Fondazioni bancarie e sussidiarietà  orizzontale

Il rilievo pubblicistico delle azioni delle fondazioni bancarie non si pone in contraddizione con la rilevanza della presenza dei privati nelle medesime fondazioni

La sentenza

Il parere n. 268/24, riferito allo schema del successivo d.m. 18 maggio 24, n. 15 (Regolamento ai sensi dell’art.11, comma 14, della legge 28 dicembre 21, n. 448, in materia di disciplina delle fondazioni bancarie”), che ha sostituito il precedente regolamento (d.m. 2 agosto 22, n. 217).
Nel parere il Consiglio di Stato, pur riprendendo alcune argomentazioni e principi già  espressi nel parere sullo schema di regolamento poi divenuto d.m. 217, si pone sul solco della giurisprudenza costituzionale intervenuta in materia (sentenze nn. 3 e 31 del 29 settembre 23).
Il parere si segnala per vari passaggi di interesse, per quanto appaia in larga pare riprendere gli spunti innovativi che derivano dalle ricordate sentenze della Corte costituzionale, largamente recepiti nello stesso schema di decreto. Nel far questo, però, il Consiglio di Stato opera una rapida ma efficace ricognizione dei principi della materia e del quadro complessivo risultante dai diversi interventi (normativi e giurisprudenziali) accumulatisi nell’arco di pochi anni.
Le fondazioni bancarie, che alla luce dello sviluppo della materia “non sono più elementi costitutivi dell’ordinamento del credito e del risparmio”, e ricadono perciò nell’ordinamento civile (e su queste, quindi, le Regioni non possono invocare competenza normativa: cfr. sentt. 3 e 31 Corte Cost.): l’evoluzione della materia ha “spezzato quel vincolo genetico e funzionale” (di cui parlano le sentenze 341 e 342 del 21) che legava in origine l’ente pubblico conferente e la società  bancaria, trasformando la natura giuridica del primo in persona giuridica privata senza fine di lucro” (sul punto, ampiamente v. sent. 3).

 Il commento

Nell’ottica della sussidiarietà , ed in particolare nella prospettiva dell’art.118, u.c., Cost., ancor più rimarchevole il passaggio del parere in cui, ricollegandosi alla sentenza n. 31 del 23, il Consiglio di Stato ricorda la Consulta abbia affermato la necessità  che nella composizione dell’organo di indirizzo (delle fondazioni bancarie) vi sia una “prevalente e qualificata rappresentanza degli enti, pubblici e privato, espressivi delle realtà  locale”.
La “realtà  locale”, in altri termini, è sempre meno ricollegabile ai soli enti “istituzionali” (e pubblici), e sempre più a quella pluralità  di soggettività , pubbliche ma non meno private: in questo senso, lo stesso Consiglio valuta favorevolmente l’art. 3 dello schema, nella parte in cui recependo le indicazioni della Corte estende la natura rappresentativa delle realtà  locali anche agli “enti privati”.
La qual cosa è tanto più evidente, se poniamo attenzione al fatto che, come esplicitato nell’art.3, co.4, del d.m. 15/24, cui il parere si riferisce, “enti pubblici e privati espressivi delle realtà  locali” sono posti su una condizione di “pari dignità “, dal momento che allo Statuto è affidato il compito di individuare quali siano gli enti “rappresentativi”: per quanto paia inevitabile individuare come rappresentativi di realtà  locali gli enti pubblici “esponenziali”, questa indicazione non è esplicitata nel d.m. che non predetermina né privilegia taluni soggetti quali “componenti necessari” (esplicita, piuttosto, il fatto che deve essere assicurata una “equilibrata composizione” e che nessun soggetto deve essere nella condizione di nominare la maggioranza dei componenti).
Pur a fronte dell’innegabile “interesse pubblico e sociale” che caratterizza la materia, non solo i moduli privatistici appaiono pienamente coerenti ed adeguati (tanto per il Consiglio di Stato che, come visto, per la stessa Consulta), ma i soggetti privati che rappresentano, anch’essi, la realtà  locale devono poter incidere anche nella fase di definizione degli obiettivi, attraverso componenti degli organi delle fondazioni bancarie.