Di questi tempi a digitare Piacenza su Google, si incontrano solo notizie e provvedimenti legati all’emergenza sanitaria da Coronavirus. Ma questa città dell’Emilia Romagna ha deciso di invertire la tendenza e, mentre faticosamente si prova a superare la fase critica, c’è già chi ha pensato alla rinascita: Edoardo, Riccardo, Alberica, Andrea e Isacco, insieme hanno dato vita allo studio di comunicazione TOMATO, elaborando il progetto Un caffè sospeso.
Che l’isolamento non sia una condanna
E’ una piattaforma gratuita nata dalla mente di questi cinque giovani freelance per sostenere le realtà commerciali danneggiate dalle restrizioni dovute alle misure di isolamento, a loro si sono uniti quindici volontari che si impegnano in tutta Italia per diffondere l’iniziativa.
Come funziona? E’ molto semplice e ce lo ha spiegato Alberica: «Le attività hanno bisogno di un supporto in questo momento di difficoltà, così noi permettiamo alle persone di acquistare un coupon utile ai negozianti per ricevere un sostegno economico immediato, con la possibilità di spendere il buono in qualsiasi momento, magari attraverso la consegna a domicilio o conservandolo per la riapertura».
Sulla scia di questo progetto sono tante le azioni di partecipazione nate per andare incontro ai commercianti, da Avellino ad esempio è partita Una gallina domani ad opera di tre amici – Amelia, Stefano e Valentina – che in maniera libera e gratuita mettono in rete i piccoli commercianti e i clienti: si sceglie l’attività, si stabilisce un contatto con il negoziante e si invia direttamente il denaro sul conto di riferimento, in cambio si riceve un voucher da spendere al momento della riapertura. Una pratica che si è allargata a tutta l’Irpinia, un modo per superare insieme questa crisi. Per provare a sospendere ma non a chiudere, per riaprire domani, sapendo di aver contato sull’aiuto di tutti e tutte.
Puntare sulla fiducia, perché un domani ci sarà…
Stessi principi alla base di un movimento spontaneo che da Nord a Sud prova a far rinascere l’Italia e punta tutto sul locale, sulla fiducia, sul conoscersi e chiamarsi per nome: «Siamo da sempre molto attivi nella vita sociale della città – ci spiega Alberica – Piacenza è stata molto colpita, a dieci chilometri da Codogno, ha vissuto un crollo terribile, psicologico prima ed economico poi. Le attività che hanno dovuto abbassare la saracinesca per il lockdown le conosciamo tutte e ci sentivamo impotenti, così abbiamo pensato che fosse necessario provare a fare qualcosa, sfruttando le nostre capacità e professionalità. In dieci giorni eravamo online con la piattaforma “Un caffè sospeso”, per dimostrare ai gestori delle attività sul territorio che non vedevamo l’ora di poter tornare a fare i nostri acquisti da loro».
Le risposte sono state incredibili: «Abbiamo ricevuto tantissime adesioni a livello locale e ci ha stupiti molto essere riusciti a far arrivare il progetto anche oltre Piacenza, oggi contiamo attività in tutto il Paese e cresce anche il numero dei volontari che ci aiutano a diffondere l’azione. Locale per noi non significa chiudersi in se stessi, ma provare a salvarsi tutti stando uniti. Oggi siamo tutti chiusi in casa e recuperiamo quell’umanità che ci consente di aprirci e di tornare al valore di tutto quello che abbiamo sempre dato per scontato e che magari era vicinissimo a noi. Creare una comunità in queste condizioni non è scontato, noi abbiamo provato a stringerci e a dare respiro a chi paga il prezzo più alto di questo necessario isolamento».
Piacenza si è sentita dimenticata, ma non si è arresa
Piacenza all’inizio del dramma si è ritrovata incredula, poi la paura ha preso il sopravvento e alla fine c’è stato il tracollo, come ci racconta Alberica: «C’è molta preoccupazione, abbiamo vissuto settimane brutte, dolorose, con giornate scandite solo dal rumore delle sirene delle ambulanze, mentre il numero dei contagi continuava a salire impietoso. Oggi attraversiamo una fase di transizione, siamo estremamente consapevoli. Eppure la città si è sentita in qualche modo dimenticata, ma non si è arresa e si è rimboccata le maniche, ha messo insieme tutte le sue forze per rialzarsi da sola».
Tornare comunità, riorganizzarsi, ritrovarsi per cercare di applicare una nuova normalità alla vita che verrà: «Se ci dimostreremo intelligenti, riusciremo a cogliere quello che di buono arriva da una situazione così anomala, avremo nuove energie da incanalare e da mettere a disposizione per il dopo. Vivremo ancora per un po’ con dei limiti da rispettare e questo sarà un anno che difficilmente dimenticheremo – conclude Alberica – ne usciremo in ginocchio, con una generazione quasi del tutto scomparsa a causa del Coronavirus, ma grazie anche al progetto di Un Caffè sospeso, mi sento di essere positiva, immaginando di poter trarre una lezione anche da un periodo così complesso. Io so che sapremo applicare al futuro quello che abbiamo imparato oggi e so che ce la faremo».