Suggerimenti di metodo per una “partecipazione autentica”

Come costruire comunità? È la domanda al centro dell’Officina dei Beni Comuni organizzata dal gruppo Labsus attivo nel nord-ovest che ha avuto luogo lunedì 7 giugno. Una domanda che sempre più soggetti attivi in ambiti diversi si stanno ponendo e alla quale è pressoché impossibile rispondere!
Perciò abbiamo chiesto a Marianella Sclavi, che, con la sua lunga esperienza di studiosa, facilitatrice e consulente di processi partecipativi e mediazione dei conflitti in Italia e all’estero, ci ha suggerito alcuni step fondamentali.

I relatori della settima Officina dei Beni Comuni – Fare comunità

Una narrazione polifonica per una società diversificata

Qual è il primo passo per attivare questo percorso? Si parte dalla narrazione polifonica che mette al centro i vissuti delle persone e le loro emozioni legate alle esperienze, evitando con cura di partire dalla richiesta di opinioni come invece siamo abituati a fare attraverso i sondaggi d’opinione. La condivisione del racconto riunisce quindi più voci diverse ed è generatrice di un senso comunitario basato sul protagonismo di chi partecipa al dialogo. Il solo fatto di raccontare la complessità con ricchezza di dettagli sospende il giudizio e permette l’ascolto in un setting accogliente, evitando il semplice schieramento tra opposti: giusto/sbagliato, ragione/torto, vero/falso, amico/nemico. Attraverso la narrazione polifonica le posizioni si moltiplicano, rappresentando con più aderenza la nostra società diversificata. Per fare questo è importante che il racconto resti sempre aperto ad altre voci: «l’ascolto proattivo diventa fondamentale e funziona quando crea fiducia, permette la gestione del conflitto, accoglie tutti i punti di vista e li mostra alla pari».

Il confronto creativo

Come facciamo, partendo dalle diverse esperienze, a costruire comunità attorno a una visione comune? Un secondo passaggio prevede il confronto creativo intorno al concetto di “futuri probabili” (se fra cinque anni non succede niente, come sarà la nostra comunità?) e “futuri desiderabili” (se tra cinque anni la nostra comunità è migliorata, cosa è cambiato?). L’elaborazione congiunta di una visione condivisa permette di passare da uno scenario all’altro e di definire in un secondo momento gli obiettivi operativi. Si tratta di un confronto creativo, molto diverso dal confronto parlamentale (basato sulle mozioni d’ordine e il diritto di contraddittorio) in cui emerge l’intelligenza plurale. «Se assumo che tu hai ragione non assumo che io ho torto»: è proprio da paradossi come questo che si nutre il confronto creativo tra punti di vista alla pari. «Nella società complessa gli antipatici sono fondamentali» e dunque anche chi dissente è molto benvenuto, purché rispetti le regole del dialogo.

Il ruolo della pubblica amministrazione nella costruzione di una comunità

Infine, come può la pubblica amministrazione contribuire alla costruzione di una comunità? Solo favorendo contesti di confronto con i cittadini, sviluppando la capacità di mutuo apprendimento e correggendosi durante il percorso. Se siamo più abituati ai facilitatori che danno voce a tutti i partecipanti, inedita è la figura del garante del diritto all’ascolto. Così la co-progettazione, in quanto processo aperto, pubblico e inclusivo, diventa uno strumento ideale per cogliere l’opportunità di entrare in prospettive diverse dalla propria.
Questo è il quadro generale entro il quale si inseriscono i Patti di collaborazione che sono «un cambiamento assolutamente rivoluzionario e fondamentale che permette un dialogo con la pubblica amministrazione. La vera rivoluzione dei Patti stabilisce che la pubblica amministrazione esca da una gabbia del diritto pubblico autoritativo».
In questo momento la sfida è di far funzionare bene una società di uguali, in cui c’è una pretesa di uguaglianza che non c’è mai stata nella storia dell’umanità.
Noi dobbiamo assolutamente avere un’amministrazione capace di promuovere la possibilità dei contesti di mutuo apprendimento fra i cittadini.

Foto di copertina: Jonny Gios su Unsplash