“La città grida Giustizia”: giovani in festa per rigenerare. Ac, Libera e Angsa Lazio, insieme con coraggio

Se la città grida, i suoi giovani non possono che correrle in soccorso. Le strade di Roma implorano aiuto per chi dorme fuori tutte le notti, per chi non ha pane, per chi non vede futuro, per chi non trova significato. Non solo. Tra le altre, c’è una piaga più nascosta che da decenni toglie dignità ai quartieri romani, li sporca senza lasciare traccia visibile: la criminalità organizzata di stampo mafioso. Sabato 15 giugno il settore giovani dell’Azione Cattolica di Roma, in collaborazione con Libera di Don Luigi Ciotti, ha vissuto un pomeriggio di festa e formazione in un luogo ormai simbolo della lotta alla mafia romana, una villa confiscata al clan Casamonica, a Campo Romano, nella periferia sud della capitale. «Per anni si è voluto far credere che la mafia a Roma non esistesse» dice Marco Genovese, referente per il Coordinamento provinciale di Libera, «e tutto questo ha favorito l’attività indisturbata dei gruppi criminali. Perché la mafia invece qui c’è ed è una presenza storica».

Perché una festa in un bene confiscato?

L’ultima delle tre attenzioni, indicate dal cardinal vicario Angelo De Donatis alla diocesi di Roma per l’anno pastorale in corso, è proprio quella che spinge all’«ascolto del grido della città». A Roma, a non poter aprire attività commerciali, a vivere all’ombra di situazioni non del tutto chiare, sono abitanti dei quartieri centrali e delle periferie dimenticate, come quella di Campo Romano, a due passi dalla Romanina. Davanti ad un fenomeno così complesso e indecifrabile come quello criminale e mafioso, inevitabilmente ci si sente schiacciati come formiche, senza alcuna possibilità di poter dire la propria per cambiare le cose. Il settore giovani di Ac ha chiesto agli amici di Libera, del Comitato di quartiere di Campo romano e di ANGSA Lazio Onlus (Associazione nazionale genitori soggetti autistici), che operano quotidianamente nei due beni confiscati di Via Roccabernarda 15 e 16, qual è il ruolo che giovanissimi e giovani possono avere ogni giorno nella lotta alla mafia e come si sottrae terreno al degrado sociale. «Siamo molto contenti che abbiate pensato di affacciarvi a questi temi – dice Marco -, cercando di capire cosa sta accadendo a Roma. Essere qui è un segno, a volte dobbiamo fare noi dei passi per andare a conoscere le cose proprio lì dove accadono. Con la legge 109 del 1996 (per l’uso sociale dei beni confiscati) le associazioni possono ricevere in gestione i beni confiscati alla criminalità e restituirli al territorio».

Camminare in Via Roccabernarda muove dentro sensazioni strane: prima di entrare dal cancello del civico 15, dove mesi fa troneggiava una grande villa sequestrata alla criminalità, che ora è il “Parco della legalità”, si sfila davanti ad altre ville abitate, enormi e colorate. «Questo campo polivalente è un gioiello vero e proprio in questa zona, ce lo godiamo» racconta Carlo Feliciani, uno dei custodi del bene qui dal 1952, presidente del Comitato di Quartiere. L’area era stata sequestrata nel 2009 e poi restituita ai cittadini lo scorso 22 maggio, dopo l’abbattimento della villa abusiva (1000 mq) e l’inaugurazione del nuovo parco pubblico. «Le città spesso sono bunker, qui noi cerchiamo di creare uno spazio comune sicuro per tutti i ragazzi del quartiere, per conoscersi in piazza senza paura. Raccontate di questo spazio di periferia, perché la periferia è un bel posto, non è soltanto brutte storie» continua Tonino, anche lui del Comitato di quartiere.

Occupare posti con la bellezza

La città rinasce quando il suo lamento e le sue preghiere vengono ascoltate, purché non esistano quartieri di serie A e di serie B. «Attorno a luoghi come questo, restituiti alla collettività, si radunano le comunità. I beni confiscati a Roma ci consentono di raccontare tantissime storie: Libera dal ’92 prende dei pezzi non conosciuti della storia d’Italia e li tira fuori, li consegna alla luce. Perché è necessario mettere insieme più soggetti possibile e porre la legalità al centro dei dibattiti pubblici» continua Marco. «È necessario essere presenti nei luoghi “brutti”: una piccola azione contro la mafia è quella di occupare posti con la “bellezza”, come potrebbe accadere, ad esempio, con la proiezione di un film in una piazza di spaccio. Noi non siamo la periferia della criminalità, noi siamo quel tessuto sociale che prova a riconquistare il proprio quartiere con la bellezza» racconta Diego, volontario di Libera. «Siamo qui per ascoltare ed imparare. Occorre, come giovani cristiani, che sviluppiamo un’attenzione particolare nel prenderci cura del nostro territorio e delle nostre comunità. Qui c’era bisogno di una piazza, da noi di cosa c’è bisogno? Come cristiani leggiamo questo in un senso diverso: dove siamo chiamati a portare la Buona novella?» domanda Luciano Iannuso, vicepresidente per il settore giovani di Ac. Gli fa eco la presidente diocesana dell’Ac, Rosa Calabria, che spinge i giovani a fare proprie le sofferenze delle strade in cui vivono, facendo vincere la legalità ogni giorno.

Fare nuove le cose

Stefania Stellino e Danilo Catania, presidente e vicepresidente di ANGSA Lazio, guidano i ragazzi tra le grandi stanze, in parte ancora da ristrutturare, del bene confiscato del civico 16. ANGSA si occupa di ricerca scientifica, di formazione e di tutela dei diritti delle persone nello spettro autistico, e ha in gestione il bene come centro diurno, per promuovere l’integrazione e annullare le barriere: «L’ultima cosa che vogliamo – racconta Stefania – è creare un ghetto. Noi qui vogliamo fare qualcosa per le persone, non solo per i nostri figli, perché se stanno bene tutti, stanno bene anche i nostri figli. Ci dicono che abbiamo un grande coraggio, ma non è tanto quello che ci spinge, quanto una grande motivazione». Ecco, come giovani, quello che siamo chiamati a fare in questo tempo: ascoltare la disperazione delle nostre strade per «fare nuove tutte le cose». Non per “farne di nuove”, ma per “farle nuove”. Camminare, ascoltare, pregare, sognare cose belle, rigenerare.