura, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, gli aspetti concernenti l’organizzazione sanitaria ospedaliera e territoriale.
3. In particolare, la Regione esercita tutte le funzioni e i compiti amministrativi concernenti:
a) l’approvazione dei piani e programmi di settore non aventi rilievo e applicazione nazionale;
b) l’adozione dei provvedimenti puntuali e l’erogazione delle prestazioni;
c) la verifica della conformità alla normativa nazionale e comunitaria di attività, strutture, impianti, laboratori, officine di produzione, apparecchi, modalità di lavorazione, sostanze e prodotti, ai fini del controllo preventivo, salvo quanto previsto all’art. 115, comma 2, lettera c), del d.lgs. 112/1998, nonchè la vigilanza successiva, ivi compresa la verifica dell’applicazione della buona pratica di laboratorio;
d) le verifiche di conformità sull’applicazione dei provvedimenti di cui all’art. 119, comma 1, lettera d), del d.lgs. 112/1998.
4. La Giunta regionale verifica la coerenza dei piani strategici triennali delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere con gli indirizzi della programmazione regionale.
5. Si definiscono servizi sociali le attività previste dall’art. 128 del d.lgs. 112/1998 comprese quelle che integrano tra loro prestazioni socio-assistenziali, prestazioni socio-assistenziali di rilievo sanitario e prestazioni sanitarie nelle aree delle attività consultoriali in ambito materno-infantile e dell’età evolutiva, della tossicodipendenza e dell’alcooldipendenza, dell’assistenza ai disabili e agli anziani non autosufficienti, della salute mentale in riferimento alle attività di reinserimento.
6. Appartengono altresì ai servizi sociali le attività e gli interventi che concorrono al perseguimento dell’obiettivo di rimuovere gli ostacoli alla piena fruizione dei diritti riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato.
7. E’ obiettivo dei servizi sociali prevenire, rimuovere ovvero ridurre gli effetti delle situazioni di disagio derivanti da condizioni economiche, psico-fisiche o sociali della persona e del suo nucleo di appartenenza, che determinino fenomeni di emarginazione di questi dagli ambienti di vita, di studio o di lavoro, e contribuire, inoltre, a promuovere e tutelare la salute.
8. Gli interventi disciplinati dalla presente legge e dalla programmazione regionale sono realizzati attraverso una rete integrata di servizi finalizzati alla tutela e alla promozione del benessere psico-fisico ed al reinserimento sociale e lavorativo dei soggetti in difficoltà, allo sviluppo dei rapporti individuali e familiari e delle collettività sociali intermedie, alla promozione di iniziative di volontariato ed associazionismo.
9. La programmazione, la realizzazione e la gestione della rete dei servizi sociali è affidata agli enti locali ed alla Regione nell’osservanza dei principi indicati nell’art.1, commi dall’1 al 15.
1. Al fine di favorire l’integrazione degli stranieri e la valorizzazione della loro presenza nella società i servizi sociali predispongono collegamenti tra:
a) la rete delle infrastrutture di accoglienza immediata e temporanea;
b) gli inserimenti nel mercato del lavoro territoriale;
c) le attività di integrazione rivolte agli stranieri: formazione, mediazione culturale, assistenza sanitaria, socio-sanitaria e sociale;
d) le soluzioni abitative stabili sia attraverso la concessione di contributi per la ristrutturazione di alloggi di proprietà degli stranieri, sia attraverso l’accesso in condizioni di parità agli alloggi di edilizia popolare;
e) le iniziative volte a garantire nel paese e nella pubblica amministrazione un approccio interculturale.
11. Alla progettazione, alla realizzazione e all’offerta dei servizi in risposta ai bisogni dei singoli e delle famiglie provvedono, in applicazione del principio di sussidiarietà di cui all’art. 1, comma 1, soggetti pubblici e privati, organismi di utilità sociale non lucrativi, organismi di cooperazione, associazioni di volontariato, comprese quelle delle famiglie, fondazioni, cooperative sociali.
12. I servizi sociali si informano ai seguenti principi, indirizzi e criteri:
a) assicurare la fruibilità delle strutture, dei servizi e delle prestazioni, secondo modalità che garantiscano la libertà e la dignità della persona, nel rispetto della specificità dei bisogni e del diritto di libera scelta dell’utente, prestando particolare riguardo alle esigenze delle aree di emarginazione;
b) promuovere la protezione e la tutela dei soggetti incapaci di provvedere a se stessi, quando manchino, o di fatto non provvedano, coloro cui la legge attribuisce tale compito;
c) garantire agli utenti l’informazione e la partecipazione alla definizione delle modalità di gestione e di erogazione delle prestazioni, nelle forme stabilite dalla programmazione regionale;
d) valorizzare la famiglia quale nucleo fondamentale della società e quale risorsa primaria per una piena tutela dell’individuo, nonché promuovere forme di intervento e sostegno dei nuclei familiari in stato di bisogno;
e) sviluppare l’integrazione dei servizi sociali e sanitari individuando nel distretto il livello territoriale adeguato per il coordinamento e la gestione delle relative attività;
f) promuovere, a livello programmatorio e di erogazione dei servizi,
il concorso più ampio dei soggetti di cui al comma 11;
g) perseguire una più elevata efficacia e produttività dei servizi migliorando la qualità e razionalizzando l’uso delle risorse.
13. I residenti nei comuni della Lombardia, siano essi cittadini dell’Unione europea o stranieri, sono destinatari delle prestazioni erogate dal sistema regionale dei servizi sociali, alle condizioni e sulla base dei requisiti e delle priorità stabilite dalla legislazione vigente e dalla programmazione regionale.
14. Le prestazioni sono assicurate altresì ai soggetti temporaneamente presenti nel territorio regionale, siano essi cittadini dell’Unione europea o stranieri, allorché si trovino in condizioni di difficoltà o in situazioni di bisogno tali da esigere interventi non differibili, ferma restando la possibilità di rivalsa sugli obbligati per la copertura dei costi non direttamente sostenuti dall’utente. Resta comunque salvo quanto previsto dalla legge 6 marzo 1998, n. 4 (Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero).
15. Ai soggetti di cui al comma 14 è garantita la tutela della maternità responsabile e della gravidanza, nonchè la tutela della salute del minore.
16. Gli utenti del sistema regionale dei servizi sociali hanno diritto:
a) a ricevere informazioni corrette e complete sulle disponibilità e sulle caratteristiche dell’offerta dei servizi a livello territoriale, sui requisiti e sulle modalità per l’accesso, sulle tariffe praticate e sulle priorità nell’erogazione dei servizi, fermo restando il rispetto della propria libera scelta;
b) ad esprimere il proprio informato consenso sulle prestazioni rese, fatta salva diversa previsione legislativa;
c) alla riservatezza ed al segreto professionale da parte degli operatori dei servizi, anche per quanto riguarda l’utilizzo dei dati personali a fini statistici ed epidemiologici.
17. I regolamenti degli enti disciplinano la possibilità di accesso alle strutture per quanto riguarda le visite agli ospiti.
18. I diritti di partecipazione dei cittadini di cui all’art. 11 della l.r. 11 luglio 1997, n. 31 (Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali) si estendono a tutti i servizi che costituiscono il sistema regionale dei servizi sociali.
19. La Regione conformandosi ai principi dell’ordinamento della Repubblica e della Unione europea determina i criteri per la programmazione del sistema dei servizi sociali.
2. Compete in particolare alla Regione:
a) definire il riparto delle risorse del fondo sociale regionale, sia per la gestione corrente sia per gli investimenti;
b) definire il riparto delle risorse del fondo sanitario regionale destinate alla copertura della spesa sanitaria dei servizi sociali ad integrazione sanitaria;
c) definire il riparto del fondo regionale per l’immigrazione;
d) definire i programmi pluriennali e annuali delle attività concernenti l’immigrazione finalizzati sia all’effettiva attuazione della legislazione nazionale e regionale in conformità alle modalità e ai criteri in essa indicate, sia alle indicazioni delle iniziative prioritarie finanziabili con le risorse del fondo nazionale e realizzabili con il concorso degli enti locali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e del privato sociale non profit;
e) definire i criteri per l’eventuale emissione, da parte dei comuni, dei buoni servizio, con i quali i cittadini possono accedere direttamente ed elettivamente alle prestazioni del sistema regionale dei servizi sociali nell’ambito di un percorso assistenziale atto a favorire l’integrazione dei soggetti beneficiari;
f) attivare, in collaborazione con gli enti locali e le rispettive associazioni, le associazioni degli utenti e del volontariato sociale, osservatori territoriali, di norma provinciali, per la migliore conoscenza e capacità di prevenzione e di intervento sui fenomeni che necessitano di protezione sociale, e per la valutazione a livello regionale dei processi di integrazione e dei loro risultati;
g) promuovere, anche attraverso l’istituzione di appositi organismi, le forme più idonee di partecipazione e coinvolgimento dei soggetti delle politiche sociali;
h) stabilire i requisiti delle strutture erogatrici dei servizi, ai fini dell’autorizzazione al funzionamento, tenendo fermi gli standard essenziali determinati a livello nazionale;
i) determinare le condizioni e le modalità di accreditamento o convenzionamento delle strutture erogatrici dei servizi, tenendo fermi gli standard organizzativi determinati a livello nazionale, e provvedere all’accreditamento dei servizi sociali ad integrazione sanitaria;
j) indirizzare e coordinare il sistema informativo regionale ed attuare forme di controllo e di valutazione della qualità dei servizi, anche avvalendosi di agenzie specializzate;
k) promuovere iniziative sperimentali ed innovative, studi e ricerche finalizzate e indagini conoscitive sul sistema regionale dei servizi sociali;
l) promuovere e indirizzare gli interventi di qualificazione professionale e di aggiornamento del personale operante nei servizi sociali, ivi compresi quelli ad integrazione sanitaria;
m) disciplinare il dipartimento per le attività socio-sanitarie integrate (ASSI) delle aziende sanitarie locali (ASL) ed emanare direttive per la stipula di convenzioni che regolino i rapporti tra ASL, comuni e province, nonché i rapporti tra ASL e Aziende ospedaliere, per l’erogazione delle prestazioni specialistiche al sistema dei servizi;
n) favorire, anche attraverso l’erogazione delle risorse, l’esercizio associato delle funzioni dei comuni di minore dimensione;
o) determinare gli indirizzi per la concessione dei nuovi trattamenti economici agli invalidi civili ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. 112/1998;
p) tenere il registro regionale delle organizzazioni di volontariato a carattere regionale o nazionale, esercitando l’attività secondo i requisiti e le modalità di cui alla l.r. 24 luglio 1993, n. 22 (Legge regionale sul volontariato);
q) tenere il registro regionale delle associazioni secondo quanto previsto dalla l.r. 16 settembre 1996, n. 28 (Promozione, riconoscimento e sviluppo dell’associazionismo);
r) definire i criteri dell’erogazione, a carico del fondo sanitario regionale, dei contributi economici alle famiglie di cui all’art. 8, comma 15, della l.r. 31/1997.
