La deduzione fiscale di donazioni rientra nelle disposizioni 56-58 Ce

Alle donazioni eseguite a favore di enti stabiliti in un altro stato membro si applicano le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali

Sentenza

La domanda di pronuncia pregiudiziale cui è stata adita la Corte dal Bundesfinanzhof, verte sull’interpretazione degli articoli 56 Ce – 58 Ce, in merito alla deducibilità  fiscale di una donazione in natura ad un ente riconosciuto di interesse generale situato in un altro stato membro.
Il giudice del rinvio domanda se e quando un soggetto passivo chiede ad uno stato membro la deduzione fiscale di donazioni eseguite a favore di enti stabiliti e riconosciuti di interesse generale in un altro stato membro, a tali donazioni si applichino le disposizioni del Trattato Ce relative alla libera circolazione dei capitali, anche quando sono state eseguite in natura sotto forma di beni di uso corrente.
A parere della Corte, una normativa fiscale nazionale può ricadere nell’ambito di applicazione degli articoli 56 Ce 58 Ce anche se concerne il trasferimento di un patrimonio potenzialmente costituito tanto da denaro quanto da beni mobili o immobili. La tassazione delle donazioni in contanti o in natura rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato relative ai movimenti di capitali, ad eccezione dei casi in cui gli elementi costitutivi di dette operazioni si trovino all’interno di un solo Stato membro.
La Corte risolve la prima questione pregiudiziale sostenendo che: ” Quando un soggetto passivo chiede in uno Stato membro la deduzione fiscale di donazioni eseguite a favore di enti stabiliti e riconosciuti di interesse generale in un altro Stato membro, a tali donazioni si applicano le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, anche quando sono state eseguite in natura sotto forma di beni di largo consumo ” (p. 3).
La normativa nazionale dello stato tedesco prevede però che le donazioni a favore di enti riconosciuti di interesse generale possono beneficiare di agevolazioni fiscali soltanto qualora detti enti siano stabiliti nel territorio nazionale.
A questo proposito, la Corte deve risolvere il dubbio sulla compatibilità  della normativa nazionale con la normativa comunitaria e la evocata violazione del principio di proporzionalità  (art. 5, terzo comma, Ce) in ordine alla verifica delle prove per ottenere la deduzione fiscale.
Pur considerando la libertà  degli stati di stabilire quali interessi della collettività  essi vogliano promuovere con agevolazioni fiscali, (vedi C. giust., 14 settembre 26, C-386/4 in questa rivista) la giurisprudenza comunitaria ha comunque dichiarato che il rifiuto di accordare tali agevolazioni non può risiedere nella non appartenenza dell’ente allo Stato membro di imposizione fiscale (p. 49). In questo caso si prefigura la restrizione ai movimenti di capitale, vietata dall’articolo 56, n. 1, Ce.
La Corte sostiene dunque che: ” L’art. 56 CE osta ad una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale, relativamente alle donazioni disposte a favore di enti riconosciuti di interesse generale, il beneficio della deduzione fiscale è accordato solo per le donazioni a favore di enti stabiliti sul territorio nazionale, senza alcuna possibilità  per il soggetto passivo di dimostrare che una donazione a favore di un ente stabilito in un altro Stato membro soddisfi i requisiti imposti dalla suddetta normativa per la concessione del beneficio ” .
La Corte argomenta la decisione, poggiandosi su una giurisprudenza precedente, in ordine alla quale le restrizioni alla libera circolazione di capitali, possono eventualmente avere luogo se tale diversità  di trattamento differenziato sia proporzionato allo scopo perseguito (vedi causa C-386/4, cit., p. 32).
L’ordinamento comunitario ammette, quindi, un potere discrezionale dello Stato membro di diversità  di trattamento, previa verifica dei requisiti dell’ente residente in un altro Stato membro con quelli richiesti per ottenere le agevolazioni fiscali dello Stato dell’imposizione fiscale.
Nulla impedisce alle autorità  fiscali dello Stato membro di imposizione di richiedere ad un soggetto passivo che voglia ottenere la deduzione fiscale delle donazioni eseguite a favore di enti stabiliti in un altro stato membro di fornire lui stesso (come avvenuto nel caso di specie) le prove occorrenti. Le autorità  fiscali non possono rifiutare tale vantaggio adducendo dubbi sull’autenticità  delle informazioni fornite se non hanno prima esperito gli altri mezzi a disposizione per ottenere o per verificare dette informazioni. Tantomeno invocando la necessità  di preservare l’efficacia dei controlli fiscali.
Le autorità  possono, inoltre, rivolgersi, in applicazione alla direttiva 77/799, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità  competenti degli stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette, alle autorità  di un altro stato membro per ottenere ogni informazione che risulti necessaria per determinare correttamente l’imposta dovuta da un contribuente (vedi sentenza C-386/4 in questa rivista, cit.). Questo, a parere della Corte, senza ledere il principio di proporzionalità  (p. 71).

Commento

Leggendo le argomentazioni della sentenza in esame, viene subito alla luce un aspetto fondamentale, a sostegno del riconoscimento a livello europeo, della sussidiarietà  orizzontale.
Nella fattispecie, la tutela sovranazionale dell’azione dei soggetti donatori, che la Corte ha sostenuto, si tramuta in un’azione propulsiva a sostegno di una politica europea di solidarietà  tra gli Stati membri. In proposito, la Corte è chiara nell’affermare che, la normativa nazionale in questione, recando pregiudizio nei confronti dei possibili donatori, osta agli principi comunitari (p. 38).
Nello specifico della giurisprudenza in esame, l’orientamento della Corte è volto ad agevolare le modalità  di deduzione fiscale dei soggetti donatori in favore di enti stabiliti e riconosciuti di interesse generale tra gli stati membri. Questo rappresenta una spinta naturale, verso le politiche di sussidiarietà , soprattutto nell’ambito delle relazioni economiche. Come già  evidenziato, in un commento in questa rivista (C. giust., 14 settembre 26, C-386/4) ” la sussidiarietà  orizzontale trasmigra ” , mediante le politiche fiscali europee.
Altro aspetto importante è la previsione delle politiche fiscali europee tese alla parità  di trattamento, non secondo un adeguamento automatico, ma mediante un bilanciamento delle condizioni essenziali di ogni stato membro. Il potere discrezionale di ogni stato membro non viene scalfito, in ragione di una necessità  di coordinamento delle previsioni normative, ma vengono poste le condizioni per una equa e proporzionata azione in relazione agli scopi da perseguire.
E’ importante sottolineare come ” lo spazio giuridico globale”1 nel senso proprio della eliminazione delle barriere specie nel campo economico e finanziario, si realizza anche mediante la giurisprudenza europea, con la risoluzione delle controversie tra normative nazionali e disciplina comunitaria secondo i principi di proporzionalità  e sussidiarietà .
In questo senso si prefigura sempre di più un percorso di integrazione dell’Unione europea, mediante il rispetto della ” diversità  ” di ogni Stato membro, su cui l’ordinamento fonda la sua unità .
La giurisprudenza in commento potrebbe rappresentare, dunque, un contributo notevole al riconoscimento giuridico della sussidiarietà  orizzontale europea.

1Cassese, S., Lo spazio giuridico globale, GLF editori Laterza, Roma, 23



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