Quale relazione tra il mondo del non-profit e la cittadinanza attiva?

V-dossier raccoglie le voci di esperti e studiosi verso un modello di governance dei beni comuni

I beni comuni rappresentano la nuova frontiera del volontariato. E’ questa la principale riflessione che emerge dai contributi di esperti e docenti raccolti in questo numero di Vdossier, i quali provano a dare una definizione di beni comuni delineando i contorni dell’azione civile e solidale che tendono sempre di più ad intrecciarsi. Riflessioni e proposte concrete che si spingono ben oltre i confini nazionali fino a presupporre una più attiva partecipazione dei cittadini anche nella definizione delle politiche comunitarie.

 

Donolo: “I beni comuni sono beni condivisi”

DonoloIl sociologo Carlo Donolo chiarisce cosa bisogna intendere per beni comuni, termine da non confondere con bene comune. “I beni comuni sono un insieme di beni necessariamente condivisi. Sono beni in quanto permettono il dispiegarsi della vita sociale, la soluzione di problemi collettivi, la sussistenza dell’uomo nel suo rapporto con gli ecosistemi di cui è parte”.

Ma sono anche condivisi “in quanto, sebbene l’esclusione di qualcuno o di qualche gruppo dalla loro agibilità  sia spesso possibile ed anche una realtà  fin troppo frequente, essi stanno meglio e forniscono le loro migliori qualità  quando siano trattati e quindi anche governati e regolati come beni ‘in comune’, a tutti accessibili almeno in via di principio”.

Donolo prosegue distinguendo tra beni comuni “naturali” e “virtuali-artificiali”. Per beni comuni naturali bisogna intendere l’insieme delle risorse e servizi che gli ecosistemi forniscono al genere umano, mentre i beni comuni virtuali e artificiali sono tutti quelli che “l’intelligenza umana ha progressivamente creato, in termini di conoscenza, saper fare, istituzioni, norme, visioni”. I beni comuni sono anche “cose sociali” ovvero i fondamenti e i presupposti della vita stessa. Insomma un qualcosa che risolve un problema e permette il soddisfacimento di un bisogno. Tutela dei beni comuni e diritti fondamentali vanno di pari passo.

Ma che relazione esiste tra il mondo del non-profit e la cura civica dei beni comuni?

 

Arena: “Non è utopia immaginare cittadini ed enti pubblici insieme per i beni comuni”

arenaGregorio Arena individua il filo rosso che lega volontariato, cittadinanza attiva e sussidiarietà . Volgendo uno sguardo al passato il presidente di Labsus prova a tracciare il quadro di chi in Italia ha fatto la storia della cittadinanza attiva e quando i cittadini hanno cominciato a prendersi cura dei beni comuni. In realtà , come specifica Arena, non è possibile fotografare con esattezza la situazione riconducendola ad un episodio specifico, proprio perché manca ancora una rete che metta in comunicazione i cittadini attivi. Sicuramente però sono due i settori in cui si registrano le migliori esperienza di cura civica dei beni comuni: quello dell’ambiente e quello dei beni culturali. Arena cita come esempio il progetto di Labsus a Bologna “La città  come bene comune”.

“L’obiettivo del progetto – chiarisce – è quello di dimostrare che in Italia, oltre alle tradizionali modalità  di gestione, è possibile adoperare il modello dell’amministrazione condivisa, in base al quale i cittadini mettono a disposizione della comunità  competenze, idee ed esperienze per prendersi cura di beni comuni, come per esempio gli spazi urbani”.

Rispetto invece al rapporto tra mondo del volontariato e cittadini attivi, secondo Arena si tratta di due realtà  in evoluzione che inevitabilmente vedono incrociarsi le proprie strade. “Ci sono infatti persone che fanno volontariato in senso tradizionale prendendosi cura di persone in situazioni di disagio. E spesso queste stesse persone nel quartiere in cui vivono si prendono cura di un bene della comunità , un’aiuola o un bene culturale, con lo stesso spirito solidale con cui assistono le persone”.

Moro: “I cittadini attivi possono moltiplicarsi a patto che si chieda loro di impegnarsi”

giovannimoroAttivismo civico, cittadinanza attiva e cittadini organizzati sono tutte facce di una stessa medaglia secondo il presidente di Fondaca Giovanni Moro. Si tratta di cittadini che agiscono nell’interesse generale e che spesso si trovano a “scontrarsi” con le istituzioni. Ovvero c’è una atteggiamento contraddittorio delle istituzioni verso il fenomeno della cittadinanza attiva. “Le cause per cui queste organizzazioni di cittadini possono perdere il riconoscimento da parte dello Stato – precisa Moro – nel 7-8% dei casi, non è legato ai risultati conseguiti, ma a questioni come la gestione finanziaria, oppure a rischi legati all’ordine pubblico”.

Un atteggiamento che Moro definisce come sindrome del “Dottor Jekyll e Mister Hyde”. Le ragioni vanno rintracciate nel fatto che si tratta, pur sempre, di un fenomeno relativamente recente non previsto dagli ordinamenti nazionali come invece avviene per l’istituzione di partiti, sindacati e per questo spesso percepito come un qualcosa di “imprevisto”, difficile da gestire.

“I cittadini attivi possono moltiplicarsi – conclude Moro – ma a un patto: che ci sia qualcuno che chieda loro di impegnarsi attivamente” e noi, aggiugiamo, che sia riconosciuta la loro azione.

Una proposta, la Cabina di regia dei beni comuni

Perché ciò sia possibile è necessario anche un progetto concreto di raccordo delle buone prassi di cura civica dei beni comuni. Dalla teoria si passa alla pratica. Christian Iaione illustra la proposta di Labsus per una Cabina di regia dei beni comuni. In cosa consiste? Si tratta di costituire “un’istituzione pubblico-privata con il compito di svolgere una funzione di promozione e sostegno, rivolta principalmente alle pubbliche amministrazioni, per la realizzazione di esperienze di governance dei beni comuni”. Questo significa creare quella “cassetta degli attezzi” per preparare ed elevare le competenze delle amministrazioni locali in vista del coinvolgimento dei cittadini per la realizzazione, manutenzione e finanziamento dei beni comuni. Una proposta che non si basa sulla mera formazione dei dipendenti pubblici ma che punta proprio a fornire quelle competenze necessarie a costruire un sistema di relazioni per la governance dei beni comuni. La Cabina di regia avrebbe il compito, infatti, di elaborare linee guida o manuali verso un modello di amministrazione condivisa.

Una riflessione è dedicata anche al tema dell’azione civile e solidale con il contributo del direttore responsabile di Labsus Vittorino Ferla che  sottolinea come a partire “dalla fine degli anni Settanta è emerso il ruolo della società  civile, organizzatasi per svolgere un fondamentale impegno civico, mentre già  si registravano i primi segnali della crisi della politica tradizionale, rinchiusasi in una preoccupante autoreferenzialità .” Un vero e proprio fenomeno sociale e civile che trova il suo fondamento nell’articolo 118 ultimo comma della Costituzione.

Mentre Aldo Bonomi direttore del Consorzio AASTER e Carlo Montalbetti presidente onorario del Coordinamento dei Comitati di quartiere di Milano  affrontano il caso dei comitati di quartiere che da movimenti di protesta si stanno trasformando in movimenti di proposta per migliorare la qualità  della vita nelle nostre città .

La rivista si conclude con una riflessione dal respiro europeo, ovvero il ruolo dei cittadini nella definizione delle politiche comunitarie.

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gallo@labsus.net

Twitter: @AngelaGallo1

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