Ha antecedenti lontani, ma il suo sviluppo è storia recente. Alternativa sia all’impresa capitalistica sia all’impresa pubblica e alla pubblica amministrazione, l’impresa di comunità poggia su due pilastri:
la partecipazione della società civile alla produzione e alla gestione di beni e servizi;
il perseguimento dell’interesse generale per una determinata comunità locale.
In Italia queste nuove imprese svolgono un ruolo crescente, perché contribuiscono alla rivitalizzazione di aree rurali a rischio spopolamento, nonché al recupero di aree urbane degradate oppure segnate da fenomeni di marginalità sociale. Ma come funzionano le imprese di comunità e quali sono i loro tratti fondanti?
A partire da un’analisi empirica condotta da Euricse, il volume Imprese di comunità. Innovazione istituzionale, partecipazione e sviluppo locale (il Mulino) ne illustra le principali caratteristiche – governance, forme giuridiche, aspetti finanziari, rapporti con gli enti pubblici locali – e ne analizza l’efficacia come strumento di sviluppo locale.
Lunedì 4 febbraio, alle 18, alla libreria “due punti” un dibattito dedicato alla comprensione di un fenomeno capace di attivare nuove forme imprenditoriali e di cittadinanza attiva.
A discuterne:
Jacopo Sforzi, ricercatore di Euricse e autore del volume
Fulvio Cortese, direttore della facoltà di Giurisprudenza e membro del comitato scientifico di Labsus – Laboratorio per la sussidiarietà
Luca Riccadonna, consigliere della cooperativa di comunità Fuoco