Un vivace dibattito con i maggiori conoscitori del volontariato in Italia

I volontari potrebbero rivelarsi un fattore di rinnovamento della democrazia italiana poiché operano nell ' interesse generale

Il primo Rapporto sullo Stato del Volontariato nel Mondo è stato lanciato il 5 dicembre 2011 durante la 66esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di New York e in oltre 80 paesi in tutto il mondo. Il Rapporto promuove una migliore comprensione del fenomeno del volontariato, ne dimostra il carattere universale, ne descrive le dimensioni e gli obiettivi e ne individua le più recenti dinamiche. Stimolando nuove riflessioni sul tema del volontariato, il Rapporto sullo Stato del Volontariato nel Mondo offre une visione alternativa di una società  migliore.

Ad aprire i lavori il Prof. Gregorio Arena, presidente di LABSUS e del Centro di documentazione sul volontariato, che ha coordinato il dibattito sul RSVM.

Il primo intervento è stato quello di Francesco Galtieri, Portfolio Manager UNV (programma dei Volontari delle Nazioni Unite): “Questo rapporto vuole rappresentare uno strumento ed un riconoscimento dell’operato dei volontari nel mondo, anche se risulta difficile rendere giustizia alla complessità  di questo fenomeno. Il nostro intento è quello di valorizzare l’impatto complessivo sociale di tutti i contributi individuali; si è voluto inoltre sottolineare la forza politica della normalità  del volontariato facendo emergere gli aspetti valoriali comuni“. Il Rapporto, redatto per celebrare il 10 ° anno del volontariato e l’anno europeo del volontariato, evidenzia l’universalità  del volontariato ed i suoi elementi di unicità , “il volontariato infatti promuove uno sviluppo umano sostenibile” continua Galtieriincarna valori universali, crea benessere ed è moderno“.
La riflessione si concentra sulla necessità  di misurare il valore del volontariato sia dal punto di vista etico sia dal punto di vista economico, quantificando il suo impatto anche sulla ricchezza dei Paesi.
Se è vero che ‘ciò che non può essere contato, non conta’, pur raffinando gli strumenti, questa operazione risulta molto complessa, ad esempio come è possibile ‘contare’ la soddisfazione derivante dall’impegno spontaneo del volontario? (..) Una ricerca svolta su 33 paesi dell’Ocse ha stabilito che mettendo assieme tutte le persone impegnate in un’attività  di volontariato formale si formerebbe il nono paese più popoloso al mondo, il quale si piazzerebbe, con 140 milioni di ‘abitanti’, tra Russia e Nigeria“. “Il volontariato formale” aggiunge Galtiericontribuisce a circa il 3% della produzione della ricchezza nazionale, senza contare il benessere sociale“.

Galtieri conclude la sua relazione evidenziando come il volontariato sia una risorsa fortemente sottoutilizzata, “perché si potrebbe coinvolgere di più ed in modo migliore i cittadini per ottenere un impatto maggiore; in questo senso è forte la responsabilità  delle istituzioni. La partecipazione attiva dei cittadini è necessaria, il volontariato infatti, oltre ad incarnare una forza di inclusione sociale, migliora il senso di appropriazione che si lega alla sostenibilità  delle azioni civiche“.

La presentazione è proseguita con la riflessione dell’Onorevole Silvia Costa, membro del Parlamento europeo: “Il volontariato esprime la dimensione civile delle persone, credo quindi che la vera sfida culturale sia rafforzare il rapporto tra volontariato e democrazia. La persona deve avere l’autonomia di partecipare alla cura del bene comune e la possibilità  di sentirsi protagonista di un processo sociale. Queste sono le condizioni per costruire democrazie più solide. Il volontariato infatti migliora i processi di condivisione e partecipazione rafforzando il legame sociale“.

Costa fa notare le sostanziali differenze anche di legislazione che caratterizzano gli stessi Paesi dell’Unione Europea e “che pongono dei problemi di misurabilità  e di comparabilità  del volontariato in Europa. In questa cornice è necessaria una forte alleanza tra gli enti di volontariato, gli studiosi e gli accademici e le istituzioni, per elaborare un’analisi adatta alla complessità  del fenomeno“.
Secondo la relatrice è necessario sostenere il volontariato ma soprattutto stabilire delle procedure che includano il volontariato nella discussione e nell’elaborazione delle politiche pubbliche, non è possibile prescindere dal contributo dei cittadini attivi per realizzare uno sviluppo sostenibile.
Il volontariato potrebbe essere un alleato strategico delle politiche di sviluppo, a condizione che lo si ascolti (..) Il volontariato è innovativo, profetico e trasformatore perché legge il sociale anticipando le istituzioni“.

La terza relazione è stata quella di Renzo Razzano, Vicepresidente vicario del Cev (Centro Europeo del Volontariato): “Ho apprezzato molto la volontà  di chi ha redatto il Rapporto di rompere i luoghi comuni sul volontariato, troppo spesso è considerato un fenomeno occidentale, riservato a persone ricche, e di sfatare quindi una falsa percezione del fenomeno, offrendo spunti di riflessione mai banali“.
Gli assi portanti del volontariato” prosegue Razzanosono la cittadinanza attiva, la coesione sociale, il benessere individuale, la promozione della pace e la tutela dei beni comuni. Il volontariato attiene ai diritti fondamentali della persona“.
Anche Razzano affronta il tema della misurazione, ricordando l’importanza di tutte quelle forme di volontariato informale e confermando la difficoltà  di avere una base interpretativa comune proprio a causa della distanza con la quale il volontariato viene considerato nei diversi contesti europei, soprattutto nella concezione anglosassone. “Bisogna arricchire il manuale ILO con indici di impatto e di qualità , ma ‘contare’ non vuol dire solo assegnare un valore economico, ma assegnare valore al tempo e alle relazioni umane“.

Dopo un vivace dibattito aperto ai partecipanti all’evento, presenti infatti diversi dirigenti di organizzazioni del volontariato e del Terzo Settore, il Prof. Arena ha concluso la giornata con una riflessione globale approfondendo le diverse tematiche emerse nella discussione.
Credo che quando si discute di volontariato sia necessario mettere in evidenza la relazione tra le persone e di conseguenza il principio del pluralismo garantito dall’art. 2 della Costituzione. Bisogna uscire dalla logica del volontariato come espressione individuale, perché è vero che esso nasce come espressione della volontà  dell’individuo ma diventa poi relazione fra persone. In questo senso è molto bello e significativo quel detto africano secondo il quale una persona non si realizza se non attraverso le altre persone. Le persone costituiscono certamente una ricchezza, ma lo sono ancora di più quando sono in relazione fra loro“.
Arena prosegue il suo intervento analizzando il ruolo del volontariato nella crisi della politica:

Il 92% degli italiani non si fida dei partiti, mentre il 70% dice di fidarsi delle organizzazioni di volontariato. I volontari potrebbero quindi rivelarsi un fattore di rinnovamento della democrazia italiana poiché operano nell’interesse generale, impegnandosi quotidianamente per prendersi cura in maniera disinteressata sia di persone in condizioni di disagio, sia dei beni comuni. In Italia ha prevalso e prevale l’interesse personale e familiare, mentre una classe dirigente degna di questo nome deve invece farsi carico dell’interesse generale, come fanno i volontari, anche rinunciando in parte ai propri interessi individuali“.



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