21. La Regione esercita, altresì, le funzioni amministrative inerenti alle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) e alle persone giuridiche private che gestiscono servizi sociali ad integrazione sanitaria e quelle che operano in ambito sovraprovinciale.
22. Ai fini del trasferimento delle funzioni previste nei commi 47 e 51, il Presidente della Giunta regionale provvede con proprio decreto, su conforme deliberazione della Giunta, alla individuazione delle IPAB e delle persone giuridiche private operanti in ambito comunale, provinciale, o comunque sovracomunale, nel settore dei servizi sociali ad esclusione di quelli ad integrazione sanitaria.
23. I provvedimenti di cui al comma 21 sono adottati dal direttore generale competente per materia, fatta eccezione per quelli riguardanti la sospensione e lo scioglimento degli organi di amministrazione e la nomina del commissario straordinario, adottati con deliberazione della Giunta regionale.
24. La nomina, la durata in carica e il rinnovo degli amministratori delle IPAB sono disciplinati esclusivamente dalle tavole di fondazione e dagli statuti delle singole istituzioni. Salvo quanto previsto dai commi da 25 a 42, si applicano le disposizioni di cui al d.l. 16 maggio 1994, n. 293 (Disciplina della proroga degli organi amministrativi), convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 1994, n. 444 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 16 maggio 1994, n. 293, recante disciplina della proroga degli organi amministrativi).
25. Qualora i soggetti competenti per le nomine non le abbiano deliberate nel termine di sessanta giorni anteriori alla scadenza degli organi da rinnovare, il legale rappresentante dell’IPAB, entro cinque giorni dalla scadenza del termine suddetto, li diffida a provvedere entro la scadenza del termine di cui all’art. 3, comma 1, del d.l. 293/1994, convertito con modificazioni nella l. n. 444/1994, dandone contestuale comunicazione al soggetto cui sono attribuite le funzioni amministrative nei confronti dell’IPAB medesima affinchè provveda ai sensi dei commi 3 e 31.
26. Salvo che lo statuto dell’IPAB non disponga altrimenti, e fermo restando il disposto dei commi 3 e 31, l’insediamento del nuovo organo di amministrazione deve avvenire entro quindici giorni dal completamento delle nomine dei nuovi amministratori; il nuovo organo di amministrazione provvede alla nomina del presidente ove così previsto dallo statuto. La data della deliberazione di insediamento dell’organo dell’amministrazione costituisce termine iniziale della durata dello stesso per il periodo fissato dallo statuto.
27. I componenti dell’organo di amministrazione che vengono nominati successivamente all’insediamento del medesimo restano in carica fino alla scadenza dell’organo stesso.
28. I collegi commissariali per l’amministrazione delle IPAB concentrate ed amministrate dai disciolti Enti comunali di assistenza (ECA) sono composti, qualunque sia la popolazione del comune di riferimento, da cinque componenti di nomina comunale, che provvedono ad eleggere nel proprio seno il presidente. La durata dei collegi commissariali è fissata in cinque anni. Tali disposizioni si applicano a far tempo dalla prima scadenza dei collegi commissariali in carica o in regime di proroga al momento dell’entrata in vigore della presente legge.
29. Qualora, nel termine di cui al primo comma dell’art. 3 del d.l. 293/1994, convertito con modificazioni nella legge 444/1994, siano stati nominati solo alcuni dei nuovi amministratori, l’insediamento del nuovo organo di amministrazione ha ugualmente luogo ove sia stata nominata la metà più uno di essi. In tali casi e sino all’integrazione dell’organo con i componenti mancanti, le funzioni di presidente, sia che lo stesso debba essere eletto dall’organo di amministrazione sia che debba essere nominato dal soggetto competente, sono temporaneamente esercitate dal consigliere anziano per nomina o, a parità di nomina, per età. Ai fini della determinazione dell’anzianità di nomina si considerano anche i mandati precedentemente assolti dagli amministratori riconfermati.
3. Quando non possa farsi luogo all’insediamento parziale dell’organo statutario di amministrazione ai sensi del comma 29, il soggetto cui sono attribuite le funzioni amministrative provvede in via sostitutiva alla nomina degli amministratori mancanti al fine di assicurare la integrale formazione dell’organo amministrativo.
31. Le dimissioni o la decadenza della maggioranza dei componenti dell’organo di amministrazione comportano la decadenza dell’intero collegio. In tal caso le funzioni commissariali per la gestione ordinaria sono assunte transitoriamente dal presidente uscente o, qualora impedito, dal consigliere più anziano di età.
32. Le IPAB il cui statuto non rispecchi più le attività di assistenza e beneficenza effettivamente svolte sono tenute ad adottare i necessari adeguamenti statutari nel rispetto delle tavole di fondazione o dell’atto costitutivo. E’ fatta, comunque, salva l’applicazione dell’art. 7 della legge 17 luglio 189, n. 6972 (Norme sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza), ove sussistano le condizioni per l’assoggettamento a trasformazione. Le IPAB possono, altresì fondersi qualora perseguano finalità analoghe.
33. Le IPAB che non sono più in grado di perseguire i propri scopi tatutari od altra attività d’assistenza o beneficenza e per le quali non sussistano le condizioni per l’applicazione di quanto previsto dal comma 32 sono soggette ad estinzione. L’estinzione è proposta dall’organo di amministrazione dell’IPAB ovvero dall’ente locale competente ai sensi dei commi 47 e 51, e deliberata dalla Giunta regionale. La Giunta regionale delibera sulle proposte nel termine di 9 giorni dalla loro presentazione. Con il provvedimento di estinzione si dispone altresì, d’intesa con il comune sede legale dell’istituzione, l’attribuzione in proprietà del patrimonio delle IPAB con vincolo di destinazione ai servizi sociali e l’assegnazione del relativo personale, preferibilmente al comune medesimo che subentra nelle situazioni patrimoniali attive e passive, nei rapporti pendenti a qualsiasi titolo inerenti ai beni e alle loro pertinenze oltre che in tutti gli altri rapporti giuridici preesistenti.
34. Gli organi di amministrazione delle IPAB possono essere sciolti nei casi e secondo le modalità previste dall’art. 48 della legge 6972/189 e comunque:
a) per accertata impossibilità di funzionamento;
b) per aver determinato con la propria inattività, accertata e permanente, il mancato perseguimento delle finalità statutarie, ovvero il mancato adeguamento dello statuto, se ricorrono le condizioni di cui al comma 32.
35. Alla sospensione degli organi di amministrazione delle IPAB, ai sensi dell’art. 5, comma 3, della l. 6972/189, ovvero al loro scioglimento, provvede il soggetto cui sono attribuite le funzioni amministrative, con motivato atto, che ne dispone il contestuale commissariamento.
36. Il comma 2 dell’art. 1 della l.r. 26 settembre 1992, n. 36 (Integrazione all’art. 55 della l.r. 7 gennaio 1986, n. 1 e successive modificazioni ed integrazioni, concernente l’indennità di presenza ai commissari straordinari regionali delle IPAB) è sostituito dal seguente:
"2. Il commissario straordinario è nominato per un periodo di sei mesi, prorogabile per non più di due volte. Alla scadenza di detto termine, perdurando la necessità della gestione commissariale, si provvede alla nomina di un nuovo commissario straordinario. Eventuali deroghe ai predetti limiti temporali possono essere disposte per comprovati motivi e nei soli casi in cui siano già in corso procedimenti amministrativi per l’adozione dei provvedimenti di estinzione, riconoscimento, fusione, raggruppamento, trasformazione e modifica dello statuto nel rispetto dei principi di cui alla legge 6972/189.".
37. Ferma restando l’applicazione della l.r. 36/1992, ai commissari straordinari nominati dalla Regione per la gestione di strutture la cui amministrazione renda necessario un impegno a tempo pieno e agli altri commissari straordinari nominati dalla Regione compete un’indennità di funzione, a carico dell’IPAB amministrata qualora il patrimonio amministrato lo consenta, o con il concorso della Regione, nella misura determinata dalla Giunta regionale in rapporto alle dimensioni organizzative dell’IPAB, oltre al rimborso delle spese di viaggio sostenute, nonchè il trattamento di missione secondo le norme vigenti. Per i commissari non di nomina regionale l’indennità è determinata dai soggetti competenti alla nomina, in misura non superiore a quella prevista per i commissari di nomina regionale.
38. Le nomine ed i conferimenti di incarichi di competenza della Regione in attuazione dei commi da 24 a 42 non sono sottoposte ai vincoli ed alle procedure previste dalla l.r. 14/1995 e successive modificazioni ed integrazioni.
39. Il controllo preventivo di legittimità sugli atti delle IPAB si esercita sugli atti di cui all’art. 17, commi 33 e 34, della legge 127/1997.
4. Le IPAB sono tenute a fornire all’organo di vigilanza ed al soggetto titolare delle funzioni amministrative, copia degli atti dagli stessi richiesti per l’esercizio delle loro funzioni.
41. Le IPAB possono istituire, con modifica dei rispettivi statuti, organi di revisione al fine di verificare la regolarità contabile della gestione.
42. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, acquisito il parere della commissione consiliare competente, emana disposizioni in ordine:
a) alla classificazione delle IPAB per classi e categorie, sulla base di oggettivi parametri quali-quantitativi di riferimento, che tengono conto in particolare:
1) delle attività svolte in una o più delle seguenti aree di riferimento: area anziani, area famiglia e minori, area handicappati, area dell’assistenza economica in denaro e/o natura, area di attività di gestore di scuole materne;
2) del numero dei dipendenti in organico e con rapporto convenzionale;
3) del numero e della tipologia dell’utenza dei servizi erogati;
4) della consistenza del patrimonio;
5) delle entrate annue ordinarie effettive;
b) alla determinazione della indennità di funzione dei presidenti e degli amministratori delle IPAB in rapporto alle classi e categorie di cui alla lettera a);
c) alla emanazione di direttive per la composizione, l’individuazione dei compiti, le modalità di formazione e gli emolumenti degli organi di revisione contabile istituiti ai sensi del comma 41;
d) alla emanazione di indirizzi per la predisposizione e revisione degli inventari del patrimonio delle IPAB e per la realizzazione di un nuovo sistema economico patrimoniale.
