Uno strumento della cittadinanza attiva

Lo spirito del crowdfunding è creare reti relazionali per la cura del territorio

Il saggio si apre con un breve excursus sulle origini del crowdfunding civico per delineare poi i principi e i modelli utilizzati per la realizzazione di progetti e opere pubbliche. La parte conclusiva è dedicata invece all’elaborazione della via italiana al civic crowdfunding.

E’ alla fine degli anni Sessanta che comincia a delinearsi un nuovo indirizzo nelle politiche urbanistiche: la partecipazione dei cittadini. Sono gli anni in cui cominciano a sperimentarsi le prime forme di crowdsourcing (da crowd, “folla”, e outsourcing, “esternalizzazione di una parte delle proprie attività “) e di crowdfunding (da crowd “folla” e funding “finanziamento”) come nuovi strumenti per la realizzazione di progetti al fuori dal budget dell’amministrazione. Una nuova tendenza che viene convalidata anche in seno al convegno “Computer graphics in architecture” che si tiene nel 1968 all’Università  di Yale sulle prospettive future e i cambiamenti nell’architettura con l’uso del computer. Dove esperti, urbanisti e progettisti convengono sul ruolo decisivo dei cittadini nella progettazione della città . Il progetto non è più dunque inteso come prodotto ad appannaggio di tecnici ma come un processo aperto a tutti i potatori di interessi.
Gli autori si spingono oltre. Siamo sempre negli Usa ma nel 1884. La Francia stava per inviare negli Stati Uniti la statua della libertà  ma l’American Commette fu costretto a bloccare l’operazione per fondi insufficienti per la costruzione del piedistallo che avrebbe dovuto sorreggerla. Fu grazie al magnate della stampa Joseph Pulitzer che la situazione si sbloccò; mobilitò infatti l’opinione pubblica invitandola a fare una sottoscrizione economica grazie alla quale fu possibile raccogliere la somma necessaria per la costruzione del piedistallo. Questa operazione non solo permise la realizzazione del progetto ma produsse anche un altro risultato: la cittadinanza si sentiva più legata a quel monumento proprio perché aveva contributo alla sua realizzazione. E’ questo lo spirito del crowdfunding civico, secondo gli autori, una via per lo sviluppo e la costruzione di reti sussidiarie per il nostro Paese. Si tratta di favorire la nascita di vere e proprie relazioni tra i cittadini e la pubblica amministrazione per la cura e lo sviluppo del territorio.

Principi e modelli

Ma cos’è il civic crowdfunding? E quali sono i principi che lo regolano? Nel breve saggio viene definito come: “finanziamento collettivo di opere e progetti pubblici, al di fuori del budget dell’ente o amministrazione interessati, effettuato da parte di cittadini, organizzazioni, società  private, talvolta in match funding con le stesse amministrazioni”. Si caratterizza per la scarsità  dei finanziamenti dai governi locali (causa) e il valore affettivo del territorio e comunità  (mezzo/incentivo) che produce un rafforzamento dei legami nella comunità  e maggiore senso di appartenenza dei luoghi pubblici nel cittadino aumentando il rispetto e la conservazione degli stessi (risultato). Sulla base di queste caratteristiche gli autori passano brevemente in rassegna i principali modelli di crowdfunding fino a prospettare una soluzione per il caso italiano.
I modelli tradizionali di crowdfunding si distinguono in donation-based, reward-based e crowdlending. Nel primo caso le piattaforme donation-based non prevedono alcuna forma di ricompensa nei confronti del cittadino in cambio di una donazione. Il successo della campagna dipende esclusivamente dall’attaccamento emotivo e dai sentimenti che il progetto suscita nella comunità . Un esempio di piattaforma donation-based è Spacehive che si definisce come una “piattaforma di finanziamento per progetti di miglioramento del vicinato”. Nel secondo caso, modelli reward-based, invece è prevista proprio una ricompensa per la donazione effettuata dal cittadino. Un caso di piattaforma del genere è Neighbor.ly che accetta progetti presentati solo da enti e amministrazioni locali. Come ad esempio il caso del progetto, in via di realizzazione, I make Rotterdam, dove l’amministrazione ha invitato i cittadini a partecipare al progetto di costruzione di un ponte per ricollegare le due parti della città . In cambio di donazioni i cittadini potranno vedere scritto il loro nome su alcune parti o componenti del ponte stesso. Nell’ultimo caso, infine, crowdlending, si parla di un vero e proprio prestito da parte dei cittadini all’ente governativo o all’amministrazione locale per realizzare un’opera pubblica. In questo caso i cittadini potrebbero decidere di non farsi pagare gli interessi dovuti o di ridurli a vantaggio ulteriore della comunità  tutta (es. la piattaforma di crowdlending LeihDeinerStadtGeld).

Quale via per l’Italia?

Nella parte conclusiva dell’e-book gli autori avanzano una proposta per il caso italiano: ovvero puntare ad un modello che riesca a creare un mix tra un crowdsourcing, crowdvalidation e crowdfunding. Questo significa che è decisivo il ruolo della pubblica amministrazione per la riuscita e realizzazione del progetto, in quanto l’ente spesso si pone come promotore, validatore e finanziatore dello stesso in una logica di dialogo e collaborazione con i cittadini. Sembra dunque questa la strada italiana al crowdfunding civico per finanziare opere pubbliche combinando tra loro idee, capitale umano e relazionale, istituzioni e cittadini.