Con l’adozione della legge del 3 marzo 2021, n. 1, anche la Regione Lazio si è dotata di una normativa volta a disciplinare le cooperative di comunità, ponendosi in continuità con quanto già fatto da altre regioni. Una scelta, questa, resa necessaria in virtù dell’assenza di una puntuale disciplina dell’istituto a livello statale.
Un articolato ridotto ma innovativo
La legge in esame presenta un impianto particolarmente ridotto, contenuto in undici articoli (di cui però solamente i primi otto incidenti sulla definizione e sulla disciplina delle cooperative di comunità, essendo gli ultimi tre dedicati agli effetti e oneri finanziari della legge e all’entrata in vigore della stessa) e che si apre indicando all’articolo 1 “Finalità e oggetto” della disciplina approvata.
Richiamando i principi costituzionali della funzione sociale della cooperazione mutualistica senza fini di lucro e il principio di sussidiarietà orizzontale, viene espressa la finalità di promuovere «il ruolo e la funzione delle cooperative di comunità che abbiano come obiettivo la produzione di vantaggi a favore di una comunità territoriale definita, alla quale i soci promotori appartengono o che eleggono come propria, nell’ambito di iniziative a sostegno dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale» che incidano positivamente sulla produzione e valorizzazione di servizi locali.
A tal fine, il comma 2 dell’articolo 1 preannuncia che la presente legge, oltre a istituire un albo regionale delle cooperative di comunità (poi previsto all’art. 7) e a prevedere «forme di sostegno a favore delle stesse», definisce «i criteri e i requisiti per il riconoscimento delle cooperative di comunità».
Si tratta dei requisiti stabiliti all’articolo 2 della legge, a mente del quale le cooperative di comunità devono essere costituite in forma di società cooperativa – o di consorzi di cooperative – secondo le modalità previste dal codice civile, volgendo la propria attività in favore e con il coinvolgimento della popolazione verso la valorizzazione delle competenze e delle risorse locali tramite un’attività economica sostenibile, delineata dalla stessa disposizione. Inoltre, è previsto che le cooperative debbano avere sede nel territorio regionale e operare prevalentemente in aree montane, aree interne o a rischio spopolamento, o comunque in aree caratterizzate da particolari condizioni di disagio o problematiche di accessibilità.
Viene inoltre prevista la possibilità di realizzare scambi mutualistici, prevedendo una serie di indicazioni minime che deve prevedere l’atto costitutivo delle cooperative di comunità, connesse alle peculiarità dell’istituto, e l’obbligo di approvazione di un bilancio che rappresenti i benefici e le altre utilità per la comunità conseguite nell’esercizio di riferimento. Vengono inoltre identificati i soggetti che vi possono partecipare in qualità di soci, ossia ai soggetti che «risiedono ovvero [da intendersi nel significato “giuridichese” di “o”] che operano con carattere di continuità nel territorio della comunità».
Infine, vengono previsti una serie di incentivi, ulteriori a quelli già conseguibili dalle cooperative, ivi compresa la possibilità di ottenere l’utilizzo di aree o beni immobili inutilizzati nonché, all’art. 8, la promozione, anche mediante azioni concrete, di forme di coinvolgimento attivo delle cooperative di comunità, anche attraverso l’utilizzo degli istituti ex art. 55 del Codice del Terzo Settore.
Le innovazioni sotto l’aspetto sussidiario
Come visto, la legge in esame disciplina a livello regionale le cooperative di comunità, ponendosi in continuità con quanto già fatto da altre Regioni; scelta resa necessaria in virtù dell’assenza di una puntuale disciplina dell’istituto a livello statale.
Ma oltre a caratterizzarsi per essere una legge specifica, dedicata appositamente ed esclusivamente alle cooperative di comunità, la legge della Regione Lazio n. 1 del 2021 presenta diverse innovazioni che paiono cogliere l’importanza delle cooperative di comunità anche sotto l’aspetto sussidiario.
Già il richiamo all’art. 118, comma quarto della Costituzione, citato all’incipit della legge insieme all’art. 45 della Costituzione, rappresenta chiaramente la consapevolezza di come la disciplina delle cooperative di comunità debba essere ispirata a una logica sussidiaria.
E la disciplina delineata risponde pressoché totalmente a tali aspettative: in particolare emergono la possibilità per le cooperative di comunità di esercitare le attività di interesse generale previste dalla disciplina dell’impresa sociale – acquisendone quindi la qualifica – e il coinvolgimento di tali cooperative, con tale qualifica, mediante gli istituti ex art. 55 del Codice del Terzo Settore.
Si tratta di un approdo coerente con quanto stabilito dalla Corte costituzionale nella ormai famosa sentenza n. 131 del 26 giugno 2020 – con cui è stata riconosciuta l’applicabilità dell’art. 55 del CTS alle cooperative di comunità laddove qualificate come imprese sociali e quindi quali enti del Terzo Settore.
Inoltre, può vedersi positivamente anche il carattere particolarmente inclusivo sotteso alla disciplina approvata, tanto dal punto di vista soggettivo, comprendendo (o, meglio, coinvolgendo) non solo i cittadini residenti localmente ma tutte le persone che «operano con carattere di continuità» e «alla quale i soci promotori appartengono o che eleggono come propria», quanto dal punto di vista delle attività considerate, rapportando il concetto di sostenibilità anche alla trasmissione delle esperienze intergenerazionali e al sostegno dei lavoratori con disabilità.
Le cooperative di comunità: un modello di innovazione sociale
Più critica appare la disposizione dell’art. 5 della legge, laddove richiama le procedure di evidenza pubblica per “concedere” l’utilizzo di beni immobili inutilizzati.
Si tratta di una previsione che – sebbene al comma 2 richiami l’articolo 118 della Costituzione – riporta alla mente l’annosa questione dell’applicazione delle procedure ad evidenza pubblica anche per i servizi sociali, in ultimo però ridimensionata dal Consiglio di Stato.
In definitiva, la legge della Regione Lazio n. 1 del 2021 appare cogliere, con approccio particolarmente positivo che emerge nonostante i pochi articoli di cui è composta, oltre alla portata innovativa degli istituti del Codice del Terzo Settore, già affermati dalla dottrina più attenta, le peculiarità delle cooperative di comunità che, come già rilevato dalla giurisprudenza, «rappresentano un modello di innovazione sociale, in cui i cittadini creano una specifica sinergia mettendo in comune le attività delle persone, le attività delle istituzioni e quelle delle imprese e delle associazioni per rendere un servizio pieno all’intera comunità», come quello proposto con l’Amministrazione condivisa.
Foto di copertina: Edgar Chaparro su Unsplash