A Empoli, il Regolamento per l’Amministrazione condivisa guarda alla sicurezza di tutta la comunità e non dei soli cittadini attivi

Approvando il Regolamento per l’Amministrazione condivisa, Empoli si aggiunge agli altri Comuni della Toscana portando a 45 il numero di quelli noti e raggiungendo il dato significativo di “copertura” del territorio regionale pari a circa il 22% e di oltre il 49% della popolazione.

Presentazione del Regolamento per l’Amministrazione condivisa di Empoli, nell’ambito dell’evento “Vivi e condividi Empoli! Prendersi cura dei beni comuni pensando al domani”, tenutosi lo scorso 28 aprile 2022 (Fonte: Comune di Empoli)

La sicurezza e la responsabilità per le attività di cura dei beni comuni

Il Regolamento approvato presenta molte analogie con il Prototipo messo a disposizione da Labsus. Interessante e per certi versi innovativa e non priva di fondamento giuridico, per le ragioni che vedremo di seguito, la scelta operata dall’amministrazione comunale empolese nell’affrontare il tema relativo alla questione “sicurezza e responsabilità” nelle attività svolte dai volontari in attuazione degli obiettivi concordati con i Patti di collaborazione. Una problematica questa che, ancora oggi – oramai a otto anni da quando venne approvato, a Bologna, il primo Regolamento sull’Amministrazione condivisa –, rappresenta un ostacolo per una più ampia diffusione e attuazione dei Regolamenti sui beni comuni.
Ci pare evidente la ragione per la quale cittadini attivi e funzionari pubblici assumano un atteggiamento talvolta diffidente nel sottoscrivere i Patti di collaborazione, poiché la normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori stabilisce importanti procedure e responsabilità.
Una delle prime domande che ci siamo posti da quando abbiamo iniziato, come associazione Labsus, ad impegnarci per promuovere l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale è stata se i volontari dovessero inquadrarsi come lavoratori dipendenti poiché, in caso di risposta affermativa, anche per essi e per i sottoscrittori dei Patti, avrebbero trovato attuazione le norme del Testo Unico sulla sicurezza da applicarsi, rispettivamente, a lavoratori e datori di lavoro.

I cittadini attivi non sono dei dipendenti

Già il 6 dicembre 2017, su questa Rivista, il Prof. Fabio Giglioni affermava che «i cittadini attivi non sono dipendenti», muovendo, tra le altre, dalla considerazione che «[…] il termine “amministrazione” è inteso in senso oggettivo e non in senso soggettivo: ciò che i cittadini condividono con i comuni è l’amministrare, inteso come occuparsi degli interessi generali».
Bene ha fatto quindi l’amministrazione comunale di Empoli a porsi questa domanda nel momento in cui redigeva il Regolamento e, coerenti con l’ordinamento, come vedremo, sono le conclusioni a cui è giunto l’Ente.
Muovendo dai contenuti del comma 4 dell’art.118 Cost. e con riferimento al principio di sussidiarietà, non necessitante di ulteriori disposizioni di legge in quanto «[…] laddove la norma non richieda ulteriori specifici provvedimenti e preveda il riconoscimento per i cittadini di nuovi diritti o il rafforzamento di quelli esistenti, debba essere immediatamente applicata […]» (Cerulli Irelli-Narducci, 2019), consegue che le attività di interesse generale, individuate nella proposta di Amministrazione condivisa per la cura di beni comuni e declinate nel Patto di collaborazione, sono del tutto legittime trovando riscontro sia nel principio costituzionale che nel regolamento adottato nell’ambito dell’autonomia statutaria e regolamentare riconosciuta dalla legge ai Comuni.
Andiamo ora a vedere se le attività dei cittadini volontari, singoli o associati, trovino riscontro in altra normativa oltre che nell’art.118 Cost., in particolare quando siano impegnati singolarmente e non nell’ambito di Organizzazioni di Volontariato o Enti del Terzo settore. Anche in questo caso la normativa non lascia adito a dubbi poiché l’art. 17 del Codice del Terzo settore così recita: «Il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà».
Ecco che, in questo caso, abbiamo due importanti affermazioni: la prima è il riconoscimento del volontario che si attiva autonomamente come singolo; la seconda declina le peculiarità o condizioni che caratterizzano le attività di volontariato: libera scelta, spontaneità, gratuità. Condizioni che ritroviamo ogni qual volta parliamo di cura di beni comuni, di interesse generale, di Patti di collaborazione.