43. E’ attribuita alle province la rilevazione dei fabbisogni formativi del personale operante nei servizi sociali, nonché la programmazione e la gestione delle attività di formazione e di aggiornamento professionale degli addetti ai servizi sociali anche ad integrazione sanitaria. Per l’esercizio di tali competenze le province si avvalgono, per quanto ritenuto necessario, del dipartimento per le ASSI delle ASL di riferimento. In tal caso i rapporti sono regolati da appositi accordi intercorrenti tra la provincia e l’ASL.

44. Sono inoltre conferite alle province: a) la promozione e il monitoraggio delle attività dei soggetti che agiscono nell’ambito dei servizi sociali, con particolare riferimento alle cooperative sociali ed alle iniziative rivolte alla famiglia;
b) il coordinamento delle attività di formazione professionale e di sviluppo della cooperazione sociale.
45. Alle province sono delegate le funzioni inerenti all’autorizzazione ed alla revoca di autorizzazione al funzionamento delle strutture erogatrici dei servizi, secondo quanto previsto dagli atti di programmazione regionale, ad esclusione di quelle affidate alle ASL ai sensi del comma 58.
46. E’ trasferita alle province la tenuta della sezione provinciale del registro regionale delle organizzazioni di volontariato operanti nell’ambito del territorio provinciale. Le province esercitano l’attività secondo i requisiti e le modalità di cui alla l.r. 22/1993. Compete altresì alle province la tenuta del registro provinciale delle associazioni secondo quanto previsto dalla l.r. 16 settembre 1996, n. 28 (Promozione, riconoscimento e sviluppo dell’associazionismo).
47. Sono altresì trasferite alle province le funzioni amministrative non riservate alla Regione ai sensi dei commi 21 e 33, inerenti alle IPAB ed alle persone giuridiche private operanti in ambito provinciale, o comunque sovracomunale, nel settore dei servizi sociali.
48. La Regione determina, nell’ambito del fondo sociale regionale di parte corrente, l’ammontare del finanziamento per l’esercizio delle funzioni conferite alle province di cui ai commi da 43 a 47. Le province possono integrare il fondo con risorse proprie.
49. Tutte le funzioni progettuali e gestionali dei servizi sociali sono esercitate dai comuni, che le gestiscono ai sensi del comma 53, ovvero attraverso delega all’ASL territorialmente competente. La responsabilità della programmazione compete:
a) all’ASL, per i servizi a prevalente funzione sanitaria;
b) ai comuni, per i servizi a prevalente funzione assistenziale.
5. La programmazione regionale individua i servizi ricompresi tra quelli a prevalente funzione sanitaria e quelli a prevalente funzione assistenziale. Nel rispetto di norme nazionali o regionali relative all’utilizzo di accordi di programma a dimensione territoriale provinciale in aree specifiche di intervento, restano ferme le competenze:
a) delle province o delle ASL in materia di autorizzazione al funzionamento;
b) delle ASL e del Comune di Milano in materia di vigilanza;
c) della Regione in materia di accreditamento, nonchè di finanziamento delle prestazioni rese con contributi a carico del fondo sanitario.
51. Sono altresì trasferite ai comuni le funzioni amministrative, non riservate alla Regione ai sensi dei commi 21 e 33, inerenti alle IPAB e alle persone giuridiche private operanti in ambito comunale nel settore dei servizi sociali.
52. Sono trasferite ai comuni le attività attualmente svolte ai sensi dell’art. 5 del d.l. 18 gennaio 1993, n. 9 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio-assistenziale), convertito con modificazioni dalla legge 18 marzo 1993, n. 67 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 18 gennaio 1993, n. 9, recante disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio-assistenziale).
53. Le funzioni sono esercitate dai comuni adottando a livello territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa, e al rapporto con i cittadini, anche tramite associazioni intercomunali, secondo le modalità previste dalle leggi 142/199 e 59/1997 e dal d.lgs. 112/1998. I comuni determinano autonomamente le forme per la gestione associata ai sensi della legislazione vigente.
54. In conformità a quanto stabilito all’art. 15, comma 4, della l.r. 31/1997, al Comune di Milano spettano anche le funzioni di vigilanza e controllo dei servizi sociali, ad esclusione di quelli a prevalente funzione sanitaria, per l’intero territorio cittadino.
55. A livello distrettuale i titolari delle funzioni devono assicurare l’integrazione delle loro attività con quelle definite e programmate dall’ASL.
56. Spettano alle ASL, che le esercitano tramite il dipartimento per le ASSI, le funzioni relative ai servizi sociali a prevalente funzione sanitaria nelle aree di cui al comma 5.
57. La funzione di concessione dei nuovi trattamenti economici a favore degli invalidi civili, ai sensi dell’art. 13 del d. lgs. 112/98, è trasferita alle ASL e, per il territorio della città di Milano, al Comune di Milano; a tali enti, in rapporto alle rispettive competenze, spetta la conseguente legittimazione passiva nelle controversie riguardanti l’esercizio della funzione trasferita.
58. Le ASL esercitano, inoltre, le seguenti funzioni amministrative:
a) l’autorizzazione e la revoca dell’autorizzazione al funzionamento dei servizi per:
1) la riabilitazione extraospedaliera;
2) la riabilitazione, il recupero e il reinserimento dei tossicodipendenti e degli alcooldipendenti;
3) le attività consultoriali in ambito materno infantile;
b) la tenuta dell’albo degli enti ausiliari che operano nell’area delle dipendenze, sulla base dei requisiti e delle modalità previste negli atti d’intesa Stato-regioni recepiti dalla Regione;
c) le autorizzazioni, per comprovati motivi, allo svincolo dalla destinazione a servizi sociali dei beni trasferiti ai comuni a seguito dello scioglimento degli enti comunali di assistenza o dell’estinzione delle IPAB;
d) l’adozione di provvedimenti conseguenti all’esercizio delle funzioni di controllo pubblico di cui agli artt. 23 e 25 del codice civile sulle persone giuridiche private.
59. Le funzioni di vigilanza delle ASL sul funzionamento delle IPAB, sulle organizzazioni di volontariato e sulle persone giuridiche private, previste dall’art. 2, comma 7, della l.r. 31/1997, sono estese ai soggetti operanti nel settore dei servizi sociali ad integrazione sanitaria.
6. La Regione eroga specifici contributi alle ASL e al Comune di Milano per l’esercizio delle funzioni di vigilanza.
61. E’ altresì trasferita all’ASL territorialmente competente la gestione della casa di riposo per ciechi "Villa Letizia" di Caravate. L’ASL subentra nella titolarità di tutti i diritti, ragioni e rapporti attinenti alla gestione.
62. In materia di servizi sociali la Regione determina:
a) il quadro previsionale dei bisogni;
b) gli obiettivi da perseguire;
c) i criteri e le priorità d’intervento;
d) i requisiti strutturali, organizzativi e di qualità dei servizi e degli interventi in funzione del previsto livello di soddisfacimento dei bisogni;
e) gli indicatori di risultato per il controllo e la valutazione dell’efficienza, efficacia ed economicità delle prestazioni e dei servizi erogati;
f) l’ammontare delle risorse finanziarie regionali, la loro provenienza e le modalità di utilizzo;
g) gli indirizzi per il rilascio dell’autorizzazione al funzionamento, all’accreditamento, al convenzionamento dei servizi;
h) gli indirizzi cui devono informarsi gli enti competenti nel determinare i criteri di accesso alle prestazioni ed ai servizi ed i criteri di partecipazione da parte degli utenti al relativo costo;
i) gli indirizzi ed i criteri per la realizzazione dei nuovi presidi;
j) il livello di qualificazione degli operatori dei servizi.
63. Nell’ambito della programmazione aziendale l’ASL, sentita la conferenza dei sindaci, pianifica anche le attività sociali con l’obiettivo di adeguare la rete dei servizi e degli interventi alle direttive ed alle indicazioni della programmazione regionale. Ai fini della programmazione aziendale, l’ASL tiene conto delle indicazioni del piano territoriale di coordinamento della provincia e dei piani socio-economici della comunità montana. Sui piani delle ASL per i servizi sociali le province e le comunità montane esprimono parere non vincolante entro trenta giorni, trascorsi i quali il parere si intende positivo. I rapporti tra ASL città di Milano e Comune di Milano per quanto concerne la programmazione dei servizi sociali sono regolati dal protocollo di intesa di cui all’art. 15, comma 5, della l.r. 31/1997.
64. Il sistema dei servizi sociali garantisce interventi rispondenti alle specifiche esigenze del soggetto cui sono rivolti, valorizzandone le risorse e potenzialità, nel rispetto della sua dignità e libertà, nonché delle sue personali convinzioni.
65. La programmazione regionale definisce i criteri di verifica e di valutazione al fine di assicurare la qualità e la realizzabilità degli obiettivi definiti, nonché la realizzabilità di una rete integrata di interventi sociali.
66. La programmazione ed il reperimento delle risorse economiche volte a realizzare la rete integrata di cui al comma 65 avvengono attraverso la concertazione tra la Regione, le province, i comuni, le comunità montane e le ASL che cooperano, anche mediante lo strumento dell’intesa istituzionale di programma, al fine di garantire l’erogazione e lo sviluppo dei servizi sociali.
67. La concertazione tra Regione, province, comuni, comunità montane e ASL è il metodo ordinario per la realizzazione e lo sviluppo dei servizi sociali ad integrazione sanitaria al fine di garantire la unitarietà dei processi decisionali.
68. La Regione promuove la consultazione tra ASL, enti locali, enti gestori dei servizi sociali e le associazioni sindacali maggiormente rappresentative, al fine di garantirne la partecipazione alla realizzazione della rete dei servizi sociali.
69. La gestione dei servizi sociali ambulatoriali, residenziali, semiresidenziali e diurni organizzati al fine di offrire prestazioni è soggetta ad autorizzazione.

