La complementarità delle posizioni giuridiche di un ente privato (una fondazione) e di un’amministrazione pubblica (il Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo)

Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza del 30 maggio 2023, n. 5281, ha accolto l’appello presentato dalla Fondazione Marino Marini per la riforma della sentenza del T.A.R. Toscana, Sez. I, del 23 febbraio 2021, n. 288, annullando il provvedimento di apposizione del vincolo di pertinenzialità della porzione di un immobile di proprietà comunale alla collezione di opere di proprietà della Fondazione.

La vicenda amministrativa

La controversia sulla quale si sono pronunciati il T.A.R. Toscana e la VI Sezione del Consiglio di Stato ha avuto ad oggetto il provvedimento del Direttore generale del Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo attraverso cui veniva apposto il vincolo di pertinenzialità della porzione di un immobile di proprietà comunale alla Collezione Marino Marini di Pistoia, di proprietà della Fondazione ricorrente. Tale vincolo succedeva tuttavia alla delibera del CdA della medesima Fondazione di approvazione di una proposta di diversa allocazione delle opere, prevedendo una generica disponibilità a prendere in esame il progetto di un unico grande museo a Firenze che sarebbe pervenuto dalla distinta Fondazione Marini San Pancrazio, trasferendo eventualmente le opere di proprietà della Fondazione ricorrente. Ad avviso di quest’ultima, dunque, suddetto vincolo sarebbe stato ostativo all’effettiva realizzazione di tale progetto.

La pronuncia del giudice di prime cure

Con la sentenza del 23 febbraio 2021, n. 288, il T.A.R. Toscana (sez. I), pur avendo accolto i motivi aggiunti concernenti il provvedimento di dichiarazione di interesse storico particolarmente importante dell’archivio della Fondazione, disponendone, per l’effetto, l’annullamento, aveva respinto i principali motivi del ricorso. Il giudice di prime cure aveva difatti ritenuto infondate, tra le altre, le censure riguardanti l’illegittimità del vincolo di pertinenzialità e la presunta natura espropriativa del vincolo.

La differente prospettiva del Consiglio di Stato

Ad una conclusione opposta è diversamente pervenuto il Consiglio di Stato, che muove la propria decisione a partire dalla posizione giuridica della Fondazione. In particolare, nel caso di specie, la Fondazione, che avrebbe correttamente evocato sul punto il principio di sussidiarietà orizzontale, ricoprirebbe, coerentemente con lo scopo statutario di conservazione e valorizzazione delle opere dell’artista, una posizione giuridica complementare rispetto allo scopo dell’amministrazione fissato dalla legge. Ebbene, nella convergenza delle finalità dell’azione della Fondazione e dell’amministrazione, quest’ultima, nell’apposizione del vincolo di pertinenzialità, non avrebbe adeguatamente considerato la situazione di fatto alla base della decisione della Fondazione, ossia l’inidoneità strutturale della sede di Pistoia. In sostanza, quindi, ad avviso del Collegio, sarebbe stato lo stesso vincolo pertinenziale a configurarsi come ostativo ad una piena conservazione e valorizzazione delle opere dell’artista.

Pubblico e privato nelle attività di interesse generale

Con tale vicenda, il Consiglio di Stato confermerebbe quindi la tesi per cui, in forza del richiamato principio di sussidiarietà orizzontale, il perseguimento degli interessi generali non risulta affatto una prerogativa esclusiva delle pubbliche autorità. Come nel caso di specie, il medesimo interesse generale, come il miglioramento delle condizioni per la fruizione di beni culturali, può configurarsi come lo scopo (comune) delle attività sia di un ente pubblico sia di un ente privato. Come risulta dalla sentenza, tuttavia, l’iniziativa predisposta a tal fine dall’ente privato non necessariamente recede a fronte di una soluzione posta in essere nel medesimo scopo dalle autorità pubbliche.

Il rilievo delle vicende ‘interne’ della Fondazione

Una tale prospettiva, impostata secondo una formula coerente con il principio di sussidiarietà orizzontale, presenta altresì un’ulteriore ricaduta, più sottile, che nella sentenza rimane implicitamente sullo sfondo, ossia l’idoneità di decisioni strettamente riconducibili alla sfera soggettiva interna di un ente privato, come l’approvazione della richiamata deliberazione della Fondazione, a condizionare l’esercizio del pubblico potere. Se nella prospettiva del T.A.R. Toscana il potere pubblico non avrebbe potuto essere infirmato da tali vicende interne, il Consiglio di Stato è diversamente pervenuto ad una conclusione dall’esito opposto, tale per cui le vicende interne alla Fondazione portate all’attenzione sembrerebbero invece essere state del tutto idonee a condizionare la legittimità del vincolo. Ebbene ciò risulterebbe del tutto coerente con la prospettiva iniziale condivisa dal collegio.
Difatti, proprio in quanto si riconosce la legittimazione di un ente privato a realizzare un’attività di interesse generale, la soluzione posta in essere dal pubblico potere dovrebbe essere valutata, nella sua legittimità, anche alla stregua di vicende che hanno interessato la Fondazione, proprio perché, seppur interne, sono comunque idonee ad incidere sulle concrete possibilità di svolgere un’attività di interesse generale, come appunto il miglioramento delle condizioni per la fruizione di beni culturali.

Quella ‘ideale contiguità’ tra tutela e valorizzazione dei beni culturali

Un ultimo profilo che rimane sullo sfondo attiene alla distinzione tra le funzioni relative alla tutela e quelle attinenti alla valorizzazione del patrimonio culturale. Ad avviso del giudice di prime cure, trattandosi di un provvedimento preposto a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale, non avrebbe avuto alcun senso prospettare in quella sede problematiche relative all’aspetto logicamente successivo concernente la valorizzazione del bene.
Secondo la prospettazione della Fondazione, invece, il decreto, contraendo le possibilità per una fruizione collettiva, sarebbe stato in antitesi con la valorizzazione delle opere e avrebbe costituito una problematica idonea a “retroagire” per impedire o condizionare in qualche modo la fase preliminare relativa alla conformazione del regime giuridico del bene di interesse culturale.
Intorno a ciò, il Consiglio di Stato non si è pronunciato espressamente, ma dal suo ragionamento ne risulta una posizione tutt’altro che protesa a riconoscere un’impermeabilità tra le due funzioni. Invero, il riconoscimento della complementarità delle situazioni giuridiche in questione sembrerebbe piuttosto presupporre implicitamente proprio quella ‘ideale contiguità‘ tra le due funzioni che da diverso tempo è stata riconosciuta dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost. 17 luglio 2013, n. 194).

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Immagine di copertina: Reuben Teo su Unsplash