Se l’uomo è malvagio e non è in grado di autoregolarsi allora l’ordine deve promanare dall’esterno, cioè dalla legge. Se la pace è possibile solo là dove c’è l’intervento statale, la legge prende il sopravvento su tutto. In questa sintesi originata da Hobbes, il filosofo del diritto Franzese vede una costruzione artificiale, una ‘geometria legale’ che si scontra con le leggi del mercato.

Le teorie politiche o giuridiche di ascendenza hobbesiana obbligano i propri fautori alla rappresentazione convenzionale di uno stato di natura «regno dell’anomia, dove il singolo agisce seguendo la propria volontà»; da ciò deriva, per Franzese, «la necessità di una società civile irreggimentata dall’autorità statale che, in particolare, obbliga i contraenti ad osservare i patti stipulati mediante la minaccia di una sanzione».

In sintesi, il singolo, nel passaggio dallo stato di natura allo stato di società rinuncia alla sua sovranità, che dona allo Stato. In cambio ottiene un recinto all’interno del quale rievocare la perduta sovranità: tali sono ad esempio il diritto di proprietà e la libertà. Poiché il rapporto tra lo Stato ed il singolo individuo non prevede intermediari, soltanto per effetto di un atto del soggetto sovrano vi può essere intromissione nel recinto dei diritti; tanto più che gli stessi sono stati conferiti dalla stessa figura che può in ogni momento modificarli con atto tipico del suo potere. Come spiega Franzese nel volume (a p. 21): «porre ordine nelle relazioni intersoggettive è dunque prerogativa di un soggetto altro rispetto ai privati, un soggetto autoreferenziale, capace di imporre norme ai consociati in quanto dotato della forza necessaria per sottomettere i recalcitranti».

Il problema si pone con particolare evidenza con riguardo al sistema di mercato nel quale l’incessante ricerca di un vantaggio pare lo specifico delle relazioni economiche: di fronte all’arbitrio delle multinazionali e all’opportunismo degli operatori, che confermerebbero l’assunto hobbesiano sulla congenita rapacità dell’uomo, solo la legge sovrana, intesa come manifestazione della volontà del potere, sarebbe in grado di conferire stabilità al caos delle relazioni intersoggettive. L’ordinamento dei rapporti economici, dunque, risulterebbe inevitabilmente eteronomo, essendo fondato esclusivamente sulla conformità delle azioni umane rispetto alle astratte fattispecie normative.

Tuttavia, per Franzese, chi concepisce l’ordinamento dei mercati come una creazione della legge, subordinandoli pertanto alla volontà dei titolari del potere, omette di confrontarsi con l’esperienza reale, in cui l’autodisciplina fonda veramente l’ordine delle relazioni economiche. Il primato della legge sovrana, come rimedio alla presupposta inaffidabilità dei privati, quindi, sembra corrispondere ad una ricostruzione meramente convenzionale delle relazioni umane, le quali, invece, si definiscono in un rapporto di coessenzialità fra il fenomeno giuridico e la capacità dei singoli nel disciplinare i propri affari.

Ma come fare per superare la riduzione del diritto a mera "geometria legale"? Occorre prendere le mosse dalla confutazione del suo presupposto logico, e cioè l’intrinseca inaffidabilità del privato, la cui mutevole volontà disintegrerebbe l’ordine delle relazioni intersoggettive, se la legge non intervenisse potestativamente ad imporre il rispetto delle pattuizioni. Franzese ricorda come l’anomia privata sia il frutto della identificazione della natura umana con il convenzionale stato di natura hobbesiano, mentre una diversa osservazione delle relazioni umane non può che constatare il ruolo imprescindibile ricoperto dall’autodisciplina nei rapporti economici. Franzese propone pertanto l’autonomia del singolo come chiave di lettura per le riforme del nostro tempo: la globalizzazione dei mercati, la privatizzazione dei servizi pubblici e l’implementazione dei codici di autoregolazione, infatti, costituiscono altrettante prove circa la capacità degli operatori economici nel determinare responsabilmente le proprie scelte.

La stessa struttura organizzativa dello Stato viene messa in discussione, perché il monopolio pubblico nella produzione normativa, sostenuto dalla necessità del controllo sociale, ha giustificato tradizionalmente la pervasiva interferenza dell’apparato amministrativo in ogni settore dell’economia, dove l’iniziativa privata viene circoscritta e conformata all’interesse pubblico, cioè all’interesse del soggetto pubblico.

Viceversa, la nuova tendenza è quella del riconoscimento dell’autonomia dei singoli, ai quali vengono restituiti spazi decisionali per lungo tempo occupati dalla mano dello Stato; il declino del tradizionale dirigismo pubblico non si manifesta solo nel ripensamento delle norme costituzionali, in vista di una nuova costituzione economica, ma anche nell’affermazione di un nuovo modo per disciplinare i rapporti fra società e amministrazione.

Franzese individua un nuovo paradigma organizzativo, in cui le istituzioni integrano sussidiariamente l’autonomia della persona umana, eliminando le asimmetrie e garantendo le condizioni per un ordinato sviluppo degli scambi: proprio il principio di sussidiarietà ha ispirato le riforme amministrative dagli anni Novanta del secolo scorso, fino alle recente revisione costituzionale; il riconoscimento del ruolo del cittadino, che da suddito si fa coamministrante, valorizza le energie sociali nella gestione dei servizi pubblici privatizzati, e più in generale nell’approntamento dei servizi alla persona da parte del settore non profit.

Lo Stato non si fa più diretto responsabile della crescita economica, ma si limita a intervenire, quando le determinazione dei singoli non siano compatibili con il bene della comunità. Anche nell’ambito internazionale le relazioni economiche sono lasciate all’autonomia delle parti che sono in grado di autodisciplinare i loro rapporti e la legge ha solo una funzione sussidiaria. Essa interviene quando gli operatori economici non mantengono fede ai patti assunti. Questo, spiega Franzese, è ciò che dovrebbe avvenire anche nei singoli ordinamenti statali. In particolare, in vicende come quella della Cirio o della Parmalat lo Stato dovrebbe astenersi dal dettare norme volte a regolare i loro rapporti giuridici, ma dovrebbe invitare le parti a rispettare quelle regole contrattuali già da loro autonomamente stilate.

Lucio Franzese è docente di Filosofia del diritto nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trieste.

L. Franzese, Ordine economico e ordinamento giuridico. La sussidiarietà delle istituzioni, Padova 26, CEDAM Editore, pagg. 188, € 16,.