Attivismo sociale come "difesa immunitaria" dal malessere sociale

La partecipazione è un antidoto contro l`indifferenza e l`isolamento sociale.

Nel clima di sfiducia generale che sembra dilagare nel Paese, gli italiani continuano a "scommettere" sull`associazionismo di carattere sociale. Il tasso di iscrizioni passa infatti dal 18% del 22 al 23% del 26.

Con un livello di partecipazione molto elevato, se si pensa che quasi un iscritto su due (48%) frequenta almeno una volta alla settimana l`organizzazione di cui ha preso la tessera (+ 8 rispetto al 22).

Cresce il volontariato in Italia

Cresce la presenza delle donne nelle associazioni, passando dal 36% al 46% in pochi anni. `Tiene` il volontariato, che impegna il 14% della popolazione adulta (-1% rispetto al 22), soprattutto nelle organizzazioni del terzo settore (45%) e nelle parrocchie (38%), le quali vedono aumentare del 1% la partecipazione dei volontari.

Il 19% dei cittadini continuano a fare volontariato in modo informale, mentre partiti e sindacati raccolgono appena il 5% dei volontari. Stabile nell`arco di 8 anni la quota dei donatori: 46%, quasi un italiano su due, sebbene si registri un calo di tre punti rispetto al 22.

Un quarto dei cittadini italiani, infine, dichiarano di acquistare i prodotti del commercio equo e solidale o di adottare stili di consumo alternativi. Sono i dati contenuti nel IX Rapporto Iref sull`Associazionismo sociale, presentati martedì 19 dicembre in mattinata dalle Acli al Senato, nella Sala degli Atti parlamentari della Biblioteca `Giovanni Spadolini`.

Il declino del sistema-paese
Un`indagine lunga più di 2 anni quella dell`Iref, l`Istituto di ricerca delle Acli. Il primo Rapporto sull`Associazionismo è infatti del 1984. L`ultimo 3 anni fa, nel 23. L`edizione odierna del Rapporto, la nona, affronta il tema controverso del declino del sistema-paese indagato alla luce dell`evoluzione dell`associazionismo in Italia e delle diverse forme di partecipazione dei cittadini alla sfera pubblica. Il campione di 1 individui rappresentativi delle popolazione adulta è stato intervistato attraverso un questionario somministrato durante un colloquio `faccia a faccia`.

Un malessere sociale dilagante
Quasi due terzi degli italiani intervistati dall`Iref (65%) pensano che sia "inutile fare progetti per sé e per la propria famiglia in quanto il futuro è incerto e carico di rischi".
Quasi nove cittadini su dieci (87%), sono persuasi di vivere in una nazione che scivola inesorabilmente verso il baratro della decadenza economica e sociale. Il 47% ritiene che sia meglio dubitare dei propri colleghi in ufficio. Il 63% del campione pensa che i bambini siano oggi esposti a rischi anche quando frequentano la scuola materna o quella elementare. Ci si affida allora ai parenti, verso i quali gli italiani esprimono molta o abbastanza fiducia nel 79% dei casi. Il punto è che tale apertura di credito crolla in modo verticale man mano che ci si allontana dalla cerchia familiare: 53% nei confronti dei vicini; 42% nei riguardi degli abitanti del quartiere (23% se sono stranieri); 27% verso le persone in generale.

Questo clima di sfiducia diffuso si riverbera sui giudizi degli intervistati sull`operato delle istituzioni e sulla loro capacità di imprimere un cambiamento di rotta: solo il 2% pensa che il governo nazionale sia capace di rispondere (molto/abbastanza) ai bisogni della collettività (era il 32% nel 22).

Stessa percentuale per chi ritiene che il Parlamento sia in grado di fornire risposte risolutive alla cittadinanza: 2% contro il 34% del 22. Va meglio alle Regioni e ai Comuni, che possono `vantare` un apprezzamento, rispettivamente, del 31% e del 41%. Ma si tratta, in ogni caso, di percentuali minoritarie e in calo rispetto al 22 (-5% per le Regioni, -1% per i Comuni). Cresce anche l`insoddisfazione nei riguardi dell`Unione Europea.

Nel 22, quasi la metà degli italiani (46%) erano convinti che Bruxelles potesse incidere in positivo sui fabbisogni della nostra società. Oggi solo il 34% dei rispondenti è di questo avviso. Gli anticorpi della società civile Analizzando il rapporto degli intervistati con la sfera pubblica, il Rapporto dell`Iref disegna i profili di quattro Italie diverse: un`Italia del radicamento nel privato (17%), che esprime un disinteresse abbastanza marcato nei confronti della sfera pubblica e delle attività a carattere solidale; un`Italia del distacco passivo, il gruppo più numeroso (43%), in cui confluiscono quei cittadini che appaiono in assoluto più distanti dall`impegno sociale e politico, non tanto per scelta ma quanto per la loro particolare condizione sociale.

L`Italia del civismo politico, composta da un gruppo di persone (26%) che esprime una concezione della cittadinanza fatta di impegno, informazione e attivismo soprattutto di tipo politico. L`Italia dell`attivismo solidale (14%), caratterizzata da una spinta partecipativa di natura sociale, che interpreta la cittadinanza in chiave ugualitaria e solidale.

Questi diversi modi di intendere la cittadinanza – evidenzia l`Iref – sembrano influire anche sulla questione cruciale della fiducia, nei confronti degli altri e nei confronti del futuro. La fiducia verso l`altro, l`estraneo, tende ad aumentare fra i cittadini che sono più vicini alla sfera pubblica: dalle soglie minimali del distacco passivo (15%) e della chiusura nel privato (17%), si passa al livello intermedio del civismo politico (23%), fino a giungere all`apice dell`attivismo solidale (34%).

Italiani più impegnati italiani più ottimisti

Ad essere più fiduciosi sono quindi coloro che mostrano un coinvolgimento più diretto nell`agorà democratica. Vale a dire che gli italiani più impegnati sono anche i più ottimisti. In proposito, è emblematica la loro visione del futuro. La paura del domani diminuisce di quasi venti punti percentuali spostandosi dall`estremo del distacco passivo (71%) a quello dell`attivismo solidale (52%).

«In conclusione – sottolinea il IX Rapporto Iref sull`Associazionismo Sociale – l`avvenire non inquieta più di tanto i cittadini che si curano del bene pubblico; mentre diventa una fonte di inquietudine per le persone che si rifugiano nel privato o si abbandonano in una condizione di passività. Il civismo politico e l`attivismo solidale sono quindi degli anticorpi della società civile.

La ragione è intuibile: la partecipazione è un antidoto contro l`indifferenza e l`isolamento sociale. Si scopre (o si recupera) l`energia contagiosa dell`azione collettiva: la convinzione di poter cambiare le cose, di poter superare il guado se si coltiva l`arte della solidarietà o se si presidia con più attenzione l`arena della politica. In ultima analisi, si riprende in mano il proprio destino, giocando un ruolo attivo nella società. È così che il cittadino partecipativo volta le spalle alla rassegnazione».