Sono potenziali strumenti di rilancio dell’attrattività dei territori del Sud e delle aree interne. Se ne è parlato il 3 febbraio in un incontro tra Labsus e l’Associazione South Working - Lavorare dal Sud

Il 3 febbraio 2021 si è svolto sulla piattaforma Zoom un incontro tra le Associazioni Labsus-Laboratorio per la sussidiarietà e South Working-Lavorare dal Sud, per confrontarsi, in particolare, sull’opportunità di stipulare Patti di collaborazione e di promuovere i cd. “presidi di comunità”, come strumenti di rilancio delle aree urbane e rurali del Paese.
L’idea di questa collaborazione tra le due associazioni nasce dall’osservazione del perseguimento di obiettivi comuni, ossia il miglioramento della qualità della vita dell’individuo nei luoghi di appartenenza, o di elezione, e la creazione di legami di comunità che riqualifichino le aree urbane e interne del Paese.

Per un dialogo costruttivo tra le due associazioni, è da ritenersi cruciale l’attuazione che ciascuna di esse opera di principi enunciati dalla nostra Carta Costituzionale. Si fa riferimento, in particolare, all’art. 118 Cost. che sancisce il principio di sussidiarietà, sulla cui promozione e attuazione si articola l’opera di Labsus. Invero, il coinvolgimento dei cittadini, singoli o associati, nella promozione di attività di interesse generale e la loro autonoma iniziativa, secondo il dettato costituzionale, deve essere favorita dagli enti locali. A tal fine, Labsus gode di una preziosa esperienza nella promozione dello strumento dei cd. Patti di collaborazione tra cittadini e amministrazioni locali, le cui caratteristiche e potenzialità sono state enucleate dal Prof. Fabio Giglioni e da Pasquale Bonasora, entrambi membri del Consiglio direttivo di Labsus. Tali Patti consentono al cittadino di «concorrere al progresso materiale o spirituale della società» (art. 4 co 2 Cost) prendendosi cura di beni comuni la cui fruibilità deve essere restituita all’intera collettività.

Un Patto è per tutti

Importante, allora, è comprendere che la legittimazione alla proposta e coprogettazione con l’ente locale di un Patto di collaborazione su un bene comune, prescinde dalla qualifica soggettiva del proponente. In altre parole, può stipulare un Patto di collaborazione un singolo cittadino, un gruppo informale di cittadini, un’associazione, un’impresa, nonché un bambino, uno straniero o un turista, che coltivi il desiderio di migliorare il contesto sociale in cui si trova, anche temporaneamente, a beneficio dell’intera comunità. D’altro canto, il vantaggio per le pubbliche amministrazioni che operano sul territorio è sicuramente quello di aumentare il tasso di attrattività dei territori e di accrescere il senso civico delle comunità locali.

Le esperienze in atto al Sud

Detto ciò, nel processo di conoscenza dello strumento dei Patti di collaborazione, si è rivelato fondamentale il riferimento a Patti già stipulati tra cittadini e Pubbliche amministrazioni, in quanto ha consentito di ragionare in concreto su quali siano i benefici derivanti dalla loro proposizione e stipulazione. Alcune delle località scenario di patti di collaborazione descritti sono: il Comune di Baradili, comune sardo di 78 abitanti; Pizzo Calabro, dove una ex tonnara è diventata “Experience House”, laboratorio sociale e luogo di incontro per nomadi digitali; Trento, ove in una biblioteca è stato promosso un percorso di educazione digitale, valorizzando le competenze dei più giovani. Infine, sono stati menzionati dei patti di collaborazione stipulati in Sicilia, nei Comuni di Valledolmo, Belmonte, Santo Stefano di Quisquina e Campobello di Mazara.

I valori che sono alla base 

Ha moderato l’incontro la presidente di South Working, Elena Militello, ed è il senso e gli obiettivi dell’incontro sono emersi dall’intervenuto come relatore il vicepresidente, Mario Mirabile. L’azione dell’associazione si ispira, tra gli altri principi, a quelli di coesione e solidarietà sociale, sanciti dall’art. 119 Cost., la cui attuazione mira a ridurre i divari socio-economici e territoriali. A riprova di ciò, basta notare come la “coesione” sia il primo dei valori menzionati dalla Carta del South Working, consultabile nel testo integrale sul sito. Tra le altre linee d’azione di questo movimento, nato dal basso, in piena pandemia, vi è inoltre la delocalizzazione del lavoro come occasione di promozione di uno sviluppo sostenibile dei territori, anche mediante la creazione di infrastrutture digitali a disposizione delle comunità locali. In particolare, l’associazione South Working propone la sottoscrizione di Protocolli di intesa con i Comuni, laddove sussistano tre prerequisiti: una buona connessione a internet, un efficiente collegamento a un aeroporto o a una stazione tav, la presenza di almeno un presidio di comunità.

Fare comunità con i presìdi

Un punto originale della proposta dell’associazione South Working è proprio la mappatura dei cd. “presidi di comunità” (già 214 sul territorio nazionale), ossia di luoghi ove sia possibile non solo lavorare bensì “fare comunità”: non si tratta, quindi, di semplici coworking, bensì di veri e propri luoghi di aggregazione.
In conclusione, l’incontro virtuale ha consentito di far emergere le potenzialità di una collaborazione tra le due associazioni in quanto, se l’innovazione di South Working incontra l’esperienza di Labsus, utilizzando un’espressione tratta dal libro “I custodi della bellezza” del Prof. Gregorio Arena, potremo veder comparire, sulla mappa dei presidi di comunità, tanti «puntini luminosi» quanti sono i luoghi di cui i cittadini attivi sceglieranno di prendersi cura, mediante la stipulazione di nuovi patti di collaborazione.

Foto di copertina: Pete Linforth su Pixabay