Cosa può imparare la componente politica di un comune dalle teorie e dalle pratiche dei beni comuni?

Sarre è un piccolo comune della Valle d’Aosta, meno di 5 mila abitanti a 630 mt di altezza, di cui Roberto è Vicesindaco dal 2015.
Nel 2017 a Sarre è stato approvato il regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni. Purtroppo, però, i patti di collaborazione ancora non sono stati firmati. Qualche progetto ci sarebbe, come ad esempio “una collaborazione con la locale squadra di rugby, per la ristrutturazione di un locale che era stato donato al comune con un vincolo di destinazione per gli anziani”. Il meccanismo però ancora non si è attivato: “la volontà politica c’è, ma non basta”. “È la struttura che deve avviare questo percorso”, dice Roberto, “il progetto deve camminare sui suoi piedi, altrimenti se cambia colore la giunta cade tutto: sono gli uffici e la popolazione che devono essere in grado di mandarlo avanti autonomamente”.

I corsisti SIBEC 2017 in una lezione in Puglia

I beni comuni nell’attività amministrativa

Roberto sul tema è molto preparato, l’anno scorso, infatti, ha partecipato ai corsi SIBEC.
Perché un vicesindaco decide di approfondire il tema dei beni comuni? “I beni comuni sono una possibilità di ricchezza diffusa per la popolazione, ma sono anche un costo da un punto di vista amministrativo”, mi spiega, “mi sono approcciato al corso sapendo che il comune deve fare alcune cose, ma non ha i soldi per farle e quindi deve trovare altre collaborazioni per offrire i servizi”.
Spesso però chi fa politica si avvicina alla cittadinanza attiva con un certo scetticismo, come se ci fosse paura di essere scavalcati: “È vero che spesso c’è paura della partecipazione perché è una cosa che poi non si può controllare”, afferma, “però è un modo di vedere le cose destinato a morire”.
“Avere la cognizione di far partecipare i cittadini, anche se non sono tuoi elettori, è un uovo di colombo”, continua Roberto, “un modo per avvicinare la cittadinanza alla politica, quella buona”. Un vicesindaco molto convinto, “i beni comuni sono la nuova frontiera in cui muoverci, dobbiamo definirli e valorizzarli, non è così chiaro nella cittadinanza cos’è un bene comune”.

La SIBEC

E la SIBEC è stata utile? “Moltissimo, soprattutto perché ho capito il metodo di approccio a un progetto di partecipazione, ossia la necessità di sensibilizzare gli attori, spesso inconsapevoli”. Anche il contributo di professionisti del settore è stato molto utile, “dal punto di vista operativo, mi è stato molto di aiuto l’apporto dei tecnici che hanno sviscerato le varie tematiche, da quella economica a quella giuridica o di marketing e promozione”, spiega, “soprattutto perché parliamo di progetti che sai dove partono ma non dove arrivano, ci sono tantissime variabili e vanno governate per incanalare tutte le energie positive”.
Quali sono stati gli elementi che hai apprezzato di più? “È stato fondamentale visitare quei luoghi dove le cose si fanno concretamente; di teoria non si vive, la pratica è ciò che ti consente di vedere nuove prospettive e di toccare con mano le possibilità di crescita”.
Lo consiglieresti? “Assolutamente, questo corso dà la possibilità di sviluppare nuove prospettive e di rilanciare il rapporto con la cittadinanza, la garanzia sul nostro futuro”.

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