Cambia il regime giuridico della disposizione sui microprogetti.

Si tratta di un modello di amministrazione che, se si dimostrasse funzionante alla prova dei fatti, scardinerebbe tante posizioni di rendita. E cosìgli avversari sono tanti.

Ancora una volta i bad guys ce l’hanno fatta. Sono riusciti a bloccare o solo ostacolare – ai posteri l’ardua sentenza – la sperimentazione di un istituto di portata tanto innovativa come quello contenuto nella versione iniziale della disposizione sui "micro-progetti di arredo urbano o di interesse locale operati dalla società civile nello spirito della sussidiarietà" (art. 23 del d.l. n. 185 del 28, convertito con modifiche dalla l. n. 2 del 29). Tanto innovativo da spaventare "palazzinari" e "mattonari". E costringerli a svolgere un’intensa attività di lobbying per spuntare, limare, depotenziare uno strumento di dialogo diretto e fattivo tra città e cittadini nella cura concreta dei beni pubblici locali. Ma siamo convinti che la coalizione degli interessi dietro questa sortita sia ben più ampia. Si tratta, infatti, di un modello di amministrazione che se si dimostrasse funzionante alla prova dei fatti scardinerebbe tante posizioni di rendita. E così gli avversari sono tanti.

Il silenzio: dall’assenso al rigetto

La vecchia formula della disposizione contenuta nel comma 2 dell’art. 23 prevedeva che "Decorsi 2 mesi dalla presentazione della proposta, senza che l’ente locale abbia provveduto, la stessa e’, ad ogni effetto e nei confronti di ogni autorita’ pubblica e soggetto privato, approvata e autorizzata, senza necessita’ di emissione di alcun provvedimento. In tal caso, la realizzazione delle relative opere, a cura e sotto la responsabilita’ del gruppo proponente, deve iniziare entro 6 mesi ed essere completata entro 24 mesi dall’inizio dei lavori".
Nella nuova formulazione si inverte il regime autorizzatorio e si stabilisce che "Decorsi 2 mesi dalla presentazione della proposta, la proposta stessa si intende respinta. Entro il medesimo termine l’ente locale puo’, con motivata delibera, disporre l’approvazione delle proposte formulate ai sensi del comma 1, regolando altresi’ le fasi essenziali del procedimento di realizzazione e i tempi di esecuzione".

Una vittoria del lobbying

Il presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici ha candidamente ammesso che: "Assoedilizia aveva suggerito al Governo una riflessione sull’introduzione, prevista all’art. 23 del D.L. anticrisi, del silenzio-assenso sulle proposte di microprogetti di arredo urbano o di interesse locale operati dalla società civile nello spirito della sussidiarietà. Molto opportunamente il testo licenziato dalla Camera dei Deputati ha introdotto il criterio del silenzio rifiuto: in linea con i principi generali dell’Ordinamento amministrativo. La norma, cosi come concepita, è quanto mai provvida e foriera di esiti favorevoli, sul piano della sussidiarietà e della collaborazione dei privati, della società civile, al miglioramento della qualità estetica e della funzionalità delle città. Assoedilizia apprezza la ponderatezza e la lungimiranza con le quali il Governo ha saputo affrontare una questione, connotata da un marcato tecnicismo giuridico, che non poteva venir affidata a risposte giuridiche improntate a mera suggestione.” (vd. la dichiarazione)

I (veri) principi (veramente) generali

Ebbene è noto a tutti che nel 25 la riforma della legge n. 241 del 199 sul procedimento amministrativo, riforma fortemente voluta dalla maggioranza parlamentare di centrodestra, con qualche contributo di pezzi del centrosinistra, ha capovolto il principio ampliando considerevolmente il novero delle situazioni nelle quali i cittadini possono avvalersi di una dichiarazione di inizio attività (art. 19) o di un silenzio-assenso (art. 2), anziché attendere un provvedimento amministrativo espresso, negativo o positivo che sia. E quest’ultima sì che si può ritenere la regola principe del procedimento amministrativo (art. 2). Non può, invece, affatto sostenersi come fa il presidente di Assoedilizia, che nel nostro ordinamento costituisca principio generale la possibilità per l’amministrazione di non rispondere alle istanze dei cittadini e di ricollegare a tale silenzio l’immotivato rifiuto di un provvedimento purchessia (positivo o negativo). Sarebbe come tornare indietro di almeno trent’anni nell’evoluzione del diritto amministrativo. Tanto più che la norma ricollega all’inerzia sull’istanza dei cittadini di realizzare microprogetti una conseguenza ancor più grave del mero silenzio-rifiuto (o silenzio-inadempimento). Il silenzio-rigetto, e cioè una vera e propria manifestazione tacita di volontà negativa ricollegata per legge al comportamento inerte della p.a. Questa rappresenta un’eccezione, non la regola e men che meno un principio generale dell’ordinamento amministrativo!

Microprogetti, un micro-futuro?

Probabilmente il colpo assestato a un’idea così innovativa, ma anche al diritto, alla democrazia e alla Costituzione, è grave. Ma non letale.
E’ grave perchè costituisce un disincentivo per le amministrazioni (almeno quelle pigre o in malafede) a prendere in considerazione le iniziative spontanee della società civile di manutenzione dei beni comuni o pubblici. E questo colpo fa tanto più male se si considera che proviene da una fetta (almeno un tempo) molto proattiva della società civile e da soggetti raggruppati in organizzazioni come Assoedilizia, che addirittura si definisce "la borghesia storica di Milano e della Lombardia". Viene da domandarsi, allora, dove sia finita quella borghesia che dopo la seconda guerra mondiale ha ricostruito mattone dopo mattone una Nazione in ginocchio. Probabilmente si è fatta casta e, come o più di altre caste italiane, si è seduta (sui propri mattoni) a contare i frutti delle proprie rendite disinteressandosi del bene comune. Ma si tratta di rendite che si assottigliano sempre più man mano che il Paese sprofonda nell’immobilismo istituzionale, nella perdita di competività economica, nell’obsolescenza tecnologica e scientifica e nel degrado sociale e culturale.

Armiamoci e partiamo

Ma non è detta l’ultima. Labsus intende impegnarsi per dare massima attuazione possibile a quello che rimane dello spirito profondamente innovatore presente nella formulazione iniziale della disposizione. Naturalmente ento i limiti più ristretti dettati dal nuovo testo normativo. Perchè ci saranno in Italia amministrazioni locali che vorranno sperimentare le potenzialità di un principio e di un istituto idonei a fornire una risposta nuova a tanti problemi antichi e cronici dell’amministrazione locale. Con queste amministrazioni virtuose Labsus è pronta a dialogare costruttivamente e a queste punte di eccellenza dell’amministrazione pubblica Labsus intende fornire il proprio supporto e il proprio know-how per evitare che un modello sperimentale e innovativo di amministrazione come quello presupposto dalla norma sui microprogetti affondi sotto i colpi degli interessi particolaristici e di categorie interessate solo a estrarre rendite individuali e non a tutelare il bene comune e a incrementare il benessere collettivo. Con queste amministrazioni, ma anche con tutte le forze attive della società il canale di dialogo è aperto:
contatti@labsus.net e iaione@labsus.net