Il parere della Corte dei Conti Veneto n. 30 del 5.2.2018 si inserisce nel solco delle recenti pronunce con cui la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla riconduzione o meno di determinate attività nell’ambito del contratto di sponsorizzazione.
L’importanza di tali pareri deriva, da un lato, dalla progressiva limitazione della possibilità di stipulare contratti volti a promuovere l’immagine dell’amministrazione pubblica, culminata con il generale divieto sancito dal già menzionato d.l. n. 78 del 2010 di imputare alcuna spesa pubblica per tale attività, dall’altro, dal carattere atipico dei contratti di sponsorizzazione, che non trovano una precisa definizione e disciplina in alcun testo normativo.
Il parere
Il Sindaco del Comune di Rubano richiedeva alla Corte dei Conti la possibilità di aderire, a nome dell’ente territoriale, all’associazione Avviso Pubblico – Enti Locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie, ente avente la finalità di “diffusione ed accrescimento di una cultura del rispetto della legalità e delle regole nel territorio locale, con un’attenzione di riguardo per i cittadini più giovani”.
Premessa la convergenza dello scopo sociale dell’Associazione con le linee programmatiche del mandato del Sindaco richiedente, sorgeva la necessità di verificare la legittimità di tale adesione, incidente sul bilancio comunale in virtù della richiesta quota associativa.
Ricostruendo la normativa vigente e verificando che l’unico potenziale contrasto astrattamente ravvisabile con tale adesione potesse risiedere nel divieto previsto dall’art. 6, comma 9, del d.l. n. 78 del 2010 come convertito con la legge n. 122 del 2010, la Corte dei Conti ha escluso che un tale contratto associativo possa celare una sponsorizzazione.
Commento
Trascendendo le problematiche connesse ai limiti e ai confini dell’autonomia contrattuale di stampo prettamente civilistiche ed avulse dal campo di interesse, occorre invece sottolineare l’importanza di tale parere circa la definizione dei criteri interpretativi da utilizzare per distinguere in concreto un contratto di sponsorizzazione da ulteriori forme contrattuali.
Nello specifico, la Corte dei Conti individua nella finalità del contratto stipulato, e quindi nel contenuto dell’accordo delle parti indagato sotto il profilo causale, il criterio ermeneutico risolutivo.
Applicando tale canone, si tratterà di un contratto di sponsorizzazione, e quindi di un contratto invalido avente una causa vietata dalla legge, solamente laddove l’amministrazione pubblica stipulante persegua la finalità di utilizzo, per scopi di promozione e di pubblicità, del nome, dell’immagine o dell’attività del contraente privato; diversamente, laddove la finalità principale del contratto non si rinvenga nella promozione dell’immagine dell’amministrazione pubblica, non potrà delinearsi il predetto contrasto con il divieto sancito dal d.l. n. 78 del 2010.
A valle di tale ragionamento, la Corte dei Conti ha quindi escluso che un contratto di associazione, disciplinato dal codice civile ed avente una finalità ben diversa dalla mera promozione dell’immagine degli associati, possa esser ricondotto sic et simpliciter al contratto di sponsorizzazione ed al conseguente divieto.
Su tale solco vengono ribaditi e condivisi gli approdi già espressi precedentemente dalla medesima Corte circa l’ontologica distinzione tra i contratti di sponsorizzazione e le elargizioni pubbliche volte alla promozione di interventi di sussidiarietà orizzontale, in cui i contributi corrisposti ai privati rispondono alla logica di promozione delle attività di interesse generale svolte dai cittadini in conformità con il principio di sussidiarietà orizzontale sancito dall’art. 118 della Costituzione e quindi, con una finalità ben diversa dalla mera promozione dell’ente pubblico erogatrice.
È perciò dall’indagine in concreto della causa del contratto, e quindi della finalità che i soggetti coinvolti vogliono conseguire, che deve identificarsi la tipologia di contratto effettivamente realizzata, distinguendo così se si tratta di una partecipazione economica vietata, come previsto per l’impegno di somme pubbliche per spese di sponsorizzazione dell’ente, ovvero di contributi permessi o addirittura promossi dall’ordinamento come nel caso della promozione di attività di interesse generale ex art. 118 della Costituzione.
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