7. Gli atti di programmazione regionale individuano la tipologia dei servizi sociali soggetti ad autorizzazione al funzionamento, ai sensi di quanto previsto dal comma 69, ed altresì le strutture a carattere temporaneo non soggette ad autorizzazione.71. Le strutture provvisoriamente accreditate, per le quali non sussistono impedimenti determinati da condizioni di sicurezza ed agibilità degli ambienti e che al riguardo attestino d’aver già presentato ai competenti organi regolari domande per il rilascio delle relative certificazioni amministrative ed abbiano il possesso dei requisiti gestionali richiesti, possono essere autorizzate provvisoriamente al funzionamento con prescrizioni temporali di adeguamento nell’ambito di attuazione di apposito piano programma, previsto dalle deliberazioni della Giunta regionale, ferme restando le dirette responsabilità dei soggetti gestori ad ogni effetto di legge.
72. Le strutture provvisoriamente autorizzate al funzionamento, che si trovino nelle condizioni di cui al comma 71, hanno titolo alla conferma del provvedimento di autorizzazione provvisoria al funzionamento come previsto dallo stesso comma.
73. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, fissa i criteri ed i requisiti strutturali, gestionali e di qualità richiesti per l’accreditamento delle strutture operanti nei servizi sociali ad integrazione sanitaria.
74. La Giunta regionale disciplina le modalità per la richiesta di accreditamento da parte delle strutture, per la concessione e l’eventuale revoca dello stesso, nonché per la verifica circa la permanenza dei requisiti richiesti per l’accreditamento medesimo.
L’accreditamento costituisce condizione indispensabile per l’assunzione a carico del fondo sanitario regionale degli oneri elativi alle prestazioni sanitarie e di rilievo sanitario, erogate nel rispetto dei limiti di spesa riconosciuti alle singole strutture dai relativi atti di accreditamento e dai conseguenti rapporti posti in essere dalle ASL. Il fondo sanitario regionale finanzia le prestazioni sanitarie e socio-assistenziali di rilievo sanitario erogate dalle strutture accreditate, con le quali l’ASL, sulla base del bisogno sanitario del territorio, ha provveduto a realizzare accordi e contratti, ai sensi di quanto previsto dall’art. 8 quinquies, comma 2 del d.lgs. 3 dicembre 1992, n. 52 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) aggiunto dall’art. 8 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, a norma dell’art. 1 della legge 3 novembre 1998, n. 419) .
75. La Giunta regionale, sulla base dei criteri e requisiti stabiliti ai sensi del comma 73, accredita le singole strutture determinando tipologia, quantità e qualità delle relative prestazioni, nonché i corrispettivi e le modalità di pagamento.
76. La Giunta regionale definisce gli indicatori per la realizzazione di un sistema di rilevazione e promozione della qualità dei servizi e delle prestazioni, anche ai fini di quanto previsto dall’art. 1, comma 6, e dall’art. 13, comma 1, della l.r. 31/1997.
77. Gli enti gestori di servizi accreditati o convenzionati sono tenuti ad adottare sistemi di contabilità analitica al fine di dare dimostrazioni del corretto rapporto tra risorse impiegate e prestazioni erogate e promuovere sistemi di controllo di gestione ed altri metodi permanenti di valutazione dei risultati.
78. La Giunta regionale introduce progressivamente il sistema di controllo di qualità, identificando standard ed indicatori di qualità da adottare per ciascuna tipologia di servizio.
79. Per le attività dei servizi sociali che non richiedono integrazione sanitaria, i soggetti di cui al comma 11, possono convenzionarsi con il sistema pubblico ove in possesso dell’autorizzazione al funzionamento e degli ulteriori requisiti previsti dalla programmazione regionale.
8. Le convenzioni sono stipulate in conformità ad uno schema tipo approvato dalla Giunta regionale.
81. Gli oneri per le prestazioni socio-assistenziali che in base alle leggi ed agli atti di programmazione regionale gravano sui comuni sono a carico del comune in cui l’avente diritto alla prestazione è residente o, nei casi previsti dai commi 14 e 15, è dimorante nel momento in cui la prestazione ha inizio; qualora l’avente diritto sia ospitato in strutture residenziali situate in un comune diverso, gli oneri gravano comunque sul comune di residenza o dimora, essendo a tal fine irrilevante il cambiamento della residenza o della dimora stessa connesso esclusivamente a tale ospitalità. Per i minori la residenza o la dimora di riferimento è quella dei genitori titolari della relativa potestà o del tutore.
82. Gli utenti sono tenuti a concorrere alla copertura del costo dei servizi secondo le determinazioni dei comuni, i quali si rivalgono sui soggetti tenuti agli alimenti, ai sensi del codice civile, nel caso di insufficienza di reddito da parte dell’utente medesimo.
83. Il fondo sociale regionale di parte corrente e per investimenti è costituito:
a) dalle quote del fondo sociale nazionale e comunque dalle risorse assegnate dallo Stato per l’esercizio delle funzioni disciplinate dalla presente legge;
b) da risorse autonome regionali;
c) da eventuali altre risorse di altri enti.
84. Le disponibilità del fondo regionale sociale di parte corrente sono ripartite per:
a) concorrere al mantenimento, sviluppo e perequazione degli interventi e dei servizi sociali previsti dalla programmazione regionale;
b) finanziare gli interventi di sostegno alla famiglia;
c) finanziare attività, interventi e servizi sociali ancorché non previsti dal piano socio-sanitario;
d) favorire e incentivare la gestione associata dei servizi;
e) incentivare la delega alle ASL, da parte dei comuni, di servizi a prevalente funzione socio-assistenziale;
f) sviluppare le funzioni di coordinamento del dipartimento ASSI;
g) realizzare iniziative sperimentali ed innovative, promosse direttamente dalla Regione e concorrere alla realizzazione di quelle promosse dalle ASL, dai comuni, dalle province e dai soggetti gestori;
h) realizzare interventi di aggiornamento degli operatori e dei volontari operanti nel campo dei servizi sociali, ivi compresi quelli ad integrazione sanitaria, promossi direttamente dalla Regione e concorrere alla realizzazione di quelli promossi dalle province anche tramite comuni, ASL, soggetti gestori;
i) concorrere al sostegno di spese straordinarie conseguenti ad eventi calamitosi;
j) assegnare contributi alle associazioni ed alle organizzazioni di volontariato;
k) finanziare le spese per l’esercizio delle funzioni conferite;
l) finanziare studi, ricerche finalizzate, indagini conoscitive, convegni e pubblicazioni sul sistema regionale dei servizi sociali, nonché sostenere gli oneri derivanti da convenzioni stipulate dalla Regione con organismi specializzati nelle verifiche della qualità dei servizi alle persone.
85. Le disponibilità del fondo sociale regionale per investimenti possono essere assegnate ai soggetti pubblici e privati senza fini di lucro tenendo conto delle indicazioni programmatorie delle ASL, dei comuni e del Comune di Milano per quanto di competenza. Le disponibilità del fondo sono ripartite con l’obiettivo del riequilibrio territoriale e di adeguare a standard i servizi sociali e di promuovere servizi innovativi per:
a) la realizzazione di nuove strutture;
b) l’acquisto per la trasformazione, nonché la ristrutturazione e l’ampliamento di strutture preesistenti;
c) l’acquisto di attrezzature ed arredi;
d) la realizzazione di opere edilizie in immobili di proprietà regionale;
e) gli interventi in campo sociale realizzati anche al di fuori del territorio lombardo da enti aventi sede legale ed attività prevalente nel territorio lombardo;
f) gli interventi urgenti e indifferibili o comunque non previsti dal piano socio-sanitario;
g) gli interventi volti alla sperimentazione di nuove unità d’offerta non standardizzate nel piano socio-sanitario.
86. L’approvazione dei progetti esecutivi, delle varianti, delle perizie suppletive, dei certificati di collaudo ovvero di regolare esecuzione di lavori concernenti le opere di cui al comma 85, spetta alla direzione generale competente in materia di interventi sociali della Regione.
87. I finanziamenti regionali per opere edilizie sono concessi a condizione che:
a) venga costituito vincolo di destinazione dei beni interessati alle finalità previste per il periodo indicato da piani regionali a seconda delle tipologie di servizio e comunque per un periodo non inferiore a venti anni; per gli enti ed organismi privati il vincolo deve essere trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari;
b) gli enti gestori si impegnino a garantire i requisiti e ad accettare le condizioni per l’accreditamento ed il convenzionamento, quanto meno per la parte di immobili per gli interventi sui quali è concesso il finanziamento e per un periodo non inferiore alla durata del vincolo di destinazione.
88. La Giunta regionale può concedere, su domanda motivata dell’ente interessato e previo parere dell’ASL territorialmente competente, sentita la conferenza dei sindaci, la modificazione del vincolo di destinazione gravante sugli immobili cui si riferisce il finanziamento regionale ai sensi della presente legge, nonché di analoghe disposizioni contenute in precedenti leggi regionali. Gli immobili, nonché i proventi derivanti da eventuali alienazioni, devono mantenere la destinazione allo svolgimento di attività sociali per la medesima durata. Il mancato rispetto dei vincoli di cui sopra comporta la restituzione dei finanziamenti concessi per la realizzazione delle opere interessate.
89. Il fondo sociale delle ASL è costituito:
a) dalle assegnazioni regionali di parte corrente;
b) dalle somme assegnate dagli enti locali per l’esercizio delle funzioni delegate alle ASL;
c) dalle entrate da rette o tariffe relative a servizi gestiti direttamente dall’ASL;
d) da eventuali altre entrate.
9. Il fondo sociale delle ASL è utilizzato per mantenere e sviluppare i servizi sulla base dei criteri definiti dal piano socio-sanitario, tenuto conto degli obiettivi di efficacia, qualità ed efficienza realizzati e da realizzare, nonché del costo dei servizi e delle rette applicate.
91. Sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) l.r. 2 giugno 1975, n. 1 (Fondo per la concessione di contributi alle sezioni provinciali dell’unione italiana ciechi);
b) l.r. 28 dicembre 1981, n. 72 (Abrogazione e modifiche alla l.r. 7 marzo 1981, n. 13, nonché modalità per l’estinzione ed il trasferimento di II.PP.A.B. ai sensi della legge 17 luglio 189, n. 6972);
c) l’ art. 13, comma 2; l’art. 55, come modificato dall’art. 4, comma 9, lettera a) della l.r. 15/99; gli artt. 64 e 9, commi 4 e 5, della l.r. 7 gennaio 1986, n. 1 (Riorganizzazione e programmazione dei servizi socio-assistenziali della Regione Lombardia);
d) l.r. 19 settembre 1988, n. 51 (Organizzazione programmazione ed esercizio delle attività in materia di tossicodipendenza);
e) l.r. 15 settembre 1989, n. 49 (Modifiche alla l.r. 19 settembre 1988, n. 51- Organizzazione programmazione ed esercizio delle attività in materia di tossicodipendenza -);
f) l.r. 18 maggio 199, n. 62 (Norme per la prevenzione, cura e riabilitazione delle alcooldipendenze);
g) l’art. 8, comma 13, della l.r. 11 luglio 1997, n. 31 (Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali).
92. Conservano efficacia gli atti amministrativi, gli impegni di spesa ed i piani di riparto deliberati ed adottati in conformità alle leggi regionali di cui al comma 91. E’ fatta salva la possibilità di utilizzo degli stanziamenti già previsti nel bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 1999.
93. La Regione, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, provvede ad adottare una disciplina organica di semplificazione e di armonizzazione delle leggi regionali nelle materie di cui ai commi da 2 a 9 mediante l’adozione di uno o più testi unici.
94. In materia di cooperazione sociale la Regione esercita le funzioni riguardanti:
a) la definizione di misure di sostegno e sviluppo della cooperazione sociale;
b) l’istituzione ed il regolamento dell’albo regionale delle cooperative sociali;
c) la programmazione delle attività di formazione professionale e di sviluppo della cooperazione sociale, con le modalità di cui ai commi da 113 a 12 e da 125 a 129, nonché l’incentivazione della stessa nell’ambito dei servizi;
d) la fissazione di criteri cui debbono uniformarsi le convenzioni tra cooperative sociali e loro consorzi ed enti pubblici.
95. Inoltre la Regione esercita le funzioni relative all’erogazione di contributi, a fondo perduto, nonché alla costituzione di fondi di garanzia e di rotazione, per agevolare l’accesso al credito delle cooperative sociali.
96. Sono delegati ai comuni:
a) gli interventi di attuazione delle misure di sostegno e sviluppo della cooperazione sociale;
b) la gestione degli interventi di iniziativa comunale per l’attuazione di forme di garanzia con il concorso di risorse regionali e dei confidi, finalizzate all’ottenimento di credito per le cooperative sociali aventi sede in Lombardia e che effettuino interventi sul territorio comunale.
97. La Giunta regionale definisce i livelli ottimali di esercizio delle funzioni delegate ai comuni, al fine di assicurare l’efficiente e razionale gestione degli interventi.
98. La Giunta regionale adotta provvedimenti finalizzati al coordinamento delle modalità peculiari di affidamento alle cooperative sociali e loro consorzi, da parte delle amministrazioni pubbliche e degli organismi pubblici e privati, dei servizi sociali ed educativi e della fornitura di beni e servizi diversi, anche individuando, quali prioritari criteri per l’affidamento, la qualità dei servizi ed il rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
99. E’ delegata alle CCIAA la gestione degli sportelli provinciali dell’albo regionale delle cooperative sociali.
1. La Regione concorre, con la partecipazione degli enti locali alla programmazione e all’attuazione delle azioni di integrazione del sistema scolastico, universitario e della formazione professionale con il mondo del lavoro, al fine di promuovere il raggiungimento della piena occupazione della popolazione lombarda anche attraverso il sostegno e la promozione del sistema dell’istruzione e della formazione professionale, da realizzarsi attraverso l’ottimizzazione dell’uso delle risorse umane e strumentali esistenti e l’armonizzazione degli interventi di orientamento, formazione di base, continua e permanente, superiore e di riqualificazione.
11. Per il raggiungimento delle finalità di cui al comma 1, la Regione e gli enti locali promuovono lo sviluppo degli strumenti e delle procedure di raccordo e concertazione con le parti sociali ed istituzionali, allo scopo di avviare in particolare il processo di riforma della formazione professionale, anche attraverso l’integrazione con l’istruzione scolastica, avvalendosi degli organismi di concertazione e di coordinamento di cui alla l.r. 1/1999 (Politiche regionali del lavoro e dei servizi per l’impiego), adeguatamente integrati.
12. Nella definizione dei criteri e dei contenuti della riforma di cui al comma 11, la Regione opera secondo principi di delega di funzioni agli enti locali, responsabilità, sussidarietà, semplificazione, trasparenza e delegificazione amministrativa, in modo da incrementare la capacità dei soggetti istituzionali ed economico-sociali di offrire servizi intesi a rispondere ai bisogni di istruzione e formazione presenti nel contesto di riferimento.
13. I contenuti degli atti di programmazione in materia di politiche formative sono definiti in raccordo con gli indirizzi contenuti nei piani d’azione per l’occupazione e con le strategie comunitarie sul lavoro.
14. In particolare, la Regione concorre al rafforzamento dell’offerta formativa integrata tra istruzione scolastica, formazione professionale e mondo del lavoro, attraverso:
a) la promozione e la diffusione delle occasioni tramite le quali ogni
soggetto, a prescindere dal grado di istruzione raggiunto, possa
sviluppare le proprie conoscenze, capacità e competenze, per formare
liberamente e pienamente la propria personalità e migliorare il proprio livello sociale e professionale;
b) il miglioramento dei servizi formativi e di accompagnamento, la qualificazione delle strutture e la certificazione dei prodotti formativi;
c) la razionale allocazione delle risorse finanziarie disponibili per un costante miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dei servizi formativi e di accompagnamento.
15. La programmazione dell’offerta scolastica e formativa integrata è definita a livello territoriale anche attraverso il dimensionamento della rete scolastica e delle strutture della formazione professionale, adeguando le rispettive azioni formative alle finalità ed ai principi stabiliti dai commi da 1 a 14.
16. La Regione coordina i propri obiettivi di programmazione con quelli relativi allo sviluppo del sistema universitario e assicura il collegamento con le iniziative in materia di programmazione e di orientamento degli accessi all’istruzione ed alla formazione.
17. Allo scopo di assicurare alle strutture edilizie scolastiche, di formazione professionale ed universitarie, uno sviluppo qualitativo ed una collocazione sul territorio adeguati alla costante evoluzione delle dinamiche formative, culturali, economiche e sociali, la Regione, in aggiunta ai finanziamenti statali previsti dalle leggi vigenti, concorre e contribuisce, anche con fondi propri, alla realizzazione degli interventi previsti dalla programmazione regionale.
18. La Regione promuove, in raccordo con le istituzioni scolastiche ed universitarie e tramite le strutture della formazione professionale, le seguenti tipologie di interventi formativi:
a) formazione per l’ingresso nel mercato del lavoro, inclusa la formazione per i contratti di apprendistato e di formazione in alternanza con il lavoro, finalizzata al primo inserimento dei giovani sprovvisti di esperienza lavorativa, anche al fine di consentire la piena attuazione dell’obbligo di frequenza di attività formative fino al compimento del diciottesimo anno di età;
b) formazione continua, intesa come formazione di sviluppo, aggiornamento, cambiamento e riqualificazione professionale, rivolta all’innalzamento della qualità delle risorse umane e finalizzata al miglioramento professionale dei lavoratori occupati, al sostegno dei lavoratori in difficoltà occupazionale e ad agevolare la mobilità professionale;
c) formazione per il reinserimento lavorativo finalizzata alla ricollocazione di lavoratori disoccupati con lo scopo di rinforzare le motivazioni e gli strumenti cognitivi e professionali necessari per rientrare in modo attivo nel mercato del lavoro;
d) formazione superiore per giovani e adulti, anche attuando il nuovo canale di istruzione e formazione tecnico-superiore integrata (IFTS), come elemento di innovazione ed integrazione del sistema di formazione ed istruzione superiore (FIS).
19. La Regione, nell’ambito delle tipologie di interventi di cui al comma 18, promuove in particolare azioni rivolte:
a) alla formazione per lo sviluppo del lavoro autonomo, cooperativo e per la creazione di imprese;
b) alla formazione di garanzia sociale volta a facilitare l’ingresso nel lavoro a soggetti deboli per motivi sociali, situazioni di emarginazione o presenza di disabilità;
c) al sostegno alla definizione dei raccordi tra le politiche dell’istruzione, le politiche formative e l’insieme delle politiche del lavoro;
d) alla definizione di un sistema di crediti formativi e di certificazione delle competenze, reciprocamente riconosciuti da scuola, università, formazione professionale e mondo del lavoro.
11. Al fine di conseguire gli obiettivi di cui al comma 16, la Regione promuove altresì le seguenti azioni di orientamento:
a) l’informazione orientativa, ovvero l’offerta sistematica ed integrata di informazioni adeguate ai diversi soggetti come pure alle differenti opportunità;
b) l’orientamento formativo, ovvero l’offerta di moduli mirati all’acquisizione di capacità di auto-valutazione e di auto-orientamento acquisibili anche attraverso stage orientativi in azienda;
c) l’orientamento speciale per utenze disabili, o in condizioni di particolare difficoltà, in rapporto al mercato del lavoro;
d) i tirocini formativi e le azioni di orientamento;
e) il bilancio delle competenze;
f) l’accompagnamento nella transizione al lavoro, quale azione di supporto nelle fasi di ricerca occupazionale o di sviluppo di carriera ed avente come destinatari sia i singoli cittadini che le aziende.
111. Gli interventi e le azioni di cui ai commi da 15 a 112 sono volti anche a conseguire le pari opportunità tra uomo e donna.
112. Per qualificare il sistema della formazione integrata, la Regione promuove la realizzazione di interventi formativi integrati tra strutture della formazione professionale, istituzioni scolastiche ed università, nonché azioni volte a migliorare la qualità degli interventi formativi, quali la ricerca e la standardizzazione di profili professionali e la creazione di strumenti innovativi per la didattica, per la valutazione, per l’accertamento e per la certificazione.
113. La Regione organizza le funzioni in materia di formazione professionale, così come definita dall’art. 141 del d.lgs. 112/1998, delegandole alle province e agli enti locali interessati secondo quanto stabilito dai commi da 114 a 12. Province e comuni contribuiscono alla definizione degli obiettivi della programmazione strategica regionale e, nell’ambito delle competenze di cui ai commi da 1 a 129, provvedono alla loro attuazione.
