La salute è un bene comune che può essere salvaguardato solo con una forte collaborazione tra cittadini ed istituzioni

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede diversi interventi in campo sanitario, tra cui la realizzazione, entro il 2026, di ben 1288 Case della Comunità su tutto il territorio nazionale. Che cosa sono e come saranno organizzate?

Cosa sono le Case della comunità?

Le Case della Comunità sono strutture promotrici di un modello di intervento multidisciplinare, nonché luoghi privilegiati per la progettazione di interventi di carattere sanitario, sociale e di integrazione sociosanitaria. La sede dovrà essere visibile e facilmente accessibile per la comunità di riferimento, mentre il concetto chiave del loro funzionamento è rappresentato sia dalla collocazione capillare sui territori, sia dal contributo delle comunità locali.
Secondo il PNRR, la Casa della Comunità diventerà lo strumento attraverso cui coordinare i servizi offerti in particolare ai malati cronici, anziani e non autosufficienti; al Terzo settore spetterà anche un ruolo di co-produzione. Si tratta di un’importante opportunità per i cittadini di influire su questi cambiamenti rendendo le comunità locali protagoniste di interventi che sono sempre più caratterizzati da una forte valenza sociale e comunitaria e non solo sanitaria.

Il caso toscano

Tale opportunità si potrà esprimere anche in forme di amministrazione condivisa. In Toscana vi sono corsi di accompagnamento di ANCI e di Reti associative rivolti agli enti del Terzo settore, con l’obiettivo di preparare questi ultimi a ricoprire tale ruolo. Esistono, in effetti, vari modi di interpretare l’amministrazione condivisa: non solo con la co-progettazione e co-programmazione prevista dall’art. 55 del Codice del Terzo settore, ma anche quella con i patti di collaborazione che i cittadini possono attivare insieme alle istituzioni nell’interesse generale e per un bene comune. Oggi, più che mai, di fondamentale importanza sono la salute ed il sistema sanitario pubblico.
Ciò è accaduto in Toscana, in Valdarno, dove la Conferenza integrata dei sindaci degli 8 Comuni che la compongono hanno chiesto a Labsus (insieme a Simurg) di sostenerli per avviare un percorso verso la costituzione delle 4 case della comunità previste dal PNRR su quei territori. Il progetto è stato pensato e proposto all’Autorità Regionale per la Partecipazione dal Comune di San Giovanni Valdarno ed ha coinvolto tutta la zona.
Il percorso, durato circa 8 mesi e terminato nell’aprile del 2024, in seguito a convocazioni sui territori delle organizzazioni del Terzo settore e degli amministratori, nonché ad interviste, questionari e laboratori, si è concluso con la proposta dell’elaborazione di un vademecum”; l’obiettivo è quello di descrivere la strada condivisa da realizzare per la creazione delle 4 case della comunità in Valdarno sperimentando insieme, sin da subito, alcune concrete modalità di collaborazione.
Si tratto di un vademecum considerato, innanzitutto dal Terzo settore, necessario e “fattibile”, che propone i primi patti di collaborazione da cui iniziare questo cammino. Pertanto, accanto a iniziative congiunte con ASL e Comuni nell’ambito dell’educazione sanitaria, sono state elaborate proposte di patti sia per creare presidi di prossimità al fine di promuovere le cure di cui sono protagoniste le comunità, sia forme di auto-mutuo aiuto tra persone di uno stesso territorio o con problematiche di salute simili, sia la mappatura di ciò che fanno le reti e le associazioni già iniziata con il progetto. Insomma, i patti potranno permettere di sperimentare da subito la collaborazione rendendo protagoniste le reti delle cure (formali ed informali) delle comunità locali e co-producendo attività ed interventi.

La collaborazione quale valore fondamentale

Ne è risultata una grande ricchezza di proposte e di disponibilità a collaborare, espressione anche di una diffusa cultura di solidarietà e di “senso” di comunità che in gran parte caratterizza il vivere in questi stupendi borghi della Toscana dove è ancora forte il valore della prossimità e del prendersi cura reciprocamente. Amministratori e associazioni hanno espresso una variegata forma di modalità di collaborazioni valorizzando anche lo “strumento” dei patti, il quale può integrarsi con le altre forme di amministrazione condivisa (legge regionale Toscana 22 luglio 2020, n. 65) e al tempo stesso favorendo le attività dei cittadini, singoli o associati, nello svolgere concretamente alcune attività e divenendo di fatto, sia pure sperimentalmente, co-produttori di servizi innovativi sui territori.

“La comunità che cura, curare la comunità”

Di questo si è discusso l’11 aprile a San Giovanni Valdarno presentando i risultati del percorso partecipativo: la salute è un bene comune che può essere salvaguardato solo con una forte collaborazione tra cittadini ed istituzioni (ASL e Comuni) in tanti modi possibili. Ma questo richiede anche una integrazione di strumenti diversi, quali i patti di collaborazione, con la co-progettazione e co-programmazione con ETS, o con altri istituti partecipativi (come i Comitati di partecipazione previsti dalla Regione Toscana), per essere maggiormente efficaci ed inclusivi.
In tutto questo percorso va evidenziato anche che è risultato fondamentale il ruolo dei Comuni e della conferenza integrata dei sindaci del Valdarno, non solo nel promuovere i patti, ma anche per “sbloccare” talora gli interlocutori dalla fase del c.d. “dilemma del porcospino”: da una parte si desidera avvicinarsi e collaborare, ma gli aculei non permettono di avvicinarsi senza farsi male l’un l’altro nonostante le intenzioni.
In altre parole, i Comuni hanno permesso questo percorso sperimentale mettendo a frutto l’esperienza già maturata sui loro territori con i patti di collaborazione, riproponendola in ambito socio-sanitario e indicando nuovi percorsi di collaborazione tra ASL, Comuni e cittadini singoli ed organizzati. Si sta avviando così – forti anche della loro esperienza e di una visione di comunità di cui sono espressione – modalità diverse dalle sole previste con l’art. 55 del Codice del Terzo settore e dalla l.r. n. 65 del 2020 per gli enti del Terzo settore, favorendo una maggiore fiducia reciproca tra ASL e mondo del Terzo settore, per superare quel “dilemma del porcospino” che a volte rischia di bloccare la sottoscrizione di nuovi ed innovativi patti di collaborazione.

Per approfondire il percorso che ha portato alla costituzione delle 4 case della comunità:

 

Immagine di copertina: Neil Thomas su Unsplash