Il senso da dare al tempo è fare in modo che le risposte che il sistema integrato di istituzioni, enti, uffici, presidi, associazioni, famiglie dà ai bisogni di una comunità di malati a livello locale o regionale siano sempre dettate dal senso del bene comune

Quando si è colpiti dalla malattia è necessario interpretare il “nuovo tempo” che ci è dato per dare risposte a noi stessi e alla comunità. Perché il diritto alla cura è sancito dalla nostra Costituzione e la salute come bene comune dipende da ognuno di noi.

Essere donna, moglie, mamma, cittadina mai indifferente e sempre impegnata per numerose cause di civiltà e legalità, lavoratrice in un contesto, quello bancario, in cui si può agire anche per l’interesse di tutti, rappresentante di un movimento politico locale.
Ricevere a 51 anni diagnosi di SLA (sclerosi laterale amiotrofica); una malattia neuromuscolare degenerativa; una malattia rara, di cui nella stragrande maggioranza dei casi, quelli senza origine genetica e familiare, non si conosce la causa; una malattia da cui, a 155 anni dalla sua scoperta, non si può ancora guarire; una malattia crudele, che paralizza progressivamente tutti i muscoli volontari del movimento, della respirazione, della deglutizione, lasciando inalterate le capacità cognitive, imprigionando in una statua un cervello perfettamente lucido.
Essere tenacemente razionale ed incapace di pregare, quindi di spiegarsi con la fede le ragioni di una condanna così dura.

Quali sono i miei diritti?

Credere convintamente che “Non siamo padroni del nostro tempo, solo padroni di dargli un senso” (E.L. Master); considerarsi pure in questo frangente, una persona fortunata: per la mia famiglia, per una fantastica rete sociale e amicale, per avere la possibilità culturale di capire e non subire le storture, i ritardi e le inefficienze del nostro sistema sanitario, e per aver avuto la possibilità economica di andare fuori regione per avere una diagnosi certa e rapida.
Annodare la mente, in questi quasi tre anni di malattia, intorno a molti interrogativi che non mi lasciano un attimo: come fa chi non è fortunato come me? perché la tua condizione di malato deve dipendere da dove sei nato e da dove vivi, se sei in Italia e rispetti una Costituzione che garantisce a tutte e tutti gli stessi diritti?
Cosa tiene insieme tutte le facciate di quel prisma che è la realtà appena descritta?
Credo che il filo rosso della mia nuova quotidianità sia rappresentato dagli articoli della Costituzione 32 [“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”] e 118 [“Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”] e che ogni mia azione sia ascrivibile ad una matrice vincente di valori: salute – sussidiarietà – solidarietà. 

Il valore di una comunità

Ecco dunque che, interpretando i bisogni di centinaia di cittadini pugliesi affetti da malattie neuromuscolari degenerative, in questo “nuovo tempo” che mi è stato dato, sto contribuendo ad organizzare occasioni di informazione e sensibilizzazione sulla SLA e di raccolta fondi per la ricerca.
Anche la mia recente nomina a componente del Consiglio Direttivo nazionale AISLA (Associazione Nazionale Sclerosi Laterale Amiotrofica) va in questa direzione: siamo una comunità che ama usare il Noi, perché niente di quello che chiediamo è un interesse personale di uno solo di noi, né sappiamo chi sarà il malato di domani.

Difendere i diritti e la Costituzione

Sappiamo che, per porre fine o ridurre la cosiddetta mobilità sanitaria interregionale, ogni Regione necessita di un Centro Specializzato nella presa in carico globale e multidisciplinare dei pazienti affetti da malattie neuromuscolari degenerative (SLA, Sma e Distrofia muscolare), come abbiamo chiesto ed ottenuto in Puglia con la Delibera di Giunta regionale n. 1366 del 5 ottobre 2023.
Sappiamo anche che intorno ad ogni Centro – il modello è quello già ben sperimentato dei Centri NeMO – ogni ASL deve adottare un protocollo omogeneo di presa in carico di tutti i pazienti affetti da patologie neuromuscolari: è indispensabile che gli operatori dei Distretti territoriali – con particolare riferimento agli Uffici ADI, Protesica, Farmacia territoriale, ai servizi di Telemedicina ed agli ambulatori di Riabilitazione – parlino la stessa lingua e agiscano allo stesso modo, che supportino i malati e le loro famiglie, e formino i caregivers con attenzione specialistica alla patologia e alla sua progressione; è indispensabile che gli operatori della rete di emergenza-urgenza, dai Pronto Soccorso alle UOC di Rianimazione, riconoscano e gestiscano tempestivamente i segnali di rischio nelle persone affette da patologie come la SLA e le altre patologie neuromuscolari degenerative, con l’obiettivo di garantire un’assistenza sempre più puntuale, corretta e consapevole.
L’azione di un’Associazione nazionale di malati e famiglie, come appunto Aisla, si concretizza in quella terra di mezzo che sta tra il Servizio Sanitario Nazionale (nato nel 1978 in attuazione dell’art. 32 della Costituzione – Diritto alla Salute) ed i Servizi Sanitari Regionali; terra di mezzo animata da Solidarietà, Consapevolezza, In-Formazione, esercitate a sostegno di persone in carne ed ossa, portatrici di bisogni identici dalle Alpi a Lampedusa, ma minacciata da iatture come l’Autonomia differenziata.
È questo il senso che sto dando al mio tempo, insieme ad AISLA: fare in modo che le risposte che il sistema integrato di istituzioni, enti, uffici, presidi, associazioni, famiglie dà ai bisogni di una comunità di malati a livello locale o regionale siano sempre dettate dal senso del BENE COMUNE.

Chiara Candela fa parte dello Staff area sud di Banca Etica.

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Immagine di copertina: Henry Be su Unsplash