114. La Regione esercita le funzioni amministrative relative:
a) all’indirizzo, al coordinamento ed alle connesse attività strumentali di monitoraggio, vigilanza, controllo, verifica e valutazione del sistema regionale di formazione professionale;
b) alla definizione del programma regionale della formazione professionale anche in raccordo con la programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale;
c) alla formulazione del parere di conformità dei piani provinciali annuali di cui al comma 118, lett. d), al programma regionale della formazione professionale di cui alla lettera b) ed agli indirizzi regionali di cui alla lettera a);
d) alla definizione, d’intesa con le province, di piani di formazione del personale impegnato nelle iniziative di formazione professionale;
e) alla definizione degli standard per l’accreditamento delle strutture formative e di orientamento, nonché delle modalità per l’accreditamento in sede regionale;
f) alla gestione dell’elenco regionale delle strutture accreditate;
g) all’erogazione di contributi per l’adeguamento delle strutture formative ai requisiti per l’accreditamento e la certificazione del sistema di qualità ISO 91;
h) alle intese con i ministeri del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione e dell’università e ricerca scientifica, per il riconoscimento delle competenze professionali certificate;
i) alla cooperazione con le altre regioni, con lo Stato e l’Unione europea;
j) all’istituzione, vigilanza, indirizzo e finanziamento degli istituti professionali nel cui ambito non sono attivati corsi di studio quinquennali finalizzati al rilascio di diplomi;
k) alla definizione di criteri di erogazione di buoni formativi che consentano di fruire di interventi di formazione professionale e formazione continua presso strutture accreditate scelte direttamente dai soggetti interessati.
115. La Giunta regionale, sentiti gli organismi di concertazione e coordinamento istituiti con l.r. 1/1999, entro centoventi giorni dalla entrata in vigore della presente legge, individua le attività formative di rilevanza regionale e a carattere innovativo e sperimentale.
116. Il programma regionale di cui al comma 114, lett. b), ha durata triennale, è aggiornato annualmente in relazione alla verifica di efficacia delle azioni realizzate e degli eventuali mutamenti intervenuti e contiene in particolare:
a) l’individuazione degli obiettivi quantitativi e qualitativi che s’intendono raggiungere nell’arco di durata del programma regionale;
b) la determinazione delle risorse disponibili per l’attuazione da parte delle province degli interventi di cui al comma 118, ivi compresi i fondi a cofinanziamento comunitario secondo quanto previsto dai documenti di programmazione attuativi dei regolamenti comunitari in materia;
c) la definizione delle modalità, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196 (Norme in materia di promozione dell’occupazione), per l’affidamento ai soggetti pubblici e privati accreditati dello svolgimento delle attività di formazione e orientamento professionale;
d) i progetti quadro di particolare rilevanza sociale;
e) il programma quadro dei tirocini formativi e delle azioni di
orientamento, ivi compresa l’assunzione degli oneri assicurativi;
f) l’eventuale aggiornamento delle attività formative di cui al comma 115.
117. Il programma regionale triennale di formazione professionale e i suoi aggiornamenti annuali sono approvati dal Consiglio regionale su proposta della Giunta.
118. In coerenza con l’art. 143, comma 2, del d.lgs. 112/1998 ed ai sensi dell’art. 14, comma 1, lett. i), della legge 142/199, le province esercitano, in attuazione a quanto previsto dalla programmazione regionale, nel quadro dei propri obiettivi di sviluppo territoriale e sulla base delle risorse finanziarie regionali e comunitarie ad esse trasferite, le funzioni amministrative relative alla pianificazione ed alla programmazione territoriale di competenza ed in particolare quelle concernenti:
a) l’individuazione dei fabbisogni di formazione relativi al territorio di competenza;
b) la partecipazione alla definizione del programma regionale di formazione professionale di cui al comma 114, lett. b);
c) la partecipazione alla definizione del piano di riordino e riconversione di cui al comma 127 e alle conseguenti intese programmatiche;
d) la programmazione delle attività di formazione professionale riguardanti l’ambito territoriale provinciale, mediante la predisposizione dei piani provinciali annuali di formazione professionale;
e) la gestione dei finanziamenti per la realizzazione delle azioni programmate nel territorio provinciale, ivi comprese le azioni a cofinanziamento comunitario secondo quanto previsto dai documenti di programmazione attuativi dei regolamenti comunitari in materia;
f) l’affidamento alle strutture accreditate delle attività formative secondo le procedure individuate dal programma regionale di formazione professionale di cui al comma 114, lett. b);
g) la realizzazione, per quanto di competenza ed in coerenza con il quadro normativo di riferimento, delle iniziative di integrazione tra le politiche formative, le politiche dell’impiego e il sistema scolastico locale;
h) la partecipazione alla definizione del piano di formazione dei formatori;
i) la partecipazione alla definizione del programma quadro per i tirocini formativi;
j) la nomina delle commissioni d’esame per le attività affidate;
k) il rilascio degli attestati e delle certificazioni intermedi e finali per le attività affidate.
119. Gli obiettivi di cui al comma 116, lett. a), sono definiti dalla Regione, sentiti gli organismi di concertazione e di coordinamento istituiti con la l.r. 1/1999, tenuto conto in particolare della domanda di formazione espressa dalle parti sociali, anche costituite in organismi bilaterali, e delle analisi definite in relazione al sistema informativo regionale ed alle sue interconnessioni con il sistema informativo lavoro di cui all’art. 11 del d.lgs. 23 dicembre 1997, n. 469 (Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell’art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59) e con il sistema informativo delle CCIAA.
12. I fabbisogni formativi di cui al comma 118, lett. a) sono definiti dalle province anche attraverso il confronto con le parti sociali ed avvalendosi dei sistemi informativi di cui al comma 119.
121. Ai sensi dell’art. 138 del d.lgs. 112/1998 la Regione esercita le funzioni amministrative relative:
a) alla programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale;
b) alla definizione degli indirizzi e dei criteri generali di programmazione della rete scolastica in relazione al coordinamento regionale dei piani provinciali;
c) alla suddivisione del territorio regionale, sulla base delle proposte degli enti locali interessati, in ambiti funzionali al miglioramento dell’offerta formativa;
d) alla determinazione del calendario scolastico;
e) all’erogazione dei contributi alle scuole non statali, nell’ambito della legislazione nazionale, nonché all’attribuzione, nei limiti delle risorse regionali disponibili, di buoni scuola alle famiglie degli allievi frequentanti le scuole statali e non statali, legalmente riconosciute e parificate, al fine di coprire, in tutto o in parte, le spese effettivamente sostenute. I buoni scuola dovranno essere rapportati al reddito, alle disagiate condizioni economiche, al numero dei componenti del nucleo famigliare e all’entità delle spese
scolastiche gravanti complessivamente sul nucleo medesimo. Le modalità per l’attuazione degli interventi sono definite dalla Giunta regionale sulla base degli indirizzi del Consiglio regionale;
f) alle iniziative ed alle attività di promozione riguardanti l’ambito delle funzioni conferite.
122. Ai sensi dell’art. 139, comma 1, del d.lgs. 112/1998 spettano alle province, in materia di istruzione secondaria superiore, ed ai comuni in relazione agli altri gradi inferiori dell’istruzione scolastica, i compiti e le funzioni concernenti:
a) l’istituzione, l’aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di programmazione;
b) la redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche e l’individuazione degli ambiti territoriali di riferimento e delle dimensioni ottimali delle istituzioni scolastiche, nel rispetto degli indirizzi e dei criteri generali regionali di cui al comma 122, lettera b);
c) i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni portatori di handicap o in situazione di svantaggio;
d) il piano di utilizzazione degli edifici e di uso delle attrezzature, d’intesa con le istituzioni scolastiche;
e) la sospensione delle lezioni in casi gravi e urgenti;
f) le iniziative e le attività di promozione relative all’ambito delle funzioni conferite;
g) la costituzione, i controlli e la vigilanza, ivi compreso lo scioglimento, degli organi scolastici a livello territoriale;
h) ogni altra attività non mantenuta allo Stato o alla Regione in forza delle vigenti disposizioni e del comma 121.
123. Ai sensi dell’art. 139, comma 2, del d.lgs. 112/1998, i comuni, anche in collaborazione con le comunità montane e le province, ciascuno in relazione ai gradi di istruzione di propria competenza, esercitano, anche d’intesa con le istituzioni scolastiche, iniziative relative a:
a) educazione degli adulti;
b) interventi integrati di orientamento scolastico e professionale;
c) realizzazione di pari opportunità di istruzione;
d) promozione e sostegno della coerenza e continuità in verticale ed orizzontale tra i diversi gradi ed ordini di scuola;
e) interventi perequativi, ivi compreso l’erogazione dei buoni scuola di cui al comma 121, lettera e);
f) interventi integrati di prevenzione della dispersione scolastica e di educazione alla salute.
124. Ai sensi dell’art. 139, comma 3, del d.lgs. 112/1998, le province esercitano le funzioni amministrative concernenti la risoluzione di conflitti di competenza tra istituzioni scolastiche, ad eccezione dei conflitti tra istituzioni della scuola materna e primaria la cui risoluzione spetta ai comuni.
125. Nell’ambito della programmazione dell’offerta formativa di cui ai commi da 15 a 112 operano organismi pubblici e privati che, indipendentemente dalla loro natura giuridica, hanno capacità, competenze e risorse che li pongano in grado di svolgere attività di formazione professionale.
126. In particolare, la Regione favorisce il riordino, la qualificazione, la riconversione e la ristrutturazione degli enti e dei centri di formazione professionale di cui all’art. 25 della l.r. 7 giugno 198, n. 95 (Disciplina della formazione professionale in Lombardia), secondo quanto stabilito dall’art. 17, comma 1, lettera f) della legge 196/1997 e successive modifiche.