La scelta operata dal Comune di Empoli

A questo punto è possibile sottolineare la correttezza della scelta fatta dal Comune di Empoli, d’intesa con Labsus, stabilendo, all’art.18 del Regolamento, che per i cittadini attivi volontari «[…] trovano applicazione l’art. 3, c.12-bis, che rimanda all’art.21 del D.lgs. n.81/2008», quest’ultimo recante disposizioni nei confronti dei componenti dell’impresa familiare e dei lavoratori autonomi, a cui i volontari sono assimilati.
Ne consegue che per i cittadini attivi, essendo volontari, autonomi e senza vincolo di subordinazione, non si rinviene la figura del “datore di lavoro” con tutto ciò che consegue in termini di responsabilità a cui esso sarebbe soggetto sia quale legale rappresentante dell’ETS, sia come referente di un gruppo informale, sia come Dirigente dell’ente locale. Ne deriverebbe, inoltre, l’insussistenza dell’obbligo di effettuare la redazione del documento di valutazione dei rischi (DVR) residuando, tuttavia, la necessità di individuare, da parte del soggetto proprietario del bene comune (prevalentemente “materiale”), eventuali pericoli dandone informazione ai volontari.
In tal senso si veda quanto affermato dal Dott. Ing. Massimiliano Bandini, Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione del CESVOT: «Se un’organizzazione di volontariato […] ha […] esclusivamente volontari, non sussiste l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi con relativa redazione del documento».
A supporto di questa affermazione si richiama anche il parere del Ministero del Lavoro in risposta ad un quesito su quali siano gli obblighi di sicurezza per l’impresa familiare ai sensi del D.lgs. 81/08.  Secondo il Ministero, poiché al titolare dell’impresa familiare si applicherebbe l’art.21 del T.U. sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, laddove i collaboratori non abbiano un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, questi non assumerebbe la qualifica di datore di lavoro con tutto ciò che tale carica implica in materia di tutela sui luoghi di lavoro.

Il tema della sicurezza nel nuovo Regolamento per l’Amministrazione condivisa

Ai volontari, così prosegue l’art.18 del Regolamento di Empoli, è comunque previsto che sia fornito un documento informativo sui rischi esistenti in relazione alle attività concordate e alle misure di prevenzione e di emergenza da adottare. Ma il Comune di Empoli va anche oltre accogliendo l’indicazione che proponemmo, e che ogni ente dovrebbe attuare, di richiedere che «[…] i volontari utilizzando strumenti e prodotti di qualunque genere osservino indicazioni e precauzioni secondo quanto riportato su schede tecniche, manuali ed etichette».
Una ulteriore importante precisazione è contenuta al comma 5 del citato art.18 del Regolamento, in quanto stabilisce che, quando sono previste attività o interventi di recupero e valorizzazione del bene comune, che possano essere eseguiti solo da soggetti professionalmente idonei ed a ciò abilitati, il sottoscrittore del Patto, nel commissionare tali attività a detti professionisti, assume la responsabilità del committente di cui all’art.90 del D.lgs. 81/2008. Responsabilità che viene assunta anche quando colui che sottoscrive il Patto di collaborazione è un imprenditore, che interviene personalmente, o con la propria ditta, ad eseguire le attività concordate. Fattispecie questa che si può verificare più spesso di quanto non si possa ritenere tenuto conto che, in linea generale, i Regolamenti definiscono cittadini attivi anche soggetti di natura imprenditoriale purché, così viene stabilito, non ne derivino, per essi, vantaggi economici.

Compensi e non contributi

I Regolamenti stabiliscono, in linea generale, che l’ente non possa destinare contributi in denaro ai cittadini attivi; questa disposizione ha fatto sì che alcuni Comuni abbiano trovato difficoltà nel concedere sostegni di natura economica ai cittadini singoli o associati per consentire lo svolgimento delle attività previste con i Patti di collaborazione. Secondo alcuni, la disposizione regolamentare, come sopra formulata, vieterebbe, tassativamente, di erogare contributi economici ai cittadini attivi, creando così una situazione di incertezza anche quando l’ente decide di concedere un rimborso spese per sostenere le attività pattuite.
Poiché la proibizione di riconoscere contributi ai cittadini per le attività svolte deve intendersi come divieto di concedere somme quali forma di “pagamento”, l’art.10 comma 2 del Regolamento di Empoli opera una distinzione tra compenso e contributo, rimuovendo così ogni incertezza procedimentale con la seguente formulazione: «Nell’ambito dei Patti di collaborazione, l’Amministrazione non può in alcun modo destinare compensi in denaro a favore dei cittadini attivi per le attività svolte nell’ambito dei Patti di collaborazione, fatto salvo quanto previsto da leggi e regolamenti vigenti in materia di contributi e rimborsi spese alle organizzazioni di volontariato o altri soggetti aventi diritto». Una scelta questa che abbiamo trovato e apprezzato nel nuovo Regolamento del Comune di Verona (v. art.18 c.7), e che potrebbe essere presa come esempio da tutti gli enti.

Un Regolamento che guarda alla sicurezza di tutti i cittadini

Adottando il Regolamento sull’Amministrazione condivisa, il Comune di Empoli ha voluto non solo facilitare il rapporto tra comunità e l’Ente per favorire la sottoscrizione di Patti di collaborazione ma, sulla base delle esperienze e difficoltà di altri Comuni e con la collaborazione di Labsus, crediamo abbia aperto un modo diverso di affrontare la questione responsabilità e sicurezza dei volontari. Da una parte richiamandosi alla normativa in materia nella misura in cui i lavoratori dipendenti sono distinti dai volontari ed equiparati, questi ultimi, ai collaboratori familiari. Dall’altra, anche più importante, stabilendo norme di tutela dei cittadini affinché siano loro fornite informazioni sui pericoli derivanti dalle attività concordate nei Patti ma, soprattutto, affinché questi rispettino le modalità di utilizzo di attrezzi e prodotti riportate su etichette e schede tecniche. Una scelta che evidenzia l’attenzione dell’Ente alla salute dei propri cittadini fornendo indicazioni utili, che implicano un approccio culturale diverso e più prudente anche nell’esecuzione delle attività quotidiane troppe volte svolte con superficialità, fonte di causa di centinaia di migliaia di incidenti.

Foto di copertina: Piers Cañadas su Flickr