Dallo studio sulle trasformazioni delle aree costiere della penisola emerge la necessità  di repentine inversioni di rotta

Su 3.902 chilometri di coste della Penisola, oltre 2.194 sono stati trasformati dall ' urbanizzazione

Gran parte delle regioni italiane, si sa, sono a contatto col mare. E gran parte del perimetro della nostra penisola si mescola e si fonde dolcemente col Mediterraneo attraverso chilometri di spiagge e paesaggi costieri che fanno da ponte tra acqua e terra, in un meraviglioso gioco della natura.
Eppure oggi la situazione delle coste italiane non sembra essere cosìidilliaca. Legambiente, con uno studio avviato nel 2012 sulle aree costiere della penisola (13 regioni, escluse Sicilia e Sardegna che saranno oggetto di studio nel 2016), ha evidenziato una realtà  inquietante: analizzando quanto l’attività  umana abbia inciso sull’ambiente costiero con urbanizzazione e speculazione edilizia, infatti, ciò che emerge è che il 56,2% delle nostre coste è stato completamente trasformato da edifici e costruzioni di ogni genere.
A poco sembra essere servita l’introduzione nel 1985 della cosiddetta Legge Galasso, che avrebbe dovuto tutelare i beni naturalistici e ambientali sottoponendo l’attività  di costruzione e urbanizzazione a vincoli, approvazioni e concessioni da parte di soprintendenze ed enti preposti.
Ma nei fatti, secondo il dossier di Legambiente, nulla pare cambiato, anzi: dopo l’introduzione di tali nuove disposizioni normative il consumo di suolo costiero è aumentato del 5,7%, oltre 220 chilometri sono stati ” consumati ” da attività  edificatoria dal 1985 ad oggi (il record negativo in questo periodo di tempo spetta a Lazio e Puglia, con rispettivamente 41 ed 80 chilometri invasi dal cemento!).
Le regioni più colpite e danneggiate dalla ” cementificazione ” sono Calabria e Lazio: su 1.127 chilometri di costa compresi nelle due regioni ben 731 sono stati completamente trasformati. Ma dall’indagine di Legambiente, realizzata tramite il confronto e la sovrapposizione di immagini satellitari, il fenomeno sembra estendersi in modo uniforme in ogni area della penisola a contatto col mare. (Qui il dossier completo)

Prospettive per il futuro

Oltre ai ben poco rassicuranti dati empirici rilevati da Legambiente sullo stato delle coste del nostro Paese, anche il quadro normativo non sembra prospettare cambiamenti positivi: con la recente approvazione della legge Madia, infatti, si potranno realizzare interventi edilizi nelle zone tutelate e sottoposte a vincolo paesaggistico anche dopo un silenzio – assenzo da parte della soprintendenza (la legge permette, cioè, in mancanza di una risposta della soprintendenza entro 90 giorni riguardo il via libera a procedere all’edificazione, di agire come se la soprintendenza stessa avesse acconsentito a farlo).
Questa previsione potrebbe essere un effettivo colpo di grazia per le bellezze paesaggistiche delle nostre coste.
Secondo Legambiente due sarebbero le direzioni da intraprendere per intervenire e porre un freno a questa dilagante ed allarmante tendenza: innanzitutto cambiare le regole di tutela dei paesaggi costieri, fino ad oggi mostratesi oggettivamente inadeguate, ed in secondo luogo aprire cantieri per la riqualificazione delle coste, valorizzandone, così, anche le potenzialità  turistiche.
Solo intervenendo in modo concreto in queste due prospettive si potranno salvaguardare il fascino e la rara bellezza dei luoghi costieri italici, beni comuni per eccellenza, che racchiudono una cosìampia varietà  di paesaggi, di storia e cultura che sarebbe un vero paradosso continuare a distruggere.

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