127. La Regione, sentiti gli organismi di concertazione e di coordinamento istituiti con l.r. 1/1999 e secondo gli orientamenti contenuti nell’art. 17, comma 1, lettera f) della legge 196/1997, approva un piano di riordino, riqualificazione e riconversione delle strutture formative pubbliche di cui all’art. 23 della l.r. 95/198, che definisce in particolare:
a) il dimensionamento ottimale delle strutture formative pubbliche in relazione ai fabbisogni del mercato del lavoro regionale e locale;
b) la natura giuridica, la forma organizzativa e la struttura gestionale delle strutture formative da istituire;
c) il piano degli obiettivi strategici e dei settori formativi verso cui orientare le attività in funzione della domanda locale di lavoro;
d) il piano per l’ottenimento dell’accreditamento e per la certificazione di qualità dell’intervento formativo;
e) il piano di formazione e di riqualificazione del personale dei
centri formativi;
f) i criteri per la mobilità interna ed esterna del personale dei centri formativi.
128. Il piano di cui al comma 127 trova attuazione in specifiche intese programmatiche sottoscritte dalla Regione, dalla provincia competente e dai comuni singoli o associati interessati al piano di riordino, individuando tra l’altro:
a) le strutture formative e la loro forma gestionale;
b) il piano aziendale per il conseguimento dell’efficienza, dell’efficacia e della economicità di gestione delle strutture formative e del loro accreditamento;
c) le risorse finanziarie, tecniche ed organizzative necessarie alla realizzazione delle intese programmatiche;
d) l’assegnazione del personale regionale ritenuto necessario alla realizzazione delle intese programmatiche.
129. Il piano di cui al comma 127 è approvato entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge e le intese di cui al comma 128 sono approvate entro sei mesi dall’approvazione del piano.
In caso di persistente inadempienza degli impegni sottoscritti nelle intese programmatiche, la Regione esercita il potere sostitutivo di intervento.
13. Fermi restando le funzioni e i compiti ad essa attribuiti dalla vigente normativa, la Regione nell’ambito delle proprie competenze:
a) esercita le attività volte a conseguire la conservazione, la gestione, la promozione e la valorizzazione dei beni culturali, così come definite dall’art. 148 del d.lgs. 112/1998, e concorre con lo Stato e gli enti locali alla promozione e allo sviluppo delle attività medesime, promuovendo il coordinamento e lo sviluppo di sistemi integrati di beni e di servizi culturali;
b) concorre con lo Stato all’azione di tutela dei beni culturali;
c) esercita le funzioni tecnico-scientifiche e amministrative inerenti all’azione di programmazione e coordinamento delle attività svolte da soggetti pubblici e privati che ad esse concorrono nel pubblico interesse.
131. Le funzioni di cui al comma 13 riguardano in particolare:
a) il censimento, l’inventariazione e la catalogazione dei beni culturali, anche con il concorso degli enti locali, secondo le metodologie nazionali definite in cooperazione con lo Stato ed eventualmente con le altre regioni, nonché lo sviluppo delle relative banche dati regionali in un sistema integrato di reti e sistemi informativi;
b) la definizione, in concorso con lo Stato, delle metodologie di conservazione e restauro dei beni culturali e delle connesse attività di ricerca e di documentazione degli interventi;
c) le attività previste dall’art. 149, comma 5, del d.lgs. 112/1998;
d) l’approvazione degli interventi di manutenzione e restauro dei beni culturali effettuati con risorse regionali, anche in concorso con lo Stato e gli enti locali, nonché l’attuazione di altri interventi di investimento di rilevanza regionale, inclusa l’acquisizione di beni culturali, anche mediante acquisto a trattativa privata, ovvero il finanziamento di atti di esproprio o di esercizio della prelazione con destinazione dei beni stessi al territorio della Regione;
e) le attività di indirizzo e coordinamento riguardanti le funzioni in materia di musei e biblioteche di enti locali e di interesse locale, ai sensi dell’art. 7, del d.p.r. 14 gennaio 1972, n. 3 (Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di assistenza scolastica e di musei e biblioteche di enti locali e dei relativi personali e uffici), nonché dei musei ed altri beni culturali statali, di cui al d.lgs. 112/1998, art. 15, commi 1, 2, 3 e 5, trasferiti secondo le modalità di cui ai commi 4, 5, 6 e 8 del medesimo articolo;
f) l’istituzione, il riconoscimento ed il coordinamento dei sistemi bibliotecari e museali di enti locali o di interesse locale;
g) la valorizzazione dei beni culturali e la promozione delle attività e dei servizi culturali di rilevanza almeno regionale attuati, di norma, mediante le opportune forme di cooperazione strutturale e funzionale con lo Stato e gli enti locali, nonché con altri soggetti pubblici e privati, curando la realizzazione delle attività di cui, rispettivamente, agli artt. 152, comma 3, e 153, comma 3, del d.lgs. 112/1998;
h) nell’ambito dei criteri di cui all’art. 149, comma 4, lett. d) del d.lgs. 112/1998, la formazione e l’aggiornamento professionale in genere degli operatori culturali di cui si prevede l’impiego nel territorio regionale, da attuarsi secondo gli standard nazionali ed europei, anche in cooperazione con le università ed altre istituzioni pubbliche deputate alla formazione e all’istruzione;
i) l’organizzazione della raccolta, della elaborazione e della comunicazione dei dati sui beni e sulle attività culturali, anche con l’utilizzo di reti telematiche e di sistemi informativi e statistici, eventualmente in raccordo con le altre pubbliche amministrazioni;
j) la definizione dei profili professionali, in armonia con gli standard nazionali ed europei, degli operatori culturali dei musei e delle biblioteche di enti locali e di interesse locale, anche con l’emanazione di atti di indirizzo destinati agli enti proprietari o responsabili della gestione di detti istituti.
132. La Regione, per il tramite della direzione generale competente in materia di beni e attività culturali, assicura i supporti organizzativi necessari al funzionamento della commissione di cui agli artt. 154 e 155 del d.lgs. 112/1998.
133. La Regione provvede, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, ad adottare una disciplina organica di semplificazione e di armonizzazione delle leggi di settore, anche mediante l’adozione di uno o più testi unici delle disposizioni sui beni e le attività culturali.
134. Ferme restando le funzioni amministrative in materia di beni ed attività culturali già delegate alle province dalla vigente legislazione regionale, sono ulteriormente delegate alle province le funzioni amministrative concernenti:
a) le attività e lo sviluppo dei sistemi museali locali;
b) la promozione di servizi ed attività culturali di rilevanza locale;
c) il coordinamento a livello provinciale delle attività di censimento, inventariazione e catalogazione dei beni culturali, secondo parametri organizzativi e strumentali approvati dalla Regione.
135. Le province esercitano le funzioni amministrative loro delegate:
a) in armonia con gli indirizzi generali determinati dagli strumenti di programmazione regionale in materia di beni ed attività culturali;
b) in armonia con i provvedimenti attuativi degli indirizzi generali di cui alla lett. a) adottati dalla Giunta regionale.
136. Le province formulano progetti di sistemi integrati di beni e servizi culturali e programmi di interventi di manutenzione e di restauro anche in cofinanziamento con altri soggetti pubblici e privati.
137. Competono agli enti cui verranno attribuite le funzioni amministrative relative alla gestione dei beni, di cui all’art. 15, commi 1, 2, 3 e 5 del d.lgs. 112/1998, trasferiti secondo le modalità di cui ai commi 4, 5, 6 e 8 del medesimo articolo; tale gestione sarà attuata in coerenza con le norme adottate in materia dalla Regione.
138. Gli enti locali erogano i servizi bibliotecari, documentali e museali di loro competenza e realizzano le attività di valorizzazione e promozione, di norma mediante forme di cooperazione strutturale e funzionale, anche in concorso con soggetti pubblici e privati e utilizzando gli strumenti di cui all’art. 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica).
139. La Regione promuove l’esercizio associato delle funzioni e dei compiti amministrativi degli enti locali, di cui ai commi da 134 a 138, tramite appositi strumenti di consulenza, progettazione, gestione, incentivazione finanziaria.
14. La Regione favorisce l’esercizio associato delle funzioni dei comuni di minore dimensione demografica.
141. La Regione, ai fini di quanto previsto dai commi 138 e 139 e per assicurare la corretta gestione degli istituti culturali o sezioni di essi, nonché l’erogazione di servizi al pubblico secondo criteri di qualità totale, economicità, efficienza ed efficacia, promuove:
a) l’acquisizione condivisa di beni e servizi da parte degli enti locali;
b) l’acquisizione di prestazioni di personale specializzato da parte degli enti locali, secondo quanto previsto dal comma 131, lett. j).
142. E’ istituita la conferenza permanente per i beni e le attività culturali; la conferenza è organo consultivo della Giunta regionale e ha i seguenti compiti:
a) formulare proposte di azione coordinata fra la Regione, gli enti locali ed altri soggetti pubblici e privati in materia di valorizzazione dei beni culturali e di promozione delle relative attività, anche con riferimento all’individuazione e all’utilizzo deglli strumenti della programmazione negoziata ed ai fini della definizione dei piani pluriennali ed annuali di intervento della Regione e degli altri enti cointeressati ed anche in ordine a quanto previsto dall’art. 155 del d.lgs. 112/1998;
b) concorrere ad elaborare i criteri comuni per la formulazione di proposte ai fini dell’esercizio delle funzioni di cui all’art. 149, comma 3, lettere a) ed e) del d.lgs. 112/1998, secondo quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo.
143. La conferenza è composta da:
a) l’assessore regionale competente in materia di beni e attività culturali, o suo delegato, che la presiede;
b) tre assessori provinciali competenti in materia di beni e attività culturali, designati dall’Unione province lombarde (UPL);
c) tre assessori comunali, competenti in materia di beni e attività culturali, di cui uno di un comune capoluogo di provincia, designati all’Associazione regionale comuni lombardi (ANCI Lombardia);
d) un assessore di comunità montana competente in materia di beni e attività culturali, designato dalla delegazione regionale dell’Unione nazionale comuni comunità ed enti montani (UNCEM);
e) il direttore generale della direzione competente in materia di beni e attività culturali della Giunta regionale.
144. In relazione agli argomenti trattati, il Presidente può convocare i rappresentanti dei soggetti indicati all’art. 154 del d.lgs. 112/1998; possono altresì partecipare ai lavori della conferenza i dirigenti della direzione generale competente in materia di beni e attività culturali.
145. La conferenza è costituita all’inizio di ciascuna legislatura regionale con decreto del Presidente della Giunta regionale o dell’assessore competente in materia di beni e attività culturali, se delegato, entro sessanta giorni dall’insediamento della Giunta regionale. A tal fine gli enti competenti alla designazione dei componenti di cui al comma 143, lettere b), c) e d), provvedono a segnalare i nominativi dei rispettivi rappresentanti entro quarantacinque giorni dalla data di insediamento della Giunta regionale; in fase di prima applicazione detti termini decorrono dall’entrata in vigore della presente legge.
