A Roma, lo scorso sabato 18 settembre, si è tenuta l'Assemblea dei soci Labsus: un dibattito franco e ricco di spunti, per dare continuità all’Associazione, innovare senza tradire, adeguare con accortezza strutture, profilo e strategie per rispondere al meglio alle esigenze di tempi complessi

«La capacità di evolversi è un tratto distintivo di questa organizzazione: significa essere capaci di rispondere alle esigenze che emergono nel tempo e di strutturarsi di conseguenza. È questa l’eredità che raccolgo per continuare il percorso tracciato»; ha concluso così il suo intervento il nuovo presidente di Labsus Pasquale Bonasora, che ha introdotto le linee guida per il triennio 2021-2024 dopo la relazione dell’uscente presidente e fondatore Gregorio Arena, nella mattina dell’Assemblea nazionale che si è svolta il 18 settembre a Roma. Ed è proprio per questo, ha aggiunto Pasquale «che è necessario che tutti possano sentire di far parte di una squadra, con relazioni importanti che si costruiscono anche fuori di qua, cercando di tenere insieme – e far fare un salto di qualità – quell’equilibrio tra l’incidere sul terreno delle cose concrete, con quella leggerezza che Italo Calvino indicava come capacità preziosa di non prendersi troppo sul serio e lavorare con umiltà». Per questo, conclude: «se posso ancora essere utile (alla causa) anche in questo ruolo nuovo, accetto ben volentieri di svolgere questo servizio».
Pasquale Bonasora fa già parte del Direttivo dell’Associazione, che è stato confermato e integrato da due nuovi ingressi, quello di Sergio Salvotti ed Emanuela Saporito, mentre esce Elisabetta Salvatorelli, per motivi personali.

C’è ancora bisogno di Labsus

Proprio in questo clima di squadra si è svolto un bel dibattito pomeridiano, sulla scia delle “Linee guida” (o come vogliamo chiamarle, con più umiltà, secondo l’invito di Bonasora a non “attribuir loro troppe pretese”) e delle prospettive indicate dalla relazione del presidente uscente e dal Gruppo di lavoro sulla Comunicazione.
«Di Labsus c’è ancora bisogno, forse – dopo la pandemia – oggi più di prima», aveva detto Arena – prima di indicare il necessario “cambio della guardia –, aggiungendo: «Labsus è nata per difendere un’idea: quella dell’articolo 118, ultimo comma, della Costituzione, che favorisce la partecipazione dei cittadini. Eppure, è facile essere cinici e sfiduciati quando si parla delle cose che vanno male; è molto più difficile costruire percorsi di praticabile e fattibile speranza che le cose possano cambiare».
Ed ecco che nel dibattito sono emerse puntuali e schiette le osservazioni, su cui si è riflettuto insieme (proprio in quella logica di condivisione che è nel Dna dell’organizzazione), e che hanno toccato diversi aspetti, utili per costruire un percorso futuro che punti – è stato più volte sottolineato – sulla valorizzazione delle competenze e delle qualità di ciascuno.

