Con la sentenza n. 3418 del 2018, il Tar Lazio-Roma, sez. III-ter, nell’ambito di una complessa controversia, è tornato a trattare del tema dell’ampliamento della legittimazione ad agire in giudizio. In questa direzione, pertanto, il Tribunale ha accolto una interpretazione elastica del criterio della vicinitas.

I motivi della controversia…

La sentenza in esame ha permesso al Tar Lazio di dirimere una controversia che già lo aveva portato a pronunciarsi, con una sentenza non definitiva, nel 2017 (cfr. Id, sez. III-ter, sentenza non definitiva 24 gennaio 2017, n. 1279). Nel dettaglio, l’oggetto del contendere è la legittimità dello svolgimento dei lavori della prima fase funzionale dell’anello ferroviario di Roma e, in particolare, la realizzazione di due fermate lungo tale tratta ferroviaria. Le parti ricorrenti, ossia un gruppo di privati residenti in una zona vicina, ma non adiacente, ai luoghi dei lavori, contestavano le carenze progettuali delle opere in corso di realizzazione, poiché le amministrazioni preposte alla loro realizzazione non avevano considerato le interferenze della struttura ferroviaria – connesse sia con la vera e propria edificazione dell’opera, sia con l’entrata in funzione della stessa – con le fondazioni dei palazzi di cui essi risultavano essere i proprietari. Ricorrendo al Tar, le parti chiedevano non soltanto di intimare le amministrazioni esecutrici ad adottare gli accorgimenti tecnici in grado di ridurre, ovvero eliminare, gli effetti nocivi prodotti dalle opere, ma anche l’inibizione degli stessi lavori e dell’esercizio della linea ferroviaria.

…ed il motivo di interesse

Tuttavia, della complessa controversia, in questa sede, preme prendere in considerazione la ratio che ha portato il Tribunale a dichiarare non fondata l’eccezione presentata da una delle amministrazioni esecutrici, con cui si sosteneva la carenza di interesse dei ricorrenti relativamente agli interventi concernenti una delle due stazioni ferroviarie da realizzare. Alla base della carenza dell’interesse, infatti, si supponeva esserci la mancata sussistenza del requisito della vicinitas, rilevante – nella materia dell’urbanistica e dell’edilizia – ai fini di radicare l’interesse a contestare la legittimità degli atti che acconsentono a nuove opere.

Il criterio della vicinitas

Il giudice, pur ammettendo che la sussistenza del requisito della vicinitas è conditio sine qua non perché si determini una posizione differenziata e qualificata, riconosce a questo un valore elastico, ossia lo stabile collegamento tra la sfera giuridica dei ricorrenti ed il territorio oggetto di intervento deve essere esteso «in ragione proporzionale all’ampiezza e rilevanza delle aree coinvolte, come nel caso di interventi rilevanti che incidono sulla qualità della vita dei residenti». In altri termini, legittimati ad agire non sarebbero solo quei soggetti proprietari dei terreni adiacenti al luogo dei lavori, ma anche coloro che possiedono degli immobili distanti da questo e che, però, data l’incidenza degli interventi, subiscono gli effetti nocivi delle opere realizzate su di esso.

Una conferma giurisprudenziale

Con la presente pronuncia, il giudice si pone in linea con quell’orientamento giurisprudenziale definito “sostanzialista”, che, interpretando il requisito della vicinitas in termini non squisitamente fisici-spaziali – nel senso di perfetta adiacenza tra le aree -, legittima ad agire in giudizio anche coloro che, pur non possedendo dei territori immediatamente prossimi ai luoghi interessati da determinati lavori, che si riflettono sulle condizioni dell’ambiente, di igiene e salubrità dei luoghi, potrebbero comunque veder leso un proprio interesse legittimo dallo svolgimento di queste attività, tra cui rientra anche il mero incremento del carico urbanistico.

Commento

Questa pronuncia del giudice amministrativo indubbiamente si muove nel senso di ampliare i soggetti legittimati ad impugnare gli atti considerati illegittimi; un obiettivo – quest’ultimo – perseguito anche da quelle sentenze in cui si ricorre ad invocare particolari principi costituzionali, come quello della sussidiarietà orizzontale. Ma, con la sentenza in esame, il giudice rinuncia ad invocare tale principio, preferendo limitarsi ad aderire ad una interpretazione – peraltro sostenuta da una notevole giurisprudenza (ex multis Cons. Stato, sez. IV, n. 4821 del 2007; Id, sez. VI, n. 6554 del 2010; Id, sez. IV, sent. 1559 del 2011; Id, sez. IV, sentt. nn. 1890 e 3114 del 2014; Id, sez. III, n. 4612 del 2015) – non meramente formale del dato normativo relativo all’individuazione dei soggetti legittimati ad agire in giudizio. Infatti, per valutare la sussistenza del requisito della vicinitas, esso non si è limitato a considerare il solo dato geografico, ma ha riconosciuto a tale concetto una certa elasticità, ponendo una maggiore enfasi sugli effetti che gli interventi da realizzare, ovvero realizzati, potrebbero avere «sulla qualità della vita dei residenti in gran parte del territorio». È, dunque, soprattutto per tale conseguenza – che si traduce in peggioramenti delle condizioni ambientali, igieniche e di salubrità dei luoghi -, che il giudice ha proceduto a riconoscere la sussistenza del requisito della vicinitas e la legittimazione ad agire anche in capo ai soggetti «stabilmente insediati sul territorio» interessati da iniziative modificative del suo assetto, ma che, allo stesso tempo, sono «ubicati in linea d’aria a ragguardevole distanza» dalla zona di realizzazione dell’opera contestata. È, inoltre, bene evidenziare che, ribadendo in più parti che i peggioramenti devono riguardare la qualità della vita dei residenti, ossia di tutti coloro che sono insediati per residenza o per lavoro, sul territorio oggetto di modifiche, il giudice ha sì esteso il novero dei soggetti agenti in giudizio, ma non ha proceduto a riconoscere una indiscriminata legittimazione ad agire in capo a chiunque, essendo comunque richiesto un collegamento duraturo – certo più elastico – tra la sfera giuridica dei ricorrenti e la zona territoriale interessata dagli interventi.

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