La Consulta rappresenta il luogo di confronto permanente per agevolare visioni condivise su metodologie e pratiche di riattivazione della cittadinanza in senso democratico e orizzontale

Torino è l’unica città che ha adottato un Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni che prevede l’istituzione della relativa Consulta: undici componenti sorteggiate/i dall’Albo delle e dei Garanti, parità di genere garantita, gratuità della prestazione anche.
Ed eccoci qui, al termine dei primi tre anni di questa esperienza, a tratteggiare un bilancio. In tre parole: è stata dura! Prossimamente rifletteremo insieme, in un momento di relazione e dibattito pubblico aperto, su come andare avanti.

Le difficoltà incontrate

“La Consulta Permanente dei beni comuni urbani della Città di Torino svolge funzioni consultive e/o funzioni arbitrali in caso di controversie che sorgano sulla valutazione delle proposte pervenute nell’ambito dell’attuazione del negozio civico” si dice al punto 3 dell’art. 6 del Regolamento torinese, che definisce l’Organo. Ma le difficoltà non sono emerse tanto nello svolgere questi compiti, bensì a monte.
Internamente al gruppo, anzitutto, le visioni su cosa significhi prendersi cura dei beni comuni non sono allineate. Ma al centro stanno le esperienze. Sono stati tre anni in cui, organizzandoci in piccoli gruppi, abbiamo cercato di andare in sopralluogo dove le/gli abitanti ci chiamavano, per capire i contesti, le comunità, i problemi di gestione, le minacce di sopravvivenza di esperienze varie: occupazioni, autogestioni, patti di collaborazione, delibere comunali.
Al punto 6 si dice che “La Consulta Permanente dei beni comuni urbani della Città di Torino diviene luogo di confronto permanente sia nell’istituzione cittadina sia nella città tutta, al fine di agevolare visioni condivise su metodologie e pratiche di riattivazione della cittadinanza in senso democratico e orizzontale”. Proprio sull’orizzontalità ancora molta strada resta da percorrere. Lo denota anzitutto il linguaggio ancora verticale con cui le persone si esprimono, definendosi ad esempio concessionarie di un bene anziché firmatarie di un patto, co-gestrici alla pari con altri soggetti attivi e la pubblica amministrazione locale.

La cultura dei beni comuni

In questi anni è poi emersa con sempre più evidenza la questione del decentramento, che allarga alle otto Circoscrizioni torinesi il tema del rapporto tra il settore del Comune preposto all’amministrazione dei beni comuni e la Consulta. Nel 2025 saranno dieci anni che a Torino sarà in vigore questo Regolamento, eppure il “brodo di cultura”, di questa cultura dei beni comuni in particolare, ad oggi, è ancora estremamente povero.
La cultura dell’urbanistica e dei lavori pubblici tradizionalmente intesa, invece, così come quella dell’ambiente, dei servizi sociali eccetera, in questi tre anni, ci è apparsa sempre molto ben consolidata e dominante. I beni comuni non umani restano per lo più inascoltati, anche se dal punto di vista amministrativo “la tavola è apparecchiata” e molte alternative si potrebbero trovare per dar voce agli alberi, ai prati, alle popolazioni animali che abitano la città, e ad alcuni gruppi attivi che sono già loro alleati.
Proprio in questo senso, dunque, appare prioritario lavorare nel prossimo triennio su ciò che viene detto al punto 5: “La Consulta Permanente dei beni comuni urbani della Città di Torino può promuovere il confronto pubblico tra realtà associative, di volontariato e sociali protagoniste della rigenerazione urbana per ascoltarne le esigenze e sviluppare insieme proposte sull’uso sociale e collettivo del patrimonio pubblico” e al punto 8: “[…] La Consulta può proporre alla Giunta modifiche o integrazioni all’elenco di cui all’art. 5 al fine di promuoverne un utilizzo per scopi sociali e culturali e di sviluppo di tematiche legate ai beni comuni. La Consulta può, inoltre, promuovere presso l’Amministrazione eventuali proposte di riutilizzo di beni pubblici pervenute alla Consulta stessa”.

Per approfondire:

Immagine di copertina: nonmisvegliate su Pixabay