Su cosa puntare per investire meglio le risorse…

«La complessità dell’esperienza di Labsus è un dato: ora è necessario capire come Labsus può conservare quelle caratteristiche con cui è nata e come quel patrimonio possa essere valorizzato ancor di più», ha detto Bonasora. Le prime risposte vengono dalle consigliere (uscenti e confermate). Per Cristina Leggio, «cambiando potremmo essere maggiormente capaci di rispondere ai bisogni che emergono, in continuità con gli anni passati e con un linguaggio nuovo mostrando la capacità di nutrirsi continuamente per ripartire e rilanciare». «», dice Cristina, «serviamo ancora per rispondere alle nuove sfide che vanno emergendo. Perciò serve una struttura che non ingabbia, ma ci rende più efficaci». Daniela Ciaffi, con orgoglio, fa presente che quando va «in visita o per lavoro all’estero e sento le osservazioni che parlano di crisi della democrazia, penso subito a quanto sono fortunata a vivere un’esperienza come Labsus. Perché con Labsus c’è una risposta (alternativa) alla crisi. Continuo a crederci perché la nostra, e quella dei Patti, è una risposta potentissima. I Patti (non tutti, ma la maggior parte) fanno emergere un messaggio potentissimo di rivitalizzazione della partecipazione e della democrazia». E aggiunge: «siamo stati concentrati finora sull’Italia ora dobbiamo aprirci ad un confronto con il mondo. I giuristi di strada italiani (esperienza singolare) sono invidiati in tutto il mondo». Elisabetta Salvatorelli, che non conferma il suo ruolo in Direttivo per nuovi fronti di impegno, ma continuerà ben volentieri a dare una mano, trasmette il suo percepire Labsus (soprattutto nella sua città Roma in evidente crisi) come speranza e positività, nonostante il clima pesante.
Insomma, viene fuori da questi interventi quel profilo che Pasquale tratteggia con mano decisa: «Labsus è un’organizzazione vitale, accogliente, versatile, che bisogna mettere a punto; capace di evolversi e interpretare i mutamenti in corso. È un’idea che serve “a cambiare il mondo”. Con uno stile che si riconosce in un’organizzazione che ha bisogno di strutturarsi meglio». Infatti, «le nostre competenze si alimentano dal confronto costante con i cittadini e dal loro ascolto: ma guardate che capita raramente che un’organizzazione che punta sulle competenze, poi sia anche capace di ascoltare sul serio i cittadini».

… L’ascolto 

Appunto, ascolto. Su questa scia si colloca la ricerca avviata nell’area Nord-Ovest, ma destinata a tutto il territorio nazionale, presentata da Giulia Marra. Si tratta di una sorta di autoanalisi per provare a capire come mettere insieme le due anime di Labsus: da un lato quella che punta alla divulgazione (informazione sugli strumenti esistenti, Regolamenti e Patti), e dall’altro lato quella che punta sull’operatività sui territori.
Come? Promuovendo la conoscenza dell’Amministrazione condivisa dei Beni comuni e insieme la cultura che ne sostiene le fondamenta, con azioni di diverso tipo, come: la piattaforma digitale; Osservatori; database; la ricerca ed il Rapporto annuale; la Rivista; ma anche con la diffusione di best practice. L’obiettivo diviene, dunque, non solo quello di “esportare” il modello dell’Amministrazione condivisa, ma anche quello di cercare di capire come crescere nel confronto con altri modelli. Giulia (e il gruppo che si è attivato sulla ricerca) individua per questo due filoni per sostenere l’applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale: a) con i soggetti della pubblica amministrazione e altre istituzioni come, ad esempio, la scuola; b) con i cittadini attivi e il mondo del Terzo settore e le altre organizzazioni.
E su questo le fa come eco l’intervento del nuovo consigliere Sergio Silvotti: «ho scoperto Labsus a Milano quando avevo maturato un’idea: tutti parlano spesso di bisogni ma non di risorse (che è più difficile, ma ci sono). Ecco: Labsus si occupa proprio di questo. Di risorse: e io lo condivido in pieno».

… La comunicazione

E se l’ascolto rappresenta una risorsa sulla quale continuare ad investire, altrettanto importante è il ruolo che è chiamata a ricoprire la “Comunicazione”. Di tale importanza ne dà prova Elena Taverna che, riprendendo il pensiero espresso in un vecchio (ma sempre attuale) editoriale di Gregorio Arena, afferma: «Promuovere la sussidiarietà significa promuovere ovunque, in tutti i campi, la nascita di relazioni fondate sulla condivisione di responsabilità e risorse in vista di un obiettivo comune, la realizzazione dell’Amministrazione condivisa dei beni comuni. Ma a loro volta le relazioni si costruiscono e si mantengono comunicando». La comunicazione, sulla quale si è deciso di investire attraverso la costituzione di un “Gruppo di comunicazione“, rappresenta, dunque, un’attività fondamentale per Labsus, da sempre attenta a rendere tutto il proprio operato facilmente e totalmente consultabile e fruibile.
Ad oggi, inoltre, è in aumento il numero di utenti che accedono al sito di Labsus, così come in crescita è quello degli iscritti alla Newsletter e dei lettori della stessa. Anzi, come evidenziato da Roberta Tonanzi: «La Newsletter è ancora uno degli strumenti di comunicazione più efficaci di cui dispone l’Associazione per dare notizia al vasto pubblico degli importanti obiettivi e risultati raggiunti da Labsus in questi anni, come testimoniano le storie di cura e gestione dei Beni comuni raccontate sulla nostra Rivista».
Ma la comunicazione intende strizzare l’occhio anche al pubblico più giovane che, secondo quanto rilevato da Elena, costituisce la fascia d’età che, negli ultimi anni, maggiormente si è avvicinata al mondo di Labsus. Per questo motivo, una forte attenzione è stata rivolta all’utilizzo dei social; accanto al più tradizionale Facebook, l’apertura della pagina Instagram permette di intercettare i più giovani che, attraverso le immagini delle numerose attività realizzate sui territori dall’Associazione, possono comprendere effettivamente il lavoro e la vita di Labsus.
Se molto si sta facendo per comunicare all’esterno le attività di Labsus, tanto rimane ancora da fare; soprattutto, come affermato da Giovanni Santini, è opportuno raccontare maggiormente la vita interna all’Associazione, così da garantire la formazione di un’identità associativa, alla quale ha fatto riferimento anche Vittorio Sammarco, nel corso del suo intervento. Un’identità associativa che, secondo Vittorio, deve emergere con più forza attraverso la realizzazione di momenti di condivisione (es. piccoli/grandi eventi), ma anche, come ricordato da Elena, attraverso un potenziamento dello storytelling sulle persone e sulla comunità di Labsus.

