Un invito a riflettere in attesa delle elezioni europee del 26 maggio 2019

Dal 23 al 26 maggio i cittadini europei si recheranno alle urne per eleggere i membri del Parlamento che durerà in carica fino al 2024. Elezioni difficili che cadono in uno dei momenti più critici della storia del processo di integrazione: la Brexit, gli attacchi terroristici, l’emergenza migratoria, la crisi economica hanno minato le fondamenta dell’Unione europea, minacciando non solo il suo futuro, ma la stabilità stessa degli stati membri.

Il “Risiko” delle istituzioni europee

Proviamo a immaginare l’Unione europea come un grande “gioco di società”, con le sue regole, diverse da quelle dei giochi nazionali. Il processo di integrazione europea è infatti il risultato di un compromesso tra il ruolo degli stati e la volontà di quest’ultimi di trasferire parte della loro sovranità al livello sovranazionale. Questo elemento ha determinato una serie di conseguenze di carattere politico-istituzionale, troppo spesso sottovalutate. Le istituzioni agendo hanno prodotto normative, prassi consolidate, rapporti di potere e collaborazione che fanno di Bruxelles (e Strasburgo) uno spazio politico autonomo, regolato da norme diverse rispetto a quelle che si seguono nelle capitali europee.
Allo stesso tempo, il ruolo degli stati in Europa non è affatto venuto meno, come spesso viene denunciato dai leader sovranisti. Lo slittamento registrato negli ultimi anni, dal metodo comunitario a quello intergovernativo ha ribadito il loro potere, ridimensionando nei fatti il livello decisionale sovranazionale.

I cittadini europei e l’Europa

I sondaggi dell’Eurobarometro pubblicati dal Parlamento in vista delle elezioni europee evidenziano come il sostegno alle istituzioni europee da parte dei cittadini sia ancora alto. Il 61% degli intervistati ha dichiarato che l’Unione europea è una “buona cosa” per il proprio paese e il 68% ha dichiarato che quest’ultimo ha tratto benefici dall’entrata nell’Ue. A marzo 2019, a poche settimane dalla data ufficiale fissata per la Brexit, 7 cittadini europei su 10 hanno dichiarato che, qualora fosse stato loro proposto, avrebbero votato per restare in Europa.
Per quanto riguarda il ruolo del Parlamento europeo, il 41% degli intervistati ha dichiarato che secondo loro il ruolo di questa istituzione è rimasto invariato; a fronte di ciò, il 54% degli intervistati vedrebbe positivamente un rafforzamento dei suoi poteri. In realtà il Parlamento europeo ha già visto un rafforzamento notevole dei suoi poteri: oggi, secondo la procedura legislativa ordinaria, condivide con il Consiglio il potere di approvare le normative europee, costituendo uno spazio importante di confronto politico. Il 51% degli intervistati ritiene che la propria voce conti in Europa, con notevoli differenze da paese a paese, come conseguenza delle diverse tradizioni civiche e delle culture politiche: il dato varia infatti dall’88% della Svezia al 22% della Grecia.

#stavoltovoto

La grande incognita della prossima tornata elettorale europea è la partecipazione elettorale. Alle elezioni del 2014 ha votato poco meno del 43% dei cittadini europei, il dato più basso dal 1979. Il Parlamento europeo è intervenuto con una grande campagna di comunicazione – #stavoltavoto – finalizzata a coinvolgere gli stessi cittadini europei nel promuovere la partecipazione elettorale. Registrandosi sul sito messo a disposizione, è possibile organizzare un evento, utilizzare i social media per convincere gli amici a votare, scaricare materiale informativo, diventare in prima persona ambasciatori dell’Europa.

I candidati alla Presidenza della Commissione

Nelle elezioni del 2014 ha trovato applicazione per la prima volta il paragrafo 7 dell’articolo 17 del Trattato di Lisbona che regola l’elezione del Presidente della Commissione, stabilendo un più stretto collegamento tra l’elezione del “capo del governo europeo” e il risultato elettorale. I candidati per i cinque principali partiti europei sono: Manfred Weber per il Partito popolare europeo (Ppe), Frans Timmermans per i Socialisti e democratici europei (S&D), Guy Verhofstadt per l’Alleanza dei liberali e democratici per l’Europa (Alde), Ska Keller candidata per i Verdi. Malgrado la procedura sia prevista dai Trattati, sono già aperte le trattative tra gli stati per individuare proposte alternative.

Il futuro Parlamento europeo: resistere non basta

A quindici giorni dalle elezioni europee, è difficile dire quale sarà l’assetto futuro del Parlamento europeo. Accanto ai gruppi parlamentari consolidati – Partito popolare, Socialisti & Democratici, Liberali e democratici, Verdi – riusciranno i partiti sovranisti-nazionalisti a coalizzare le loro forze in un nuovo gruppo? I primi contatti tra la Lega, Alternative für Deutschland e Rassemblement National, insieme ad una serie di partiti minori mirano a costituire un fronte unico all’interno del Parlamento. L’esperienza dell’ultima legislatura ha dimostrato che le forze anti-europeiste difficilmente riescono a sfondare il muro dei gruppi storici. Ma resistere non basta, bisogna proporre alternative valide e avanzare proposte per dare nuova vita al progetto europeo e mettere in evidenza i limiti di un nazionalismo fuori del tempo e della storia.

Il futuro dell’Europa

Nel 2017, in occasione del settantesimo anniversario dei Trattati di Roma, la Commissione europea ha pubblicato un libro bianco dal titolo promettente: Il futuro dell’Europa. Cinque scenari su come potrebbe evolversi il processo di integrazione da qui al 2025. A rileggerli a due anni di distanza, quegli scenari appaiono deboli e incapaci di offrire un’alternativa alla crisi attuale. La parola democrazia compare tre volte e in nessun caso è utilizzata per descrivere uno degli scenari; i cittadini sembrano i destinatari anonimi di processi decisionali che chiamano in causa un livello istituzionale distante e astratto. Non c’è anima, non ci sono passioni, civili e politiche, non c’è alcun riferimento ai valori sui quali l’Europa si fonda.
Più solidi sembrano essere gli impegni presi dai leader europei il 9 maggio a Sibiu, in occasione della riunione informale del Consiglio in vista delle elezioni europee. “Uniti, siamo più forti, in questo mondo sempre più instabile e complesso”, hanno ribadito nella dichiarazione finale. In dieci punti hanno preso l’impegno reciproco di difendere lo stato di diritto, rispettare il principio di equità.

L’Europa del futuro

A volte per ripartire è necessario recuperare il passato, specialmente quando quel passato è più attuale del presente. Tornare su un’isola del Tirreno, dove pochi uomini seppero guardare al futuro con lucidità e soprattutto con coraggio, doti che mancano alle classi dirigenti europee. “Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge, così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie fra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo. La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!” (A. Spinelli, E. Rossi, Per un’Europe libera e unita. Progetto d’un manifesto, pp. 79-80).