Destinazione dei beni a uso civico.

àˆ necessaria l ' intermediazione del potere pubblico nel passaggio al regime privatistico di beni già  oggetto di usi civici.


La sentenza

Alcuni braccianti agricoli impugnavano dinanzi al TAR Sicilia il provvedimento attraverso cui il Commissario per la liquidazione agli usi civici negava l’annullamento in autotutela di un’ordinanza di legittimazione all’occupazione di terre (già  di uso civico) concessa a taluni controinteressati. Oggetto di  impugnazione era altresìl’ordinanza stessa di legittimazione.I molteplici motivi del ricorso hanno spinto il giudice ad accertare la legittimità  dell’azione commissariale alla luce dei requisiti dell’annullamento d’ufficio di cui all’art. 21 nonies della L. n. 241/1990.Il Tribunale ha individuato preliminarmente le fasi fondamentali del procedimento di legittimazione all’occupazione (verifica delle occupazioni esistenti; individuazione dei possessori legittimi e illegittimi; pubblicazione degli atti istruttori nell’albo del Comune) riscontrando plurime violazioni che si sono riverberate conseguentemente sulla validità  dell’ordinanza conclusiva (in particolare è mancata la verifica delle occupazioni).Accertata l’illegittimità  del provvedimento, il giudice ha ritenuto sussistente il requisito del ” termine ragionevole ” per l’esercizio dell’autotutela poiché, controvertendosi sull’esistenza di fatti consolidati nel tempo, nulla impedisce di rinnovare l’istruttoria per la verifica dei medesimi.Nel punto più rilevante della motivazione, il Tribunale ha riconosciuto la sussistenza dell’interesse pubblico all’annullamento.Gli usi civici, ha statuito il Collegio, sono connotati da un interesse collettivo giuridicamente protetto da vincoli di inalienabilità  e imprescrittibilità . Dalla seconda meta del XIX secolo è in atto una ” sistemazione ” degli stessi volta, da un lato, a salvaguardare l’uso civico e, dall’altro, a liquidare usi insistenti su beni privati ed a eliminare eventuali promiscuità . In tale quadro si inserisce il potere (fortemente) discrezionale del Commissario che, concedendo la legittimazione all’occupazione, determina il sorgere del regime enfiteutico e, di conseguenza, il venir meno del regime vincolistico. La forte discrezionalità  tuttavia è fondata su un’imprescindibile verifica dei requisiti per riconoscere la legittimazione. Verifica che è mancata nel caso di specie, pregiudicando il corretto bilanciamento degli interessi configgenti.Per tali motivi, stante l’interesse pubblico alla giusta verifica, il giudice ha annullato i provvedimenti impugnati.

Il commento

La decisione rileva per il percorso argomentativo che mette in luce l’intimo nesso esistente fra l’interesse collettivo all’utilizzo comune degli usi civici e il potere discrezionale del Commissario per la liquidazione.Per percepire al meglio la portata della decisione è utile riportare quanto previsto dall’art. 9 della Legge n. 16 giugno 1927, n. 1766 (legge fondamentale in   tema di usi civici): ” Qualora sulle terre di uso civico appartenenti ai comuni, alle frazioni ed alle associazioni o ad esse pervenute per effetto della liquidazione dei diritti di cui all’art. 1, siano avvenute occupazioni, queste, su domanda degli occupatori, potranno essere legittimate, sempre che concorrano unitamente le seguenti condizioni: a) che l’occupatore vi abbia apportato sostanziali e permanenti migliorie; b) che la zona occupata non interrompa la continuità  dei terreni; c) che l’occupazione duri almeno da dieci anni. Le stesse norme valgono per la legittimazione dell’acquisto delle quote dei demani comunali delle province napoletane e siciliane, alienate durante il periodo di divieto. Non avvenendo la legittimazione, le terre dovranno essere restituite al comune, alla associazione, o alla frazione del comune, a qualunque epoca l’occupazione di esse rimonti ” . La disposizione si presta ad una duplice interpretazione che conduce o alla ” marginalizzazione ” del ruolo dell’amministrazione nella decisione (qualificando il relativo potere come vincolato) ovvero ad una sua evidenziazione (qualificando il potere come discrezionale).La lettura che i giudici danno della disposizione, prescindendo da requisiti specifici e nel quadro generale della normativa di riferimento, valorizza il ruolo del potere pubblico.Come si evince dalla sentenza, l’ordinanza di legittimazione all’occupazione delle terre è espressione di un potere fortemente discrezionale del Commissario. Un potere che lascia ampi margini decisionali all’amministrazione nonostante l’intensa procedimentalizzazione apportata dal quadro normativo regionale e nazionale. E’ un’attribuzione, quella indicata, che nella sua esistenza e nelle sue modalità  si giustifica per la difficile composizione degli interessi confliggenti in tema di usi civici: interesse degli occupanti ad ottenere, tramite il regime enfiteutico, la disponibilità  del bene; interesse della comunità  a trattenere, tramite un regime vincolistico di inalienabilità  e imprescrittibilità , l’utilizzo del bene.L’equilibrio di tali interessi e la contestuale esigenza di salvaguardare l’interesse collettivo relativo agli usi civici passano necessariamente per l’intermediazione del potere pubblico. Non sono possibili automatismi di sorta, data la caratura degli interessi in gioco, e la posizione giuridica di coloro che si affermano occupanti è qualificabile come mera aspettativa.In poche parole la prevalenza dell’interesse del singolo sull’interesse collettivo, conseguente all’ordinanza di legittimazione e al susseguente venir meno dei vincoli di imprescrittibilità  e inalienabilità ,    necessita della mediazione (nelle forme corrette) del potere pubblico.