Le attenzioni da tenere presente, accanto ai rischi

Nella discussione non sono mancate (in schiettezza, come si conviene ad una realtà che si osserva per crescere) anche le attenzioni ai rischi che si possono correre. «Va bene la triade segnalata da Pasquale per tracciare le linee dello stile del futuro (Pensare, Comunicare, Accompagnare), ma non perdiamoci il senso dell’Azione concreta», afferma Daniela, che riporta anche il pensiero di una socia delegante: «L’accompagnamento sa di antico, parte di quella visione che dall’alto vedeva un soggetto tutor (esperto) che traccia una linea e indica all’accompagnato quello che deve o non deve fare: meglio “favorire“». Segue l’opportuna sottolineatura fatta da Gregorio: «Attenzione: noi cerchiamo di non seguire più quella distinzione di una volta tra “il dire” (il pensiero, lo studio) e “il fare” (l’azione concreta). Noi siamo quelli che mettiamo in circolazione le idee operando, e operando conosciamo la realtà, la studiamo. Anche nel sito dobbiamo andare verso una chiara evidenziazione di questo mescolamento».
Di più, aggiunge Elena Taverna: «per noi che lavoriamo in alcuni contesti fragili di Milano, l’obiettivo ancor prima di “accompagnare” o “favorire” è risvegliare, far emergere queste energie, che ci sono, ma spesso sono latenti. Forse ci interroghiamo troppo poco sulle competenze che mettiamo in gioco nelle attività di ingaggio di comunità».
E a proposito di parole chiave appare centrale il concetto di Sergio: «l’Amministrazione – e chi ne fa parte – ha bisogno di consapevolezza, cioè capire che “la cosa si può fare”. Labsus è nella condizione di favorire questa consapevolezza mettendo a disposizione competenza, cultura, disponibilità. Vogliamo una nuova consapevolezza: io/noi ce “la possiamo fare” a cambiare il modello che si è sempre attuato. Così accompagnare significa “stare a fianco” non “in alto”».
Quel modello antico di accompagnamento evoca anche un altro rischio, messo in luce da Cristina: «Vivendo da cittadini attivi uno dei rischi possibili è la specializzazione, che ci porta a lasciare fuori dalla porta anche tanti cittadini che hanno competenze per le esperienze che vivono quotidianamente e che spesso vengono trascurati. Cioè rischiamo di perderci quelle esperienze vissute e le loro capacità di comunicarle. Per questo è molto importante il lavoro che si fa sui territori, coinvolgendo ancora di più, in una mediazione dinamica e circolare, i cittadini che lavorano sui Patti».