146. I componenti della conferenza di cui al comma 143, lettere b), c), e d) decadono:
a) al termine del rispettivo mandato elettorale, ovvero in caso di cessazione anticipata del medesimo;
b) per dimissioni;
c) per ognuna delle altre cause previste dalla legge.
147. Per i componenti della conferenza di cui al comma 143, lettere b), c), e d), gli enti competenti provvedono a designare i sostituti dei componenti decaduti entro trenta giorni dalla avvenuta vacanza;
entro i successivi quindici giorni il presidente della Giunta regionale o l’assessore competente in materia di beni e attività culturali, se delegato, provvede all’integrazione della conferenza con proprio decreto.
148. La conferenza ha sede presso la competente direzione generale della Giunta regionale ed è convocata dall’assessore competente in materia o da suo delegato; essa è inoltre convocata qualora ne faccia richiesta almeno un terzo dei suoi componenti; la conferenza delibera validamente con la presenza della maggioranza assoluta dei suoi componenti; le deliberazioni sono assunte a maggioranza semplice dei presenti; le modalità di convocazione e di svolgimento delle sedute, le procedure di funzionamento e l’organizzazione dei lavori della conferenza sono disciplinate con regolamento interno approvato dalla conferenza stessa; la direzione generale competente in materia di beni e attività culturali assicura alla conferenza il supporto di segreteria.
149. La materia della polizia amministrativa regionale e locale e regime autorizzatorio comprende tutte le funzioni ed i compiti in tema di "polizia amministrativa regionale e locale e regime di autorizzazione".
15. La Regione è titolare delle funzioni e dei compiti di polizia amministrativa nelle materie di sua competenza o ad essa delegate ai sensi della normativa vigente.
151. La Giunta regionale definisce i criteri per promuovere e sovvenzionare lo svolgimento associato dei servizi di polizia locale, nonché la collaborazione tra gli enti competenti al fine di garantire lo svolgimento delle funzioni di polizia amministrativa, regionale e locale su tutto il territorio. A sostegno delle attività dei corpi e dei servizi della polizia locale, sono erogati contributi regionali per favorire gli enti locali nello svolgimento associato delle funzioni di polizia locale.
152. L’art. 2 della l.r. 17 maggio 1985, n. 43 (Norme in materia di polizia locale) è così sostituito:
"Art. 2 (Coordinamento delle forze di polizia locale)
1. Al fine di rendere integrate ed omogenee le attività dei corpi e dei servizi di polizia locale, la Giunta regionale costituisce apposita struttura di coordinamento delle funzioni e dei compiti di polizia locale, anche quale referente di analoghe strutture organizzative da istituirsi dagli enti locali. Ove si renda necessario, su richiesta dell’autorità competente, la Regione attiva l’intervento della struttura di coordinamento.
2. Qualora sia necessario coordinare l’impiego delle forze di polizia dipendenti dagli enti locali con le forze di polizia dello Stato, ovvero con i corpi o con le organizzazioni della protezione civile, l’autorità di polizia locale, sulla base di opportune intese e delle modalità di coordinamento definite dalla struttura regionale e nell’ambito delle strutture locali di cui al comma 1, impartisce, mediante il comandante del corpo di polizia locale, le direttive del caso ai propri dipendenti; il comandante determina le modalità operative nel rispetto delle direttive dell’autorità suddetta.".
153. All’art. 8, comma 3, della l.r. n. 43/1985, dopo le parole "posti di agente" sono inserite le seguenti:" che frequenti il corso di cui al comma 1,".
154. L’art. 9 della l.r. n. 43/1985 è così sostituito:
"Art. 9 (Corsi di preparazione ed aggiornamento professionale)
1. La Regione promuove ed organizza i corsi di formazione per i vincitori dei concorsi di posti di ufficiale, sottufficiale ed agente, di cui all’art. 8, comma 1, tenuto conto dei vigenti accordi di livello regionale inerenti alla formazione dei dipendenti pubblici, stipulati tra le organizzazioni sindacali, la Regione e le associazioni rappresentative degli enti locali, nonché delle precedenti esperienze formative realizzate dagli enti locali per il personale addetto alla polizia locale.
2. La Regione promuove ed organizza altresì corsi formativi di preparazione ai concorsi banditi dagli enti competenti per il reclutamento del personale di polizia locale. La preselezione per la partecipazione a detti corsi è effettuata dagli enti locali sulla base del numero dei posti che intendono coprire. Il superamento degli esami finali dei predetti corsi ovvero il possesso di titolo equivalente costituisce requisito per l’accesso ai ruoli della polizia locale e non ha effetto ai fini del superamento del periodo di prova del personale assunto a seguito di concorso. Ai corsi previsti dal presente comma partecipa anche il personale di cui all’art. 17, commi 132 e 133, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo) e all’art. 46 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica).
3. I corsi di cui al comma 2 possono essere promossi ed organizzati anche dagli enti locali, con l’osservanza delle modalità e dei criteri di cui al comma 5, verificata dalla Giunta regionale.
4. Coloro che hanno frequentato i corsi formativi di preparazione e superato gli esami finali sono iscritti in apposto elenco conservato ed aggiornato dalla direzione regionale competente in materia di polizia locale. L’iscrizione all’elenco costituisce requisito per la partecipazione alle procedure di selezione per l’assunzione di personale di polizia a tempo determinato.
5. Le modalità organizzative, i contenuti, la durata, le prove finali dei corsi formativi e di aggiornamento di cui all’art. 8 ed al presente articolo, nonché i criteri per la composizione delle commissioni esaminatrici dei corsi formativi, sono disciplinati con deliberazione della Giunta regionale.
6. Al fine di contribuire all’onere gravante sugli enti locali per la formazione del personale addetto alle funzioni di polizia locale, la Regione stipula con l’IReF una convenzione annuale o pluriennale per la realizzazione, anche in forma decentrata, di corsi di formazione di base, di qualificazione e di aggiornamento professionale di cui all’art. 8 ed al presente articolo, che l’IReF gestisce direttamente o stipulando convenzioni per lo svolgimento in forma indiretta.
7. Il volume delle iniziative formative previste dalla convenzione è contenuto nei limiti dei finanziamenti annuali approvato con provvedimento della Giunta regionale, sulla base delle previsioni del bilancio della Regione.
8. Nel determinare il finanziamento delle iniziative, la Giunta regionale tiene conto del reale fabbisogno formativo accertato sulla scorta della domanda proveniente dagli enti locali e dalle ricerche dell’IReF.
9. L’attività didattica disciplinata dalla convenzione è prevista in un programma annuale definito dall’IReF, il cui contenuto è comprensivo:
a) dell’analisi dei fabbisogni;
b) della progettazione generale degli interventi;
c) del catalogo degli interventi distribuiti nel corso dell’anno di attività ed eventualmente decentrati in sedi periferiche.".
155. Entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, in relazione alle esigenze evidenziate dagli enti locali, provvede a quanto previsto dal comma 5 dell’art. 9 della l.r. 43/1985 come sostituito dal comma 154.
156. L’art. 1 della l.r. 43/1985 è abrogato.
157. Coloro che hanno superato, per l’accesso alla qualifica di agente, il corso formativo di preparazione di cui all’art. 9, comma 2, della l.r. 43/1985, come modificato dal comma 154, sono esonerati dal frequentare il corso di formazione di cui all’art. 8, comma 1, della l.r. 43/85.
158. L’attività dei corpi e dei servizi di polizia locale, siano essi della provincia, della comunità montana o del comune, singoli o associati, viene garantita mediante sezioni specializzate per settori di competenza.
159. Gli addetti ai servizi di polizia non possono essere destinati a svolgere stabilmente attività e compiti difformi da quelli loro conferiti dalle leggi e regolamenti.
16. Nell’organizzazione delle attività dei corpi e dei servizi, ivi compresa la partecipazione ai corsi di formazione professionale, si applicano i principi contenuti nella legge 9 dicembre 1977, n. 93 (Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro) e della legge 1 aprile 1991, n. 125 (Azioni positive per la realizzazione per la parità uomo-donna nel lavoro).
161. Il comandante del corpo, o il responsabile di servizio di polizia locale, risponde dell’organizzazione, della disciplina e delle modalità di impiego-tecnico e operativo degli appartenenti alle forze di polizia locale. Il comandante del corpo, o il responsabile del servizio di polizia locale, è tenuto a rispettare le direttive impartite rispettivamente dal presidente della provincia o della comunità montana o dal sindaco.
162. Le province, le comunità montane e i comuni singoli o associati, in cui sia operante un corpo o un servizio di polizia locale, ne definiscono con regolamento l’ordinamento e l’organizzazione.
163. Gli enti interessati, contestualmente all’approvazione degli atti relativi alla gestione associata, adottano un regolamento che specifica le modalità di svolgimento delle funzioni.
164. E’ costituito il sistema operativo della banca dati regionale con la finalità di favorire la comunicazione di informazioni operative a doppio senso tra la Regione e gli enti locali, per la gestione delle attività di polizia locale.
165. Il sistema operativo ha altresì lo scopo, ai sensi della legge 225/1992 e del d.p.r. 6 febbraio 1981, n. 66 (Regolamento di esecuzione della legge 8 dicembre 197, n. 996, recante norme sul soccorso e l’assistenza alle popolazioni colpite da calamità – protezione civile), di integrarsi con il programma nazionale di protezione civile.

ARTICOLO 5
(Disposizioni finali)
1. Per i tempi e le modalità del passaggio delle funzioni e del trasferimento delle risorse finanziarie e strumentali si applicano le disposizioni di cui all’art. 3, commi 17, 19 e 2 della l.r. 2/1999.
2. Dalla data di passaggio delle funzioni stabilita dalla Giunta regionale con le modalità di cui all’art. 3, comma 17 della citata l.r. n. 2/1999, hanno decorrenza le abrogazioni disposte dagli articoli della presente legge con esplicito richiamo al presente comma ovvero connesse all’effettivo esercizio delle funzioni conferite in attuazione del d.lgs. 112/1998.

ARTICOLO 6

(Dichiarazione d’urgenza)
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’art. 127 della Costituzione e dell’art. 43 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia.