«Vorrei che le istituzioni aiutassero i cittadini a trovare motivi per esercitare una speranza creativa e militante». Così Antonio Autiero descrive il rapporto auspicabile tra cittadinanza attiva e istituzioni, in uno dei cinque dialoghi del ciclo “Etica civile: parole per la cittadinanza”, organizzato dalla Fondazione Lanza tra ottobre 2020 e febbraio 2021. Tra i temi più seguiti, “Istituzioni pubbliche: tra responsabilità e progetto”; e “Società civile: tra partecipazione inclusiva e solidarietà”; e poi “Religione: tra rispetto e fraternità”; “Economia: tra sviluppo e sostenibilità”; “Cultura: tra complessità e bellezza”; tutti scaricabili sul Canale YouTube della Fondazione Lanza.
La responsabilità come elemento-chiave della cittadinanza attiva
Al centro della riflessione sono stati i metodi e le indicazioni pratiche che l’etica può fornire alla società civile. L’etica, in questa accezione, si fa strumento per raggiungere la pace sociale. Cosa si intende, invece, per società civile? È una parte, vale a dire l’ambito compreso tra lo Stato e i cittadini, ma è anche il tutto, in quanto depositaria dei valori che formano l’unità di una comunità politica e civile. È necessario, afferma don Lorenzo Celi, «recuperare uno spazio etico condiviso, come cittadini», per arginare «corruzione, cultura dello scarto, diffidenza verso le istituzioni e distrazione verso i beni comuni». Solo così è possibile porre le basi per una cittadinanza responsabile, con cui le istituzioni devono lavorare di concerto. Gregorio Arena, a tal proposito, ricomprende proprio la responsabilità fra i tre capisaldi della cittadinanza attiva, insieme ad autonomia e solidarietà. Spiega infatti che la volontaria auto-attribuzione di responsabilità, da parte dei cittadini che scelgono di prendersi cura dei beni pubblici, rappresenta una nuova forma di libertà, ossia di autonomia.
È tramite tale passaggio che i beni pubblici si trasformano in beni comuni: il proprietario pubblico continua ad esserne responsabile per legge, ma la collaborazione civica attua il concetto di restituzione come dovere di ogni cittadino di concorrere al progresso materiale o spirituale della società (art. 4 comma 2 Costituzione). «I beni privati sono miei, i beni pubblici sono loro, i beni comuni sono nostri», sintetizza Arena. Senza contare il valore civico aggiunto nascosto, che è il capitale sociale dei legami di coesione generati dalla cura condivisa.
Vivere in società: contribuire al bene comune a beneficio di tutti
Autiero è dell’avviso che sia compito delle istituzioni tutelare la vita dei cittadini, intesa non solo in senso strettamente biologico, ma anche in quanto vita di relazione sociale. In essa ogni cittadino è dotato di autonomia relazionale, per cui cedere una parte della propria libertà non rappresenta una perdita, ma anzi un «destinare al bene comune» che rende effettiva la libertà del singolo nella comunità. Il bene comune come elemento centrale della vita associata torna poi nelle riflessioni di Giovanni Grandi sul modello della giustizia distributiva, o di solidarietà. Questa modalità di relazione tra il tutto (la società civile) e una sua parte (il singolo cittadino) non è mai diretta, ma sempre mediata dal «paniere del bene comune, quel forziere di risorse che tutti alimentiamo e al quale attingiamo nei momenti di difficoltà». Facendo riferimento particolare all’emergenza pandemica in corso, Grandi puntualizza che tale paniere non è illimitato. Ogni cittadino responsabile è chiamato a considerare l’andamento generale del contesto e perciò continuare a contribuire, attivando così la solidarietà civile, che è per sua natura durevole. Di fronte ad una privazione non c’è spazio per la passività. L’assistenzialismo puro deve cedere il posto ad un’ottica di “generatività civile” dove ognuno riconverte ciò che riceve a beneficio della collettività.
Quale responsabilità delle istituzioni pubbliche verso i cittadini?
Enrico Letta, nell’analizzare il ruolo e la responsabilità delle istituzioni pubbliche nei confronti dei cittadini, propone “sforzi di creatività” per connettere nuovamente questi due attori. Difatti tali istituzioni, sostiene, vivono attualmente una situazione di profondo indebolimento e si dimostrano anacronistiche rispetto ad una cittadinanza ormai caratterizzata da orizzontalità, velocità e mobilità. Le soluzioni proposte da Letta dovrebbero sostanziarsi innanzitutto in una riforma elettorale che intensifichi la democrazia rappresentativa e partecipativa, rendendo la cittadinanza protagonista. Le altre due piste da seguire – aggiunge – sono quelle di un’informazione oggettiva, fondata su dati certificati, e di un’istruzione che fornisca agli studenti strumenti per interpretare la realtà, piuttosto che una mera trasmissione di nozioni.
Insomma, che ci si consideri in qualità di studenti, fruitori dell’informazione, elettori o cittadini responsabili, l’obiettivo auspicato è univoco: «Per uscire dalla banalità della politica e dalla metrica della paura che ci rende immobili, entriamo in un circuito di speranza creativa e militante, che invece ci rende attivi», conclude Autiero.
foto da pexels andrea piacquadio