I "cittadini attivi" non possono essere esclusivamente "associazioni dei cittadini"

Un regolamento per le associazioni dei cittadini

Il Regolamento di Bergamo ripropone, sebbene in forma semplificata, quanto già  visto in altri regolamenti comunali, promossi e sostenuti da Labsus, caratterizzandosi, in modo particolare, per il suo circoscritto ambito di applicazione soggettivo, ristretto alle sole associazioni dei cittadini – presumibilmente sia quelle “riconosciute” sia quelle “non riconosciute” – che si attivano per la cura e rigenerazione dei beni comuni urbani, in qualità  di ” cittadini attivi ” .

In altri termini, ai sensi del presente Regolamento, le associazioni dei cittadini sono gli unici soggetti legittimati ad attivarsi per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani.

Una simile impostazione risente di un’attuazione solo parziale (se non, addirittura, di una violazione) del principio costituzionale di sussidiarietà  orizzontale – che pure viene implicitamente richiamato nella disposizione di cui all’art. 1, per il tramite dell’art. 118 Cost. – in forza del quale i soggetti che compongono la Repubblica – nella fattispecie il Comune – debbono favorire l’autonoma iniziativa di tutta la società  civile, per lo svolgimento di attività  di interesse generale e, dunque, non solo di una sua parte, come avviene nel caso di specie.

In tal senso, appare passibile di critica anche la scelta di porre sullo stesso piano – concettuale prima ancora che giuridico – le associazioni dei cittadini che si attivano per la cura e rigenerazione dei beni comuni urbani e i cittadini attivi, desumibile, in particolare, dalla lettura dell’art. 2, co. 1, lett. c).

Si tratta peraltro di una scelta che il comune conferma perché in un altro regolamento, che presenta alcuni profili di contiguità  con quello qui commentato ( “Regolamento per l’istituzione e la gestione del servizio di volontariato civico e del baratto amministrativo” ), ugualmente stabilisce che possono fruire di riduzioni e/o esenzioni fiscali solamente i cittadini che siano giudicati idonei dal Comune sulla base delle loro competenze, professionalità  e/o attitudini dichiarate in sede di iscrizione ad un ” albo dei volontari civici ” (cfr. art. 4).

Ciò detto, la disciplina sulle forme di collaborazione tra le associazioni dei cittadini e l’Amministrazione appare piuttosto semplice e chiara, anche se vincola la stipula di ogni patto di collaborazione al previo assenso della Giunta comunale, derogando al generale principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo politico e di amministrazione attiva.

Più in particolare, ai sensi dell’art. 5, ciascuna associazione dei cittadini può presentare all’Amministrazione una proposta di collaborazione formulata in risposta ad una sua sollecitazione oppure concepita in via autonoma, seguendo, a seconda dei casi, un iter procedimentale differente. In ambedue le circostanze, comunque, la proposta è, poi, sottoposta ad approvazione da parte della Giunta comunale e seguita dalla stipula del patto di collaborazione, tra il dirigente competente e il legale rappresentante dell’associazione dei cittadini, che può avere ad oggetto, in particolare, la “gestione condivisa di spazi pubblici e privati asserviti ad uso pubblico” (art. 7); “interventi di rigenerazione di edifici e spazi pubblici” (art. 8) oppure “la gestione condivisa degli edifici” (art. 9).

Si presenta, inoltre, particolarmente misurata la disciplina sulle “forme di sostegno” , economiche ed amministrative.

In conclusione, appare auspicabile un’applicazione più rigorosa del principio di sussidiarietà  orizzontale, capace di valorizzare il potenziale di tutti i cittadini attivi, con beneficio sia dell’Amministrazione sia della comunità , nel suo complesso.

LEGGI ANCHE:

Arena: cittadini attivi
Prime riflessioni sul diritto dell’amministrazione condivisa
Le ragioni per dire no al baratto amministrativo