Sui territori ci siamo ma bisogna crescere

E la testimonianza di chi lavora sui Patti, nel territorio, si è fatta sentire e apprezzare. Silvia: «Quando parliamo delle azioni che si stanno facendo spesso non troviamo chi ci ascolta. Eppure, lavorando su Roma, ho pensato spesso “questa è la mia città, in cui vivo e vorrei viverla come una comunità senza aver paura di viverla”; ma constato spesso che c’è un’ambivalenza, un vero e proprio muro tra quello che si fa e quello che si comunica». Per Carla: «Labsus spicca proprio per la capacità di tirare fuori da ciascuno, in modo diverso, i propri talenti e valorizzarli, anche dove apparentemente non ci sono o sono nascosti. È questo un vero e proprio valore aggiunto. Occorre far sì che più persone possibili mettano a frutto le proprie capacità. Labsus deve essere un facilitatore di questa diffusione». Le dà ragione Camilla Falchetti, che afferma di sentire molto Labsus come luogo dove può ritrovarsi e sperimentare le competenze e si domanda «come questa esperienza possa essere condivisa con altri, anche da chi non fa parte dei progetti, diversamente da me che ho avuto la fortuna di far parte del gruppo torinese e vivere questo clima positivo». Esperienze non sempre facili e che scorrono via fruttuose, ma con ostacoli come quella raccontata da Federica Scopetti, di Anguillara Sabazia, comune a Nord di Roma, che ha da un po’ un bel Regolamento, ma quando i cittadini si sono affacciati alla porta degli Uffici competenti si sono sentiti rispondere che non sapevano nulla. Per questo dice Federica «Il ruolo dei cittadini è centrale». Resta quindi fermo l’obiettivo (messo in luce da Bonasora) di crescere sviluppando la presenza sui territori.

L’importanza degli strumenti

Indicazioni, osservazioni, proposte di una realtà che non si accontenta di quanto già fatto e prova a vedere anche quali sono i punti deboli su cui lavorare, per rispondere meglio a istanze ed esigenze. Come quello – ad esempio – indicato da Irene Ianiro, per la quale bisogna investire in una Banca dati, «per far sì che quel patrimonio informativo che abbiamo sia facilmente accessibile e utilizzabile da tutti», anche per la realizzazione del Rapporto di Labsus, come ha aggiunto Daniela. O quello indicato da Maurizio, che individua il numero di 250 comuni o poco più dotati di Regolamento come un bel numero, ma ancora minimo se rapportato con gli oltre 8000 esistenti in Italia, ma che, tuttavia, non deve essere trascurato allorché interessa circa 14 milioni di cittadini (e sono tanti). «Bisogna che essi sappiano», dice Maurizio, «che possono attivarsi con il proprio comune per dar vita ai Patti, diffondendo magari questa prospettiva anche a cittadini di altri comuni, in una sorta di emulazione». E Camilla pensa ad una rete tra le Città dotate di Regolamento, perché «le questioni aperte sono tante e le risposte possono essere condivise»

L’importanza di fare rete

Certo, da soli non si va lontano. E per questo Pasquale dice che «Abbiamo l’obiettivo di costruire relazioni durature, franche, sincere, con i soggetti e le organizzazioni che si occupano dei nostri stessi temi o affini. Siamo pronti a confrontarci con loro per mettere insieme in nostri strumenti e incidere meglio insieme sugli obiettivi finali». La testimonianza di collaborazione fatta in mattinata da Riccardo Bodini, direttore dell’Euricse, ne è un prezioso esempio, già da tempo attivo su progetti di formazione e con prospettive di continuità.
Il convegno di gennaio 2022, a Trento, che si presta ad essere il primo Convegno nazionale sull’Amministrazione condivisa e preannunciato da Arena, può essere un’ulteriore occasione per avviare questo intreccio di collaborazione.

Un percorso di crescita in fieri

«Non sono per nulla stanco», ha concluso Arena, che non si tira indietro. Anzi: «Continuerò a far parte del Direttivo e a dare una mano da Presidente emerito, da ricercatore e studioso, da rappresentante di Labsus se serve in alcuni momenti. Ma dopo un certo numero di anni è fisiologico, in qualsiasi organizzazione matura, un cambiamento nella dirigenza. È arrivato il momento di passare il testimone. E Labsus ha ora una nuova e valida guida: Pasquale Bonasora».
Un percorso di crescita per nulla concluso, quindi, ma che il dibattito e linee guida per il futuro hanno ben tracciato e condiviso.
Adesso si tratta di rimboccarsi le maniche per il triennio che verrà.

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