Carlo insegnava e scriveva non soltanto con l’impegno del docente e dello studioso, ma anche con la passione di chi ritiene la diffusione delle proprie idee un impegno civile, meglio, politico nel senso più ampio del termine

Carlo era un professore fino al midollo. Gli piaceva studiare, scrivere, insegnare, l’Università era il suo mondo, insieme con Euricse, la sua creatura.
Chiunque lo abbia sentito parlare in pubblico era colpito non solo dalla totale padronanza dei temi che trattava, ma soprattutto dalla passione con cui esponeva le sue idee. Si capiva che ci teneva a farsi capire e che faceva di tutto per convincere gli ascoltatori. E non si tirava certo indietro se c’era da controbattere o criticare qualche tesi che non condivideva!
Leggeva e scriveva moltissimo. Non so come facesse, perché prima di ammalarsi era spesso in giro per il mondo, ma se gli mandavi la bozza di un articolo da leggere potevi star sicuro che dopo un po’ ti sarebbe arrivata una sua e-mail piena di commenti utili.
Di Carlo come studioso e come “padre” delle leggi più significative sulla cooperazione sociale e sul volontariato organizzato altri diranno meglio di me. Ma, tanto per dare un’idea del livello di Carlo come economista, ricordo che una volta lo andai a trovare nel suo studio in Facoltà e lui, giustamente orgoglioso, mi fece vedere una copia di un suo libro tradotto in coreano.
Ho scritto che a Carlo piaceva studiare, scrivere e insegnare. A tanti di noi che lavoriamo all’Università piace fare queste cose. Lui in più era un innovatore. Aveva la profonda convinzione che le idee possono cambiare il mondo e quindi si comportava di conseguenza. Per questo insegnava e scriveva non soltanto con l’impegno del docente e dello studioso, ma anche con la passione di chi ritiene la diffusione delle proprie idee un impegno civile, meglio, politico nel senso più ampio del termine.
Penso che Carlo fosse consapevole di quanto con il suo lavoro avesse in effetti contribuito a cambiare tante cose, a cominciare dal mondo della cooperazione e del volontariato, su cui ha lasciato un’impronta che durerà a lungo. E spero che questa consapevolezza abbia contribuito a rendergli meno pesanti gli anni della malattia, che ha affrontato con serenità esemplare, commovente.
Con Carlo siamo stati colleghi di Facoltà dal 1985, quando fui chiamato a Trento, fino al 2015, quando sono andato fuori ruolo. Dopo abbiamo comunque continuato a sentirci e quando da Roma venivo a Trento ci vedevamo per un caffè in piazza Duomo. Lui economista, io giurista, ma avevamo tanti interessi in comune ed era sempre piacevole rivederci, anche perché Carlo era un vulcano di idee e progetti.
Quando si è ammalato ogni tanto lo andavo a trovare nella sua nuova casa per fargli compagnia e anche se la malattia gli impediva di parlare avevamo trovato dei modi per comunicare. Nell’autunno scorso, durante una delle nostre chiacchierate, ci trovammo d’accordo nel ritenere parziale e in parte superata la definizione di volontario contenuta nell’art. 17 del Codice del Terzo Settore. Gli proposi così di organizzare insieme un convegno sulle nuove forme del volontariato nei primi mesi di questo 2024, che vede Trento capitale italiana ed europea del volontariato.
Non glielo dissi, ma in realtà con quel convegno volevo fare in modo che Carlo fosse presente, sia pure purtroppo non di persona, ma con una sua relazione, durante questo anno così importante per Trento. Pensavo infatti che, se fosse stato in salute, lui che di volontariato si era occupato per tutta la vita quest’anno sarebbe stato un naturale protagonista di tante iniziative.
Cominciammo così ad organizzare quello che poi è diventato il convegno su Volontariato e volontariati che si è tenuto a Trento venerdì 1° marzo. Alla realizzazione di questo evento nei mesi passati Carlo ha dato un contributo fondamentale sia nella scelta dei temi e dei relatori, sia con la sua relazione, preparata lavorando fino alla fine con Felice Scalvini.
È stata la sua ultima relazione in un convegno. E per di più il destino ha voluto che venerdì scorso, mentre Felice, comprensibilmente emozionato, leggeva la relazione anche a nome di Carlo, lui si stesse spegnendo.
Una strana e dolorosa coincidenza temporale, veramente. Che però ha fatto sì che Carlo con quella relazione ci desse un’ultima lezione, mostrandoci concretamente come uno studioso possa continuare a parlare attraverso le sue opere, anche quando la voce non riesce più a farsi sentire.
Le idee possono cambiare il mondo, Carlo ne era convinto e lo ha dimostrato. E le idee di Carlo continueranno a cambiare il mondo anche adesso che lui non c’è più, perché le idee non muoiono.

Immagine di copertina: Carlo Borzaga su Euricse