Solo unendo le diversità si può incidere sul cambiamento: è questo il forte messaggio lanciato nel corso di due eventi dedicati all'Economia civile

Si sono da poco spente le luci sul quinto Festival di Economia Civile (EC) di Campi Bisenzio (Firenze), il comune dov’è sorto il primo distretto italiano di Economia Civile (16-18/9/2021). E si è poi concluso a Firenze anche il Festival nazionale dell’economia civile (24-26/9/21) dal titolo significativo: “Alla ricerca di senso”. La domanda di fondo a cui le due iniziative hanno voluto dare risposte è proprio questa: quale direzione, quale “senso” dare alle realtà di economia civile esistenti perché diventino elementi base di costruzione di un modello di sviluppo economico post-Covid basato sulla sostenibilità? E per rispondere a questa domanda a Campi Bisenzio è stata anche inventata la Scuola di Economia Civile – a cui è stata chiamata Labsus a partecipare – per confrontarsi sul “come” lavorare per costruire questo cambiamento.

Cosa s’intende per economia civile?

L’economia civile è intesa dagli organizzatori quale volano del cambiamento per costruire un modello di sviluppo che metta al centro le persone, il loro benessere, le loro relazioni, l’ambiente, dando forza e dignità, innanzitutto, alle comunità e a chi fa impresa con questi obiettivi. Fanno parte quindi dell’economia civile realtà quali cooperative di comunità, alcune imprese sociali e organizzazioni del Terzo settore ma anche organizzazioni private che sorgono con l’obiettivo di conciliare la sostenibilità degli aspetti economici con quelli sociali ed ambientali.
Per capire meglio il concetto, forse, è più semplice capire l’opposto, l’economia “incivile”, ossia quel modello di sviluppo economico che privilegia solo il profitto e la finanza, che talora licenzia delocalizzando in luoghi lontani e senza neppure informare preventivamente né i lavoratori, né il sindacato, utilizzando sempre più personale precario e saltuario, in cui a volte si continua a morire sul lavoro. Proprio come è successo a Luana a Prato, proprio come nel caso del licenziamento dei 422 operai della multinazionale Gkn di Campi Bisenzio; entrambi questi accadimenti sono stati ricordati ripetutamente nel corso del Festival di Campi Bisenzio.
L’economia “civile”, quella che invece mette al primo posto la “felicità” di persone e comunità, è possibile e ha un peso tutt’altro che marginale nel contesto italiano e toscano, in particolare. E se ne è voluto dare prova lasciando spazio ai racconti dei protagonisti delle numerose “pratiche” e testimonianze: oltre 40 diverse realtà che sono state presentate nei tre giorni di lavoro e con attenzione particolare al settore dell’agroalimentare, come nel caso del progetto Circolaryfood in cui le comunità locali si sono organizzate in 5 comuni per sviluppare solidarietà anche nelle filiere del cibo. Numerose le esperienze ricordate e connesse ai Patti di collaborazione sia nell’esperienza di Bologna, sia anche nei 43 comuni toscani che hanno adottato il Regolamento per l’Amministrazione condivisa dei beni comuni.

La scuola di economia civile

Un’intera sessione della Scuola di Economia civile è stata dedicata al ruolo della burocrazia, ossia ci si è domandati se la burocrazia sia un freno a quel tipo di innovazione auspicato, anche quando la componente politica sembra sostenerlo. L’esperienza di Labsus, confermata da alcune delle esperienze presenti, sembra piuttosto mettere in luce che la componente “tecnica” talora è un importante “alleato”. Non solo i cittadini, ma anche che i dipendenti pubblici possono essere “attivi” in questo cambiamento che è innanzitutto amministrativo, in quanto presuppone “l’abilitazione” di queste esperienze civiche: se adeguatamente formati e supportati dalla componente politica, infatti, i dipendenti pubblici possono essere un potente acceleratore del modello di Amministrazione condivisa.

Unire i vari “pezzi” di Amministrazione condivisa

Il reale problema di “come” favorire oggi questo tipo di passaggio ad un diverso paradigma amministrativo sta nella mancanza di un quadro unitario di tutte le diverse parti del mosaico di Amministrazione condivisa ormai esistente sui territori. Oltre ai Regolamenti e Patti di collaborazione, vi sono confini sfumati con alcune forme di partecipazione attuate anche in base alle leggi regionali sulla partecipazione (Toscana, Emilia Romagna), alcune modalità di bilancio partecipato, cooperative di comunità (oltre 40 in Toscana) e soprattutto esiste un nuovo strumento: l’art 55 della riforma del Terzo Settore, che permetterebbe di dare nuova voce ai territori, al ruolo abilitante delle amministrazioni locali delle autonome organizzazioni dei cittadini che perseguono interessi generali e al loro coordinamento in forme di co-programmazione e co-progettazione. . E del resto la matrice comune non solo alle diverse normative, ma anche ai vari servizi e interventi “diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico” è stata ben messa in luce dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 131 del 2020.

Allearsi e ricomporre il “mosaico” delle diverse componenti dell’Amministrazione condivisa

Abbiamo oggi, con l’art 55, un’occasione unica di utilizzare nuove risorse (PNRR), ma mancano spesso proposte concrete e condivise dei territori che riescano ad immaginare un futuro. Ed è proprio su questo che la componente tecnica degli enti può giocare un ruolo fondamentale e strategico. Perché se negli enti locali manca la cultura dell’Amministrazione condivisa quale forma di co-progettazione e co-programmazione del futuro delle comunità in cui viviamo, non può prendere avvio questo percorso oggi possibile in base a tale normativa. Su questo dobbiamo lavorare da subito, nei prossimi mesi. Come la co-progettazione e co-programmazione è il cuore dei Patti, così a livello territoriale, nei comuni, nelle regioni, dobbiamo sviluppare con metodo, laboratori territoriali di co-programmazione, lavorando insieme anche con i dipendenti pubblici (oltre che in generale con enti locali, reti e terzo settore, Regioni, fondazioni filantropiche) per un progetto che diventi di comune visione di lungo periodo, sostenibile, collegando i diversi “pezzi” di Amministrazione condivisa. E la Toscana potrà essere un ottimo campo di prova. Questo è stato il messaggio portato da Labsus al festival dell’Economia Civile e condiviso con molti dei presenti.