A Matera, l’edizione 2020 del progetto Care For ha riflettuto sul concetto di “anti-fragilità”, per andare oltre la “resilienza”. Si avverte il bisogno di questo superamento soprattutto oggi, dopo la pandemia

Oggi ci è data l’opportunità di un nuovo inizio, ora più che mai c’è bisogno di operare cambiamenti profondi, ripensando e trasformando i rapporti sociali ed economici tra le persone e le imprese, tra i cittadini e le istituzioni e tra tutti questi soggetti e l’ambiente che ci circonda. Oggi più che mai occorre ricominciare a “pensarci come comunità”, perché la pandemia ci ha dato l’ennesima conferma che nessuno si può salvare da solo e che, come sosteneva già Aristotele, non si può essere felici da soli.
Per questo bisogna ripartire dalla “comunità” e dal prefisso “cum”, che è nell’etimo latino del termine. “Insieme” può essere la nuova parola magica da usare per ri-costruire le nostre comunità e la nostra società, che nelle prossime settimane affronteranno questioni drammatiche per ampiezza e profondità.

Cosa fare per essere “anti-fragili”

Su queste premesse, l’Associazione Matera2019 ha costruito e realizzato, interamente sulla piattaforma web data l’emergenza sanitaria, l’evento 2020 del progetto Care For, giunto ormai alla sua terza edizione. L’appuntamento di quest’anno ha segnato anche l’avvio di un percorso comune compiuto “insieme” ad altre realtà associative locali, come Il Carrubo, Fidas Matera, Ancri Sez. Matera-Policoro, Italia Nostra, e ad altri cittadini singoli che ne hanno condiviso i principi ispiratori, gli obiettivi ed il metodo.
In particolare, l’edizione 2020 di Care For, svoltasi tra il 22 ed il 24 maggio, ha cercato di avviare una riflessione su quelle azioni “possibili” in grado di costruire una comunità che sia “anti-fragile” e non più solo e soltanto “resiliente”. Se la resilienza, infatti, è re-attiva, la anti-fragilità è proattiva; se la resilienza implica la capacità di reagire a shock esterni negativi puntando sul puro e semplice adattamento, la anti-fragilità, invece, si propone di stimolare il cambiamento e lo sviluppo.
Per questo siamo convinti che la costruzione di comunità “anti-fragili” passi, innanzitutto, dalla promozione e diffusione della cultura del “prendersi cura”, dell’”avere cura” di quelle situazioni di fragilità evidenti ormai a tutti i livelli: dalle persone ai luoghi, dai territori alle città.

Aver cura significa corresponsabilità

L’aver cura (Care For… appunto) implica l’attenzione, il prendere a cuore, il farsi carico di. In questo modo si esercita pienamente anche la “responsabilità” nella sua accezione più impegnativa di “rispondere a” e quindi nella sua valenza intrinsecamente relazionale ed intersoggettiva.
In più, perché sia realmente efficace, la pratica della cura deve essere una pratica collettiva, ossia svolta insieme ad altri. Di qui il legame stretto tra cura e partecipazione, laddove partecipare non è un “prendere parte” passivamente, ma un contribuire attivamente e concretamente.
Nel corso della prima giornata di Care For 2020 il prof. Stefano Zamagni ha rimarcato l’importanza del “capitale sociale” nella costruzione di una comunità e la necessità di passare ad un modello sociale tripolare nel quale lo Stato, il mercato e la comunità/società civile, attraverso la “sussidiarietà”, concorrono insieme a fissare le priorità, individuare le risorse e stabilire le modalità ottimali di gestione delle stesse.
Nella seconda giornata, invece, si è approfondito il tema dell’impresa quale agente culturale e sociale del cambiamento e sul legame che può e deve esistere tra l’orizzonte del profitto — tipico delle imprese profit  — e l’impegno per un sistema di valori quali l’attenzione all’ambiente, al territorio, alla comunità, alla solidarietà, caratteristica di quello che chiamiamo Terzo Settore.

Il paradigma dell’Amministrazione condivisa

Nella terza ed ultima giornata, infine, con il contributo di Pasquale Bonasora, del direttivo di Labsus i concetti di cura e partecipazione hanno trovato collocazione all’interno del paradigma dell’Amministrazione condivisa. È l’esperimento che Labsus porta avanti da diversi anni con il Regolamento per la cura e la gestione condivisa dei beni comuni urbani, regolamento che anche l’Associazione Matera2019 sta tentando, ormai da diversi anni, di promuovere a livello cittadino.
In questa occasione sono stati presentati quattro progetti — che riguardano beni comuni materiali ed immateriali —, elaborati dalle Associazioni che aderiscono a Care For e che si spera di trasformare quanto prima in altrettanti Patti di collaborazione.

Da un modello di welfare state ad uno di welfare community

Nel corso della rassegna sono state affrontate anche altre tematiche divenute oggi di stretta attualità quali, ad esempio, il passaggio da un modello di welfare state ad uno di welfare community ed il ripensamento dell’attuale organizzazione del mondo del lavoro nella direzione di armonizzare tempi di lavoro e tempi di vita in un’ottica di “liberazione del tempo” per sé stessi e per gli altri (tempo da dedicare, magari, proprio alle attività di cura collettiva).
Non sono mancate, infine, le performance artistiche dal vivo (musica, letteratura e laboratori di riciclo) perché siamo più che mai convinti che l’arte rappresenti un modo unico, creativo e profondo di prendersi cura di sé stessi e degli  altri.

Mino di Pede è membro dell’Associazione Matera2019

Foto di copertina: Matera (credits: Angelo Padula)